Per Ebru Timtik con dolore e rabbia

Ebru Timtik è morta, uccisa dallo Stato turco dopo 238 giorni di sciopero della fame. Avvocata, imprigionata per aver difeso imputati che il potere ad Ankara aveva deciso di processare senza diritto alla difesa di fiducia, due settimane fa, la Corte suprema turca aveva respinto il ricorso per la sua liberazione a causa delle gravi condizioni di salute.

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Non sarà una mangiata che li seppellirà…ma aiuta!!!

Riceviamo dalle compagne di Udine

NON SARA’ UNA MANGIATA CHE LI SEPPELLIRA’…MA AIUTA!!

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Riflessioni femministe per l’Estate 2020/ Paola Tabet

Trasformazioni in corso nei rapporti di riproduzione

Paola Tabet da <Non si nasce donna/percorsi, testi e contesti del femminismo materialista in Francia> Quaderni Viola, Alegre 2013 pp. 137-141

” Da poco assistiamo in Occidente a una trasformazione di rapporti di riproduzione plurisecolari, nei quali, non solo la capacità riproduttiva,  ma l’intera persona della riproduttrice, era oggetto di appropriazione privata. Ormai questo legame di appropriazione privata è messo in discussione. Esaminerò questa trasformazione sotto due aspetti, uno particolare, l’altro generale.

1-Uteri in affitto

La capacità, la forza procreativa può, di per se stessa, divenire oggetto di scambio. Negli Stati Uniti si moltiplicano le associazioni per <l’affitto di uteri>: in cambio di una certa somma di denaro delle donne accettano di farsi fecondare artificialmente e di produrre bambini per altri, coppie in cui la donna è sterile o preferisce non procreare. L’uomo<locatario di utero> è allora esplicitamente e direttamente il datore di lavoro della riproduttrice: la fecondazione artificiale elimina la relazione personale tra i partner e rende in qualche maniera asettica la relazione di lavoro salariato.

Abbiamo qui una vendita in cui la forza di procreazione è scambiata nello stesso modo che la forza lavoro.

Nella <locazione di utero>, se la produzione di bambini è direttamente assimilabile alla produzione di merci (anche se non appare come tale al locatario) ciò è in virtù del fatto che la forza di procreazione è, per riprendere i termini marxiani, <offerta e venduta dal suo possessore>. La donna che accetta di fare un bambino è libera proprietaria della propria forza lavoro, della propria persona. L’acquirente di utero e lei stessa sono <entrambi possessori di merci, di pari diritti, distinti solo per essere l’uno compratore, l’altro venditore, persone dunque giuridicamente uguali> . E, punto essenziale, la compravendita della capacità di gestazione è limitata a un tempo definito-quello di una gravidanza-essendo la misura del tempo ciò che distingue la cessione temporanea di una capacità, di cui il proprietario resta proprietario, dalla cessione totale di questa capacità, <poichè se la vende in blocco, una volta per tutte, vende se stesso, si trasforma da libero in schiavo, da possessore di merce in merce>(Marx[1867] 1973, pp.184-185).

La <locazione di utero> si distingue così sia dallo schiavismo delle piantagioni( dove la riproduzione era imposta alle donne per ottenere manodopera e/o schiavi per il mercato) che dalle numerose forme di matrimonio in cui questa cessione della capacità riproduttiva non è limitata né nel tempo né nella quantità di produzione.

2-Verso la dissoluzione del legame di appropriazione privata?

L’affitto di utero non è che la parte emergente di un iceberg, la parte visibile di un processo di sgretolamento delle solide strutture che da secoli hanno controllato la riproduzione. Prenderò adesso in esame un fenomeno molto più generale della gestazione a pagamento: <le famiglie monoparentali>. I sociologi designano così- con un termine che occulta insieme la realtà e il senso di questo fenomeno- la situazione in cui delle donne assumono da sole il carico della riproduzione e la responsabilità dei bambini, o perché hanno divorziato o rotto un legame di convivenza, o perché hanno scelto di avere dei bambini da sole. Il significato di questo fenomeno è lo stesso, che le donne abbiano scelto o meno questa situazione e quale che sia il loro grado di impegno o di coscienza politica: si dissolve il legame di dipendenza personale delle donne nel matrimonio, l’appropriazione privata delle riproduttrici non è più la condizione necessaria della riproduzione (49).

