Riprende l’autoformazione femminista!/ I Puntini sulle A!

I PUNTINI SULLE A!

Carissime, dopo esserci confrontate abbiamo deciso di riprendere l’autoformazione femminista, per varie ragioni: prima di tutto perché ci fa bene al cuore il confronto tra compagne e perché siamo stufe di dover sentire solo discorsi su covid e vaccini, come se al mondo non esistesse più nient’altro, come se lo sfruttamento capitalistico e la violenza patriarcale fossero lontani ricordi, mentre mai come oggi si manifestano in tutta la loro ferocia.

Ci sembra, quindi, importante ripartire con un incontro su donne e lavoro – o, meglio, sul multilavoro delle donne.
Abbiamo sentito le compagne che avevamo invitato per l’incontro, poi annullato, del 16 gennaio e abbiamo trovato in loro una forte risonanza.
Per questo si è deciso insieme che sabato 30 gennaio si terrà al Cantiere sociale versiliese l’incontro di autoformazione riservato alle donne IL MULTILAVORO DELLE DONNE NEL CAPITALISMO NEOLIBERISTA, con Concetta Cappello, Tania Lombardi ed Elisabetta Teghil. Come sempre dalle 15 alle 18.
Saremo felici di rivedervi e riprendere insieme il filo di un discorso e di un percorso necessari a rafforzare le nostre difese immunitarie anticapitaliste e antipatriarcali.
Vi aspettiamo!

Nic e le Donne in Cantiere

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La banalizzazione del male

http://www.nicolettapoidimani.it/?p=1569

Tante sono le cose che mi stanno nauseando in questi mesi in cui il covid sembra l’unico problema che ci riguardi.

In questa monodimensionalità riduzionista di ogni discorso, una questione più di tutte mi fa infuriare: il proliferare dell’uso del termine negazionismo.

Non bastanti i ‘negazionisti’ del covid – categoria in cui si ritrova infilato/a a forza chiunque non si allinei col discorso dominante – ora ci sarebbero anche i negazionisti della neve. Manca solo di sentir definire negazionista chi non crede nell’esistenza di una o più divinità…

Ma il negazionismo ha una sua precisissima connotazione storica e politica. Gli studi di Enzo Collotti sono preziosi per comprenderne l’ideologia e il progetto sottesi. L’uso inappropriato e volutamente sommario di questo termine non fa che ridimensionare le responsabilità storiche di fascismo e nazismo.

Processo, per altro, in atto da decenni – e, va detto, anche con la complicità di certa sinistra venduta al neoliberismo.
La condanna politica dell’antifascismo militante, dalla Volante Rossa <http://www.colibriedizioni.it/fuoricollana/schede/volante.html> ad oggi, il moltiplicarsi di inviti al dialogo e alla libertà di parola di neofascisti e neonazisti, sono stati soltanto alcuni degli strumenti di questo processo, i cui effetti si rispecchiano anche nel rafforzarsi delle reti nazifasciste e nel loro riorganizzarsi sul piano militare.

Anche questa banalizzazione del male alimenta l’immonda cloaca ideologico-politica che ci sta sommergendo in questi mesi – e da cui non sarà semplice uscire per lungo tempo, se mai ci riusciremo.

Occorre ridare senso e rigore alle parole che usiamo e rifiutarci di parlare un linguaggio che umilia le nostre intelligenze. Occorre tornare a ragionare, a confrontarci e a non permettere alcuna laida operazione sulla nostra storia e sul nostro presente. E per fare tutto questo occorre ritrovare la nostra dignità. Senza timori.

L’immagine del post è tratta dalla copertina degli atti del convegno “Nazismo oggi. Sterminio e negazionismo” (Brescia 10.12.1993)

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Dana e altre detenute in sciopero della fame

Tutta la nostra solidarietà e vicinanza a Dana e alle altre detenute che hanno cominciato lo sciopero della fame

notav.info

Abbiamo appreso la notizia che da questa mattina (21 gennaio 2021) Dana e altre due detenute hanno cominciato lo sciopero della fame, costrette dalla grave situazione che stanno vivendo all’interno del carcere delle Vallette.

