1 maggio 2016/Liberiamo questo mondo dal lavoro salariato e non!

LIBERIAMO QUESTO MONDO DAL LAVORO SALARIATO…E NON! Siamo tutt* prigionier* politic*!

Immagine. 3 png Materiali per una discussione femminista contro il lavoro e oltre…..

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2014/05/01/lavoromateriali-per-una-discussione-femminista-e-oltre-1/

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2016/04/29/il-lavoro-non-e-lessenza-dellessere-umano/

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2016/01/04/foto-di-famiglia/

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2016/04/11/sabato-16-aprile-il-rifiuto-del-lavoro/

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/01/12/cosa-significa-essere-produttiv/

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2014/05/01/contro-il-lavoro-ribaltare-limmaginario/

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2014/07/16/che-cose-per-te-il-lavoro/

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“Guida turistica al giornalismo discutibile”

Da “I Nomi delle Cose” del 27/4/2016 “Desmonautica“ la rubrica di Denys ogni ultimo mercoledì del mese.

 “Guida turistica al giornalismo discutibile”

antiparassitario

https://desmonautica.wordpress.com/2016/04/27/guida-turistica-al-giornalismo-discutibile/

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«Non avere un pensiero e saperlo esprimere: è questo che fa di qualcuno un giornalista» (Karl Kraus) 

Vorrei mostrarvi i traumi, più che altro cranici, di alcuni trend giornalistici incarnati nel decennio corrente in modo vieppiù cretino da varie tipologie presenti nell’ecosistema redazionale dei mass media. Ogni buon giornalista deve essere un pensatore critico e scettico, e loro in effetti sono araldi del dubbio.  Più specificatamente del dubbio gusto e della dubbia veridicità. Mi sono sforzato di tracciarne un’approssimata tassonomia. Vediamoli insieme.

Il benaltrista. Qualunque sia l’interrogativo posto al mondo, la rivoluzione per cui sbandierare, non sarà mai istanza seria abbastanza da conseguire la sua entusiastica approvazione. Sei gay, bisessuale, lesbica, transgender, intersessuale? C’è ben altro di cui preoccuparsi. Ti batti per il benestare della sanità, dell’istruzione, della cultura in generale? C’è ben altro di cui preoccuparsi. Sessismo, razzismo e molti altri -ismi ti paiono orribili mali che affliggono l’odierna società? C’è ben altro di cui preoccuparsi. Pensi che esista una carenza di pratiche inclusive nei confronti delle persone disabili? C’è ben altro di cui preoccuparsi. Cosa, allora? A giudicare dall’eterna filippica sulla disoccupazione che è in procinto di elargire anche quando gli si intima di farsi la barba,  si penserebbe che il welfare sia un suo interesse fondamentale. Ci si illuderà quindi che forse parlare di tematiche ad esso relative è ciò che ci vuole per accalappiarsi i suoi favori. La realtà tristissima è tutt’altra. Lottare a favore di lavoratori e lavoratrici renderà ai suoi occhi qualsiasi umano degno di nota una schifosa sanguisuga statalista. Il benaltrista è infatti la voce della piccola e media imprenditoria, e da buon borghese non si cura di nulla che non sia il proprio portafogli. A leggerlo viene da rimpiangere il caro vecchio edonismo sfrenato da milionario cocainomane, sicché quest’ultimo ha il buon pregio di fottere il prossimo suo senza annoiarlo. Non c’è suo articolo che non contenga un’invettiva esterofila contro l’inadeguatezza dello stato italiano, diretta a quelle poche cose che funzionerebbero in modo perfetto producendo ottimi risultati se non fossero state deturpate dallo smantellamento neoliberista di qualsiasi forma di supporto sociale, distruzione che egli stesso promuove. Il suo ghiribizzo autoassolutorio accoglie tenero alcuni sinistroidi sperduti, poiché questo genere di lamentele agli occhi poco attenti pare ammantarsi quasi, per via del suo materialismo, di una vaga vena socialisteggiante. E insomma, per dio: ci sono i bambini affamati in Africa, i marò, ci vuole la pace nel mondo e poi mio fratello piscia a letto. È increscioso che nessuno si preoccupi mai dei veri problemi.

Lo spargipietà. Parla di ciò che ha nel mirino nel modo più sgarbatamente patetico. I suoi sono articoli di vivace depressione di mezza età che infantilizzano i lettori e gli oggetti della discussione, proprio come se stesse facendo dono di una lezione di vita ai nipotini che lo guardano con finta ammirazione grattandosi le pudenda di fronte al caminetto. La forte vena provinciale spruzzata di voyeurismo inconsapevole provoca sbadigli tali da ammaccare la mascella e impedisce ogni volontà di disamina analitica. Negli ultimi tempi sembra essere disgraziatamente in voga presso varie femmine della specie Homo Editorialis, per via della cultura patriarcale che spesso spinge le donne a sottoporre sé stesse e le altre al tedio di farsi acute difensore del codice morale socialmente accettato (e accettabile).  Alcune tematiche predilette: la gioventù, il sesso, la droga e i bei tempi andati non corrotti dalla morale decadente, la quale pare decadere ruzzolando giù per i viottoli della modernità malvagia più o meno da quando esiste vita cosciente su questo pianeta.

