La Val Susa con il popolo Sioux

La Val Susa con il popolo Sioux

COMUNICATO DEL MOVIMENTO NO TAV VAL DI SUSA AL POPOLO LAKOTA-SIOUX DEL NORD DAKOTA.

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La Val Susa con il popolo Sioux
Il Movimento No Tav della Val Susa (ovest di Torino, Italia), riunito in Coordinamento Mercoledi 23 Novembre 2016, saluta e manda la sua solidarietà al coraggioso popolo Sioux di Standing Rock e alll’Indigenous Environmental Network in lotta contro la costruzione del Dakota Access Pipe Line (Dapl) sulle sacre terre Lakota.
La vostra causa, la protezione della Madre Terra e dell’acqua che ne è il sangue, è anche la nostra.
Da più di venti anni il Movimento No Tav si oppone con ogni mezzo alla costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità (Tav) da Torino a Lione, Francia, che porterebbe devastazione alla nostra Valle e prosciugherebbe il debito pubblico del nostro Paese. La forte pressione popolare ha costretto le lobbies industriali e i partiti politici a tagliare gradatamente il progetto iniziale e ridurlo a un unico tunnel di 57 km sotto le Alpi. Molti sono i governi che abbiamo visto cadere e molti sono i politici o esponenti del mondo industriale arrestati o perseguiti per corruzione o malversazioni, mentre noi siamo ancora vivi e vegeti. Il nostro obiettivo è la cancellazione definitiva del progetto
Stiamo soffrendo per la violenza poliziesca, la militarizzazione della Valle e la rappresaglia giudiziaria. Solo in questi giorni 38 attivisti sono stati condannati a un totale di 84 anni complessivi di prigione e più di mille sono i procedimenti giudiziari ad oggi contro di noi. Ma abbiamo costretto gli speculatori a proteggere il cantiere come un fortino: filo spinato, reti metalliche, blocchi di cemento, polizia e truppe speciali alpine richiamate dall’Afghanistan. Dal 2011 quando la polizia sgomberò il nostro presidio, assediamo il cantiere giorno e notte con la forza dei nostri numeri, con la nostra determinazione e con il sostegno di tutti i cittadini consapevoli, dei movimenti ambientalisti e per i diritti civili.
In tutti questi anni abbiamo imparato che tutte le Grandi Opere sono un furto di denaro pubblico, un modo subdolo di finanziare il sistema dei partiti e le mafie, di alimentare la corruzione; abbiamo imparato che le Grandi Opere sono spesso inutili e sempre devastanti per l’ambiente; che gli interessi che le sostengono riguardano la struttura portante del potere politico; che i media sono usati come arma contro ogni forma di dissenso perchè appartengono agli stessi poteri.
Cari amici, il nostro nemico comune è il capitalismo globale che sta distruggendo la Terra per il profitto
materiale. Su questo terreno siamo con voi e da oggi ci impegnamo a trovare le forme di pressione più efficaci per sostenervi.
I nostri cuori, i nostri pensieri e le nostre preghiere d’ora in poi saranno anche con voi.

No Tav. No Dapl!
Val Susa, 23 Novembre 2016

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Isoliamo i “Violanti”!!

Una studentessa violentemente aggredita !

Bologna, Isoliamo i Violanti: studenti del NO aggrediti dentro l’università/

bologna

Questo pomeriggio i Giovani Democratici (funzionari sul libro paga del partito renziano nascosti dietro alla sigla “Studenti per il Sì”) hanno organizzato all’Università di Bologna un dibattito sul referendum con Luciano Violante a sostenere le ragioni del regime. Violante, com’è noto, oltre a essere uno dei più cupi volti della casta politica dalla prima repubblica fino a oggi (alla faccia della rottamazione), è uno di quelli che tiene in mano le fila della magistratura torinese, particolarmente conosciuta per la sua ferocia repressiva contro i movimenti e negli ultimi anni contro i No Tav – alla faccia della #pertuttilibertàdiparola, slogan scelto dai Giovani Democratici ogni qual volta hanno cercato di impedire agli studenti di esporre le ragioni del No.