Sono importanti le motivazioni che le hanno spinte a questa forma di protesta pacifica:

  • La diminuzione delle ore di colloquio previste per legge (anche in videochiamata)
    Le sei ore che ogni detenuta ha a disposizione per legge per effettuare colloqui in presenza che, sospesi per via della pandemia Covid-19, sono stati sostituiti da video chiamate che però non mantengono mai il monte ore settimanale complessivo, ma al contrario lo diminuiscono se non direttamente dimezzato.

Questo mancato mantenimento delle ore di colloquio familiare previste per legge, colpiscono duramente il diritto all’affettività garantito dal Ministero di Grazia e Giustizia, ma non solo, vanno a calpestare la dignità delle detenute e dei detenuti.

  • Il secondo punto delle motivazioni dello sciopero tratta il tema dei colloqui in presa in tempi di restrizioni dettate dai DPCM emanati dal Governo.

Dal momento in cui il carcere ha riaperto la possibilità di effettuare le visite familiari, tantissimi parenti si sono recati al carcere per effettuare le prenotazioni, solo che una volta presentatisi in loco, a tutti quelli provenienti da fuori Torino è stato vietato l’accesso al carcere con la scusante della Zona Arancione. Come se non fosse un motivo di primaria necessità quello di incontrare i propri parenti detenuti. Ma non solo, sono stati respinti e colpevolizzati per essersi presentati, nonostante non sia giunta a loro alcuna comunicazione da parte della Casa Circondariale.

A fronte di questa immotivata privazione, il carcere delle Vallette non prevede ad oggi alcuna forma sostitutiva che garantisca le 6 ore di colloquio anche sottoforma di video chiamata.

Per queste ragioni da questa mattina Dana, S. Calabria e M.E. Calabrese hanno iniziato lo sciopero della fame che porteranno avanti ad oltranza fino a che non saranno nuovamente garantiti i loro diritti. Continua a leggere

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Allucinante!

Oggi, 19 gennaio, a Torino nel quartiere Aurora, in un momento socialmente devastante sotto tutti i punti di vista come quello che stiamo attraversando, i nostri esimi governanti hanno trovato il tempo e il modo con un’arroganza fuori misura di sgomberare <Serrande Occupate>, occupazione abitativa di una palazzina di cinque piani in Corso Giulio Cesare 45.

https://www.infoaut.org/precariato-sociale/torino-sgombero-poliziesco-all-alba-delle-serrande-occupate-in-corso-giulio-cesare-45

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Le case che eravamo

Un bel film di Arianna Lodeserto per riflettere sulla città che eravamo, su quella che siamo, su quella che ci stanno preparando, la smart city, e su quello che dovremmo fare…

“Le case che eravamo”

case soffitte, case marrane/ case tende e capanne/ case grotte e caverne/ case foglie e lamiera/ case tangenti e tangenziale/ case non assegnate/ case strade/ sono le case nuove e le case liberate/ brevi interstizi nell’ingordo speculare.

E sono pure le maglie mobili/ di un quartiere/ riscritto tutto d’un fiato/ che abbiamo corso per riprenderci/che abbiamo spezzato/per non sopprimerci/ che abbiamo(infine) compreso.

clicca sulla foto

Questo film è dedicato a chi/su questa terra e sulle altre/in questo tempo e negli altri/ è ancora in cerca di una casa.

E poi a Cecilia Mangini, e a mia Nonna./ All’essere donna, all’essere in lotta.

Scritto e montato da Arianna Lodeserto

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Processo NO TAP/dichiarazione spontanea di una compagna

da ilrovescio.info

Processo contro 90 NO TAP e dichiarazione spontanea di una compagna

Nella mattinata di questo venerdì 15 gennaio, la Pm ha formulato nell’aula bunker del carcere di Lecce le richieste di condanna nei confronti di 90 No Tap, imputati in un processo che cita diversi episodi di lotta in un arco di tempo che va dal 2017 al 2018. I reati sono di vario tipo, da violenza e resistenza a pubblico ufficiale a violazione del foglio di via da Lecce e Melendugno, i luoghi dove più si è sviluppata la lotta contro la multinazionale del gasdotto. Le condanne richieste in primo grado vanno da un minimo di 2 mesi ad un massimo di 2 anni e 3 mesi.

