Siamo state bruciate ma ci siamo ribellate e ci ribelleremo sempre!

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Catene di carta/Note sulla sorveglianza speciale

E’uscito l’opuscolo 

<Catene di carta.Note sulla sorveglianza speciale.>

ilrovescio.info

leggi qui Catene-di-carta_opuscolo

A mo’ di premessa

Questo opuscolo è stato scritto nei primi mesi del 2020, quando cominciava a diffondersi il Covid-19 e l’Italia iniziava velocemente a sprofondare nello Stato d’Emergenza. Va da sé che, da allora, le cose siano cambiate molto in fretta e che certe affermazioni contenute in queste pagine appaiano già un po’ datate. Ecco perché questa premessa, necessaria e in un certo senso doverosa[…]

[…]Rilette adesso, quelle righe rischiano di trasmettere un’immagine imprecisa del presente, e di fare involontariamente un favore alla controparte. Se il senso complessivo di questa analisi resta per noi valido, è anche evidente come negli ultimi mesi la repressione di Stato abbia fatto un ulteriore passo in avanti. Quando si arrestano compagne e compagni come “terroristi” all’interno di inchieste per 270bis che ruotano attorno al reato e al concetto di “istigazione a delinquere”, ovvero a quanto i compagni scrivono sui loro volantini; e quando un anarchico (Paska) viene arrestato come “istigatore” per essere stato picchiato in carcere, non pronunciare l’espressione delitto politico appare (da parte dello Stato) una foglia di fico sempre più esile. Preferiamo apparire “vittimisti” che essere insinceri, o intellettualmente poco onesti: lo Stato arresta i compagni sempre di più per le loro idee e i loro propositi. Va da sé che il suo timore è che queste idee possano tradursi in azione. Ma d’altronde, non è sempre andata così, nella storia? Dagli eretici medievali alla carboneria, dai giacobini ai marxisti, dai mazziniani agli anarchici, non è mai esistita una repressione “platonica” di idee “platoniche”, cioè di idee che non avessero effetti sulla realtà (e non fossero in un modo o nell’altro “assunte” da chi le proclamava). A fare la differenza è soprattutto la profondità con cui lo Stato infierisce contro parole e gesti. Quando essere arrestati o trovarsi ristretti per aver attaccato dei manifesti, o per aver svolto un presidio, o per essere stati presenti a una manifestazione, comincia a diventare la normalità, il salto di qualità è flagrante.[…] 

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Corpi tra confino e conflitto/Giovedì 10 settembre a Tradate

Giovedì 10 settembre 2020 dalle ore 20:30 alle 23:55 Kinesis, Via Carducci 3, Tradate

<Tutte le fragilità emerse nella primavera del 2020 intorno al Covid-19 necessitano di un’analisi critica. Il disastroso collasso ecologico, il terrore dettato dal disciplinamento politico e mediatico, il conseguente distanziamento sociale, la dissoluzione del corpo collettivo, di cui il lato medico-sociale è solo una delle tante peculiarità, fanno capire che quello che è avvenuto è molto di più di un’epidemia e determinerà irreversibilmente l’intero XXI secolo.>

GIOVEDÌ 10 SETTEMBRE ore 20.30
CORPI CONFINO E CONFLITTO

INCONTRO PUBBLICO    con
NICOLETTA POIDIMANI e ELISABETTA TEGHIL
coautrici di
“KRISIS – Corpi, confino e conflitto” (ed. Catartica)
Il libro, focalizzandosi sui corpi e il loro confino, non racconta solo il presente ma anche il futuro, le sue radici e i conflitti possibili.

e con i curatori di
LO SPILLOVER DEL PROFITTO
capitalismo guerre epidemie
a cura di Calusca City Lights

KINESIS via Carducci 3 TRADATE

https://www.facebook.com/Kinesisautogestito

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Corpi tra confino e conflitto/mercoledì 9 settembre a Milano

Mercoledì 9 settembre incontro pubblico al Cox 18 alle 18 e 30 a Milano su <Corpi tra confino e conflitto>

con Nicoletta Poidimani e Elisabetta Teghil, coautrici in  <KRISIS.Corpi, confino e conflitto> e i curatori di <Lo spillover del profitto/ capitalismo, guerre ed epidemie>

Importante non è soltanto ciò di cui parliamo,
ma anche come e perché decidiamo di parlare.
bell hooks

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Funk the covid! 5 settembre 2020

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Lettera a mio padre

E’ uscito l’ultimo libro di Barbara Balzerani!!!!