Anche oggi la libertà di parola gli studenti e le studentesse se la sono presa. Mentre Violante ha iniziato a esporre la voce del regime, è stato sollevato dall’alto dell’aula uno striscione: “Isolare i Violanti! No Tav liber* #cèchidiceno“. I funzionari dei Giovani Democratici hanno subito tentato di intervenire, invano. Mentre Violante iniziava il secondo giro di interventi, gli studenti hanno cercato di entrare dalla porta principale con il semplice obiettivo di affiggere sul muro la propria libertà di parola. A quel punto, sotto gli occhi della digos e incitati dai funzionari dei Giovani Democratici, due guardiani privati (pagati dall’UniBo, cioè con i nostri soldi), hanno aggredito gli studenti, colpendoli con calci e pugni; in particolare, una giovane studentessa di Scienze Politiche è stata violentemente colpita e scaraventata per terra. Senza esitazioni e con determinazione, gli studenti hanno riconquistato l’ingresso dell’aula. Anche il professor Pasquino, intervenuto al dibattito come docente per il no, ha sostenuto la legittimità libertà di espressione dei giovani (quelli veri, non con la tessera di partito in tasca). Lo striscione è stato quindi esposto dietro alla cattedra, di fronte all’impotente livore dei piccoli funzionari del PD.
La giornata di oggi mostra almeno quattro cose.

Innanzittutto, la casta politica ha sempre più paura del No. L’UniBo, apertamente schierata dalla parte di un sì a cui sono concesse aule e crediti formativi, è arrivata al punto di arruolare delle guardie private per aggredire gli studenti che sostengono il No. In terzo luogo, la libertà di parola a cui fanno riferimento i Giovani Democratici – corpo estraneo all’università – è la libertà del regime renziano: la violenza sta tutta dalla parte dei Violanti. In quarto luogo, soprattutto, la strada è quella giusta: mandiamo a casa il governo Renzi, sbarazziamoci del PD!

da fb HoboBologna Occupato

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La Parentesi di Elisabetta del 23/11/2016 e Podcast

Lo stesso vento

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La nostra storia e le sue derive. Di questo dovremmo parlare. Di fronte alla barbarie delle invocazioni di aiuto alle Istituzioni e alle sue articolazioni, il discorso di “Nonunadimeno” si presenta come totalmente altro rispetto alla stagione dei nostri sogni.

Un’iniziativa che tende ad annullare la possibilità che le donne, con il conflitto e la ribellione, non si pieghino rassegnate al dominio della società neoliberista e alla vittoria della merce. E’ la negazione della responsabilità della società attraverso le sue stesse istituzioni a partire dalla dissipazione della libertà e dell’esistenza degli individui che si va compiendo nella curva estrema di questo momento storico.

Chiamando fuori da ogni responsabilità il dominio nelle sue articolazioni, dato che si omette di nominare chi permette la materializzazione del dominio stesso, omissione che non è casuale visto che sono gli stessi che la manifestazione si propone di “sensibilizzare”, viene portata avanti una denuncia tanto generica quanto fuorviante e una modalità, invece, di sostanziale complicità,  mostrando al potere assoggettamento e facendo professione di abiura e di pentimento dei valori che hanno connotato le lotte femministe degli anni ’70.

Si dimentica che lo Stato possiede il monopolio della violenza,  la esercita attraverso la forza e la considera legittima.

Ci si può rivolgere allo Stato, quindi, per chiedere aiuto, solo e se si ritiene che tutto ciò sia legittimo e si trascina così il femminismo ad un ruolo addomesticato ed ancillare. In cambio lo Stato offre una semilibertà controllata dagli ortopedici dell’anima, psicologi/ghe, assistenti sociali, psichiatri/e, poliziotti “buoni” e poliziotte “buone” che a questo sono addetti/e e disponibili. Questa operazione è presentata come frutto di un “sano realismo” e comunque del fare i conti con la realtà.