Siamo dunque di fronte ad una trasformazione strutturale dei rapporti di riproduzione, comparabile per certi aspetti alla dissoluzione del rapporto di servitù in Europa. Dissoluzione che permise  l’apparizione dei lavoratori <liberi>, i moderni operai salariati (50). Continua a leggere

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Riflessioni femministe per l’Estate 2020/ Christine Delphy

La produzione di Christine Delphy, femminista materialista francese, non è stata tradotta in italiano ed è una grave lacuna perché sia dal punto di vista storico che teorico fornisce un apporto fondamentale per la comprensione del percorso femminista e degli assunti fondamentali che lo informano. Vi suggeriamo, per chi sa il francese ma anche per le altre perché il francese scritto è piuttosto semplice per chi è di lingua italiana, di leggere questo testo di cui vi abbiamo tradotto l’incipit contenuto in una pubblicazione del 2013 e quindi reperibile.

Il nemico principale

Christine Delphy

Articolo pubblicato su Partisan n° special <Libération des femmes.Année zéro> novembre 1970 e ora lo potete trovare su C. Delphy, “L’ennemi principal 1.économie politique du patriarcat” Editions Syllepse 2013.

<Dalla nascita di un Movimento di liberazione delle donne, in Francia, negli Stati Uniti e ovunque la questione sia stata affrontata, il punto di vista marxista è stato rappresentato da una linea elaborata, al di fuori dei movimenti femministi, comune ai partiti comunisti tradizionali e ai gruppi di sinistra e diffusa nel movimento da militanti venuti da questi ultimi.

Questa linea è apparsa in generale all’insieme delle donne del movimento come insoddisfacente sia in termini di teoria che in termini di strategia: 1) non rende conto dell’oppressione comune delle donne; 2) è centrata non sull’oppressione delle donne bensì sulle conseguenze di questa oppressione nei confronti del proletariato.

Questo non è possibile se non al prezzo di una contraddizione eclatante tra i principi a cui si rifà questa linea e l’applicazione che fa effettivamente nei riguardi delle donne. In effetti il materialismo storico si fonda sull’analisi degli antagonismi sociali in termini di classe, le classi stesse sono definite per la loro collocazione nel processo di produzione. Ora, quando si pretende di applicare questi principi allo studio della condizione delle donne in quanto donne, si omette puramente e semplicemente di analizzare i rapporti specifici delle donne rispetto alla produzione, vale a dire di procedere ad un’analisi di classe. I risultati di una tale lacuna teorica non si sono fatti attendere:

  • L’oppressione delle donne è vista come una conseguenza secondaria ( e derivata da) della lotta di classe come è definita attualmente, vale a dire dalla sola oppressione del proletariato da parte del capitale;
  • L’oppressione delle donne laddove il capitalismo in quanto tale è stato distrutto è attribuita a delle cause puramente ideologiche, cosa che implica una definizione non marxista ma idealista dell’ideologia come un fattore che può sussistere in assenza di un’oppressione materiale che questa serve a razionalizzare;
  • Questi postulati entrano in contraddizione con la dinamica del movimento; la presa di coscienza da parte delle donne di una doppia esigenza, teorica e politica: trovare le ragioni strutturali che fanno si che l’abolizione dei rapporti di produzione capitalisti in sé non sia sufficiente a liberare le donne; costituirsi in forza politica autonoma.

Appena nato, il movimento si è dunque confrontato con una contraddizione. Nel momento stesso in cui si è costituito in forza rivoluzionaria la sola analisi che inserisce la lotta delle donne in una prospettiva rivoluzionaria globale elude la prima di queste esigenze-la ricerca delle cause dell’oppressione specifica delle donne. E non offre alcuna base teorica alla seconda, permette ma non fonda la necessità della costituzione di un movimento autonomo.

