4 ottobre al BAM/ Le donne nel CPR di Ponte Galeria

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Ogni maledetta domenica!

<Ogni maledetta domenica>

notav.info

E’ in corso da stamattina una tiepida operazione della Questura di Torino a danno di diversi attivisti del Movimento No Tav.

La chiameremo l’operazione “ogni maledetta domenica” poichè si può dire che mai operazione fu più annunciata (nella ultime settimane l’ufficio stampa della questura ha mandato un numero illimitato di veline a tutti i giornali dicendo che le reti non si possono tagliere e che prima 70, poi 50, poi altre 60 persone e così via erano state denunciate) ed è diretta conseguenza di ciò che scrivevamo giusto qualche giorno fa Ogni maledetta domenica-any given sunday

Sintetizzando, poiché le notifiche sono ancora in corso, si tratta di decine di provvedimenti di varia natura, dai fogli di via (Giaglione o Giaglione e Chiomonte o solo Chiomonte), denunce, avvisi orali e chi più ne ha più ne metta. Colpiti attivisti No Tav abitanti in Valle o a Torino (abbiamo anche un caso noto in Toscana), una forbice ampia di età che va dai 22 anni ai 72 anni e che di fatto cerca di individuare tutti quelli che nelle ultime settimane più di frequente si sono recati alle reti o hanno partecipato alle iniziative organizzate dal movimento No Tav.

Con la notizia rimbalzata oggi anche sui telegiornali di come Telt abbia annunciato che ritarderà l’allargamento del cantiere ed altre azioni tipo il bando per il tunnel definitivo in attesa delle direttive di governo, il questore Messina appare sempre più guardiano di una fortezza vuota.

Il cantiere è fermo, non vola mosca che non siano militari e forze dell’ordine li schierati ad annoiarsi, ma nonostante questo il Prefetto emette le ordinanze che impediscono l’avvicinamento alla zona strategico nazionale per chilometri, e il Questore  tira su dispositivi per garantire l’ordine pubblico che oltre a costare un sacco di soldi sistematicamente i No Tav aggirano e/o danneggiano (vedi jersey, filo spinato nei boschi, filo spinato sopra i cancelli, telecamere nascoste e chi più ne ha più ne metta).

Mentre ci si inventerà qualche idea in stile No Tav per rispedire al mittente questa ennesima schifezza, qualcuno informi il questore Messina, tra un’intervista e l’altra che concede cercando la notorietà, che i tempi cambiano e che quel cantiere grazie al Movimento No Tav è destinato a chiudere. E’ rimasto solo lui, insieme ai suoi sottoposti della Digos ad averne cura. Che brutta fine!

Solidarietà invece a tutti i No Tav, non ci fermeranno mai!

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Fare i conti con il passato coloniale per trasformare il presente

Fare i conti con il passato coloniale per trasformare il presente

di Nicoletta Poidimani  http://www.nicolettapoidimani.it/?p=1253

Una decina di anni fa, presentando la mia ricerca Difendere la “razza”, scrivevo:
[…] Si tratta di un lavoro di tessitura fra importanti e innovative ricerche storiche e testi originali dell’epoca, attraverso la griglia interpretativa di Luciano Parinetto che, nel suo La traversata delle streghe nei nomi e nei luoghi (Colibrì, 1997), ha dimostrato come i territori colonizzati – a partire dalla conquista delle Americhe – siano stati il laboratorio delle politiche poi importate in Europa. 
Se, infatti, il Nuovo Mondo è stato il terreno sperimentale dei dispositivi della caccia alle streghe europea, il Corno d’Africa è stato il laboratorio delle politiche razziali e sessuali attuate nell’Italia fascista. 
Conoscere questa parte della nostra storia è urgente soprattutto oggi, col riattivarsi, sulla pelle di donne e uomini migranti, in nome della sicurezza,  di  vecchi  e  sperimentati  dispositivi  razzisti  e  deumanizzanti che si formarono proprio nei cinquant’anni dell’esperienza coloniale  in  Africa. 
Molte  parole  “fascistissime”  dell’epoca  si  ripresentano  oggi  nel  linguaggio  quotidiano  così  come  torna  a  riaffacciarsi  sempre  più  prepotentemente  una  concezione  della  donna  e della famiglia di stampo clerico-fascista. […]

Andre Vltchek, in un suo recente articolo (tradotto qui), propone una lettura simile anche per la Germania, mettendo in luce le radici coloniali dell’olocausto.

