A Foras/ La nostra lotta non si ferma

La prossima Assemblea è convocata a Bauladu per domenica 14 maggio.

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Comunicato manifestazione 28 aprile. La nostra lotta non si ferma

MANIFESTAZIONE 28 APRILE. LA NOSTRA LOTTA NON SI FERMA

Ieri, venerdì 28 aprile, l’assemblea di A Foras ha chiamato alla mobilitazione generale contro l’occupazione militare della Sardegna, presso il Poligono di Quirra. Fin dalle 11.00 centinaia di manifestanti sono arrivati con pullman e auto proprie da tutta la Sardegna e oltre al grido “Chiudiamo le basi, fermiamo la guerra”. Ieri il movimento contro le basi è tornato dopo tanti anni a Quirra.

Nella tarda serata della vigilia ai manifestanti è stato comunicato il divieto totale di manifestare, nonostante la comunicazione del corteo fosse stata inviata dagli organizzatori con ampio preavviso. Questi non hanno dunque avuto il tempo di rendere pubblica questa grave presa di posizione da parte della questura e di riorganizzarsi, come successo a Teulada nel 2015.

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1° Maggio

da Roma NOTAV

Oggi 29 Aprile 2017 la Questura non ha autorizzato lo svolgimento del corteo previsto per il 1° Maggio  a Torpignattara volendo limitare la giornata di lotta ad un presidio fisso.
Secondo la Questura, tramite una comunicazione non ufficiale, non ci sarebbero i numeri sufficienti per impiegare la forza pubblica e bloccare la viabilità di un quartiere.
Abbiamo deciso di non accettare queste condizioni e rifiutare l’autorizzazione del presidio statico perché ciò rappresenta l’ennesimo tentativo di limitare gli spazi e l’agibilità e rendere sempre più mansueta ogni forma di dissenso a Roma e nel nostro  quartiere.
Noi, il primo maggio, in piazza della Marranella ci saremo.

Invitiamo tutti/e a partecipare a questa mobilitazione contro il razzismo e per l’unità tra lavoratori immigrati e italiani.

APPUNTAMENTO ORE 10 Piazza della Marranella, Torpignattara.

Torpignattara Solidale

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Oppressioni specifiche: spunti di riflessione sulla detenzione delle persone trans

Oppressioni specifiche: spunti di riflessione sulla detenzione delle persone trans

Troppo spesso il discorso contro la detenzione amministrativa utilizza le categorie migrante ed immigrato.

Queste categorie, che usando un termine maschile alimentano l’immaginario dell’uomo africano in fuga dalla guerra e in cerca di un lavoro che gli permetta di mantenere la famiglia, da una parte appiattiscono l’analisi e dall’altra ci permettono di non problematizzare le differenze che caratterizzano le individualità anche fra i\le solidali. Quando parliamo di migranti ad esempio dimentichiamo che l’esperienza delle donne che migrano è completamente differente da quella degli uomini, per non parlare dei\delle trans e\o persone non eterosessuali. Quindi dimentichiamo che l’esperienza del viaggio, della permanenza nel territorio (in questo caso europeo), della richiesta d’asilo, della detenzione e delle espulsioni hanno delle caratteristiche peculiari e delle oppressioni che appunto sono specifiche e molteplici.

Se riconosciamo il privilegio di una persona bianca su una che non lo è, o quello di un uomo cisgenere[i] su chi non lo è, ci risulterà chiaro che in ogni esperienza della vita abbiamo privilegi diversi e subiamo o agiamo oppressioni specifiche.

La vita di tutte le persone che non sono uomo cisgenere è caratterizzata dall’oppressione del patriarcato.