Le conseguenze di questa contraddizione si fanno immediatamente sentire[…]>

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Riflessioni femministe per l’Estate 2020/ le donne”Gilets Jaunes”

Le donne “Gilets Jaunes”

<Quando le donne ci si mettono, lo fanno sul serio>

ddt21.noblogs.org

 

« C’est pas du chiqué
quand les femmes s’y mettent 
»25

L’Acte I des Gilets jaunes n’est pas achevé que, déjà, ils se trouvent qualifiés par le gouvernement et les médias des pires adjectifs du moment, racistes, « islamophobes », ou homophobes ; accusations à chaque fois basées sur un incident censé refléter l’ensemble de la mobilisation. On y ajoute aussi le qualificatif de « sexistes »26, sans pour autant s’appuyer sur un cas précis ; le qualificatif diffamant est asséné comme une évidence – pour la bourgeoisie, le prolo mal dégrossi, débarquant de sa campagne la clope au bec, ne peut en effet qu’être « sexiste ». Ce n’est pas aussi simple.
Car il y a tout d’abord les femmes. Elles sont partout. Il s’agit sans doute de l’un des mouvements sociaux les plus mixtes qu’on ait connus (on parle de 40 à 45 % de femmes), sur les ronds-points, dans les manifestations mais aussi parmi les porte-paroles et référents, y compris dans les médias. Certains collectifs de Gilets jaunes se dotent même parfois de porte-paroles paritaires. À un tel niveau c’est sans doute une première. Pour l’historien Xavier Vigna, « l’égal engagement des femmes montre, peut-être pour la première fois, que le monde du travail dans son entier est aussi un monde féminin. Elles rendent visibles qu’elles sont présentes partout, dans les secteurs de la logistique, dans les services, dans les usines, etc. »27 On a rarement vu autant de femmes descendre dans les rues en France dans le cadre d’un mouvement social.
La présence des femmes dans les protestations et les grèves – croissante depuis les années 1970, en fonction des particularités sectorielles – est généralement perçue comme un signe de radicalité. On les remarque peut-être ici davantage parce que le mouvement des Gilets jaunes est lié à la vie quotidienne, à cette question de la reproduction de la force de travail où les prolétaires femmes jouent encore un rôle central, et à laquelle elles se renvoient elles-mêmes dans les nombreux témoignages et interviews. Lorsqu’une ouvrière, mère de deux enfants, explique qu’elle peine à les nourrir et qu’elle ne peut leur faire de cadeaux, c’est évidemment particulièrement poignant ; mais, ça l’est d’autant plus que, en France, on n’entend généralement pas ce type de propos dans les luttes, par exemple lors d’une grève de cheminots ou d’enseignants. C’est la précarité des prolétaires femmes qui saute à la gueule de celui qui est assis devant son écran. Continua a leggere

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Riflessioni femministe per l’Estate 2020/Colette Guillaumin

Scusate il ritardo ma ieri a causa del maltempo la<connessione era sconnessa>. Dovremmo organizzare dei sistemi di comunicazione alternativi alla rete che è in mani altrui!…piccioni viaggiatori?..pizzini?..tam tam? pensiamoci!

Colette Guillaumin: Pratica del potere e idea di natura – (1) L’appropriazione delle donne

Testo pubblicato in Questions féministes N°1-Novembre 1977

da https://christinedelphy.wordpress.com/2019/08/20/colette-guillaumin-pratique-du-pouvoir-et-idee-de-nature-1-lappropriation-des-femmes/   Con la cortese autorizzazione delle Editions Syllepse

PROLOGO

Questa mattina, ho visto ciò che il buon senso popolare chiama un matto e la psichiatria un maniaco, in avenue du Général-Leclerc, a Parigi. Agitava le braccia e balzava da un marciapiede all’altro. Parlava, parlava e con grandi gesti mulinanti spaventava le persone che passavano, prendendoci apparentemente un grande gusto perchè rideva forte quando riusciva a ottenere un gesto di terrore.

Quindi spaventava i passanti. I passanti? Alla fin fine, se vuoi, però in realtà quest’uomo sulla sessantina faceva questo gesto di destabilizzazione alle donne. Donne, giovani e vecchie, ma non uomini. Davvero un gesto di destabilizzazione coinvolgente, e persino, a una giovane donna, ha cercato di afferrarle il sesso. Ridendo ancora di più.

Ora, non si prende pubblicamente se non ciò che ti appartiene; anche i cleptomani più sfrenati si nascondono per cercare di prendere ciò che non è loro. Quando questo riguarda le donne invece evidentemente non ha senso nascondersi. Sono un bene comune e se la verità è nel vino, nella bocca dei bambini e in quella dei pazzi, questa verità ci viene chiaramente detta molto spesso.[…]

Apologue

Ce matin, je voyais ce que le bon sens populaire appelle un fou et les psychiatres un maniaque, dans l’avenue du Général-Leclerc, à Paris. Il faisait de grands gestes des bras et sautait à grandes enjambées d’un côté du trottoir à l’autre. Il parlait, parlait et avec de vastes moulinets faisait peur aux gens qui passaient, en y prenant apparemment un grand plaisir puisqu’il riait aux éclats lorsqu’il parvenait à obtenir un geste d’effroi.