C’è poco da aggiungere, se non invitare ad uno sguardo lucido sul razzismo e sul suprematismo contemporanei.
È, infatti, urgente comprendere a fondo come l’attuale “padroni a casa nostra” sia  l’altra faccia – quella coloniale e neocoloniale – di “padroni anche in casa altrui”, cioè di tutti i genocidi, i massacri, gli stupri e lo sfruttamento perpetrati nelle colonie da parte dei paesi europei.
Ed è altrettanto urgente agire di conseguenza, rompendo ogni complicità.
L’olocausto europeo ha radici in Africa. Ora la Namibia persegue legalmente la Germania
di Andre Vltchek

Senza capire cosa sia successo agli Herero e ai Nama, è impossibile capire cosa sia successo prima e durante la seconda guerra mondiale.

Nel 2014, dopo aver pubblicato il mio reportage sulla Namibia, in cui denunciavo la “semi-negazione” tedesca che aveva commesso un Olocausto nella sua ex colonia dell’Africa sud-occidentale; una rinomata università tedesca mi ha mandato una lettera. Parafraso, ma il contenuto della lettera è mantenuto intatto:
“Caro professore Vltchek, siamo impressionati dalla tua ricerca e dalle tue conclusioni e vorremmo tradurre e pubblicare le sie analisi pionieristiche in lingua tedesca. Purtroppo, non possiamo permetterci alcun pagamento…”

Era una delle principali università del paese, con enormi budget e una reputazione internazionale.

Ho risposto, chiedendo perché, con tutti quegli studiosi e accademici, con dottorandi e esperti, non avevano mai inviato un team di esperti in Namibia, per indagare su uno dei più orrendi crimini commessi nel XX secolo? Volevo sapere, perché avrebbero improvvisamente voluto fare affidamento sul lavoro di uno straniero, un estraneo, un internazionalista che si rifiuta di definirsi un accademico (per me ora è un termine totalmente screditato)? Assassinare il popolo Herero e Nama nell’Africa sudoccidentale dai tedeschi era, dopotutto, la chiave per comprendere ciò che accadde alcuni decenni dopo, proprio in Europa, durante l’Olocausto che la Germania continuò a commettere contro ebrei e rom. Continua a leggere

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Cronache del dopo Bomba

Cronache del dopo Bomba

https://www.carmillaonline.com/categorie/schegge_taglienti/

di Alessandra Daniele

 

 

“Pensano di essersi liberati di me, ma hanno sbagliato” – Matteo Renzi

Come ha dimostrato chiaramente la reazione del PD alla strage del ponte Morandi, dopo Renzi è ancora Renzi a dettare la linea. E come al solito punta dritta contro un muro.
Se il PD vuole scampare alla meritatissima estinzione, deve liberarsi immediatamente del Bomba.
Speriamo che non lo faccia.
Il PD non è migliore di Renzi.
Il Cazzaro non è mai stato, come molti raccontavano, un usurpatore, una metastasi berlusconiana. Renzi è un frutto dell’Ulivo. È la logica conseguenza della deriva strutturale che ha portato il PCI, da sempre verticista, opportunista, settario e securitario, a tradire tutti gli ideali e le speranze dei lavoratori e dei movimenti, inseguire il potere lungo la Terza Via globalista, fondersi coi resti della Democrazia Cristiana – un destino manifesto fin dal Compromesso Storico – e diventare il principale garante dell’establishment, e del Capitale.
L’Ulivo di Prodi ha svenduto agli squali le aziende di Stato, e col pacchetto Treu ha legalizzato il nuovo schiavismo del precariato.
La ditta di Bersani, coi governi tecnici, ha smantellato lo Stato Sociale, e lo Statuto dei Lavoratori.
Renzi ha finito il lavoro col Jobs Act e la Buona Scuola, mentre cercava di rottamare anche la Costituzione.
Liberi e Ipocriti, in fuga da Renzi, si sono scelti come padri fondatori Bersani, e il boia di Belgrado.
Il sobrio Gentiloni ha controfirmato la dottrina Minniti che finanzia i campi di concentramento libici.
Tutto il cosiddetto centrosinistra condivide questa marcescenza, di cui il renzismo è solo lo stadio terminale.
In Renzi però si vede più che in chiunque altro.
Renzi è uno sprezzante, grassoccio principino che ancora si rifiuta di vedere quanta rabbia giustificata susciti il semplice apparire del suo stolido faccione in tutti quelli che la sua classe parassitaria ha depredato.
Renzi è la pingue, querula personificazione stessa dell’arroganza del potere ereditario, e il cosiddetto centrosinistra, per avere qualche possibilità di sopravvivere al meritatissimo inverno nucleare che l’aspetta, dovrebbe liberarsi immediatamente di lui e dell’Esercito delle Dodici Sceme, le sue fedelissime che ancora infestano talk e social come uniche portavoce.
Speriamo che non lo faccia.
Renzi si ripete “Il futuro prima o poi torna”, o qualche altra stronzata motivazionale da meme di Facebook. Sogna di fondare un partito tutto suo. Che prenderebbe meno voti della Lorenzin. Pensa “Sull’onda del prossimo spread, tornerà il mio momento”. Si sbaglia. Non tornerà, come non è tornato quello del suo yoda, Rutelli.
O quello di Claudio Martelli. Era giovane, rampante e in camicia anche lui.
Il Bomba è scoppiato. Per sopravvivere al fallout, il PCI/PD tenterà l’ennesima mutazione.
Facciamo che non gli riesca.