Tutto ciò non è altro che interesse di parte che della falsa coscienza è il crepuscolo nell’indifferenza dell’avvilimento, della miseria, della disperazione in cui vengono gettate le donne tutte e in una lettura ottusamente ottimistica della controparte per cui solo e soltanto in un incontro con la stessa si può essere felici, mentre è solamente un abbraccio mortale. E pertanto tutto si risolve nel rifiuto opportunistico di ogni responsabilità sia pure nella divisione dei compiti. In questa stagione non c’è più contratto sociale possibile, questo è stato unilateralmente troncato dal potere.

Dobbiamo smascherare le radici sociali e politiche del patriarcato e della violenza su di noi. Le soluzioni altre non rimuovono cause ed effetti ma ci condannano alla solitudine, all’angoscia, all’isolamento. Una sorta di coazione all’ordine tanto ossessiva quanto incauta. E’ il trionfo del sistema. Il femminismo va rinchiuso nel recinto del dominio, quello che definisce e impone le regole del gioco della vita. E contemporaneamente esclude dal circuito della vita politica per quanto possibile chi a quell’ordine non si rassegna e da quelle regole dissente. L’unico orientamento è per loro la democrazia “partecipata” e il pensiero scientifico, naturalmente interpretato e officiato dalle esperte/i, è l’enciclica Urbi et Orbi che sancisce la fine delle “ideologie” e che diventa la loro propria ideologia. E’ il compiersi della sussunzione reale del femminismo al capitale nella sua totalità. Una rinnovata e piccola metafisica le cui officianti sono le Patriarche.

La liturgia è la fine di ogni possibilità di lotta, di liberazione, di libertà, di trasgressione, di invenzione perché tutto questo è già avvenuto, basta qualche piccolo ritocco qua e là con il concorso delle Istituzioni…un po’ di linguaggio al di sopra delle righe…qualche concessione alle “diversità”…qualche trasgressione sessuale… Questo è ormai il migliore dei mondi possibili e il suo orizzonte è insormontabile, ancora un piccolo sforzo! E’ l’abbandono senza rimorsi del femminismo. Noi siamo altro. Dobbiamo individuare e coltivare i punti di fuga da questa società anche quando si manifesta con iniziative femminili che a questa società concorrono, recuperare il tempo e i sogni senza perdersi nell’ottusa stagione del realismo. E questo si realizza nella dimensione molecolare di negazione del dominio e nella critica dell’attuale oscurantismo che si manifesta nelle forme attuali del potere. Pertanto resistenza e produzione di soggettività e di solidarietà. Ancora una volta i problemi decisivi sono quelli della libertà e dell’esistenza e della qualità della vita di tutte e tutti noi. Problemi che non vogliamo eludere. Ancora sempre e di nuovo c’è chi drizza il capo e dice no e affida la sua vita alla sua capacità di inventarla insieme con le altre. Nulla è scontato né dato una volta per tutte, ancora sempre e di nuovo è in questione il senso di quello che è e di quello che siamo. E’ lo stesso vento, quello del femminismo materialista, che ci spinge altrove, in altre direzioni, per proporsi come alternativa al cinismo, al politicamente corretto, al vittimismo.

 

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23 novembre 2016 Manifestazione contro l’occupazione militare a Capo Frasca!

https://youtu.be/zZhRTKSKoZc

https://nobordersard.wordpress.com/

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Noi stiamo con chi resiste!!!!

Domani processo per direttissima a Nicoletta

nicotrib Domani mercoledì 23 novembre alle ore 12 al Palagiustizia di Torino in aula 52 ci sarà il processo per direttissima a Nicoletta per “evasione”.

Sosteniamo Nico con la nostra presenza!

http://www.notav.info/agenda/domani-processo-per-direttissima-a-nicoletta/

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25 novembre 2016 NESSUNA DELEGA!