Il faisait donc peur aux passants. Aux passants ? Enfin, si on veut, car en fait, cet homme d’une soixantaine d’années faisait ce geste de précipitation enveloppante aux femmes. Aux femmes, jeunes et vieilles, mais non pas aux hommes. Un geste de précipitation enveloppante en effet, et même, pour une jeune femme, il a tenté de lui prendre le sexe. Il a encore bien davantage ri.

Or on ne prend publiquement que ce qui vous appartient ; même les kleptomanes les plus débridés se cachent pour tenter de saisir ce qui n’est pas à eux. Pour les femmes, c’est inutile de se cacher. Elles sont un bien commun, et si la vérité est dans le vin, la bouche des enfants et celle des fous, cette vérité-là nous est claire-ment dite bien souvent.

La publicité même de cette mainmise, le fait qu’elle revête aux yeux de beaucoup, et en tout cas des hommes dans leur ensemble, un tel caractère de « naturel », de quasi « allant-de-soi », est l’une de ces expressions quotidiennes et violentes de la matérialité de l’appropriation de la classe des femmes par la classe des hommes. Car le vol, l’escroquerie, le détournement se cachent, et pour approprier des hommes mâles il faut une guerre. Pas pour les hommes femelles, c’est-à-dire les femmes… Elles sont déjà propriété. Et lorsqu’on nous parle, à propos d’ici ou d’ailleurs, d’échange des femmes, on nous signifie cette vérité-là, car ce qui « s’échange » est déjà possédé ; les femmes sont déjà la propriété, antérieurement, de qui les échange. Lorsqu’un bébé mâle naît, il naît futur sujet, qui aura à vendre lui-même sa force de travail mais pas sa propre matérialité, sa propre individualité. De plus, propriétaire de lui-même, il pourra également acquérir l’individualité matérielle d’une femelle. Et de surcroît il disposera également de la force de travail de la même, dont il usera de la manière qui lui conviendra, y compris en démontrant qu’il ne l’utilise pas.

Si vous n’avez pas peur des exercices amers, regardez dans la rue comment les jeunes amants ou amoureux se donnent la main, qui prend la main de qui ? et marche légèrement devant… oh ! à peine, une esquisse… Regardez comment les hommes tiennent « leur » femme par le cou (comme une bicyclette par le guidon) ou comme ils la tirent à leur bras (comme le chariot à roulettes de leur enfance…). C’est selon l’âge, et les revenus, mais les rapports corporels crient cette appropria-tion, dans chaque accent de la motricité, de la parole, des yeux. Et je finis par me demander sérieusement si ce geste masculin supposé galant, et qui, d’ailleurs, tend à disparaître, de « laisser le passage » à une femme (c’est-à-dire de la faire passer devant) n’était pas simplement l’assurance de ne pas la perdre de vue une seconde : on ne sait jamais, même avec des talons très hauts, on peut courir, et fuir.