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Raccolta di riflessioni ed esperienze sulla cultura dello stupro

Raccolta di riflessioni ed esperienze sulla cultura dello stupro

https://anarcoqueer.files.wordpress.com/2012/12/34_raccoltastupro imposed_small.pdf

I racconti e le riflessioni raccolte in questo opuscolo parlano di
esperienze di vita reale, di persone che di fronte a violenze sessuali
e stupri hanno avuto il coraggio di alzare la testa nonostante
fossero circondate da un ambiente ostile che per gran parte non
credeva alle loro storie.
Da sole, o con la solidarietà ed il supporto di poche altre, hanno
trovato le parole per descrivere quello che hanno vissuto, prendendo
coscienza dell’importanza di condividere la loro storia per
stare meglio, per reagire, per comunicare con chi ha vissuto esperienze
simili e per agire contro queste violenze sessiste.
La speranza é che la lettura di questi testi susciti non solo un dibattito
ma la condivisione di racconti di esperienze tra persone
fidate e solidali e più in generale una presa di posizione collettiva
di fronte a situazioni simili.

Raccolta di esperienze e riflessioni sulla cultura dello stupro

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Consuntivo dell’Anno Politico Agosto 2017/luglio 2018

Consuntivo dell’anno politico della Coordinamenta femminista e lesbica- Agosto 2017 / Luglio 2018

-2 agosto 2017-MATERIALI “Ciao Nadia”

 «È un bravissimo ragazzo, tranquillissimo, laureato, non ha mai dato un problema – ha raccontato la zia Antonietta – È una cosa inspiegabile. Si era trasferito a Spilimbergo per lavoro. Avevo conosciuto anche la ragazza, ce l’aveva presentata, erano felici. Una coppia normale».[…]Invece no; la laurea non è una garanzia, l’essere bravissimi nemmeno e nemmeno l’appartenenza ad una famiglia tanto credente. Nulla di tutto questo garantisce dal commettere femminicidio.[…]La giustizia che dovrebbe essere resa a te e a tutte le donne uccise è il riconoscimento dell’autodeterminazione di tutte. (Dumbles-Feminis Furlanis Libertaris)

-2 agosto 2017 – MATERIALI “sull’internazionalismo” Contributo di Marinella Correggia-La Costituente venezuelana, il Movimento Sem Terra, Via Campesina e il nuovo modello post-petrolifero

-3 agosto 2017-Materiali”sulla famiglia” “Somos malas, podemos ser peores”

“La brava gente non ci piace, la brava gente produce le più grandi aberrazioni. Le madri vogliono fare del bene: per questo picchiano i figli quando li educano. I padri vogliono fare del bene, per questo controllano la sessualità delle figlie fino all’abuso. Il maestro di scuola vuol fare del bene: per questo ti lega la mano sinistra dietro la schiena.

Ci neghiamo a quel femminismo tenero che tratta le donne come infanti di sei anni a cui si insegna l’alfabeto[…]” https://anarcoqueer.wordpress.com/zines-scaricabili/

-9 agosto 2017-Materiali “sulla malattia”/SENZA AMORE, CON RABBIA

“Una delle meraviglie meno tenute da conto dalla maggior parte delle persone è quella di avere un corpo integro. Me ne accorgo quando esco di casa, lo vedo nella noncuranza con la quale chiunque, intorno a me, ne dispone – in modi che mi sono da molto tempo preclusi, e che trovo a volte insensatamente rischiosi.[…] https://animaliena.wordpress.com/

10 agosto-Supportiamo la lotta contro l’occupazione militare della Sardegna contro la militarizzazione dei territori, contro le guerre imperialiste e neocoloniali.

A Foras Camp 2017! 

-1 settembre 2017– Ciao a tutt*!!!!!

Riapriamo l’anno politico della Coordinamenta con un appello per un* nostr* compagn*, Denys, che ha scritto e scrive su questo blog, che ha fatto le trasmissioni con noi, che ha partecipato della nostra vita e noi della sua.