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Per Ebru Timtik con dolore e rabbia

Ebru Timtik è morta, uccisa dallo Stato turco dopo 238 giorni di sciopero della fame. Avvocata, imprigionata per aver difeso imputati che il potere ad Ankara aveva deciso di processare senza diritto alla difesa di fiducia, due settimane fa, la Corte suprema turca aveva respinto il ricorso per la sua liberazione a causa delle gravi condizioni di salute.

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Non sarà una mangiata che li seppellirà…ma aiuta!!!

Riceviamo dalle compagne di Udine

NON SARA’ UNA MANGIATA CHE LI SEPPELLIRA’…MA AIUTA!!

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Riflessioni femministe per l’Estate 2020/ Paola Tabet

Trasformazioni in corso nei rapporti di riproduzione

Paola Tabet da <Non si nasce donna/percorsi, testi e contesti del femminismo materialista in Francia> Quaderni Viola, Alegre 2013 pp. 137-141

” Da poco assistiamo in Occidente a una trasformazione di rapporti di riproduzione plurisecolari, nei quali, non solo la capacità riproduttiva,  ma l’intera persona della riproduttrice, era oggetto di appropriazione privata. Ormai questo legame di appropriazione privata è messo in discussione. Esaminerò questa trasformazione sotto due aspetti, uno particolare, l’altro generale.

1-Uteri in affitto

La capacità, la forza procreativa può, di per se stessa, divenire oggetto di scambio. Negli Stati Uniti si moltiplicano le associazioni per <l’affitto di uteri>: in cambio di una certa somma di denaro delle donne accettano di farsi fecondare artificialmente e di produrre bambini per altri, coppie in cui la donna è sterile o preferisce non procreare. L’uomo<locatario di utero> è allora esplicitamente e direttamente il datore di lavoro della riproduttrice: la fecondazione artificiale elimina la relazione personale tra i partner e rende in qualche maniera asettica la relazione di lavoro salariato.

Abbiamo qui una vendita in cui la forza di procreazione è scambiata nello stesso modo che la forza lavoro.

Nella <locazione di utero>, se la produzione di bambini è direttamente assimilabile alla produzione di merci (anche se non appare come tale al locatario) ciò è in virtù del fatto che la forza di procreazione è, per riprendere i termini marxiani, <offerta e venduta dal suo possessore>. La donna che accetta di fare un bambino è libera proprietaria della propria forza lavoro, della propria persona. L’acquirente di utero e lei stessa sono <entrambi possessori di merci, di pari diritti, distinti solo per essere l’uno compratore, l’altro venditore, persone dunque giuridicamente uguali> . E, punto essenziale, la compravendita della capacità di gestazione è limitata a un tempo definito-quello di una gravidanza-essendo la misura del tempo ciò che distingue la cessione temporanea di una capacità, di cui il proprietario resta proprietario, dalla cessione totale di questa capacità, <poichè se la vende in blocco, una volta per tutte, vende se stesso, si trasforma da libero in schiavo, da possessore di merce in merce>(Marx[1867] 1973, pp.184-185).

La <locazione di utero> si distingue così sia dallo schiavismo delle piantagioni( dove la riproduzione era imposta alle donne per ottenere manodopera e/o schiavi per il mercato) che dalle numerose forme di matrimonio in cui questa cessione della capacità riproduttiva non è limitata né nel tempo né nella quantità di produzione.

2-Verso la dissoluzione del legame di appropriazione privata?

L’affitto di utero non è che la parte emergente di un iceberg, la parte visibile di un processo di sgretolamento delle solide strutture che da secoli hanno controllato la riproduzione. Prenderò adesso in esame un fenomeno molto più generale della gestazione a pagamento: <le famiglie monoparentali>. I sociologi designano così- con un termine che occulta insieme la realtà e il senso di questo fenomeno- la situazione in cui delle donne assumono da sole il carico della riproduzione e la responsabilità dei bambini, o perché hanno divorziato o rotto un legame di convivenza, o perché hanno scelto di avere dei bambini da sole. Il significato di questo fenomeno è lo stesso, che le donne abbiano scelto o meno questa situazione e quale che sia il loro grado di impegno o di coscienza politica: si dissolve il legame di dipendenza personale delle donne nel matrimonio, l’appropriazione privata delle riproduttrici non è più la condizione necessaria della riproduzione (49).