Durante l’udienza una compagna ha esposto una dichiarazione in merito alle accuse che le vengono poste, qui di seguito ne pubblichiamo il testo.

Sono imputata, in questo processo, per aver violato ripetutamente l’ordine che mi vietava di essere presente sul territorio di Lecce e Melendugno. Alcuni poliziotti, in veste di testimoni, hanno sottolineato che deliberatamente, in spregio al loro servizio di osservazione, io trascurassi di nascondermi o di camuffare il mio aspetto. Le molte fotografie che mi ritraggono confermano questa osservazione. In effetti, ho sempre partecipato alle manifestazioni e ai vari momenti di protesta senza badare a quella prescrizione e senza nascondermi. E ho spesso preso la parola, come molti altri, per ribadire le ragioni di quelle mobilitazioni che in due anni hanno coinvolto un gran numero di persone. Non me ne vogliano i signori della questura, ma ritengo che le ragioni che mi portavano nelle zone interdette, rischiando le imputazioni che qui mi vengono mosse, fossero altra cosa che lo spregio per la digos di Lecce. Si tratta di ragioni che rinuncio ad esporre in tuttala loro ampiezza e profondità, anche perché ritengo che un’aula di tribunale sia la sede meno adatta allo scopo. Basterà dire che, non a caso, le ragioni a cui alludo sono tutte rappresentate nell’elemento mancante nelle cronache rese dai poliziotti qui testimoni, che tratteggiano uno scenario piuttosto semplificato, piatto, diciamo bidimensionale, in cui le forze dell’ordine fronteggiano un gruppo di facinorosi sullo sfondo di cantieri, cancelli, strade poderali, uliveti. Le mie ragioni, invece, sono tutte nella terza dimensione, quella dello sfondo. Si tratta di luoghi che hanno subìto lo sfregio indelebile di un’opera aberrante, il gasdotto TAP. Un’opera imposta dall’alto e sempre rifiutata dagli abitanti perché stravolge ecosistemi delicati, mette a rischio la salute umana, disturba l’economia locale. Quell’opera, in definitiva, rappresenta la voracità del capitale transnazionale di fronte al quale le comunità locali dovrebbero soccombere. L’impressionante mobilitazione di uomini in divisa a difesa del Consorzio Tap e contro i contestatori dell’opera ha reso palese a molti l’asservimento dello Stato a quelle, superiori, ragioni. La militarizzazione di un vasto territorio e la sospensione della libertà di movimento al suo interno, questo sì, in spregio alla popolazione, sono solo alcune delle ragioni che mi hanno consigliato di partecipare anziché desistere, di recarmi nei luoghi vietati, anziché rispettare i divieti che mi sono stati imposti. Così ho scelto di rispondere ad un mio personale imperativo etico, tralasciando l’ingiunzione dell’autorità e presentandomi nei luoghi preclusi.

Mio unico rammarico è, semmai, di non aver fatto abbastanza efficacemente.

https://comunellafastidiosa.noblogs.org/post/2021/01/16/processo-contro-90-no-tap-aggiornamenti-e-dichiarazione-spontanea-di-una-nostra-compagna/

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Dare voce a chi non ha voce

Riceviamo e diffondiamo:

Sono giorni sempre più difficili per chi è in carcere e per noi che abbiamo i nostri cari lì dentro. Non mancano le proteste perché la situazione è al collasso. Anche a Rebibbia il Covid è arrivato come una tempesta e ci sono molti contagi.