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Campagna per il NO al referendum del 4 dicembre!

40)Votiamo NO per dire NO alla guerra fra poveri!

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Il rifiuto del lavoro/ venerdì 25 novembre

Nel nostro specifico il rifiuto del lavoro riproduttivo e di cura rappresenta la consapevolezza del ruolo che ci è attribuito in questa società patriarcale e capitalista, rifiuto coniugato a quello del lavoro produttivo che ci viene assegnato come lavoratrici all’interno del percorso emancipatorio e che ci divide in due percorsi, quello di serie B a cui è destinata la stragrande maggioranza delle donne che possono essere ricacciate nel ruolo domestico e tradizionale qualora non servano e quello di serie A delle donne che si prestano in cambio della propria promozione personale a diventare partecipi attive del neoliberismo e del patriarcato.

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22 novembre/Assemblea pubblica verso il corteo del 27 novembre!

C’E’ CHI DICE NO:

ASSEMBLEA PUBBLICA 

VERSO IL CORTEO DEL 27 NOVEMBRE
@università La Sapienza – 

Facoltà di lettere – 22 Novembre ore 17

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Il 27 Novembre a Roma sfilerà il corteo che grida forte e chiaro No al
Governo Renzi e a tutte quelle riforme che stanno mettendo in crisi le
nostre vite. Sarà il NO al referendum costituzionale del 4 dicembre e
al mondo che Renzi rappresenta: accentramento dei poteri, riduzione
degli spazi di democrazia, uso privatistico delle istituzioni per
preservare e conservare un sistema di privilegi. La riforma
costituzionale in sintesi andrà a rafforzare quella “governabilità”
che, insieme alla legge elettorale, consentirà al governo di continuare
una guerra condotta dall’alto verso il basso della società, al servizio
dei poteri forti.

Renzi e i sui ministri tentano attraverso la retorica del cambiamento,
della svolta verso un paese migliore che abbandona le vecchie pratiche
di corruzione e di sprechi legati alla politica di confondere le carte
in tavola. Lo scontro non è tra innovazione e conservazione, ma al
contrario tra prepotenza e resistenza, laddove resistere significa
votare NO per aprire un nuovo spazio di cambiamento e partecipazione.
Diciamo forte e chiaro che non siamo più disposti ad accettare bugie e
pèrese in giro, ad essere strumentalizzati.

Dire No significa affermare la nostra contrarietà a questo sistema di
potere, allo sfruttamento, alla restrizione dei diritti, alle menzogne,
al furto quotidiano del nostro futuro. Il 27 novembre saremo in diverse
migliaia per le strade di Roma per riempire piazza del Popolo. Per non
tacere, per sostenere il No e cacciare questo governo. Abbiamo una
missione precisa e obiettivi semplici, organizziamoci assieme, portiamo
tutti in piazza.

Vi diciamo cosa succederà il 27 novembre.

_INVITIAMO TUTTI E TUTTE ALL’ASSEMBLEA PUBBLICA IN VISTA DEL CORTEO DI
DOMENICA 27 NOVEMBRE CHE SI TERRÀ ALLA SAPIENZA NELLA FACOLTÀ DI
LETTERE GIORNO 22 ALLE ORE 17. SARANNO PRESENTI TUTTI I PROMOTORI DEL
CORTEO, I COMITATI PER IL NO, I MOVIMENTI SOCIALI, I SINDACATI, LE
COLLETTIVITÀ IN DIFESA DEI PROPRI TERRITORI E TUTTI COLORO CHE NON
ASPETTANO ALTRO CHE POTER ESPRIMERE IL PROPRIO NO!!!!!!! PER CACCIARE QUESTO GOVERNO._

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La Parentesi di Elisabetta del 16/11/2016

Siamo stufe!

bastaSiamo stufe di assistere sempre alla solita modalità messa in atto dalle componenti neoliberiste e riformiste socialdemocratiche che hanno la pretesa di guidare la politica dell’Impero, ogniqualvolta debbano sovvertire uno Stato, una situazione, un gruppo politico… non gradito alla loro pretesa di dominio. Riescono ad imbastire rivolte, rivoluzioni, sommosse, ribellioni, tutte colorate, tutte improntate a parole tanto nobili quanto strumentali…libertà, democrazia, tutela delle minoranze, rispetto dei diritti umani, lotta alla violenza sulle donne, tutela dell’infanzia….