Siamo dunque di fronte ad una trasformazione strutturale dei rapporti di riproduzione, comparabile per certi aspetti alla dissoluzione del rapporto di servitù in Europa. Dissoluzione che permise  l’apparizione dei lavoratori <liberi>, i moderni operai salariati (50). Continua a leggere

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Riflessioni femministe per l’Estate 2020/ Christine Delphy

La produzione di Christine Delphy, femminista materialista francese, non è stata tradotta in italiano ed è una grave lacuna perché sia dal punto di vista storico che teorico fornisce un apporto fondamentale per la comprensione del percorso femminista e degli assunti fondamentali che lo informano. Vi suggeriamo, per chi sa il francese ma anche per le altre perché il francese scritto è piuttosto semplice per chi è di lingua italiana, di leggere questo testo di cui vi abbiamo tradotto l’incipit contenuto in una pubblicazione del 2013 e quindi reperibile.

Il nemico principale

Christine Delphy

Articolo pubblicato su Partisan n° special <Libération des femmes.Année zéro> novembre 1970 e ora lo potete trovare su C. Delphy, “L’ennemi principal 1.économie politique du patriarcat” Editions Syllepse 2013.

<Dalla nascita di un Movimento di liberazione delle donne, in Francia, negli Stati Uniti e ovunque la questione sia stata affrontata, il punto di vista marxista è stato rappresentato da una linea elaborata, al di fuori dei movimenti femministi, comune ai partiti comunisti tradizionali e ai gruppi di sinistra e diffusa nel movimento da militanti venuti da questi ultimi.

Questa linea è apparsa in generale all’insieme delle donne del movimento come insoddisfacente sia in termini di teoria che in termini di strategia: 1) non rende conto dell’oppressione comune delle donne; 2) è centrata non sull’oppressione delle donne bensì sulle conseguenze di questa oppressione nei confronti del proletariato.

Questo non è possibile se non al prezzo di una contraddizione eclatante tra i principi a cui si rifà questa linea e l’applicazione che fa effettivamente nei riguardi delle donne. In effetti il materialismo storico si fonda sull’analisi degli antagonismi sociali in termini di classe, le classi stesse sono definite per la loro collocazione nel processo di produzione. Ora, quando si pretende di applicare questi principi allo studio della condizione delle donne in quanto donne, si omette puramente e semplicemente di analizzare i rapporti specifici delle donne rispetto alla produzione, vale a dire di procedere ad un’analisi di classe. I risultati di una tale lacuna teorica non si sono fatti attendere:

  • L’oppressione delle donne è vista come una conseguenza secondaria ( e derivata da) della lotta di classe come è definita attualmente, vale a dire dalla sola oppressione del proletariato da parte del capitale;
  • L’oppressione delle donne laddove il capitalismo in quanto tale è stato distrutto è attribuita a delle cause puramente ideologiche, cosa che implica una definizione non marxista ma idealista dell’ideologia come un fattore che può sussistere in assenza di un’oppressione materiale che questa serve a razionalizzare;
  • Questi postulati entrano in contraddizione con la dinamica del movimento; la presa di coscienza da parte delle donne di una doppia esigenza, teorica e politica: trovare le ragioni strutturali che fanno si che l’abolizione dei rapporti di produzione capitalisti in sé non sia sufficiente a liberare le donne; costituirsi in forza politica autonoma.

Appena nato, il movimento si è dunque confrontato con una contraddizione. Nel momento stesso in cui si è costituito in forza rivoluzionaria la sola analisi che inserisce la lotta delle donne in una prospettiva rivoluzionaria globale elude la prima di queste esigenze-la ricerca delle cause dell’oppressione specifica delle donne. E non offre alcuna base teorica alla seconda, permette ma non fonda la necessità della costituzione di un movimento autonomo.