Les habitudes verbales nous le disent aussi. L’appropriation des femmes est explicite dans l’habitude sémantique très banale de mentionner les acteurs sociaux femmes prioritairement par leur sexe (« femmes », les femmes), habitude qui nous irrite beaucoup, polysémique bien évidemment, mais dont justement cette significa-tion-là est passée inaperçue. Dans n’importe quel contexte, qu’il soit professionnel, politique, etc., toute qualification en ce domaine est omise ou refusée aux acteurs de sexe féminin, alors que bien entendu ces mêmes qualifications désignent seules les autres acteurs. Ces phrases par exemple, relevées dans les dernières quarante-huit heures : « Un élève a été puni d’un mois d’arrêts de rigueur, une jeune fille a reçu un blâme… » (information sur la répression à Polytechnique) ; « Un président de société, un tourneur, un croupier et une femme… » (à propos d’un groupe réuni pour opiner sur un sujet quelconque) ; « Ils ont assassiné des dizaines de milliers d’ouvriers, d’étudiants, de femmes… » (Castro, à propos du régime Battista). Ces phrases, dont l’imprécision (croyons-nous) quant au métier, quant au statut, quant à la fonction dès qu’il s’agit de femmes nous exaspère tellement, ne sont pas des phrases fautives par omission d’information. Elles sont au contraire informativement exactes, ce sont des photographies des rapports sociaux. Ce qui est dit et uniquement dit à propos des êtres humains femelles, c’est leur position effective dans les rapports de classe : celle d’être en premier et fondamentalement des femmes. Leur socialité c’est cela, le reste est de surcroît et – nous signifie-t-on – ne compte pas. En face d’un patron il y a une « femme », en face d’un polytechnicien il y a une « femme », en face d’un ouvrier il y a une « femme ». Femme nous sommes, ce n’est pas un qualificatif parmi d’autres, c’est notre définition sociale. Folles qui croyons que ce n’est qu’un trait physique, une « différence » et qu’à partir de ce « donné » de multiples possibilités nous seraient ouvertes. Or ce n’est pas un donné, c’est un fabriqué auquel on nous signifie sans cesse de nous tenir. Ce n’est pas le début d’un processus (un « départ », comme nous le croyons), c’en est la fin, c’est une clôture.

Au point même qu’on peut très bien tenter de nous extraire d’une information où nous aurions pu nous glisser sous une marque frauduleuse, de nous en sortir pour nous rendre notre vraie place (nous remettre à notre place) : « Trois agents communistes, dont une femme… » (à propos de l’espionnage en Allemagne fédérale). Et voilà ! Une femme n’est jamais qu’une femme, un objet interchangeable sans autre caractéristique que la féminité, dont le caractère fondamental est d’appartenir à la classe des femmes.[…]

continua qui Colette Guillaumin 

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Zardins Magnetics del 23 luglio 2020

     Zardins Magnetics

Trax di giovedì 23 luglio 2020

Stasera, alle 20, ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane – in  FM 90.0 MHz – in  streaming ascoltareradio.com/onde-udine/ –                                                                          in podcast https://soundcloud.com/radiaz10n3

Oggi: iniziativa in solidarietà ai detenuti del CPR di Gradisca; intervista a una compagna dell’Assemblea NO CPR FVG; contributo audio sulla rivolta di Modena. Musiche: Flipper, Ballast, Anti-Pasti, Ratos de Porao, Anti-System, FCT, Repressione, MusicaNova. In FM 90.0MHz.   Buon ascolto!

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KRISIS/Corpi,confino e conflitto

E’ in uscita il 28 luglio per Catartica Edizioni  un libro di riflessione e di analisi su quello che è successo per affrontare in maniera fattiva quello che succederà

“KRISIS. Corpi, Confino e Conflitto.” 

E’ una pubblicazione collettiva a cui hanno partecipato anche Nicoletta Poidimani ed Elisabetta Teghil con un intervento ‘a quattro mani’ dal titolo «Riflessioni femministe sull’epidemia del nostro tempo: l’assoggettamento volontario».

 

“Tutte le fragilità emerse nella primavera del 2020 intorno al Covid-19 necessitano di un’analisi critica.
Il disastroso collasso ecologico, il terrore dettato dal disciplinamento politico e mediatico, il conseguente distanziamento sociale, la dissoluzione del corpo collettivo di cui il lato medico-sociale è solo una delle tante peculiarità, fanno capire che quello che è avvenuto è molto di più di un’epidemia e determinerà irreversibilmente l’intero XXI secolo.
Questo libro, focalizzandosi sui corpi e il loro confino, non racconta solo il presente ma anche il futuro, le sue radici e i conflitti possibili.”

E’ possibile prenotare il libro sul sito di Catartica Edizioni. Per eventuali presentazioni contattateci su coordinamenta@autistiche.org o scrivete all’editore.

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Di CPR si continua a morire/ancora a Gradisca

<Riceviamo e diffondiamo la notizia della seconda morte nel CPR di Gradisca.

Ci dicono che un ragazzo albanese è rimasto senza vita e che un ragazzo marocchino al momento è ricoverato in terapia intensiva nell’ospedale di Gorizia. Circolano varie versioni dei fatti.

Durante il primo pomeriggio ci sono state rivolte nella zona rossa del CPR; la notizia della morte si sta diffondendo tra le varie zone della struttura, da dove ci raccontano che nella zona rossa è stato bruciato un materasso.