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La lotta delle madri dei/delle detenute/i palestinesi

Si intensifica la protesta delle prigioniere e dei prigionieri politici palestinesi nelle carceri sioniste. E le madri supportano con forza la loro lotta. La condizione di parente a supporto delle detenute e dei detenuti politici, condizione che appartiene soprattutto alle donne, mogli, madri, sorelle, per le caratteristiche che assume il lavoro di cura nella società patriarcale, senza nulla togliere chiaramente alla loro lotta, è descritta bene nel testo di Rosella Simone “La cura come sovversione” che si trova all’interno degli Atti  degli Incontri Nazionali “I ruoli, le donne, la lotta armata/Questioni di genere nella sinistra di classe” che come Coordinamenta abbiamo fatto con tante altre compagne e che potete leggere qui

La cura come sovversione

Vi segnaliamo inoltre l’iniziativa di questa sera al Centro di documentazione Palestinese

Sogni reclusi – Gioventù nel mirino

 
Il Centro Documentazione Palestinese, in collaborazione con Al Ard Doc Film Festival, invita a partecipare alla proiezione del documentario «Sogni reclusi». Il documento tratta la questione degli arresti e della detenzione dei minori palestinesi da parte dell’occupazione sionista.
 
Collegamento con Nisrin Silmi, regista e corrispondente dell’emittente Al-Mayadeen, e con rappresentanti del Centro Handala per i Prigionieri Palestinesi e dell’associazione Addameer: ci aggiorneranno sugli ultimi sviluppi dello sciopero della fame attualmente in corso e in merito alle istanze del movimento dei prigionieri.
Sabato 29 APR 2017 – H17:30
Via dei Savorgnan 40 – Roma
Centro Documentazione Palestinese
Via dei Savorgnan 40 – Roma

Tel: 06-89524504
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Un’ interessante autoproduzione

 VIOLENZA SESSUALE NEGLI AMBIENTI ANARCHICI

https://anarcoqueer.files.wordpress.com/2017/03/violenza-sessuale-negli-ambienti-anarchici.pdf

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Ancora sul 25 aprile

Ri-conosci il fascismo/continua a R-esistere

RI-CONOSCI il FASCISMO…      CONTINUA a R-ESISTERE

La storia e la memoria sono strumenti per capire il presente e capire il presente permette di lottare per aprire e percorrere strade di liberazione.

La società neoliberista che stiamo vivendo, al di là delle belle parole, delle frasi fatte, delle commemorazioni oleografiche della Resistenza, ha forti connotati di fondo propri dell’ideologia fascista, mascherati da una “modernità” che non è altro che una ridefinizione violenta dei rapporti di forza con le oppresse e gli oppressi tutte/i.

E’ fascista  perché

-tende a superare il seppur fittizio gioco democratico introducendo il governo diretto del potere economico, come è stato per il governo Monti, come è per il governo Renzi, non elettivi ma emanazione diretta delle multinazionali anglo-americane;

-cerca la distruzione sistematica del concetto di sovranità popolare , degli organismi di mediazione politica…partiti ….sindacati…. attraverso la demonizzazione del concetto stesso del fare politico; Continua a leggere

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25 aprile 2017/La necessità di riconoscere il nemico

25 aprile 2017/ La necessità di riconoscere il nemico

Il 25 aprile è ormai da molto tempo una ricorrenza vuota. E’ stata completamente devitalizzata nei suoi contenuti di ribellione, di lotta armata, di sollevazione nei confronti dell’autoritarismo, del dispotismo, del controllo sociale, dello stato etico, della gerarchia, del classismo, del razzismo.

E’ diventata uno strumento per supportare una democrazia autoritaria che si propone come unico bene e che si identificherebbe con l’esistente ordinato, il migliore dei mondi possibili, connaturato dal fascino di un teorema immutabile. La distruzione di ogni autonomia nei rapporti sociali, nel territorio, nei luoghi di lavoro, è la garanzia di una radicale estirpazione dell’antagonismo di classe, la condizione di una società normalizzata, priva di zone d’ombra, subalterna al grande capitale, illuminata in ogni ora del giorno e della notte in tutti i posti privati e pubblici da un controllo rigoroso, diffuso, molecolare.

Abbiamo il diritto di esercitare la libertà di pensiero e di parola purché sia conforme al dettato vincente e imperante.

Il capitale sussume tutto il corpo sociale tendendo sempre più a farsi società, anzi a caratterizzarsi come unico rapporto sociale. Il capitale diventa società, mentre lo Stato si facarico di legittimare e difendere tutte le relazioni di dominio che sono insite nel capitale–società.