Le conseguenze di questa contraddizione si fanno immediatamente sentire[…]>

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Riflessioni femministe per l’Estate 2020/ le donne”Gilets Jaunes”

Le donne “Gilets Jaunes”

<Quando le donne ci si mettono, lo fanno sul serio>

ddt21.noblogs.org

 

« C’est pas du chiqué
quand les femmes s’y mettent 
»25

L’Acte I des Gilets jaunes n’est pas achevé que, déjà, ils se trouvent qualifiés par le gouvernement et les médias des pires adjectifs du moment, racistes, « islamophobes », ou homophobes ; accusations à chaque fois basées sur un incident censé refléter l’ensemble de la mobilisation. On y ajoute aussi le qualificatif de « sexistes »26, sans pour autant s’appuyer sur un cas précis ; le qualificatif diffamant est asséné comme une évidence – pour la bourgeoisie, le prolo mal dégrossi, débarquant de sa campagne la clope au bec, ne peut en effet qu’être « sexiste ». Ce n’est pas aussi simple.
Car il y a tout d’abord les femmes. Elles sont partout. Il s’agit sans doute de l’un des mouvements sociaux les plus mixtes qu’on ait connus (on parle de 40 à 45 % de femmes), sur les ronds-points, dans les manifestations mais aussi parmi les porte-paroles et référents, y compris dans les médias. Certains collectifs de Gilets jaunes se dotent même parfois de porte-paroles paritaires. À un tel niveau c’est sans doute une première. Pour l’historien Xavier Vigna, « l’égal engagement des femmes montre, peut-être pour la première fois, que le monde du travail dans son entier est aussi un monde féminin. Elles rendent visibles qu’elles sont présentes partout, dans les secteurs de la logistique, dans les services, dans les usines, etc. »27 On a rarement vu autant de femmes descendre dans les rues en France dans le cadre d’un mouvement social.
La présence des femmes dans les protestations et les grèves – croissante depuis les années 1970, en fonction des particularités sectorielles – est généralement perçue comme un signe de radicalité. On les remarque peut-être ici davantage parce que le mouvement des Gilets jaunes est lié à la vie quotidienne, à cette question de la reproduction de la force de travail où les prolétaires femmes jouent encore un rôle central, et à laquelle elles se renvoient elles-mêmes dans les nombreux témoignages et interviews. Lorsqu’une ouvrière, mère de deux enfants, explique qu’elle peine à les nourrir et qu’elle ne peut leur faire de cadeaux, c’est évidemment particulièrement poignant ; mais, ça l’est d’autant plus que, en France, on n’entend généralement pas ce type de propos dans les luttes, par exemple lors d’une grève de cheminots ou d’enseignants. C’est la précarité des prolétaires femmes qui saute à la gueule de celui qui est assis devant son écran. Continua a leggere

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Riflessioni femministe per l’Estate 2020/Colette Guillaumin

Scusate il ritardo ma ieri a causa del maltempo la<connessione era sconnessa>. Dovremmo organizzare dei sistemi di comunicazione alternativi alla rete che è in mani altrui!…piccioni viaggiatori?..pizzini?..tam tam? pensiamoci!

Colette Guillaumin: Pratica del potere e idea di natura – (1) L’appropriazione delle donne

Testo pubblicato in Questions féministes N°1-Novembre 1977

da https://christinedelphy.wordpress.com/2019/08/20/colette-guillaumin-pratique-du-pouvoir-et-idee-de-nature-1-lappropriation-des-femmes/   Con la cortese autorizzazione delle Editions Syllepse

PROLOGO

Questa mattina, ho visto ciò che il buon senso popolare chiama un matto e la psichiatria un maniaco, in avenue du Général-Leclerc, a Parigi. Agitava le braccia e balzava da un marciapiede all’altro. Parlava, parlava e con grandi gesti mulinanti spaventava le persone che passavano, prendendoci apparentemente un grande gusto perchè rideva forte quando riusciva a ottenere un gesto di terrore.

Quindi spaventava i passanti. I passanti? Alla fin fine, se vuoi, però in realtà quest’uomo sulla sessantina faceva questo gesto di destabilizzazione alle donne. Donne, giovani e vecchie, ma non uomini. Davvero un gesto di destabilizzazione coinvolgente, e persino, a una giovane donna, ha cercato di afferrarle il sesso. Ridendo ancora di più.