Nella zona blu, quella dove si trovavano i due ragazzi, sono stati sequestrati tutti i cellulari.

Quello che sappiamo con certezza è che, dopo solo sei mesi dalla morte di Vakhtang, un’altra persona ha perso la vita all’interno di questa atroce struttura…>

Leggete qui

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2020/07/14/morte-nel-cpr-di-gradisca/

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2020/07/15/quello-che-sappiamo-del-ragazzo-morto-a-gradisca-video/

E’ inutile che insegnanti e scuole organizzino lezioni sui campi di concentramento nazisti e sui campi di internamento italiani, che organizzino visite  scolastiche educative a quelli che chiamano i luoghi della memoria…c’è qualche professor* che parli ai suoi alunni dei Cpr e di come la nostra democratica repubblica abbia istituito questi campi di internamento? c’è qualche professor* che porti in visita scolastica i suoi alunni al CPR più vicino che sia Gradisca, Ponte Galeria o Corelli? E’ inutile che vengano sfornate corone di fiori e cerimonie nei soliti anniversari, dal 25 aprile alle ricorrenze di turno…quando a qualche chilometro di distanza delle persone sono rinchiuse in lager di Stato solo per quello che sono, per la loro condizione senza aver fatto alcunché ma per la colpa di non essere graditi a questo sistema. E’ incredibile che nessun* delle persone che si incontrano per strada si chieda che cos’è un CPR e se interrogate caschino, o facciano finta, di cascare dalle nuvole…E’ possibile che non si rendano conto che la detenzione amministrativa riguarda anche loro, che adesso vengono internati i/le immigrati/e senza permesso di soggiorno ma che un domani potrà toccare a chi non sarà gradit* allo Stato per qualunque altra cosa? E’ inutile che il femminismo che va per la maggiore si sbracci chiedendo leggi contro l’omotransfobia, la misoginia…non è con le leggi corporative, con gli orticelli protetti che si conquista la liberazione, ma cambiando i rapporti di forza…Ravensbruck insegna che le prime <asozialen> internate erano lesbiche e donne fuori dalla così detta norma e venivano mandate in internamento dai servizi sociali.

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CPR di Gradisca/ manganellate, autolesionismo, censura/video

Riceviamo dalle compagne friulane e riteniamo importante pubblicare

Ciao a tutt*,

scriviamo per comunicare che al CPR di Gradisca nell’ultima settimana ci
sono stati dei pesanti atti di autolesionismo che, secondo quanto ci
raccontano, sono seguiti ad un pesante sopruso. Sempre da quanto ci raccontano
quest’episodio ha portato a delle conseguenze fisiche per la persona
coinvolta che durano tutt’ora, nel silenzio dei media.

Invitiamo quindi tutt* ad una diffusione di questa notizia:

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2020/07/12/ordinaria-violenza-del-cpr-manganellate-e-autolesionismo-video/
https://www.facebook.com/nocprfvg/photos/a.510550989419235/929065827567747/

Assemblea no CPR no frontiere (Trieste)

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Letture da Angela Davis/Zardins Magnetics

Letture da Angela Davis/ da Zardins Magnetics del 9 luglio/

Un’ analisi molto interessante sullo schiavismo e le donne nere, sui ruoli, sull’intreccio di oppressioni di genere/razza/classe come riflessione storica e come strumento per le lotte presenti per la liberazione di tutte le donne.

ascolta qui

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Zardins Magnetics del 9 luglio 2020

     Zardins Magnetics

Trax di giovedì 9 luglio 2020

Stasera, alle 20, ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane – in  FM 90.0 MHz – in  streaming ascoltareradio.com/onde-udine/ –                                                                          in podcast https://soundcloud.com/radiaz10n3

Oggi: l’eredità della schiavitù, lettura da Angela Davis; una
mobilitazione per ESOF 2020; appello dal CPR di Gradisca. Musica: Ennio
Morricone, Nina Simone, Marianne Faithfull, Mia Martini, Charlie, Flavio
Giurato. 