Eccolo qua  https://www.gofundme.com/aiutiamoden

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Le donne che non difende nessuno

Le donne che non difende nessuno

Una detenuta ristretta a Rebibbia Femminile a Roma questa mattina ha tentato di uccidere i propri figli con lei al nido del carcere. Uno è morto, l’altro è in gravi condizioni. Era in carcere per spaccio di droga una configurazione di reato inutile e persecutoria che colpisce tantissime donne in difficoltà economica ed aveva manifestato preoccupazione per il futuro dei suoi figli. Questa la notizia.

Vi proponiamo le riflessioni che abbiamo fatto proprio a questo proposito. 

Nomi delle Cose, lo spazio di riflessione della Coordinamenta femminista e lesbica/

i-nomi-delle-cose

 ..la ribellione delle donne al patriarcato si esprime spesso in forme estreme, violente e disperate in cui  è dominante la sensazione di impotenza e di non aver vie d’uscita oppure di rabbia repressa per anni. 

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Podcast dell’iniziativa “Che cos’è per te la militanza?” del 15 settembre 2018

TIRIAMO LE FILA!

i-nomi-delle-cose

Ciclo “Femminismo: paradigma della Violenza/Non Violenza”

È il settimo e ultimo appuntamento del Ciclo 

Sezione Autorganizzazione: autonomia femminista, autodifesa, separatismo, rifiuto della delega, militanza

Che cos’è per te la militanza?

[…] Come femministe abbiamo sempre detto che il nostro privato è politico. Questa consapevolezza ci appartiene, è parte fondante del nostro impegno, ma, in questo caso, ci interessa indagare quanto in automatico siamo, nel nostro quotidiano privato e pubblico, catena di trasmissione dei valori dominanti, quanto forte sia l’egemonia culturale del sistema neoliberista/patriarcale e cosa possiamo fare per disinnescare questo meccanismo[…]

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Campeggio itinerante “Passamontagna”

Campeggio itinerante “Passamontagna” – Programma dal 19 al 23 settembre

fonte: passamontagna.info

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15 settembre 2018/settimo e ultimo appuntamento

Settimo appuntamento/ Chiusura del ciclo “Femminismo:Paradigma della Violenza/Non Violenza”

Siamo arrivate alla fine del Ciclo con cui abbiamo deciso di indagare sul Paradigma della Violenza/Non Violenza, il paradigma con cui il neoliberismo ha la pretesa di affossare ogni antagonismo, ogni istanza di ribellione, di protesta, perfino di semplice dissenso. Dicevamo nel documento di apertura:

“Riteniamo necessario recuperare concetti come indignazione, ribellione, disubbidienza civile, rabbia, autodifesa, rifiuto della norma, rifiuto della legalità, differenza tra oppressor* e oppress*. sfruttator* e sfruttat*… tutti ricompresi nell’indistinto magma del concetto di violenza che la società neoliberista, fase attuale del capitalismo e del patriarcato, demonizza, togliendo a questo paradigma ogni valenza sociale e collocando la così detta violenza politica in una imprecisata sfera delinquenziale”

E così abbiamo pensato di tirare le fila  di tutto quello che abbiamo indagato in questi mesi insieme a tant*altr* partendo da noi perché l’autorganizzazione e l’autonomia non sono altro che la capacità di prendere in carico direttamente  i nostri desideri e la consapevolezza della possibilità di realizzarli.

SEZIONE AUTORGANIZZAZIONE: autonomia femminista, autodifesa, separatismo, rifiuto della delega, militanza.

Che cos’è per te la militanza?

Proiezione del film documentario del 1970 del Gruppo Dziga Vertov che si intitola “Lotte in Italia” in cui la militanza viene narrata attraverso le parole di una compagna.

Testo di apertura e di invito alla discussione.

Sempre più spesso viene usato il termine “attivista” per nominare chi prende parte alle lotte politiche o le costruisce. Nel mondo femminista “attiviste”, ma anche “ragazze”, perfino “amiche”, sono i nomi che vanno per la maggiore. Quasi a definire non una collocazione politica, bensì di gruppo o un generico impegno nel sociale che spesso tracima nel volontariato. Il termine “femminista”, invece, è usato troppo spesso a sproposito come grimaldello per far passare politiche funzionali al potere. Il termine “compagna” è caduto in disgrazia e usato solo in ambiti ristretti.

Sempre più si fa ricorso al generico termine “donna”, tornato prepotentemente nelle chiamate per manifestazioni, convegni, o nei volantini e nelle iniziative.