L’emergenziale. Si tratta di una creatura che va a caccia nelle stagioni calde. Essendo l’estate priva di eventi particolarmente significativi che diano aria ed euro ai rotocalchi, è responsabilità impellente non esitare a impastare in prima pagina eventi sì certamente orribili ma di nessuna particolare novità, che divengono d’un tratto emergenze nazionali atte a sponsorizzare l’agenda politica del primo brontolone che passa e abbia in mano una soluzione inappropriata e inefficace. Un rimedio peggiore del problema, ovvio. Cosa pensavate?

Il narcisista. Il suo articolo è tipicamente incentrato sulla critica feroce di fenomeni di costume di  scarsa rilevanza che, tuttavia, procurano diversi pruriti cerebrali e talvolta intimi al suo autore. Esso opporrà il suo antidiluviano spirito del tempo a quello di tutte le generazioni successive, alternando nostalgici panegirici della bellezza di ciò che fu e stizzite missive di damnatio eterna. Lo farà nella lamentosa speranza di continuare a ricoprire un ruolo di rilievo nel mondo che cambia, ammesso e non concesso che l’abbia mai ricoperto. In tutti i casi, propone tesi ridicole con arrogantissima sicumera, lasciando intendere che la sua sia in primo luogo un’opinione necessaria, in secondo luogo un’opinione legittima, e in terzo luogo l’unica realmente concepibile da primati di media intelligenza. Poco propenso all’uso delle infinite potenzialità del testo argomentativo, depone tutta la forza delle sue ragioni nei suoi parametri anagrafici, nel suo titolo di studio (meglio se privato), in ricerche che ha male interpretato o esplicitamente manipolato, nelle opinioni dei suoi amici, parenti, lacché e così via. Questo lascia intendere che non abbia nemmeno mai provato a cercarla nella sua intelligenza. Non proprio. È che si arrangia, proprio come tutti quelli che cercano qualcosa e non la trovano.

Il tuttologo. In genere è una personalità esperta in un preciso campo del sapere, dove fa valere conoscenze ed esperienze acquisite negli anni. Il dramma è che si azzarda imprudente, figliol prodigo, a vergare prose perniciose a ciel sereno su questioni di palpabile estraneità rispetto alle sue competenze, e quando ciò accade rimbecillisce esponenzialmente fino a generare potenti vortici dapprima di insensatezza, poi di sconcerto e delusione in coloro che a tale figura riconoscevano un certo estro intellettuale magari anche gloriosamente meritato, ora messo in disparte da un altrettanto meritato imbarazzo imperituro. Il che può anche sembrare ingiusto, ma ci solleva dal peso immane di dover sopportare intere tonnellate di opinionismi irrilevanti da parte di qualunque balzano professionista logorroico che abbia mai conseguito qualche credito formativo universitario in vita propria.

Mi pare di aver qui racchiuso, pur non esaustivamente, i profili di particolare rilievo. Tenevetene alla larga di persona, digitalmente, a mezzo stampa. L’uso di un antiparassitario e la disdetta degli abbonamenti dovrebbe tenervi al sicuro.

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Podcast della trasmissione del 27/4/2016

” I Nomi delle Cose” /Puntata del 27/4/2016

” Il parto è un atto politico/ riflessioni femministe sul lavoro riproduttivo

ContraccezioneManuale femminista-AED Femminismo 1977-

“Lo chiamano amore. Noi lo chiamiamo lavoro non pagato. La chiamano frigidità. Noi la chiamiamo assenteismo. Ogni volta che restiamo incinte contro la nostra volontà è un incidente sul lavoro.” <Il punto zero della rivoluzione>Silvia Federici/IL PARTO E’ UN ATTO POLITICO/Il lavoro riproduttivo: approccio riformista e approccio di classe/ Hannover/Collegamento con le compagne di Milano  dello “SFASCIATOIO/DESMONAUTICA-la rubrica di Denys ogni ultimo mercoledì del mese” Guida turistica al giornalismo discutibile”

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per l’intera trasmissione

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per il collegamento con le compagne dello “Sfasciatoio”