Ora la socialdemocrazia imperiale lo fa anche a casa sua. Le manifestazioni di piazza contro l’elezione di Donald Trump a presidente degli USA non sono altro che la rappresentazione di una rivolta colorata in casa. Questo meccanismo è talmente oliato da decenni di esperienza sul campo che ormai fomentare una rivolta a comando riesce benissimo. Ognuno ha il suo ruolo quando viene innescato strumentalmente il dissenso. Vengono toccati tutti i tasti: sessismo, razzismo, dittatura, coartazione delle diversità…e poi si punta sulla ridicolizzazione e sulla povertà intellettuale. Questo a prescindere se sia vero o no, ma la spinta unanime e convergente di media, intellettuali, giornalisti, dotti professori ed esperti di turno fanno sì che tutto diventi più vero del vero. Il nuovo presidente è un repubblicano sessista, razzista e conservatore. Ma esemplare è un cartello che i contestatori di Trump sbandierano in piazza. Dice “No War-No Trump”. Ora è evidente la falsità di una simile affermazione, dato che Trump è un isolazionista, ma così si rimescolano le carte e si spinge la gente a dimenticare che è Hillary Clinton ad essere il terminale delle multinazionali del complesso militare securitario, e che ha sempre dichiarato chiaramente quali erano le sue intenzioni rispetto al ruolo degli USA nel panorama internazionale, ma….

Siamo stufe di sentirci dire che la situazione in Medio Oriente è assai complessa, che in Siria c’è una guerra civile, che russi e americani si contendono il territorio, che l’Isis non si sa bene da dove sia venuto fuori…mentre è così lampante che la destabilizzazione del Medio Oriente è una scelta israeliana e americana, che i russi hanno dovuto prendere le contromisure, che la Siria ha sempre difeso i Palestinesi e che l’Isis è un prodotto imperiale. Non ci facciamo irretire in discussioni pretestuose sul fatto che tutto è imperialismo e tanto meno che a noi interessano solo le sorti della classe operaia, perché gli interessi di quest’ ultima passano attraverso la sconfitta dell’imperialismo statunitense. L’antimperialismo va calato nel concreto, non va annullato nell’indistinto magma del “sono tutti imperialisti”. Forse abbiamo dimenticato quello che è successo in Ucraina? La Siria e l’Ucraina passando per l’Iraq e la Libia sono solo gli ultimi tasselli. La Nato, a partire dalla Jugoslavia ha destabilizzato intere aree geografiche.

Siamo stufe di sentir parlare di crisi, di debito, di rilancio dell’economia…un punto in più o un punto in meno? E poi percentuali, dati, grafici, quotazioni…con uno sgomitare tra dotti intellettuali ed economisti, quasi sempre di sinistra, che offrono soluzioni e che si propongono come consiglieri della corona. I soldi ci sono, solo che vengono impiegati da altre parti e servono ad altre cose, solo la Nato ci costa 70 milioni di euro al giorno. Il problema è squisitamente politico. Il neoliberismo è una precisa scelta a tutto campo.

Siamo stufe che la violenza su di noi venga usata da parte delle strutture femminili socialdemocratiche e riformiste per chiamare le donne al collaborazionismo a tutela di interessi economici precisi che sono contro le donne tutte, a sostegno di governi neoliberisti e guerrafondai.