E’ la realizzazione del progetto/programma nazista: lo Stato sottopone a comando e a controllo preventivo e repressivo tutti i momenti in cui si produce antagonismo sociale, tende all’eliminazione di ogni momento di mediazione tra i cittadini e lo Stato e mira al comando diretto dei potentati economici.

Proprio per questo non basta denunciare le brutture del neoliberismo, l’attacco a tutto campo al lavoro, allo Stato sociale, alla scuola, alla sanità… alle libertà individuali e collettive, ma è necessario individuare il nemico, cioè l’autore materiale della naturalizzazione del neoliberismo nel nostro paese e cioè il PD e tutta la rete dei suoi accoliti, le prefiche della non violenza, le vestali della legalità, le strutture annesse e connesse che a fronte di parole accattivanti e “moderne” sono portatrici del fascismo e dell’autoritarismo nel nostro paese. Il neoliberismo ha rotto il patto sociale, ha chiuso ogni possibilità di contrattazione e spinge al collaborazionismo, l’unica forma di rapporto possibile in quanto permette al potere di presentarsi come attento e disponibile alle istanze sociali rafforzandosi e veicolando la propria scala di valori.

Pertanto è suicida mantenere un qualsiasi rapporto con il PD a qualsiasi livello e non denunciarlo come portatore di un progetto autoritario legato a sanguinosi colpi militari e a crudeltà di tipo coloniale nel terzo mondo e nei paesi occidentali di una società che, dietro la maschera della modernità, è contemporaneamente feudale, ottocentesca e nazista. Un progetto che, tra l’altro, attraverso gli opposti estremismi, il politicamente corretto, la spinta alla guerra fra poveri e tra cittadini così detti “legittimi” e migranti, sta consegnando alla destra il dissenso e l’alterità verso una condizione di vita insopportabile.

Se la storia e la memoria servono a qualcosa, e a questo devono servire, celebrare la resistenza significa riconoscere chi nel nostro paese è portatore del devastante progetto neoliberista e cioè il PD in tutte le sue varianti ed accezioni.

Riconoscere il nemico è una necessità imprescindibile per non combattere a vuoto, anzi facendo gli interessi del potere.

Coordinamenta femminista e lesbica  

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Allarme Interno

Allarme Interno

Pubblicato il 23 aprile 2017 · in Schegge taglienti ·

di Alessandra Daniele

allarme– Dal Salento all’Abruzzo, le proteste si moltiplicano – la conduttrice si rivolge al suo ospite – ci sono interventi del ministero dell’Interno in programma?
L’ospite annuisce.
– Garantiremo che si proceda con l’espianto.
– Degli ulivi?
– No, dei terremotati.
– E dove saranno trasportati?
– In un vivaio apposito, finché pure in Abruzzo non terminerà l’installazione del nuovo gasdotto.
– Un gasdotto in zona sismica?…
– Sì, tanto il terreno è già smosso, e questo ci consentirà di risparmiare sulle tanto contestate trivelle.
– Trivelle?
– Per il tunnel.
– Quale tunnel?
L’ospite socchiude gli occhi.
Poi riprende deciso.
– Ma parliamo dell’allarme criminalità.
– No, scusi, stavamo parlando del gasdotto – obietta la conduttrice.
– L’allarme criminalità è più pressante – insiste l’ospite.
– Magari in seguito – indica il megaschermo – prima abbiamo un collegamento…
L’ospite estrae una pistola e gliela punta alla testa.
– Parliamo dell’allarme criminalità.
La conduttrice sgrana gli occhi.
– Parliamone.
– Gli italiani hanno paura – dice l’ospite, abbassando la pistola – La sicurezza è un valore di sinistra. La paura dei negri è un valore di sinistra. Non possiamo consentire che tutti gli italiani che hanno paura dei negri votino Lega. Questo causerebbe una deriva razzista che noi intendiamo assolutamente impedire, a costo di sbattere in galera tutti i negri. E i loro amici, come quelli che erano in collegamento – indica il megaschermo ormai spento dalla regia.
– Per la verità quelli protestavano per gli ulivi…
L’ospite fa per sollevare di nuovo la pistola.
– Negri – aggiunge precipitosamente la conduttrice – Gli ulivi negri.
– Che infatti sono infetti – annuisce l’ospite – Comunque noi intendiamo intervenire decisamente su tutti i problemi per i quali cittadini protestano, finché non ne resterà più nessuno.
– Di problemi?
– No, di cittadini che protestano – solleva di nuovo la pistola, e ordina – Pubblicità.