“La maternità è un’istituzione, intangibile e invisibile, di cui dobbiamo continuare a parlare, perché le donne non dimentichino mai più che i nostri molti frammenti di esperienza vissuta appartengono a un tutto che non è di nostra creazione(…)L’istituto della maternità deve essere annullato(…)Distruggere l’istituto  non significa abolire la maternità. Significa portare la creazione e il mantenimento della vita sullo stesso piano di decisione, lotta, sorpresa, immaginazione e razionalità di qualsiasi altro compito arduo ma liberamente scelto.” Adrienne Rich, Nato di donna, Garzanti, 1996

Qui il documento delle compagne dello “Sfasciatoio “Maternità, cura e femminismo radicale” https://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/11/02/maternita-cura-e-femminismo-radicale/

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Il lavoro non è l’essenza dell’essere umano

“Il lavoro non è l’essenza dell’essere umano”

Marina Zenobio intervista Kathi Weeks

http://www.sinistrainrete.info/societa/7062-kathi-weeks-il-lavoro-non-e-l-essenza-dell-essere-umano.html

The Problem with Work, della politologa femminista Kathi Weeks. Chi ha detto che il lavoro debba essere al centro della nostra esistenza?

Erano gli anni ’30 del secolo scorso quando Keynes predisse che grazie all’incremento della produttività e all’ingresso della donna nella forza lavoro, la generazione dei suoi nipoti avrebbero lavorato non più di 15 ore a settimana. Sono passate tre generazioni, lavoriamo più di prima e la sinistra ha ormai abbandonato quasi del tutto la lotta per la riduzione della giornata lavorativa, una lotta che la politologa e femminista Kathi Weeks, ispirata da testi diversi tra cui Resistance In Practice The Philosophy of Antonio Negri, rivendica nel suo saggio The Problem with Work: Feminism, Marxism, Antiwork Politics, and Postwork Imaginaries (John Hope Franklin Center Book, 2011, pp.304). In una recente intervista rilasciata a CTXT.es-Contexto y Accion, Kathi Weeks espone il suo pensiero sul potere delle “rivendicazioni utopiche” e spiega perché, secondo l’autrice, dovremmo concentrarci sul lavorare meno ore e sul creare condizioni per immaginare un mondo fuori dal lavoro. Popoff vi propone uno stralcio dell’intervista.

* * *

Come definirebbe il concetto di lavoro?

Il lavoro è una attività produttiva basata sul modello del lavoro salariato. Se si chiede ad una qualsiasi persona che lavoro faccia, dedurrebbe che ci si riferisca esclusivamente al lavoro remunerato. Nel corso della storia sono state combattute molte lotte su cosa dovrebbe essere considerato lavoro, penso alla lotta femminista per il riconoscimento del lavoro domestico come lavoro reale anche se non pagato.

Il suo testo è in parte è una critica all’approccio “produttivista” tradizionale della sinistra. Ma di quale tradizione di tratta?

C’è stata una tendenza generale ad accettare l’idea che il lavoro sia una sorta di sacro sforzo umano. Così come ci sono anche discorsi femministi molto consolidati nel sostenere per le donne le pari opportunità nel lavoro salariato, argomentando che questo rappresenta il biglietto d’uscita dal lavoro domestico imposto culturalmente. A sinistra, in generale, c’è stata un’enfasi socialdemocratica sui programmi per il lavoro, su come introdurre le persone su un posto di lavoro e il loro empowerment come lavoratori.

Cosa suggerisce per contrarrestare questa tradizione “produttivista”?

Ciò di cui c’è bisogno è di un assalto frontale alla cultura e alle istituzioni del lavoro, alle sue ideologie e strutture. E non credo che i discorsi di cui sopra abbiano questa capacità perché condividono gli stessi valori, percezioni e supposizioni. In questi tempi in cui il lavoro è sempre meno e il sistema di distribuzione del reddito sta cadendo a pezzi, penso che sia il momento di scatenarsi contro questo concetto e le ideologie che lo sostengono, che cantano le lodi del lavoro come fosse l’attività più umana e importante di qualsiasi altra.

Scrive anche dell’ “effetto disciplinare” del lavoro. Quanto è importante nella nostra cultura?

E’ cruciale, è ciò in cui si è trasformato il lavoro. Il sistema economico sta funzionando molto bene come modo di produzione del capitale, ma non come forma di distribuzione del reddito. E’ tuttavia utile per disciplinare le persone e per caricare di responsabilità coloro che sono esclusi dal lavoro per la loro mancanza di sforzo o di iniziativa. Continua a leggere

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Podcast della Parentesi del 27/4/2016

La parentesi di Elisabetta del 27/4/2016

“Hannover”

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La Parentesi di Elisabetta del 27/4/2016

“Hannover”

Obama ad Hannover Il 24 aprile Obama è volato da Angela Merkel: Visita alla Fiera dell’Industria evitando accuratamente il padiglione della Volkswagen, Incontro bilaterale al castello di Herrenhausen. Conferenza stampa.