Al g12 la situazione è la seguente: i contagi da Covid sono saliti vorticosamente al punto che l’intera sezione è stata posta in isolamento con conseguente divieto di colloqui visivi con i nostri cari fino a data da destinarsi. Numerose sono state le telefonate dai detenuti e le mail che abbiamo ricevuto nelle quali raccontano di uso di manganelli e di gas fumogeni nelle celle per contenere da parte della Celere una protesta più che pacifica e più che giustificata come diversamente è stato detto invece dalla Direzione di Rebibbia,  da parte della sezione, che ha espresso la volontà di capire che cosa stesse succedendo e la richiesta più che giustificata di aumentare le misure di sicurezza che quotidianamente vengono a mancare per ovvi e risaputi motivi di capienza delle celle stesse. I detenuti della sezione sono stati rinchiusi nelle loro celle h 24 in un misto tra soggetti sani e soggetti contagiati. Senza possibilità di essere protetti perché non sanno dove collocarli visto anche il sovraffollamento che caratterizza il carcere di Rebibbia. Ci teniamo a raccontare la verità perché ogni volta le voci dei detenuti non escono, le proteste sembrano sempre senza ragione e il comportamento delle guardie eternamente giustificato. Ci sono persone che oltre al Covid, erano già in gravi condizioni di salute e che sarebbero dovute uscire da mesi per non rischiare ulteriormente la vita con una pandemia che sta uccidendo in tutto il mondo. In tutto questo i magistrati sembrano non tenere conto della pandemia che sta dilagando in carcere con continui rigetti sulle richieste di sfollamento e di differimento delle pene sostenendo che la situazione è sotto controllo e che il covid non c’è.

Il Covid c’è eccome ma non ne parlano!!!!Il Covid è entrato a Rebibbia e sta dilagando e ha già ucciso. Ne vogliamo parlare noi e dare voce ai nostri cari da qui fuori. Dare voce alla paura… la loro e la nostra. Dare voce al DIRITTO ALLA SALUTE che non va negato “a” e “da” nessuno!

Parenti e amici dei detenuti

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15 gennaio/ in ricordo di Rosa Luxemburg

Un’aquila

Maria Turchetto <Leggere l’Accumulazione del capitale>

Lenin la definì “un’aquila”. E davvero Rosa Luxemburg volò molto in alto, in una società che era ancora profondamente maschilista. A quei tempi in quasi tutto il mondo le donne erano escluse dal voto e dai diritti politici, in molti paesi non avevano accesso alle professioni liberali, nel lavoro erano sfruttate e sottopagate rispetto agli uomini, nella famiglia soggette all’autorità del marito.

Rosa Luxemburg i diritti politici se li prese: fu una dirigente socialista di prima grandezza. Sostenitrice di posizioni internazionaliste, fu attiva nella sua Polonia, in Russia e soprattutto in Germania. Lucida, coerente, lontana da ogni opportunismo, all’epoca fu una delle poche rappresentanti del socialismo a non compromettersi con nessuna guerra, a battersi sistematicamente e implacabilmente contro il militarismo. Per questo suo atteggiamento passò in prigione la maggior parte degli anni della guerra, scrivendo, studiando e continuando a seguire gli eventi politici: la costituzione in Germania della Lega di Spartaco, di cui fu diretta ispiratrice; la rivoluzione russa, che valutò e commentò con grande intelligenza – sostenne Lenin e i bolscevichi, ma fu da sempre consapevole delle difficoltà e delle degenerazioni cui il partito rivoluzionario poteva andare incontro1.

Anche la parità con gli uomini Rosa Luxemburg se la prese – eccome. Primeggiò in un’epoca di giganti: i suoi interlocutori erano personaggi del calibro di Lenin, Trotsky, Kautsky, Bukharin, Bauer, Bernstein, Hilferding, Bebel.