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Che cos’è per te la militanza?

CHE COS’E’ PER TE LA MILITANZA?

Sempre più spesso viene usato il termine “attivista” per nominare chi prende parte alle lotte politiche o le costruisce. Nel mondo femminista “attiviste”, ma anche “ragazze”, perfino “amiche”, sono i nomi che vanno per la maggiore. Quasi a definire non una collocazione politica, bensì di gruppo o un generico impegno nel sociale che spesso tracima nel volontariato. Il termine “femminista”, invece, è usato troppo spesso a sproposito come grimaldello per far passare politiche funzionali al potere. Il termine “compagna” è caduto in disgrazia e usato solo in ambiti ristretti.

Sempre più si fa ricorso al generico termine “donna”, tornato prepotentemente nelle chiamate per manifestazioni, convegni, o nei volantini e nelle iniziative.

“Una generazione, per anni, si è riconosciuta chiamandosi compagna” (dicevamo nell’<Incontro Nazionale Separato sulla Violenza Maschile/Il personale è politico, il sociale è il privato> che abbiamo fatto come Coordinamenta insieme a tante altre compagne) e la parola sugellava un patto di appartenenza e solidarietà, qualche cosa ben oltre i gruppi politici e i loro programmi, qualcosa di difficilmente verbalizzabile proprio per la ricchezza della sua estensibilità. Compagna e femminista, ancora ieri provocavano vibrazioni che penetravano fin dentro gli abissi del disagio e della solitudine che pure c’erano anche allora. Ma, se sono le parole che fanno le cose, disfare quelle parole che sono, allo stesso tempo, categorie di rappresentazione e strumenti di mobilitazione, ha contribuito alla smobilitazione di quello che, un tempo, si chiamava femminismo”. Continua a leggere

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I Nomi delle Cose del 19/04/2017

I Nomi delle Cose, lo spazio di riflessione della Coordinamenta femminista e lesbica/Anno 2016/2017-Nuova Stagione 

i-nomi-delle-cose

Puntata del 19/04/2017

“CONTROLLO SOCIALE, IMMIGRAZIONE, TERRITORI”

tre facce della stessa medaglia che con i Decreti Minniti sono state portate a sintesi ideologica e legislativa.

Il percorso è stato lungo ed è passato attraverso:

-il totem della legalità

-la meritocrazia

-il politicamente corretto

-il controllo delle aree urbane

-la sperimentazione sugli ultras

-la videosorveglianza

-la strumentalizzazione della violenza sulle donne e sulle diversità

Concetti informatori dell’impostazione sociale neoliberista:

-povertà = colpa

-repressione delle economie marginali e di sopravvivenza

-collaborazionismo e asservimento volontario

-trasformazione del cittadino/a in delatore, spia e poliziotto senza divisa

-lavoro volontario e gratuito

-campi di internamento per le soggettività non gradite

-distruzione delle strutture collettive capaci di contrapporsi

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La Parentesi di Elisabetta del 19/04/2017

“Cambiare obiettivo per confermare la strategia.”

Anche nella stagione neoliberista il capitale non ha altre opzioni che scatenare una guerra mondiale per risolvere i propri problemi. I primi interessati sono gli Stati Uniti.

Ma la strada percorsa finora dalle amministrazioni statunitensi, fino al presidente Obama compreso, era stata quella di porre le premesse per arrivare ad una guerra di aggressione, naturalmente “motivata” creando incidenti ad hoc, contro la Russia. L’ amministrazione Trump ha rotto con questa linea politica ed ha individuato nella Cina il nemico principale e più importante per gli Usa.