Obama ha dichiarato: “Il mondo e gli Stati Uniti hanno bisogno di un’Europa forte, prospera e democratica…L’Ue-ha spiegato-era un sogno per pochi ed è diventata una speranza per molti. Ad ogni suo passo ha difeso la libertà e gli Stati Uniti sono al suo fianco. Io credo nell’Europa unita”. “Questo continente-ha aggiunto il presidente americano-nel ventesimo secolo era in costante conflitto, la gente moriva di fame, le famiglie venivano separate; ora la gente vuole venire qui esattamente proprio per quello che avete creato. Vi sono genitori pronti ad attraversare il deserto, il mare per dare ai propri figli quelle cose che noi non dobbiamo dare per scontate”. “Dobbiamo credere-ha detto ancora Obama-nella nostra capacità di forgiare un futuro migliore”. E poi ancora ad Angela Merkel “Sei dalla parte giusta della storia”, esprimendo più volte la totale fiducia degli USA in una partner come Merkel per tutte le sfide da affrontare.

Stucchevole, eccessivo, sopra le righe. Barack blandisce Angela.

Anche perché queste parole sono in contraddizione con gli obiettivi ed il ruolo che gli USA, che si pongono come Stato del capitale e come depositari del dominio imperiale, hanno destinato all’Europa, vale a dire quello di un polo imperialista regionale e subalterno alla loro politica unilaterale di dominio. L’attacco che gli Stati Uniti stanno portando all’Europa da molti anni ha le radici profonde nel disprezzo della democrazia e dello stato sociale inscritti nei paesi europei. Già Kissinger consigliava agli europei di esercitare le loro “responsabilità regionali” nel quadro mondiale di un “ordine globale” determinato dagli Stati Uniti.

Chiaramente uno dei nodi è quello del TTIP, il Trattato per lo scambio commerciale Usa-Ue, trattato assolutamente devastante per l’Europa e che dichiarerebbe la fine di ogni autonomia e indipendenza politica, territoriale, economica dei paesi europei. Praticamente il governo diretto delle multinazionali, un passaggio epocale, la fine della borghesia così come l’abbiamo conosciuta e l’instaurazione di un’ iperborghesia transnazionale con i connotati di una nuova aristocrazia, per cui i paesi sono colonie e i cittadini sudditi.

In Germania la resistenza al TTIP è forte, ci sono state manifestazioni di massa. La Germania perderebbe ruolo, economia, ricchezza, indipendenza…ma anche noi. Speriamo che il prossimo 7 maggio, alla manifestazione nazionale che è stata chiamata a Roma, ci sia consapevolezza e partecipazione.

Obama è partito da qui  ”Dobbiamo andare avanti nel negoziato sul TTIP-ha detto-conveniamo nel voler rendere più forte l’accordo nella zona euro” “E’ indiscutibile-ha aggiunto-che il libero commercio abbia rafforzato l’economia americana e portato enormi benefici ai Paesi che vi sono coinvolti. Capisco chi teme la globalizzazione perché vede le fabbriche chiudere e i posti di lavoro trasferiti altrove. Ma è necessario restare competitivi nel momento in cui aree come Asia e Africa stanno sviluppando le rispettive economie…”

Poi, banalità sulla questione climatica e ambientale….bla, bla, bla sui migranti….

Angela Merkel ha risposto con frasi di circostanza…il TTIP? Non ci abbiamo ancora pensato….il ministro tedesco dell’economia Sigmar Gabriel ha detto che il trattato è destinato “a fallire” se gli Stati Uniti non faranno delle concessioni.

Ma Barack Obama non è andato a parlare a quattr’occhi con la Cancelliera per questo. Sa che il Partito socialdemocratico tedesco all’ultimo Congresso ha dato il suo pieno assenso al TTIP.

Obama è volato da Merkel per la guerra. Chi dovrebbe arginare e subire un eventuale conflitto con la Russia  e la Cina se non l’Europa? Le scelte della Germania sul fronte orientale sono importantissime per gli USA perché ,in effetti, la Germania è l’Europa.

L’Europa dovrebbe votare a giugno sulle sanzioni alla Russia.

Gli interessi europei e, per parlare di casa nostra, quelli italiani non coincidono con quelli statunitensi, eppure sono state adottate sanzioni che di fatto si riflettono pesantemente sull’economia dei paesi europei, Italia compresa. In Ucraina c’è stato un colpo di Stato, al governo ci sono i nazisti, ma l’obiettivo è la Russia. La guerra mondiale è messa in preventivo, è, addirittura, data per scontata, perché il capitale, per sua natura, dalla guerra non può prescindere, tanto meglio se è mondiale, perché è un volano dell’economia, perché permette di ridefinire gli assetti geopolitici, perché trasformerebbe la Russia in un fornitore di materie prime e la Cina in una grande fabbrica a basso costo e l’una e l’altra in un mercato per le tecnologie occidentali.