Quanto poi alla famiglia, Rosa Luxemburg non la prese nemmeno in considerazione. Rivoluzionaria anche nelle scelte private e nei rapporti personali, a ventisette anni fece un matrimonio di comodo al solo scopo di ottenere la cittadinanza tedesca, per vivere poi con Leo Jogiches una relazione libera e intensa. Condivisero affetto e passione politica – da compagni, nel senso più pieno e più bello del termine. Non so se Rosa Luxemburg si possa definire femminista: appoggiò con energia, anche contro il suo partito, la battaglia per il voto alle donne, ma non fece sue le posizioni del femminismo di quell’epoca, il femminismo delle signore “borghesi” che definiva senza mezzi termini “parassiti della società”. Certo era più attenta alle questioni di classe che a quelle di genere.

Se le sue qualità di donna libera e di dirigente e commentatrice politica sono oggi ampiamente riconosciute – come il presente volume testimonia ampiamente – manca forse ancora un’attenta valutazione delle sue doti di teorica marxista.

continua a leggere qui  Rosa Luxemburg-Maria Turchetto

o qui https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n28/02_n28-2015.pdf 

o qui  https://www.sinistrainrete.info/marxismo/12641-maria-turchetto-leggere-l-accumulazione-del-capitale.html?highlight=WyJtYXJpYSIsInR1cmNoZXR0byIsIm1hcmlhIHR1cmNoZXR0byJd

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2020?

Vi proponiamo la rilettura di alcuni stralci di uno scritto del novembre 2019, appena prima che si scatenasse la così detta pandemia e la ristrutturazione sociale in atto, perché è necessario assolutamente riprendere l’iniziativa politica.

[…] Il neoliberismo in questi anni ha lavorato con pervicacia, sistematicità, coerenza e chiarezza ideologica su fini, obiettivi e strumenti. L’iper borghesia ha vinto. Le borghesie nazionali sono alla frutta, oscillano tra sacche di resistenza e asservimento al vincitore consce di aver perso definitivamente il loro ruolo.[…] Ma il neoliberismo è anche molto esplicito, ci ha detto tutto e ci dice tutto e soltanto chi non ha voluto sentire e non vuol sentire, può far finta di non capire quello che sta succedendo.[…] Quindi il capitalismo, poste le basi di questa grande trasformazione del sociale in senso completamente disumano, si è attrezzato e organizzato per contrastare le reazioni di una massa che non ha più niente da perdere e che si muove su un territorio dove le armi e i sistemi di controllo tradizionali potrebbero risultare poco efficaci. […] Sempre più il fronte esterno e il fronte interno vengono affrontati e gestiti nello stesso modo, le aree e i territori occidentali vengono trattati come colonie interne.  Collaborazionismo e delazione, il vicino che spia il vicino. L’intento del capitale è di costituire un tessuto di connivenze in un territorio che sente come estraneo e pericoloso e così dovrebbe essere.

E così si deve manipolare il sociale per poterlo controllare.

Il 2020 sarà un anno di snodo. Non lo diciamo noi, lo ha detto esplicitamente il rapporto Nato, manuale organizzativo dell’iper borghesia che non è stata dal 2003 ad oggi con le mani in mano ma ha compiuto dei passi, uno dopo l’altro, che ci hanno condotto fino a qui:

-monitorare ogni angolo dei territori cittadini con migliaia di telecamere in modo che ogni gesto possa venire filmato, riprodotto, rivisto e analizzato all’infinito ,controllare,  e archiviare tutte le telefonate per usarle poi quando verrà ritenuto opportuno, le intercettazioni ambientali sono modalità corrente, lo studio dei nostri movimenti e comportamenti altrettanto. Ma quanta sinistra di classe si è fatta carico di oscurare le telecamere, di inorridire di fronte alle intercettazioni e all’uso che ne viene fatto?

-dividere la città in ghetti da cui si esce e si entra con difficoltà, a orari stabiliti, a piedi, allontanare il più possibile i cittadini dai luoghi del potere. Ma quanta sinistra di classe si è fatta carico di opporsi alle ZTL, ai parcheggi a pagamento, ai divieti di bere, circolare, sostare?