“Una generazione, per anni, si è riconosciuta chiamandosi compagna” (dicevamo nell’<Incontro Nazionale Separato sulla Violenza Maschile/Il personale è politico, il sociale è il privato> che abbiamo fatto come Coordinamenta insieme a tante altre compagne) e la parola sugellava un patto di appartenenza e solidarietà, qualche cosa ben oltre i gruppi politici e i loro programmi, qualcosa di difficilmente verbalizzabile proprio per la ricchezza della sua estensibilità. Compagna e femminista, ancora ieri provocavano vibrazioni che penetravano fin dentro gli abissi del disagio e della solitudine che pure c’erano anche allora. Ma, se sono le parole che fanno le cose, disfare quelle parole che sono, allo stesso tempo, categorie di rappresentazione e strumenti di mobilitazione, ha contribuito alla smobilitazione di quello che, un tempo, si chiamava femminismo”.

Abbiamo sempre detto, inoltre, che il termine “donna” non ci appartiene. Non è l’appartenenza al genere femminile che ci definisce, bensì l’oppressione che subiamo e che si caratterizza in questo momento storico, capitalista/neoliberista, con connotati particolari, tra cui la strumentalizzazione della violenza su di noi e i percorsi meramente emancipatori portati avanti da donne che si prestano, consapevolmente o meno, a perpetuare l’oppressione delle altre donne e degli oppressi tutti.

Confrontandoci su queste problematiche ci siamo rese conto che anche il termine “sorellanza” deve andare incontro ad una ridefinizione. La sorellanza non è determinata dalla mera appartenenza al medesimo sesso biologico ed è necessario, oggi come ieri, riconoscere chi è e chi non è nostra sorella.

Il femminismo è fortemente attraversato dalla classe.

Che cosa significa, quindi, fare militanza, scegliere da che parte stare, essere militanti?

L’egemonia culturale del sistema ha una forza devastante mentre noi siamo continuamente scisse.

Ognuna di noi fa parte di collettivi, gruppi politici, separatisti e non, prepara volantini, comunicati, fa riunioni, assemblee, discute e si rapporta con le altre e si trova anche a sopportare denunce e processi…e, allo stesso tempo, nella quotidianità siamo spinte non solo ad adeguarci ai meccanismi del sistema, ma a diventare catena di trasmissione dei valori dominanti.

Spesso siamo ricattate, come ad esempio sul lavoro, costrette a subire modalità a cui ci sottrarremmo volentieri. Ma quello che colpisce è che spesso, invece (forse per paura o forse per disillusione), accettiamo in automatico misere condizioni di vita dando addirittura per scontate alcune, troppe, cose.

Ci è capitato di vedere un documentario del 1970 delGruppo Dziga Vertovche si intitola “Le lotte in Italia” in cui la militanza viene narrata attraverso le parole di una compagna. Ci ha stupito l’attualità di quello che dice. Riteniamo normale andare all’università, fare gli esami, ascoltare la lezione di un professore, poi uscire a fare una manifestazione e portare in piazza altre idee. Oppure accettiamo in famiglia un rapporto lontanissimo dai nostri desideri e, magari, ribadiamo con i parenti atteggiamenti che con le nostre compagne/i non avremmo mai.

Oggi, allo stesso tempo, le relazioni sono profondamente mutate, la tecnologia digitale ci ha così coinvolte che non riusciamo a comunicare se non attraverso di essa. Politicamente e privatamente, siamo parte di un universo continuamente connesso ma di cui noi non gestiamo assolutamente nulla, anzi ne siamo al servizio. Un meccanismo a cui siamo così assuefatte da non accorgerci che mentre comunichiamo protesta e antagonismo e organizziamo lotte ci stiamo muovendo come in una scatola trasparente, osservate ed usate da chi detiene veramente il banco. Oppure ce ne accorgiamo? E se ce ne accorgiamo, facciamo finta di niente o pensiamo che sia possibile sottrarsi?

Ma non vogliamo assolutamente innescare meccanismi di tipo colpevolizzante, che sono invece caratteristici del sistema, e nemmeno indulgere a visioni del tipo “cambia te stessa e cambierai il mondo” che troviamo di chiaro stampo cattolico.

Come femministe abbiamo sempre detto che il nostro privato è politico. Questa consapevolezza ci appartiene, è parte fondante del nostro impegno, ma, in questo caso, ci interessa indagare quanto in automatico siamo, nel nostro quotidiano privato e pubblico, catena di trasmissione dei valori dominanti, quanto forte sia l’egemonia culturale del sistema neoliberista/patriarcale e cosa possiamo fare per disinnescare questo meccanismo.

Per questo vi giriamo la domanda che ci siamo fatte

“Che cos’è per te la militanza?