Gli Usa annullerebbero così il loro enorme debito e i paesi occidentali dirotterebbero le istanze sociali, le lotte di classe nella fornace della guerra.

Per fare questo, lo strumento privilegiato è la Nato, sigla magica dietro alla quale si nasconde l’esercito statunitense, mentre gli eserciti nazionali sono chiamati ad un ruolo di supporto e a diventare polizia interna agli Stati. Questo è il senso della richiesta sempre più pressante degli Stati Uniti perché gli eserciti nazionali si modernizzino, naturalmente acquistando materiale bellico statunitense e perché con una volontaria sottomissione, partecipino alle varie alleanze aggressive e alle avventure militariste promosse dagli stessi Stati Uniti.

Angela ha risposto denunciando le violazioni del cessate il fuoco in Ucraina e ribadendo la necessità che siano rispettati gli accordi di Minsk. Le sanzioni contro Mosca dovranno essere rimosse con una soluzione politica-ha detto-e non armando la parte occidentale del paese.

E’ questa la questione di fondo. L’Europa è al centro di uno scontro che deciderà il suo destino.

Il vertice a cinque del giorno dopo con David Cameron, François Hollande e Matteo Renzi è stata pura routine perché la Gran Bretagna è la quinta colonna americana in Europa, la Francia ha ridicole velleità neocoloniali, l’Italia è già un governatorato, è la Germania l’ago della bilancia. Un indizio di quanto si siano spostati gli equilibri in Europa dall’inizio della presidenza Obama al suo ultimo viaggio ora in Germania è che l’incontro a cinque si sia tenuto qui e non a Londra, dove Obama era appena stato.

Oggi, collaborazionisti miopi non si rendono conto che un’eventuale guerra non riguarderebbe più solo i militari o alcune aree geografiche ma coinvolgerebbe tutto il paese compresi quelli che pensano di essere al sicuro. L’Europa ha solo da perdere in un conflitto mondiale. La guerra potrebbe essere la fine della nostra storia.

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Palinsesto del 27/4/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.90 di radio onda rossa

PALINSESTO di mercoledì 27 aprile 2016

ore 20.00 Apertura “Lo chiamano amore. Noi lo chiamiamo lavoro non pagato.La chiamano frigidità. Noi la chiamiamo assenteismo.Ogni volta che restiamo incinte contro la nostra volontà è un incidente sul lavoro.” <Il punto zero della rivoluzione>Silvia Federici

ore 20,10 IL PARTO E’ UN ATTO POLITICO

“Il lavoro riproduttivo: approccio riformista e approccio di classe”

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ore 20.30 La parentesi di Elisabetta ” Hannover”

ore 20,35  Collegamento con le compagne di Milano  dello “SFASCIATOIO”

ore 20.50 DESMONAUTICA-la rubrica di Denys ogni ultimo mercoledì del mese” Guida turistica al giornalismo discutibile”

Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.org

per riascoltarci e per leggere i documenti
per ascoltarci in streaming
www.ondarossa.info cliccando “ascolta la diretta”
Pagina di crowdfunding per una sottoscrizione
straordinaria per ROR. Sottoscrivete,sottoscrivete e fate girare:
https://www.produzionidalbasso.com/project/radio-onda-rossa-la-radio-di-chi-se-la-sente/
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25 aprile 2016

Buona liberazione a tutt*!

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Il neoliberismo fascista

Il neoliberismo fascista

di Elisabetta Teghil

no future L’abitudine invalsa di usare la parola “fascista” come insulto, in maniera superficiale, generica e/o strumentale e ricattatoria come è stato ed è costume della socialdemocrazia nei riguardi di qualsivoglia oppositore compresa la sinistra di classe tacciata spessissimo come “violenta e squadrista”, ha fatto sì che questa parola sia stata privata del suo vero significato, svuotata dal contenuto politico e relegata nel novero di quelle che non vengono più prese in considerazione.

Ma il fascismo è caratterizzato da alcuni principi fondanti molto precisi.

Prima di tutto, come anche il nazismo, è determinato dal governo diretto dei potentati economici. Questo comporta la riduzione e poi l’annullamento delle forme di mediazione politica che la forma borghese così detta “democratica” prevede: partiti, sindacati…..le stesse camere parlamentari….che dovrebbero fare da filtro tra i cittadini e il potere e attraverso le quali con lo strumento del voto si dovrebbero poter definire sia gli assetti dello Stato, sia il tipo e la durata della delega politica.

La scomparsa di queste strutture di mediazione avviene attraverso campagne di demonizzazione del fare politico, con la denuncia della corruzione e del lassismo che attraverserebbero le istituzioni, con lo spauracchio dell’impossibilità di governare, con lo sbandieramento dell’insicurezza sociale che risulterebbe da una mancanza di decisionismo e di fattibilità concreta e funzionamento dei servizi “quando c’era ..Lui…i treni arrivavano in orario…”si diceva.