Il patriarcato così come si è innestato nel capitalismo è stato costretto dalle lotte femministe degli anni ’70 ad una mutazione e pertanto il concetto e la pratica del suo dominio si sono trasformati. Questa nuova situazione implica grandi modificazioni sul terreno politico di concettualizzazione sia nella sua teoria che nella sua pratica. Oggi si impone come cooptazione e promozione sociale di quelle componenti del genere storicamente oppresso che si prestano a perpetuare il dominio nei confronti di tutte le donne e degli oppressi tutti. Tanto più grave è questo in quanto le condizioni socio economiche ottocentesche in cui viene ricondotta la società, rendono ancora più penosa la condizione delle donne. Il patriarcato, in questa stagione si è ridefinito accentuando le sue caratteristiche ma mascherandole dietro un emancipazionismo che si risolve in un controllo della vita a tutto campo e in un avvilimento della stessa divenuta merce.

Disoccupazione, povertà, disperazione costituiscono la trama dello sviluppo del modello neoliberista. Il movimento femminista non può più consistere nella semplice denuncia di questa situazione, non ci possiamo più muovere sulla base della percezione e della definizione delle nuove figure che perpetuano il patriarcato, tanto più che in questo momento si accentuano le forme di esclusione delle realtà alternative. Dobbiamo cominciare a delineare e a declinare alcune ipotesi di uscita o almeno a provarci, tanto più necessarie dato che le Patriarche, in cambio della loro intelligenza e della loro anima, hanno dato la capacità e/o possibilità di essere le “infiltrate” nel femminismo e tra le donne tutte.

Siamo, perciò, stufe di vedere che le femministe e le compagne accorrono acriticamente al richiamo interclassista e spoliticizzato delle pifferaie di Hamelin dicendo che devono intersecare, contaminare, portare i loro contenuti… E siccome ci rifiutiamo di credere che le compagne e le femministe siano così superficiali e sprovvedute siamo stufe anche di chiederci perché lo facciano.

Un’azione politica efficace da parte del movimento femminista non può essere pensata se non ci poniamo a diretto contatto con l’esperienza e con un immaginario di uscita da questa società.

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20 novembre/ Incontro a Bologna!

Domani 20 novembre saremo a Bologna all’Incontro su “Separatismo e autocoscienza”

ore 10-18 Ass. Armonie-via Emilia Levante 138

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2016/11/07/20-novembre-a-bolognalo-stretto-legame-tra-autocoscienza-e-separatismo/

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Il separatismo/ dimensione di classe della lotta femminista e lesbica.

Il separatismo: lotta femminista e lesbica e lotta di classe.

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Ci sono forti pressioni che spingono per il “superamento” del separatismo come pratica di lotta femminista e lesbica.

L’attuale stagione neoliberista, dietro una facciata “riformista e modernizzatrice” propugna e attua, in tutti i campi, l’annullamento delle conquiste degli anni ’70 ed una fascistizzazione dello Stato, con il tentativo di assopimento della conflittualità sociale attraverso appelli alla “convivenza civile”, alla collaborazione, al “partecipazionismo”, panacea dei conflitti di genere e di classe, appelli peraltro sempre e solo rivolti alle oppresse e agli oppressi.

Gli oppressi/e non sono più presentati con una loro caratterizzazione costituita dalla collocazione lavorativa e sociale, ma come un indistinto, spesso fatto percepire come criminale e fuori dalle regole.

In questo progetto si inserisce il  trascinamento dal femminismo al femminile e la riduzione della lotta delle donne ad una generica conflittualità tra i sessi, facendo dimenticare completamente la natura strutturale dell’oppressione di genere e della violenza dei maschi sulle donne, conflittualità che dovrebbe essere risolta, secondo loro, attraverso un collaborativo confronto tra maschi e femmine in cui ognuna delle parti porta le proprie ragioni  e insieme risolvono  i contrasti.