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Scuole sicure, controllo assicurato

SCUOLE SICURE, CONTROLLO ASSICURATO

di NoemiFuscà

Il ministro degli Interni, Salvini, ha lanciato un’operazione chiamata Scuole Sicure, che stanzierà 2,5 milioni di euro per combattere lo spaccio di droga nelle scuole, sostenendo che nell’ultimo anno c’è stato un incremento dei reati relativi alla droga e che l’età del consumo si è abbassata a dodici anni. Chiunque vuole proteggere i ragazzini dalla droga, è una vittoria a mani basse questa, contestarla sarebbe da sceme. I soldi verranno dati per ora a quindici comuni per implementare il servizio di video sorveglianza nelle aree calde vicino alle scuole, assumere vigili urbani che si occuperanno esclusivamente di questa mansione di controllori, pagare gli straordinari delle altre forze dell’ordine e infine costruire progetti di prevenzione con la collaborazione dei sindaci e delle prefetture.
Tutti felici si creano pure posti di lavoro.
Sarà un esperimento che se funzionerà sarà diffuso in altri comuni. Ovviamente Roma c’è.
Io non credo che sia necessaria una battaglia sulla legalizzazione delle droghe leggere, il modello Amsterdam è buono per farsi le canne, figuriamoci, ma crea un controllo statale giustificato dalla lotta alla criminalità organizzata; come se l’erba, l’hashish o la cocaina fossero teletrasportate e non passassero anche loro quelle famose frontiere che bloccano le persone, ma a quanto pare non le merci. La questione legalizzazione, a mio avviso, è una soluzione che favorisce il padrone per poterci fare due botti di una canna, non ci vedo molta analisi politica in questo. Legalizzarla significa che qualcuno ci dirà come usarla, dovremmo domandarci se davvero questa può essere ritenuta libertà.
Forse mi ripeto, ma repetita iuvant, non è una questione di legalizzazione piuttosto una questione politica che riguarda il controllo sociale.
La scuola non dovrebbe essere un luogo di controllo sociale, ma dovrebbe rappresentare un luogo libero per i ragazzi/e,per quanto possibile in questa società perchè già sono vincolati a dei regolamenti di comportamento abbastanza rigidi, non hanno certo bisogno delle forze dell’ordine che reprimano qualsiasi pulsione definita illegale. Qui nello specifico ci sono da capire le priorità che muovono alcune proposte politiche e come noi compagne dovremmo rispondere. È stato lasciato molto, forse troppo spazio, al filone de “l’educazione a…” educazione sentimentale, sessuale, civica come se fosse necessario un corso specifico per imporre modi di comportamento, i ragazzi e le ragazze dovrebbero imparare e capire con i loro strumenti come agire, non certo seguendo delle linee guida consegnate come se fossero la Bibbia. Non sono una sostenitrice dell’infanzia o dell’adolescenza buona a prescindere perché sono anime candide, ma perché la critica all’esistente non può essere fornita da un corso di condotta, ma solo attraverso strumenti che ognuna di noi seleziona. Sarebbe quasi meglio tornare agli anni ’50 e censurare tutto, così da permettere a chi viene dopo di ribellarsi all’oppressione, e non certo credere che il sistema abbia a cuore il futuro e tuteli le sue future generazioni.
Quello che mi ha colpito, di tutta questa storia, è la scelta delle parole usate, si vuole prevenire e non punire e quindi in nome della prevenzione siamo costrette a subire controlli, sempre per il nostro bene, perché se poi dovesse succedere qualcosa e noi non ci siamo controllate la colpa sarà nostra senza se e senza ma. Lo Stato ci vuole così bene che non ci punisce, o meglio lo fa solo con i veri colpevoli, gli altri li protegge, vuole che evitiamo di sbagliare è solo questo che desidera per noi, come un padre apprensivo ma amorevole. Siamo in un tempo in cui bisogna guardare con diffidenza ogni cosa che sembra essere elargita e non per complottismo ma per semplice calcolo politico.

Anni fa in una scuola romana vennero mandate varie guardie in borghese, in incognito fingendosi muratori e non solo, per controllare reati relativi alla droga, non molti degli adulti si indignarono, e quello che dava semmai fastidio, era solo l’anonimato delle guardie. Ora che invece Salvini, mette in campo pratiche già rodate, non mi aspetto l’indignazione di nessuno e anzi gli credo quando sostiene che molti sindaci hanno contattato il suo ufficio per poter rientrare nel trial. Siamo assuefatti al controllo, e non capiamo più se e quando rischiamo la repressione credendo di avere una più ampia libertà, di cui nessuna sa nulla e soprattutto quello che succede può essere descritto rubando una frase a Margaret Atwood “La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia, c’era la libertà di. Adesso vi viene data la libertà da. Non sottovalutatelo”, davvero abbiamo messo il concetto generico di libertà in cima alla nostra lista dei desideri, non rendendoci conto che quella che vendono come libertà è solo un nuovo prodotto luccicante del neoliberismo, per il nostro bene veniamo protette dalle telecamere perché cosa avremo mai da nascondere?
Non sarà facile scardinare tutto questo ma dovremmo iniziare ristabilendo categorie politiche.