Viene, quindi, auspicata una semplificazione funzionale della struttura politica e l’accentramento del potere in poche mani, con un personaggio politico di riferimento che incarni lo Stato.

Poi, la società fascista è caratterizzata da una rigida collocazione di classe: la conflittualità fra le classi è demonizzata e/o taciuta, a seconda delle esigenze, perché ognuno nel posto che gli viene assegnato nel sociale, deve contribuire alla grandezza della così detta “patria” dove non esisterebbero più sfruttati e sfruttatori bensì persone che, ognuna nel suo ruolo, dovrebbero remare nella stessa direzione e, chiaramente, se qualcuno ha un posto di comando o è ricco, è perché o è più intelligente o è più capace. Continua a leggere

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ANPI e Pd, annessi, connessi, collaterali

ANPI e PD, annessi, connessi e collaterali.

Ieri un dirigente dell’Anpi di Rovigo è stato di fatto costretto alle dimissioni per aver postato sulla propria pagina Facebook un ricordo di Prospero Gallinari.

La presidente dell’Anpi di Rovigo, Antonella Toffanello, dichiara che «dopo le dimissioni ci sarà comunque un approfondimento della vicenda. Di certo – conclude – la nostra associazione, per la sua storia di lotta al Fascismo e al Nazismo, non può di certo essere accusata di essere vicina ai terroristi». La presidente è una donna, a riprova della necessità di smascherare  il collaborazionismo delle donne all’attuale sistema di potere.

L’Anpi è una struttura legata a doppio filo al PD e alle sue varianti nel tempo, è stata ed è portatrice di posizioni revisioniste profondamente reazionarie non solo per quanto riguarda la storia dell’antagonismo in tutte le sue varianti nel nostro paese ma anche riguardo alla stessa Resistenza. Ricordiamo inoltre le sue posizioni sulla lotta palestinese.

E’ ora di farla finita con il PD, annessi, connessi e collaterali!

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Scrivere storia, raccogliere memorie, fare militanza

“Scrivere storia, raccogliere memorie, fare militanza”

Elena/ Scateniamotempeste

https://coordinamenta.noblogs.org/documenti-2/atti-memoria-collettiva-memoria-femminista/

Nella primavera del 2003, proprio qualche tempo dopo l’uccisione di Dax a Milano, mi ritrovavo a prendere una scelta sull’argomento della mia tesi di laurea in storia. Da militante antifascista, mi aveva sfiorato più volte l’idea di scrivere qualcosa sui movimenti antagonisti a Milano ma la consapevolezza di sentirmi troppo all’interno di quel meccanismo, non tanto per una questione di imparzialità rispetto all’argomento, quanto per l’eccessivo carico emotivo che una tale scelta comportava, mi fece abbandonare l’idea sul nascere. L’aggressione a Dax è stato uno degli episodi che più mi hanno colpito in tutto il mio percorso politico e personale di militante, anche perché si percepiva in quel periodo che i fascisti stavano rialzando la testa e le loro idee, assieme a quelle dei razzisti della Lega e del peggior capitalismo colonialista, si erano rafforzate, mentre il movimento, da Genova in poi, per molteplici cause, aveva sempre più perso il suo smalto. A conferma di ciò, proprio in quei giorni, a due passi da casa mia, la giunta di un comune dell’hinterland milanese, che aveva ospitato la salma di Mussolini prima che fosse trasportato a Predappio, si impegnava nella beatificazione del duce e in una serie di incontri revisionisti, motivo per cui alcuni compagni del mio collettivo avevano frequenti contatti con gli antifascisti e le antifasciste dell’Orso, il collettivo di Dax, che era il collettivo milanese più vicino all’antifascismo militante. Continua a leggere

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Dalla stessa parte ci ritroverai!

http://storieinmovimento.org/2016/03/16/contro-calendario-civile-dax-renato/

Dalla stessa parte ci ritroverai! Giorno della memoria, giorno del ricordo e 25 aprile nel calendario civile italiano

di Lidia Martin

«Chi non ha memoria non ha futuro» è lo slogan spesso usato in Italia per promuovere iniziative con lo scopo di non dimenticare, celebrare o festeggiare alcuni eventi/processi storici, e in cui, a volte, storici e storiche sono chiamati a impersonare lo scomodo ruolo di “esperti”. Sottotraccia a questo imperativo si potrebbe leggere una qualche reverenza nei confronti delle figure deputate a ricostruire, analizzare e divulgare la nostra storia. In realtà alcune spie di disagio1 che provengono dal vasto dibattito su uso o abuso pubblico del passato e, in alcuni casi, la rivendicazione di uno statuto disciplinare che riconosce solo a storici e storiche questo ruolo fanno emergere un contesto diverso. Un contesto in cui la presenza di altri attori «alla lunga interroga la capacità degli storici di fare il loro mestiere oppure no»2.

