Questa è la strutturazione della città ideale del neoliberismo, tanti ghetti in cui sistemare gli abitanti in una gerarchia classista territoriale che ribadisce la gerarchia sociale. A quando i sistemi di controllo per entrare ed uscire dai quartieri, chiaramente con il beneplacito entusiasta della cittadinanza perché così non potrà entrare il diverso, il povero e il migrante?
E’ stata intanto già attuata da diversi anni la divisione tra i centri storici e il resto urbano.
Centri in cui possono entrare solo gli eletti e i turisti naturalmente, che sono appiedati e
circolano in ridicole file che vanno, vengono e si incrociano come nell’atmosfera irreale di
un film surrealista.
Anche i centri urbani sono stati chiusi con nobili motivazioni: salvaguardare i monumenti,
pedonalizzare intere aree e renderle più belle , farne dei musei a cielo aperto. E i cittadini
hanno plaudito alla loro stessa espulsione, hanno gioito della loro riduzione a cittadini di
serie B che potrebbero entrare nella loro città solo alla domenica o dopo le sei di sera
quando naturalmente saranno invece nei loro ghetti, sprofondati su un divano, stanchi
morti per la fatica di rincorrere una giornata di lavoro frustrante e malpagato, davanti ad
una televisione che propinerà americanate seriali, giochini deficienti o tavole rotonde di
indottrinamento. E se i giovani della periferia oseranno sperare di scendere in centro a
farsi una birra, ecco scattare il decoro urbano, i controlli asfissianti, la demonizzazione del
bivacco, il daspo, l’allontanamento, la multa…ricordatevi…è cominciato tutto con una
striscia blu presa sottogamba o addirittura auspicata.
Qualche giorno fa, camminando in una strada romana piuttosto stretta mi sono imbattuta
in un furgoncino parcheggiato a spina proprio sul marciapiede che lasciava poco spazio
per il passaggio. Di fronte a me stava arrivando una vecchietta che camminava appoggiata
a uno di quei carrellini che aiutano il passo e che chiaramente non riusciva a inserirsi nello
stretto spazio rimasto e si stava industriando ad aggirare il furgoncino. Mi sono offerta di
aiutarla a circumnavigare l’ostacolo e in quel mentre stava passando un’altra signora che
con aria piuttosto aspra ha cominciato ad inveire contro chi aveva lasciato il furgone così,
pontificando che a certa gente bisognerebbe togliere la patente e che i vigili quando servono non ci sono mai. Ma la vecchietta con una voce pacata, girando intorno al furgoncino ha detto quasi parlando a se stessa “magari ‘sti giovinotti devono scaricare qualcosa di corsa che se poi fanno tardi magari li licenziano pure e qui parcheggi proprio non ce ne sono”. Mi ha colpito la semplicità di questa lettura di classe e mi sono detta che, forse, pensare in questi termini non dovrebbe essere poi così difficile.