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Annamaria Mantini/ 8 luglio 1975

Per Annamaria Mantini/8 luglio 1975

Ricordare è importante, ricordare è fondamentale, chi non ricorda la sua storia e non ne mantiene viva la memoria ha già perso. Vogliamo ricordare Annamaria riannodando la sua lotta al presente 

 

[…]è necessario resistere, opporre resistenza personale, interpersonale, politica alla marea montante della normalizzazione e rimanere fortemente ribelli alle molteplici oppressioni, renitenti alla chiamata della leva, ferme nel nostro pensare femminista con una lucidità che respinge la disperazione, la delusione[…] Insieme a tutte le donne e le compagne che rifiutano la delega, che continuano a lottare per la propria autodeterminazione, che si prendono ciò di cui hanno bisogno, che conquistano a spinta i propri diritti, che si autodifendono e si autorganizzano contro la violenza di genere esercitata dagli uomini, dalle istituzioni e anche dalle donne, insieme alle donne vessate dalla magistratura e rinchiuse in carcere o nei cpr, insieme a tutte quelle che si oppongono alla militarizzazione dei territori, alle<guerre umanitarie>, alle speculazioni e alle nocività,, che siano un tav, un muos, un inceneritore o lo sfruttamento lavorativo, insieme a tutte quelle che ancora vogliono la luna. Rimanere rivoluzionarie è il solo modo di costruire strade di liberazione[…]

<Quattro passi>p.49

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La Parentesi di Elisabetta del 1/7/2020

“La salute e un par de scarpe nove”

… Quanno c’è ‘a salute c’è tutto
Basta ‘a salute e un par de scarpe nove
Poi girà tutto er monno
E m’accompagno da me

Tanto pe’ cantà- (E.Petrolini 1932) Nino Manfredi 1970

La lucidità di pensiero è stata destabilizzata da un virus, il Covid-19. Improvvisamente (quasi) tutti e tutte tre mesi fa, sinistra di classe compresa, sono stati colti/e dalla paura della malattia e del contagio. Il <qui si muore> è stata la risposta secca e anche violenta a qualsiasi tentativo di analisi e di riflessione sulla propaganda terroristica e sul controllo asfissiante messo in atto dal sistema di potere a cui non si è mai accompagnata, guarda caso, nessuna indagine degna di questo nome sulle cause reali e sulle ragioni della propagazione del virus soprattutto in Lombardia. C’è in ballo la salute, la salute è la cosa più importante è stato il refrain di questi mesi.

Ma che cos’è la salute? Cosa significa essere in salute, mantenersi in salute? La salute fisica e mentale, poi, sono inscindibili e sono il risultato dell’equilibrio del nostro essere. Non stiamo qui ad indagare posizionamenti e teorie, ci perderemmo nei meandri di una discussione senza fine ma sicuramente la salute non è legata ad una specifica malattia piuttosto dipende dalla qualità della vita e anche della morte in quella che sembra una contraddizione ma non lo è. E la qualità della vita proprio perché non dipende dalla presenza o dall’assenza della malattia non è altro che il rapporto intercorrente tra i nostri desideri e la possibilità di realizzarli, tra il nostro senso della vita e la rispondenza reale che a questo senso viene data. Altrimenti perché ci sarebbe chi è disposto a giocarsi la vita per un ideale politico o a rischiarla per un traguardo che sia il raggiungimento di una cima inesplorata o la trasvolata dell’Atlantico o, molto più semplicemente, a indebitarsi per comprarsi una casa sapendo che molto probabilmente dovrà sfiancarsi di lavoro e mangiare come insegna la saggezza popolare “pane e cipolle”?

Pensate veramente che abbia avuto importanza la salute nuda e cruda per chi si è fatto/a ammazzare nelle piazze e nelle lotte per una vita che valesse la pena di essere vissuta? o per chi ha passato lunghissimi anni in carcere, per chi ha fatto il partigiano/a in montagna o semplicemente i picchetti alle quattro di mattina nel gelo dell’inverno?

Tra l’altro la propaganda mediatica terrorizzando le persone rispetto ad una singola malattia ha fatto di colpo dimenticare che si muore tutti i giorni, con numeri altissimi, continuamente, di cancro e di infarto, di malattie cardiovascolari e ictus, di tranquillanti e di ansiolitici…per quello che mangiamo e per quello che beviamo, per i luoghi che abitiamo, per il lavoro che facciamo, perché dobbiamo essere sempre efficienti e disponibili…e per questo ci dobbiamo imbottire di farmaci con lauti guadagni per le case farmaceutiche e per il business sanitario. Continua a leggere

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9 luglio a Roma/Black Lives Matter/Incontro con Silvia Baraldini

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