In queste coordinate e privilegiando una riflessione interna alla categoria che mettesse in comune strategie e strumenti per orientarsi nel complesso rapporto tra storia e memoria e tra storia e propaganda, Storie in movimento aveva promosso un dialogo sul calendario civile italiano durante il VI Simposio di storia della conflittualità sociale (Amelia, 15-18 luglio 2010)3. L’intento era aprire uno spazio di discussione che, a partire da noi, interrogasse direttamente forma e contenuto del lavoro storico in operazioni pubbliche di ricordo/memoria/commemorazione. La scelta di focalizzare lo sguardo attraverso la lente del calendario civile nasceva dalla riflessione che alcune ricorrenze imponessero di fatto, in date prefissate, i temi e le questioni del dibattito pubblico, culturale e politico a partire da dissonanti letture che venivano fatte o date del passato; ma anche perché non ci erano sfuggite le ricadute dell’introduzione – dall’alto e in anni recenti – nel calendario civile italiano di altre quattro giornate che in qualche modo volevano contribuire a ri-fondare l’identità italiana nella fase successiva agli anni novanta, letti da molti come il passaggio dalla prima alla seconda repubblica4. Per preparare il dialogo ad Amelia avevamo fatto un’ulteriore selezione, concentrandoci su giorno della memoria, giorno del ricordo e 25 aprile, perché in quell’occasione – parafrasando Ridolfi – ci interessava indagare il rapporto tra la storia del paese e la sua memoria pubblica non attraverso il ruolo assunto dalle istituzioni5, ma in relazione a quella domanda diffusa di storia che ci sembrava esprimersi nei tanti momenti di approfondimento che in queste ricorrenze vengono organizzati nelle biblioteche, nelle sedi di partiti o di associazioni, nei centri sociali, etc. e che coinvolgono una platea diversa da quella dei convegni e delle cerimonie ufficiali, e che non di rado si concludono con dibattiti sul tempo presente e sulle possibili prospettive future.
Uso pubblico della storia, identità nazionale, memoria condivisa, storia militante, rapporto con i testimoni i nodi emersi ad Amelia sono stati tanti, così come tanti sono stati i piani della discussione (storico, politico, didattico…), e non è mia intenzione darne conto ad anni di distanza. Vorrei però partire da quella che era stata la nostra intuizione, ovvero la funzione di alcune date del calendario civile italiano, e abbozzare una ricostruzione della loro genesi e delle forme di celebrazione, cercando di collocare questo lavoro nel solco che Hobsbawm aveva iniziato a tracciare per lo studio delle tradizioni inventate. Cioè considerando questi fenomeni come dei documenti che possono gettare «luce sul rapporto dell’uomo col passato, e dunque sull’oggetto e sul mestiere stesso dello storico» e tenendo presente che si realizzano in un processo in cui anche storici e storiche contribuiscono «in modo più o meno consapevole, a creare, demolire e ricostruire immagini del passato che non appartengono soltanto al mondo dell’indagine specialistica, ma anche alla sfera pubblica dell’uomo in quanto essere politico»6. Per questo approccio che vuole tenere insieme uno sguardo sul passato e uno sul presente, ho scelto di sviluppare l’analisi in base a come giorno della memoria, giorno del ricordo e 25 aprile si susseguono nel calendario solare, cioè a come si presentano all’uomo e allo storico di oggi, invece che alla storicizzazione della nascita delle diverse tradizioni.