-riempire le città di camionette con relativi soldati (e soldate) armati fino ai denti in mezzo alla gente che passeggia e fa shopping perché si deve abituare alla presenza dei militari che la controllano continuamente, anzi deve essere attiva e partecipe, magari fare le foto ai militari con i bambini in braccio. Ma quanta sinistra di classe si è assunta il compito di fare della propaganda contro i militari nelle strade? Di volantinare tra la gente e di chiedere come si possa tollerare di passeggiare tra i mitra?

-digitalizzare i documenti, carte di identità, patenti, cartellini lavorativi…in modo che siano verificabili in ogni dove e predisposti per incasellare dati di ogni tipo per cui sfuggire ai controlli sarà sempre più difficile. Impronte digitali, scannerizzazione dei volti, monitoraggio della folla, agli stadi, alle manifestazioni, controllo dei dati biometrici anche al lavoro…ma quanta sinistra di classe ha fatto propaganda contro il rilascio delle impronte digitali per i documenti? O contro i cartellini sul posto di lavoro? O contro il prelievo coatto del DNA?

-imposte pesantissime, gabelle asfissianti, sanzioni amministrative, multe, persecuzione tributaria che condizionano pesantemente la vita di tutti e di tutte che fagocitano i cervelli continuamente stressati da preoccupazioni, pagamenti e debiti…Ma quanta sinistra di classe ha capito che le tassazioni, le gabelle e le imposte sono uno strumento del potere e non hanno niente a che fare con lo stato sociale? O la sinistra di classe ha perso totalmente la cognizione di quello che è lo Stato?

Ci siamo chiesti e chieste perché la stessa idea di sinistra sia sparita dall’immaginario collettivo?

La sinistra antagonista, a parte alcune e alcuni che hanno pagato e stanno pagando un prezzo molto alto e che continuano a lottare, non si è assolutamente resa conto di quali siano i nodi principali da affrontare per tentare di scardinare questa situazione. […] Il problema non è prendere lucciole per lanterne perché questo può succedere, tutte e tutti possiamo sbagliare, ma l’autocritica va fatta, va rivisitato tutto quello che è successo in questi anni perché altrimenti è lecito pensare che non si sia trattato di errori.

Sarebbe il caso che affrontassimo tutto questo a brutto muso perché il dramma vero e proprio deve ancora cominciare.

Qui potete leggere tutto l’articolo https://coordinamenta.noblogs.org/post/2019/11/06/la-parentesi-di-elisabetta-del-6-11-2019/

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Note urgenti contro la campagna militar-vaccinale

NOTE URGENTI CONTRO LA CAMPAGNA MILITAR-VACCINALE

da ilrovescio.info

L’attuale campagna “militar-vaccinale”, pur non arrivando come un fulmine a ciel sereno, è un evento senza precedenti. Il silenzio al riguardo di parte “antagonista” (e anche, con rare eccezioni, anarchica) ci sembra un inquietante segno dei tempi.

Di sicuro stiamo pagando la scarsa attenzione – quando non addirittura l’appoggio – con cui in ambiti “di movimento” era stata affrontata l’introduzione delle vaccinazioni obbligatorie da parte del governo italiano per conto della Glaxo. Non solo rispetto alla medicalizzazione forzata che ha fatto all’epoca un importante balzo in avanti (e che ha preparato il contesto per l’attuale crociata medico-politico-mediatica contro chiunque esprima un parere anche solo blandamente dubbioso sui vaccini anti-Covid); ma proprio per l’accettazione del discorso dominante sul rapporto tra corpo, difese immunitarie e virus, che ha favorito le metafore apertamente belliche alla base dell’attuale gestione politico-sanitaria. Queste assenze e queste debolezze hanno contribuito a lasciar spazio alle più svariate tesi cospirazioniste su cui prolifera l’estrema destra. Ma l’attuale campagna di vaccinazioni non andrebbe contrastata solo per non lasciar spazio a (per mera reazione non si va mai lontano), bensì per la gravità delle sue conseguenze, dalle quale sarà molto difficile tornare indietro.