Questo è il senso dell’attenzione ai rapporti con la Russia. Non un abbandono della politica tradizionale nord americana, non l’opzione per il dialogo, ma un cambiamento del nemico principale da abbattere. Pertanto sono errate le letture fatte dopo il lancio di missili Tomahawk ordinato da Donald Trump contro una base governativa in Siria incardinate fondamentalmente su due tipi di commenti, i primi incentrati sul fatto che il presidente americano avrebbe mostrato il suo vero volto a dispetto di tutte le esternazioni di voler trovare un miglior rapporto con la Russia, gli altri focalizzati sul cambiamento di registro nei rapporti con Putin a seguito delle pressioni delle lobby militari interne.

Semplicemente l’attuale amministrazione sta attuando quella che è una scelta di fondo che di fatto ne caratterizza la discontinuità con le precedenti.

Il ruolo degli Usa è sempre lo stesso, è il target principale che è cambiato.

Mentre prima, attraverso una serie di conflitti creati ad arte, dopo la Siria sarebbe toccato all’Iran, e usando la tattica del carciofo gli Stati Uniti avrebbero puntato alla Russia e per questa operazione serviva l’Isis, comunque lo si chiami, ora l’interesse si è spostato in Oriente con la Cina nel mirino. E la Corea del Nord dovrebbe assolvere la funzione che ha avuto la sfortunata Siria in Medio Oriente.

Questo cambio di strategia è dettato dalla convinzione che, in prospettiva, i pericoli maggiori verranno dalla Cina, non solo perché ha uno sviluppo economico molto imperioso e si sta imponendo come partner su molti scenari internazionali, ma perché si sta sganciano dal ruolo di paese che detiene tanta parte del debito statunitense e sta tentando di bypassare il dollaro come moneta di scambio a livello internazionale.

Ma per puntare dritti all’obiettivo gli Stati Uniti devono cercare di rompere l’alleanza sino-russa che negli ultimi anni si è andata molto rafforzando e che impedisce un attacco alla Cina. Questo è il senso delle presunte aperture alla Russia, unite alla politica del bastone e della carota.

La visita del segretario di Stato americano in Russia è stata un insieme di minacce e allo stesso tempo di promesse.

L’integralismo islamico viene evocato come pericolo anche nei confronti della Russia e completato con la abusata tattica delle rivoluzioni colorate e del megafono che viene dato agli oppositori. Tutto serve per far pressione compresi attentati, stragi, uccisioni di diplomatici, cadute di aerei nonché la vecchia ma rinnovata edizione della quinta colonna, cioè filo americani e magari qualche cosa di più, finanziati e formati da una miriade di Ong e sguinzagliati sul territorio russo. Questo è il bastone. La carota sono la Siria, la Crimea, l’Ucraina. Tanto le promesse statunitensi valgono come i trattati con i nativi d’America: carta straccia. L’importante è staccare la Russia dalla Cina.

In questo percorso, gli USA che vogliono pagare poco dazio umano e puntare solo sulla loro supremazia militare e tecnologica si sono dovuti inventare la Corea del Nord “pericolo per il mondo” rasentando il ridicolo che già li aveva coperti quando avevano presentato la Jugoslavia di Milosevic come un “pericolo per l’umanità”.

Ma hanno trovato due ostacoli per ora insormontabili: il rifiuto dei leader sud coreani e giapponesi di prestarsi e di prestare l’esercito per mettere piede in Corea del Nord. Non certo per motivi umanitari. I sud coreani dovrebbero combattere contro i loro fratelli del nord e contemporaneamente accettare il ritorno di soldati giapponesi sul loro territorio, nemici storici legati ad avvenimenti estremamente gravi. I giapponesi dall’altra parte dovrebbero riaprire una ferita mai rimarginata e rinnovare il ricordo particolarmente doloroso che è stata la loro presenza in Corea.

Evidentemente a casa loro non c’è un Napolitano che faccia per la Corea del Nord quello che è stato fatto per la Libia contro gli interessi stessi dell’Italia.