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Il 15 settembre tiriamo le fila!

TIRIAMO LE FILA!

15 settembre-Appuntamento conclusivo del ciclo Femminismo:paradigma della Violenza/Non Violenza!

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8 settembre 1974-Per Fabrizio e per noi

San Basilio 8 settembre 1974/la memoria strumento di lotta/per Fabrizio e per noi

“Occupare una casa è un atto politico, occupare uno spazio è un atto politico. La creazione e l’agibilità degli spazi politici è respiro, è aria per il movimento femminista. La loro difesa è un momento importante di consapevolezza e di crescita del movimento tutto e spazza via le teorie inconsistenti e false della convivenza civile e della legalità. Due principi che peraltro vengono sempre indirizzati alle oppresse/i e alle emarginate/i per far loro accettare condizioni di vita improponibili e ruoli mentre, chi li propaganda, mercanteggia con le istituzioni promozione sociale personale o del gruppo di appartenenza.

Occupare case, spazi abitativi, sociali è un diritto e chi, a vario titolo lo nega, indipendentemente dal ruolo che assolve e dai distinguo che fa, accetta e non trova vergognoso che ci siano persone che non hanno un tetto sotto cui vivere o che debbano pagare affitti improponibili o che debbano regalare la loro vita per far fronte ai più elementari bisogni[…] Il femminismo oggi è anche rompere la legalità in cui ci vogliono imbrigliare.”

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La Parentesi di Elisabetta del 5/9/2018

“A proposito di…”

 

[…] La socialdemocrazia non va
a caccia di farfalle.
Il nemico marcia in testa a te
ma anche alle tue spalle.
Il nemico marcia con i piedi
nelle tue stesse scarpe.
Quindi anche se le tracce non le vedi
è sempre dalla tua parte[…]

Claudio Lolli-La socialdemocrazia- da “Disoccupate le strade dai sogni”

 

Gli appelli all’unità antifascista e antirazzista che si sono moltiplicati recentemente dopo la formazione del nuovo governo concentrano la loro attenzione su aspetti emotivi, specifici e circoscritti omettendo che la mentalità e la visione del mondo di stampo nazifascista è veicolata proprio dal neoliberismo che in Italia trova il suo referente nel PD che si è proposto e lavora per naturalizzare qui da noi la società neoliberista improntata per quanto si proclami “moderna”, a valori feudali, ottocenteschi e nazisti.

Definire la società impostata e voluta dal Pd in questi anni come fascista, definire il PD come fascista non è un insulto banalmente usato nelle situazioni più disparate, e dallo stesso PD tra l’altro, quando si vuole tacitare un avversario politico, ma risponde all’analisi di quello che il Pd ha messo in atto, di come ha trasformato il sociale, di come ha costruito un comune sentire improntato a valori corrispondenti ai principi dell’ideologia fascista. Naturalizzare un pensiero fondato sull’individualismo più sfrenato e sulla meritocrazia per cui non esistono problemi sociali ma solo colpe personali e, allo stesso tempo, sulla soggezione autoritaria ad uno Stato che attraverso il politicamente corretto si è configurato sempre più come stato etico, infantilizzare la popolazione con la divinizzazione della legalità, con il culto della delega, con la santificazione dell’Impero del Bene, indurre nelle menti della cittadinanza un bisogno securitario per poter dilagare con un controllo serrato e capillare che ha moltiplicato a dismisura le varie polizie e ha fatto dei servizi sociali delle vere e proprie strutture poliziesche, propagandare l’occidente come portatore di democrazia e di civiltà significa instillare nella cittadinanza tutta un profondo razzismo sia sul fronte esterno nei confronti delle popolazioni del terzo mondo e quindi dei migranti e delle migranti, sia sul fronte interno nei confronti dei poveri e degli emarginati. Lo Stato ha assunto connotati di padre padrone paternalista e allo stesso tempo severo e inflessibile a cui tutti/e si dovrebbero rivolgere consapevoli della propria pochezza e inettitudine, dimentichi delle oppressioni di classe e contenti della propria collocazione sociale. Per portare a termine tutto ciò la socialdemocrazia ha usato strumenti e lessico della sinistra addossando quindi nel comune sentire alla sinistra stessa la responsabilità del suo operato. Ha costruito così un’egemonia culturale profondamente reazionaria e razzista, dove dio, patria e famiglia ritornano prepotentemente se pur rivisitati e corretti. Dio non è più quello cattolico che ormai non serve a granché per il controllo della popolazione, ma si incarna nel mercato che decide il Bene per tutti, dove la patria assume connotati di coesione attorno all’idea della tutela dagli attacchi esterni terroristici ed economici e attorno al principio dell’esportazione della democrazia con le guerre “umanitarie”, dove la famiglia non è più e necessariamente quella eterosessuale, le varianti sono previste ed accettate a garanzia della “modernità” del nuovo pensiero, ma rimane immutato e granitico il senso del nucleo familiare come catena di trasmissione del pensiero dominante. Chiaramente se questo non dovesse succedere ci penserebbero i servizi sociali a far rientrare ogni tentativo di allontanarsi dalla strada tracciata. La memoria di Ravensbruck è stata volutamente travisata, ma il fantasma di Ravensbruck aleggia nella nostra società. Continua a leggere