E’ stato questo, ad esempio, il senso di iniziative come “Se non ora quando”. La donna a cui si era rivolto il loro appello (accantonate le reprobe, escort e affini, ribadendo, oltre tutto, la divisione  tra sante e puttane) viene descritta come casa e cura, madre, moglie, figlia, con la tessera di qualche partito, non importa quale, sindacalista, imprenditrice, volontaria. Vengono assolutamente annullate le differenze politiche e i ruoli nella società.

Si danno per scontate questa società, “civile ed accogliente”, la famiglia e l’eterosessualità , e si fa appello ad una moralità che tutte ci dovrebbe unire all’insegna della nazione-patria.

Vengono completamente cassati anni di lotte e di repressione e dimenticata una struttura sociale basata sullo sfruttamento, sull’ingiustizia , sulla disperazione della stragrande maggioranza della gente e, in particolare, delle donne.

Repubblichine e partigiane, donne borghesi indifferenti a tutto e forti dei loro privilegi e donne sfruttate e avvilite, donne in carriera che licenziano e donne licenziate, vengono tutte accomunate , in un ruolo indistintamente femminile e dovrebbero tutte concorrere al “miglioramento” di questa società.

E’ questo il senso di iniziative come “Nonunadimeno”, in cui al di là delle belle parole di rito, si auspica e si propone il collaborazionismo con lo Stato per avviare di concerto un’azione comune contro la violenza sulle donne, facendo dimenticare che la liberazione è uscire da questa società e che il femminismo è necessariamente antagonista perché antigerarchico, antiautoritario, contro la “normalizzazione” della vita nelle regole  imposte, consapevole che la legalità di questo sistema è violenza.

E, assertori di questa posizione sono i riformisti/e e i socialdemocratici/che, che sono i maggiori sponsor dei principi neoliberisti.

E’ in questo contesto che, quelle stesse componenti socialdemocratiche che, negli anni ’70, hanno usato il separatismo per snaturare e stravolgere la dimensione di classe della lotta di genere, oggi, chiedono, a gran voce, il superamento del separatismo nella lotta delle donne.

In quegli anni, obtorto collo, dovendo fare i conti con il movimento femminista, hanno usato il separatismo per appropriarsene e togliere ogni valenza di classe, oggi, nella stagione neoliberista, arrivano all’impudenza di chiedere il superamento del femminismo, perché, dietro la parola d’ordine “superamento del separatismo”, c’è in effetti il tentativo di annullamento della dimensione di classe.

Ma, il separatismo, è uno strumento, è una necessità di tutte/i coloro che portano avanti una lotta contro le oppressioni che hanno delle componenti trasversali, come lo è stato per il Black Panther Party, perché è una difesa, una zona franca, una garanzia di riconoscimento, una forza.

Soltanto in ambito separato è possibile sviscerare , comprendere , razionalizzare le contraddizioni che la lotta femminista e lesbica si trova a dover affrontare nell’intreccio delle oppressioni di genere/razza /classe.

Contemporaneamente, siamo consapevoli della necessità di collegarci con le altre realtà che lottano contro le oppressioni che esprime questa configurazione sociale, perché non esistono percorsi di liberazione che siano corporativi.

Per questo, oggi come non mai, è necessario salvaguardare e difendere il separatismo.

Come, nella società, non è sufficiente, per scardinarne la struttura, l’endemico conflitto capitale/lavoro, ma è necessaria la presa di coscienza di classe, così la lotta di liberazione delle donne passa, necessariamente, attraverso la presa di coscienza di genere.

Il separatismo, oggi, è la dimensione di classe della lotta femminista e lesbica.

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Campagna per il NO al referendum del 4 dicembre!

39)Votiamo NO per dire NO alla società del “buonismo” falso e peloso!

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Nessuna pace per chi vive di guerra!!

BLOCCHIAMO LE ESERCITAZIONI, corteo il 23 Novembre a Capo Frasca

https://nobordersard.wordpress.com/2016/10/24/blocchiamo-le-esercitazioni-corteo-il-23-novembre-a-capo-frasca/

E’ POSSIBILE INIZIARE A PRENOTARE I POSTI SUI PULLMAN PER IL 23. VIENI E FAI GIRARE.