Lo scenario è molto complicato ma il cielo è gravido di nubi burrascose dovute soprattutto al fatto che la politica negli Stati Uniti dai tempi dell’uccisione di J.F. Kennedy non assolve più la funzione di mediazione degli interessi delle multinazionali rispetto alle classi e alla popolazione tutta, ma il potere viene esercitato direttamente dalle lobby economiche e in particolare da quelle militari e securitarie.

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Spunti sparsi sulla lotta antimilitarista e non solo

Un interessante contributo delle compagne e dei compagni sardi. “Nessuna pace per chi vive di guerra”, coniato come messaggio antimilitarista, diventa messaggio a tutto campo che noi condividiamo pienamente contro la guerra che il neoliberismo sta conducendo contro tutte/i  le/gli oppresse/i sul fronte esterno e sul fronte interno.

Spunti sparsi sulla lotta antimilitarista e non solo.

“La ricerca della classe./Costruire un legame fra le fasce sociali intrappolate e soggiogate dalle contraddizioni del sistema capitalista è indispensabile.”

https://nobordersard.files.wordpress.com/2017/04/contributo.pdf

“Ogni sistema fondato sulle classi e sulle caste contiene in sé il germe della propria dissoluzione.”Jack London – Il tallone di ferro.

Questo contributo teorico nasce dopo anni di impegno costante contro la militarizzazione in Sardegna, e non solo, fatti di cortei, blocchi e azioni dirette; ma vuole andare oltre, più in profondità, nelle contraddizioni che il sistema capitalista crea nella quotidianità dell’esistenza. Se per noi le parole chiave “blocchiamo delle esercitazioni” e “tagliamo le reti” sono state fondamentali nella costruzione di un percorso finora molto interessante, crediamo che vadano affiancate da altre, perché forse ora, da sole, potrebbero non essere più sufficienti.

Lo Stato sta asservendo sempre più le componenti sociali, in termini sia di gruppi che di individui (il disoccupato, lo studente universitario o il pensionato), incanalandole rispetto alle sue esigenze strutturali e, nel caso specifico, alla dottrina imperialista propagandata, sia come entità Nazionale ed Europea sia come entità Nato, tramite la vulgata quotidiana delle impellenti necessità economiche, della sicurezza e del controllo della “Nazione”. In una vieppiù capillare impostazione patriottica del vivere, il militare è visto quasi con orgoglio o comunque non estraneo alle esigenze della nuova esistenza fatta di perenni allarmi ed emergenze che possono in ogni momento intaccare le nostre tranquille abitudini. Continua a leggere

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21 aprile/Presentazione alla BAZ di Cagliari del corteo del 28 a Quirra

21 Aprile “Presentazione del corteo del 28 a Quirra” dalle 19 alla BAZ 

via poligonoPer il 28 aprile l’assemblea di A’Foras ha indetto un nuovo grande corteo contro la presenza militare in Sardegna. A cinque mesi dal corteo di Capo Frasca un’altra data per continuare il percorso ripreso ormai due anni e mezzo fa, che finora non era mai andato a toccare con decisione i territori ogliastrini e sarrabesi. Il PISQ è il poligono più grande d’Europa, 13.000 ettari permanentemente interdetti e altre migliaia e migliaia sottoposti a servitù; negli ultimi cinquant’anni vi si sono esercitati gli eserciti di mezzo mondo, nel vero senso del termine. Più recentemente è diventato una calamita per le multinazionali degli armamenti che vi trovano un luogo unico, in termini di conformazione e dimensione, per soddisfare le perverse necessità di cui i loro prodotti hanno bisogno prima di essere immessi nei mercati della morte. La capofila è Leonardo – Finmeccanica.

L’indisturbata presenza di questo colosso della guerra a pochi metri o chilometri dalle nostre case ci ha reso complici negli anni delle migliaia uomini e donne uccisi nelle stragi preparate al PISQ e altrove. E’ ben noto a quasi tutti i sardi e le sarde, e non solo, il danno ambientale e di inquinamento mortale che l’attività del PISQ ha creato, specialmente nei territori più vicini.