Pubblicato in Capitalismo/ Neoliberismo, La Parentesi di Elisabetta, La Parentesi di Elisabetta | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su La Parentesi di Elisabetta del 5/9/2018

La Sindrome di Stoccolma a pagamento

LA SINDROME DI STOCCOLMA A PAGAMENTO

Di Noemi Fuscà

Che cos’è l’ecopass di cui si sta parlando in questi giorni? Si tratta in sostanza di mettere un pedaggio per entrare con le automobili o le due ruote all’interno del centro di Roma, la zona coincide con l’anello ferroviario.
Si tratta di una città divisa in classi, il centro accessibile solo per alcuni, nonostante ci convincano che chiunque possa entrare al centro ma pagando il famoso fiorino. Meno male che poi ci sembra il medioevo se Trump rimette i dazi; questa manovra invece rimpingua le casse comunali ma a discapito della nostra mobilità di cui non importa più molto a nessuno nemmeno a noi; senza considerare l’ennesimo sfruttamento di chi lavora nel centro della città costretto, da un breve calcolo economico, ad abbandonare la possibilità di muoversi con il mezzo privato che non fa bene all’ambiente e quindi è giusto che si paghi, e non ci illudiamo che se fosse una spesa a carico del datore di lavoro, allora tutto andrebbe bene, smettiamola di introiettare senza alcuna critica politica le tasse e gli svenamenti che ci impongono, non tutte le cose sono giuste solo perché è assodato che sia così, ricominciamo a mettere in discussione tutto quello che è borghese e neoliberista. Una volta nessuno avrebbe giudicato male qualcuno che non paga il biglietto dell’autobus ora siete spesso delatori, tali e quali a quelli che mandavano a morire la gente durante la guerra. E poi l’ecologia non è buona a prescindere, non ci sono gesti da fare per essere un bravo cittadino senza che il nostro gesto sia un gesto fortemente politico, non si può essere crocifissi a causa della differenziata quando non siamo nemmeno in grado di chiedere che le multinazionali smettano di sfruttare il nostro territorio portando morte, la nostra colpa al massimo è aver sbagliato sacchetto.

Da quando Roma è diventata capitale, è diventata una città in mano agli speculatori edilizi e non, tant’è che il grande primo scandalo con le banche romane risale proprio a quel periodo, la città prese forme differenti grazie all’ufficializzazione dell’urbanistica come strumento di ristrutturazione urbana che però aveva l’unico scopo di rendere Roma più rappresentativa e non certo comoda per chi la viveva.
Mussolini con l’urbanistica “imperiale”, decide di eliminare brutture ed esaltare la romanità della città, ma il suo obiettivo è quello di gestire la demografia del paese.L’ urbanizzazione ha portato molti a trasferirsi nelle città, ma secondo il duce questo causava infertilità, perché nelle metropoli si facevano pochi figli. Sventrò la città per scopi politici, perché l’architettura è politica non arredamento da esterni.
Negli anni del dopoguerra, si continua con l’abbattimento dei borghetti, nonostante durante il fascismo l’opposizione avesse osteggiato lo sventramento delle borgate, siamo solite non imparare dai nostri errori perché tendenzialmente non affrontiamo i problemi in un’ottica politica ma seguiamo le direttive del capitalismo tout court. Le istituzioni cittadine hanno sempre deciso che il centro sia solo di alcuni, in nome del degrado e della migliore qualità della vita per chi viveva nella miseria, senza mai considerare se chi viveva lì, avesse avuto voglia di cambiare quartiere. Quello che ti viene donato dall’alto va preso un po’ come fosse il Signore a dartelo.
Alcuni si devono sempre arrangiare ed accettare i compromessi in nome di un bene comune, che comune proprio non è. Continua a leggere

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