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Collegamento e considerazioni sulla manifestazione con una compagna della rete nobasinéquinéaltrove

clicca qui

La RETE NO BASI aderisce al corteo del 23 novembre

Nel mese di ottobre come da prassi sono ricominciate le attività di esercitazione militare in Sardegna. La Rete No Basi né qui né altrove ha inaugurato questo secondo semestre con il campeggio antimilitarista tenutosi a San Sperate dal 6 ottobre e conclusosi con il corteo del 10 ottobre all’aeroporto di Decimomannu. Si è voluto con ciò sottolineare l’importanza di concentrarsi sull’asse Base Aerea di Decimomannu – Poligono di Capo Frasca, nella speranza di renderlo l’anello debole della presenza militare in Sardegna, e si vuole ora nuovamente volgere l’attenzione su Capo Frasca, per ritornare davanti a quei cancelli dove il 13 settembre 2014 si riaccese la fiamma dell’antimilitarismo sardo. Continua a leggere

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Intervista ad un’eretica

Intervista ad un’eretica

Una bella intervista di Nicoletta Poidimani  a Daniela Pellegrini prima dell’uscita del libro “Una donna di troppo, storia di una vita politica ‘singolare’.

Daniela Pellegrini ha fondato a Milano, nel 1965, il ‘Demau’(DemistificazioneAutoritarismo Patriarcale), primo gruppo italianodi donne. Decimato dal Sessantotto, il gruppo ha condiviso per alcuni mesi le riunioni di ‘Rivolta Femminile’, fondato nel 1970 da Carla Lonzi autrice dei famosi Sputiamo su Hegel e La donna clitoridea e la donna vaginale). Separatosi da questo, il ‘Demau’ ha ripreso autonomamente e sempre più numeroso. Successivamente Daniela con il suo gruppo ha avuto rapporti stretti con il gruppo francese ‘Psycanalise et Politique’ di Antoinette Fouch, con cui ha condiviso e approfondito la ricerca sulla sessualità e il rapporto con la madre. Argomenti, questi, che saranno da qui in poi i temi portanti del Movimento delle donne negli anni Settanta. Daniela ha partecipato a tutti gli accadimenti del Movimento delle donne italiano, fino alla chiusura, nel 1979, della milanese Casa delle Donne di Via Col di Lana 8, di cui ha cogestito fino all’ultimo le attività e in cui ha portato avanti vari gruppi di autocoscienza sulla sessualità, la violenza e il denaro. Dopo un anno di ritiro dalla vita politica delle donne e un viaggio in India, nel 1980 ha aperto a Milano, insieme a Nadia Riva e Giorgia Reiser, il Circolo Culturale e Politico delle Donne Cicip & Ciciap, spazio separatista tutt’oggi attivo, in una casa occupata, inVia Gorani 9.

INTERVISTA A UN’ERETICA …e il piacere?

Con Nadia Riva ha gestito e finanziato la rivista Fluttuaria. Segni di autonomia nell’esperienza delle donne, di cui sono stati pubblicati 17 numeri fra il 1987 e il 1994. Sulle pagine di Fluttuaria sono apparsi numerosi articoli nei quali Daniela propone il superamento delle differenze (definite come ‘il due’) e l’uscita dall’enfatizzazione del materno, mettendosi così in posizione ‘eretica’ rispetto alla conclamata ‘teoria della differenza’. Su questo vivace percorso politico, Daniela ha scritto un libro autobiografico (ancora inedito) (pubblicato nel 2012 n.d.r.)– Una donna di troppo. Storia di una vita politica ‘singolare’ – ed è proprio sulle tematiche espresse in questo testo che vado a intervistarla…

http://www.nicolettapoidimani.it/wp-content/uploads/2013/06/3-Intervista-eretica.pdf

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