Aria, terra e acqua pesantemente contaminate, in alcuni casi in modo irreversibile. Migliaia di morti, fra umani e animali, direttamente collegati all’avvelenamento procurato dall’attività militare: leucemie, tumori, malformazioni neonatali e alterazioni di vario tipo.

Il PISQ è stato definito più volte luogo di morte, e questa definizione ci sembra veramente appropriata.

E’ ovvio quindi, alla luce di questa brevissima descrizione del PISQ, vedere nel corteo del 28 aprile una data importante, da vivere e organizzare al meglio, sperando che possa inserirsi nell’elenco di quelle giornate iniziate a Capo Frasca nel settembre 2014 e proseguite a Decimomannu, Teulada e di nuovo Capo Frasca.

VENERDì 21 APRILE DALLE 19 PRESENTAZIONE DEL CORTEO DEL 28 APRILE A QUIRRA. BAZ, Biblioteca Autogestita Zarmu, Via San Giacomo 117, Cagliari.

 
A SEGUIRE DIBATTITO SULLA FASE ATTUALE DELLE LOTTE CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLA SARDEGNA, CRITICHE, PROSPETTIVE E CONTRADDIZIONI.
 
A MARGINE DELLA SERATA CI SARA’ UN APERITIVO BENEFIT PER FINANZIARE LE SPESE DEL CORTEO.
SARA’ POSSIBILE PRENOTARE I POSTI SUI PULLMAN.
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A proposito dell’Argentina

In Argentina migliaia di donne si sono mobilitate in seguito all’ennesimo femminicidio

“Micaela è stata trovata uccisa. Siamo in lutto, siamo arrabbiate, siamo arrabbiate e deluse per uno stato impotente di fronte a cifre agghiaccianti: ogni 18 ore nel nostro paese si compie un femminicidio”.

In Argentina la scorsa settimana è stato attuato uno sciopero generale molto partecipato contro le politiche neoliberiste del governo.

Pensiamo, però, che sia il caso di fare alcune riflessioni. Non si può lottare a compartimenti stagni ed è impensabile dichiarare di essere deluse da uno Stato impotente rispetto alla violenza di genere. Sappiamo fin troppo bene che lo Stato non è altro che il momento organizzativo, in questo momento, del neoliberismo e il neoliberismo è nemico mortale delle donne e degli oppressi tutti. Noi siamo Ebe Bonafini accusata falsamente di appropriazione indebita. Noi siamo Milagro Sala arrestata per le lotte con i popoli indigeni. E’ impossibile scindere  la violenza patriarcale dal sistema a cui è intrecciata a doppio filo. Abbiamo due nemici senza combattere i quali la strada della nostra liberazione è sbarrata: sul fronte interno i sostenitori/trici del neoliberismo, sul fronte esterno gli Stati Uniti. Dobbiamo ricondurre ad unità le lotte e questo vale sia in Argentina che qui da noi.

Proprio per questo vi riproponiamo una puntata de I Nomi delle Cose che abbiamo registrato qualche tempo fa.

i-nomi-delle-cose

Puntata del 09/11/2016

“Riflessioni femministe sulle lotte delle donne in Argentina, in Polonia, in Francia/retroterra e valenze/ quando genere e classe non si intrecciano”

clicca qui

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28 aprile/Poligono di Quirra

28 aprile, Poligono di Quirra – CORTEO CONTRO LE BASI MILITARI E LA GUERRA

https://nobordersard.wordpress.com/2017/03/09/28-aprile-poligono-di-quirra-corteo-contro-le-basi-militari/#more-3354

Organizzato da A’Foras, è stato scelto il PISQ per completare il quadro delle principali strutture militari presenti in Sardegna. Dopo le giornate di lotta dell’11 giugno a Decimomannu, del 3 novembre a Teulada, del 13 settembre e 23 novembre a Capo Frasca, mancava all’appello il PISQ, il poligono più grande d’Europa, 13.000 ettari di terra sottratti alla popolazione per preparare al meglio le stragi poi perpetrate in tutto il mondo. Continua a leggere

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