Ora, non si prende pubblicamente se non ciò che ti appartiene; anche i cleptomani più sfrenati si nascondono per cercare di prendere ciò che non è loro. Quando questo riguarda le donne invece evidentemente non ha senso nascondersi. Sono un bene comune e se la verità è nel vino, nella bocca dei bambini e in quella dei pazzi, questa verità ci viene chiaramente detta molto spesso.[…]

Apologue

Ce matin, je voyais ce que le bon sens populaire appelle un fou et les psychiatres un maniaque, dans l’avenue du Général-Leclerc, à Paris. Il faisait de grands gestes des bras et sautait à grandes enjambées d’un côté du trottoir à l’autre. Il parlait, parlait et avec de vastes moulinets faisait peur aux gens qui passaient, en y prenant apparemment un grand plaisir puisqu’il riait aux éclats lorsqu’il parvenait à obtenir un geste d’effroi.

Il faisait donc peur aux passants. Aux passants ? Enfin, si on veut, car en fait, cet homme d’une soixantaine d’années faisait ce geste de précipitation enveloppante aux femmes. Aux femmes, jeunes et vieilles, mais non pas aux hommes. Un geste de précipitation enveloppante en effet, et même, pour une jeune femme, il a tenté de lui prendre le sexe. Il a encore bien davantage ri.

Or on ne prend publiquement que ce qui vous appartient ; même les kleptomanes les plus débridés se cachent pour tenter de saisir ce qui n’est pas à eux. Pour les femmes, c’est inutile de se cacher. Elles sont un bien commun, et si la vérité est dans le vin, la bouche des enfants et celle des fous, cette vérité-là nous est claire-ment dite bien souvent.

La publicité même de cette mainmise, le fait qu’elle revête aux yeux de beaucoup, et en tout cas des hommes dans leur ensemble, un tel caractère de « naturel », de quasi « allant-de-soi », est l’une de ces expressions quotidiennes et violentes de la matérialité de l’appropriation de la classe des femmes par la classe des hommes. Car le vol, l’escroquerie, le détournement se cachent, et pour approprier des hommes mâles il faut une guerre. Pas pour les hommes femelles, c’est-à-dire les femmes… Elles sont déjà propriété. Et lorsqu’on nous parle, à propos d’ici ou d’ailleurs, d’échange des femmes, on nous signifie cette vérité-là, car ce qui « s’échange » est déjà possédé ; les femmes sont déjà la propriété, antérieurement, de qui les échange. Lorsqu’un bébé mâle naît, il naît futur sujet, qui aura à vendre lui-même sa force de travail mais pas sa propre matérialité, sa propre individualité. De plus, propriétaire de lui-même, il pourra également acquérir l’individualité matérielle d’une femelle. Et de surcroît il disposera également de la force de travail de la même, dont il usera de la manière qui lui conviendra, y compris en démontrant qu’il ne l’utilise pas.

Si vous n’avez pas peur des exercices amers, regardez dans la rue comment les jeunes amants ou amoureux se donnent la main, qui prend la main de qui ? et marche légèrement devant… oh ! à peine, une esquisse… Regardez comment les hommes tiennent « leur » femme par le cou (comme une bicyclette par le guidon) ou comme ils la tirent à leur bras (comme le chariot à roulettes de leur enfance…). C’est selon l’âge, et les revenus, mais les rapports corporels crient cette appropria-tion, dans chaque accent de la motricité, de la parole, des yeux. Et je finis par me demander sérieusement si ce geste masculin supposé galant, et qui, d’ailleurs, tend à disparaître, de « laisser le passage » à une femme (c’est-à-dire de la faire passer devant) n’était pas simplement l’assurance de ne pas la perdre de vue une seconde : on ne sait jamais, même avec des talons très hauts, on peut courir, et fuir.