Giorno della memoria

Il giorno della memoria è stato istituito in Italia con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 a partire dal Ddl 4557 presentato dai deputati Furio Colombo (Democratici di sinistra-Ulivo), Elio Massimo Palmizio (Forza Italia) e Simone Gnaga (Alleanza nazionale), e assorbendo due precedenti proposte di Istituzione di una giornata nazionale dedicata a tutti i deportati nei campi di concentramento nel corso della guerra del 1939-19457 che, in linea con altri paesi europei, identificavano nel 27 gennaio 1945 – la scoperta delle truppe sovietiche del campo di concentramento di Auschwitz – la ricorrenza in cui commemorare le vittime del nazismo. Il testo approvato come legge è composto sostanzialmente dai due articoli della proposta Colombo-Palmizio-Gnaga8, a cui la commissione Affari costituzionali in sede di istruttoria aveva introdotto un emendamento per esplicitare la promozione di iniziative «in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado», con l’intento di sottolinearne la funzione pedagogica.
Dal punto di vista del cerimoniale istituzionale il 27 gennaio è una delle “giornate celebrative nazionali e internazionali”, cioè non un giorno festivo come il 25 aprile ma una occasione in cui gli organi pubblici sono invitati a dare luogo a eventi collegati alla circostanza che si intende celebrare. Per capire come officiarlo la questione si sposta su definire cosa si celebra di preciso il giorno della memoria. Lo stesso Colombo, primo firmatario della proposta di legge, si rende conto della difficoltà di costruire una cerimonia per «non un trionfo ma una tragedia […] non un giorno luminoso, ma un buco nero della storia» ed esce dall’impasse rilanciando il tributo ai giusti che si opposero alle leggi razziali9. Una pratica che finisce per andare ad alimentare l’immagine del bravo italiano, quell’«autoritratto collettivo rassicurante e autoassolutorio, comodamente accettato dall’intero Paese»10, e che rischia nuovamente di lasciare nell’ombra le complicità del regime fascista – termine che come è stato già notato non viene mai pronunciato durante il dibattito parlamentare – nella persecuzione del popolo ebraico, rimozione su cui si basava quel senso comune nazionale di responsabilità limitata che per Colotti è stato anche l’alibi del ritardo temporale e metodologico della storiografia prodotta in Italia su questi temi11. Continua a leggere

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Podcast della trasmissione del 20/4/2016

” I Nomi delle Cose” /Puntata del 20/4/2016 ” Riflessioni femministe sul neoliberismo fascista IMG_1426
olga rozanova 3

“….RESISTI RESISTI RESISTI../RIFLESSIONI FEMMINISTE SUL FASCISMO/L’ideologia fascista/Il fascismo neoliberista/Richiamare gli ambasciatori/ ANTIFASCISMO MILITANTE”

pd=fascismo

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Belle Notizie!

Il giudice archivia il caso delle tre ragazze entrate nel poligono di Teulada

https://nobordersard.wordpress.com/2016/04/21/il-giudice-archivia-il-caso-delle-tre-ragazze-entrate-nel-poligono-di-teulada/

Stamattina(ieri n.d.r.) al tribunale minorile di cagliari si è tenuta l’udienza del processo contro tre ragazze accusate di essere entrate dentro il poligono di Teulada il 3 novembre dell’anno scorso durante la grande manifestazione contro la Trident Juncture. Il processo non c’è stato, perchè il giudice ha archiviato tutto per l’irrilevanza del fatto.

Non possiamo che accogliere con piacere questa notizia, esattamente come ha fatto il numeroso presidio che da stamattina ha accompagnato e aspettato le ragazze fuori dal tribunale in via Dante. Come sempre no basi né qui né altrove.

Riflessioni intorno alla settimana di mobilitazione contro la guerra in Libia

banner-campagna-antimilitaristaLa proposta è nata da un’assemblea di anarchici e antimilitaristi che di fronte all’ennesimo possibile intervento militare italiano ha deciso di non tacere.

E’ stato scelto di tentare di identificare e colpire quei complici della guerra che vivono nelle nostre città e che, camuffati nel marasma dell’economia capitalista, riescono spesso a nascondere lo sporco del sangue della loro complicità bellica. Stiamo parlando di ditte civili che offrono i loro servizi, lautamente retribuiti, all’esercito italiano. In particolare ci si riferisce ai servizi logistici, ai trasporti da una caserma a un poligono, da una fabbrica di bombe a un deposito, dall’Italia al fronte.

I nomi di queste ditte, perlomeno di quelle più coinvolte, stanno lentamente venendo a galla: Meridiana, FS Logistica, Tirrenia, Moby Lines, Saima Avandero.

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Accoglienza e detenzione:1 anno di lotte contro il controllo dello Stato

Roma – venerdì 29/4 Accoglienza e detenzione: 1 anno di lotte contro il controllo dello stato @ Casale Alba 2

Un sistema integrato di isolamento, segregazione, controllo, sfruttamento e selezione delle persone arrivate in Italia. Centri, iter burocratici, regole, leggi e prescrizioni tra loro diverse ma che hanno in comune l’annullamento della libertà e dell’autonomia delle persone migranti criminalizzate o vittimizzate. Sono le centinaia di proteste, resistenze, rivolte o fughe a parlarcene.

Venerdì 29 aprile, alle 19 presentazione dell’opuscolo a cura di Hurriya.noblogs.org

A seguire dibattito e aperitivo a sostegno delle lotte contro i C.I.E.

CASALE ALBA 2 – PARCO DI AGUZZANO – ENTRATA DA VIA GINA MAZZA O VIA FERMO CORNI

Il 30 aprile, presidio a Ponte Galeria; porta la tua solidarietà sotto le mura del CIE  romano di Ponte Galeria in solidarietà con le persone ancora recluse. Appuntamento alle 16 a stazione Ostiense per andare insieme al presidio.

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