Les habitudes verbales nous le disent aussi. L’appropriation des femmes est explicite dans l’habitude sémantique très banale de mentionner les acteurs sociaux femmes prioritairement par leur sexe (« femmes », les femmes), habitude qui nous irrite beaucoup, polysémique bien évidemment, mais dont justement cette significa-tion-là est passée inaperçue. Dans n’importe quel contexte, qu’il soit professionnel, politique, etc., toute qualification en ce domaine est omise ou refusée aux acteurs de sexe féminin, alors que bien entendu ces mêmes qualifications désignent seules les autres acteurs. Ces phrases par exemple, relevées dans les dernières quarante-huit heures : « Un élève a été puni d’un mois d’arrêts de rigueur, une jeune fille a reçu un blâme… » (information sur la répression à Polytechnique) ; « Un président de société, un tourneur, un croupier et une femme… » (à propos d’un groupe réuni pour opiner sur un sujet quelconque) ; « Ils ont assassiné des dizaines de milliers d’ouvriers, d’étudiants, de femmes… » (Castro, à propos du régime Battista). Ces phrases, dont l’imprécision (croyons-nous) quant au métier, quant au statut, quant à la fonction dès qu’il s’agit de femmes nous exaspère tellement, ne sont pas des phrases fautives par omission d’information. Elles sont au contraire informativement exactes, ce sont des photographies des rapports sociaux. Ce qui est dit et uniquement dit à propos des êtres humains femelles, c’est leur position effective dans les rapports de classe : celle d’être en premier et fondamentalement des femmes. Leur socialité c’est cela, le reste est de surcroît et – nous signifie-t-on – ne compte pas. En face d’un patron il y a une « femme », en face d’un polytechnicien il y a une « femme », en face d’un ouvrier il y a une « femme ». Femme nous sommes, ce n’est pas un qualificatif parmi d’autres, c’est notre définition sociale. Folles qui croyons que ce n’est qu’un trait physique, une « différence » et qu’à partir de ce « donné » de multiples possibilités nous seraient ouvertes. Or ce n’est pas un donné, c’est un fabriqué auquel on nous signifie sans cesse de nous tenir. Ce n’est pas le début d’un processus (un « départ », comme nous le croyons), c’en est la fin, c’est une clôture.

Au point même qu’on peut très bien tenter de nous extraire d’une information où nous aurions pu nous glisser sous une marque frauduleuse, de nous en sortir pour nous rendre notre vraie place (nous remettre à notre place) : « Trois agents communistes, dont une femme… » (à propos de l’espionnage en Allemagne fédérale). Et voilà ! Une femme n’est jamais qu’une femme, un objet interchangeable sans autre caractéristique que la féminité, dont le caractère fondamental est d’appartenir à la classe des femmes.[…]

continua qui Colette Guillaumin 

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Riflessioni femministe per l’Estate 2020!

Il nostro blog e la nostra pagina facebook si prendono una pausa ma per questa problematica e calda estate vi proporremo degli spunti di riflessione con cadenza settimanale. Nel mese di agosto ogni mercoledì pubblicheremo dei testi sul femminismo materialista e non solo, inediti qui da noi oppure difficili da trovare, perché riteniamo che la loro conoscenza possa essere molto utile per la comprensione dei meccanismi di questa società e per riprenderci quella vita che tentano in tutti i modi di sottrarci.

Buone riflessioni e buona estate a tutt*!!!!!!!

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Trenta denari

TRENTA DENARI

 

Il 21 luglio appena trascorso l’ineffabile presidente del Cinema America ha dichiarato, con tanto di denuncia ufficiale alle forze dell’ordine, di essere stato aggredito a piazza San Cosimato a Trastevere da un compagno appartenente all’area della sinistra antagonista. Non sappiamo come siano andate le cose, lo sanno veramente soltanto i due protagonisti, ma conosciamo sicuramente il percorso di tradimento, di strumentalizzazione dell’area di movimento e di svendita alla socialdemocrazia neoliberista che ha fatto il Cinema America contribuendo alla trasformazione di Trastevere in un feudo del PD, reazionario, arrogante e politicamente corretto della peggior specie.

Questo lo sappiamo bene.

E sappiamo anche che il tradimento e la svendita si coniugano con la vigliaccheria.

Le compagne della Coordinamenta femminista e lesbica

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Zardins Magnetics del 23 luglio 2020

     Zardins Magnetics

Trax di giovedì 23 luglio 2020

Stasera, alle 20, ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane – in  FM 90.0 MHz – in  streaming ascoltareradio.com/onde-udine/ –                                                                          in podcast https://soundcloud.com/radiaz10n3

Oggi: iniziativa in solidarietà ai detenuti del CPR di Gradisca; intervista a una compagna dell’Assemblea NO CPR FVG; contributo audio sulla rivolta di Modena. Musiche: Flipper, Ballast, Anti-Pasti, Ratos de Porao, Anti-System, FCT, Repressione, MusicaNova. In FM 90.0MHz.   Buon ascolto!

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