In questa campagna convergono gli enormi interessi dell’industria farmaceutica (pezzo importante della speculazione finanziaria e di tutto il “sistema del debito”, quindi dell’attacco alle condizioni di vita e di lavoro di miliardi di sfruttati) e la potenza propagandistica degli Stati. Assieme al vaccino si stanno inoculando dosi da cavallo di retorica nazionalista (“siamo il primo Paese in Europa per vaccinazioni eseguite”… un “primato” che vorrebbe cancellarne un altro, decisamente meno entusiasmante: “siamo il Paese con il maggior numero di morti per Covid”) e patriottica (“i sacrifici di tutta la comunità non possono essere vanificati dagli egoisti, dagli irresponsabili”, dai… disertori nell’ora del pericolo). La sostituzione del personale sanitario da parte dei militari per eseguire i tamponi – decisa, non a caso, in ambito NATO (1) – è diventata ora monopolio del Ministero della Difesa nella gestione della logistica per le vaccinazioni. Senza contare che il vaccino anti-Covid prodotto in Israele è stato realizzato nello stesso istituto dove si ricercano e sperimentano armi chimico-biologiche (2). Sotto l’imperio della paura, passa qualsiasi cosa: chiusura di siti contrari ai vaccini, radiazione dei medici dissidenti, silenzio imposto ai dubbiosi (non solo minacciando una dolorosa “solitudine morale”, ma potendo licenziare grazie alle clausole inserite da tempo nei contratti di lavoro di una Sanità aziendalizzata). Il messaggio è chiaro: se non lo accettate di buon grado per “spirito di responsabilità”, ve lo faremo accettare per forza. Magari non con un obbligo diretto, ma con la coercizione indiretta: il governatore della Campania ha già predisposto un nuovo tesserino sanitario che permetterà ai soli vaccinati di avere accesso a certi luoghi o servizi. Insomma, il sistema cinese del “credito sociale” si avvicina.

Benché siano, tutte queste, conseguenze materiali nient’affatto trascurabili, l’aspetto decisivo è un altro. Continua a leggere

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La Parentesi di Elisabetta del 6/01/2021

“Si tace a se stesse e a se stessi la verità.”

Il paradiso è promesso solo per quelle che si prestano a tenere nell’inferno la stragrande maggioranza delle altre.

<Quattro passi/Note sul femminismo nella fase neoliberista del capitale>

E’ avvenuto quello che preparavano da tempo. E’ avvenuto. Il potere ha avuto o creato o sfruttato, non importa, con la così detta pandemia, la possibilità di portare a compimento la trasformazione epocale della società che l’ideologia neoliberista aveva teorizzato e pianificato. Le modalità e le logiche utilizzate nei territori coloniali, nei territori da predare, oggi vengono utilizzate nell’occidente capitalista, nei territori metropolitani e non solo. La gestione delle popolazioni occidentali da parte della nuova aristocrazia borghese transnazionale, l’iperborghesia, per mano dei governi locali complici e servi, è di occupazione militare: metodi e modalità sono quelli applicati nelle colonie. Questo due volte: la prima come presa di possesso fisica del territorio da parte di unità militari/poliziesche che si muovono come truppe di occupazione e come tali vengono percepite e subite dalla popolazione, tanto che militari e uomini in divisa si permettono violenze, prevaricazioni con larga discrezionalità e come benefit del loro lavoro, la seconda perché come le popolazioni indigene e native, i cittadini/e occidentali vengono presentati come infantili, irresponsabili, incapaci di autogestione, bisognosi di una guida. Le cittadine/i vengono convinte che sono senza storia e senza memoria e viene propagandato che l’unica strada per loro percorribile è l’assoggettamento volontario. Se questo non avviene si usa la forza. Ottenuta la pacificazione del territorio, sarà dato spazio, come nelle colonie, a forme di paternalismo, promuovendo sul campo quelle associazioni e quei soggetti che, oggi, brillano per il silenzio, per i distinguo o per la delazione, pronte/i a gestire le briciole del banchetto e a occupare gli spazi che saranno loro assegnati, trasformandosi in ascari/e nei confronti delle loro concittadine/i.

E’ con questa pratica che rimuove la dimensione politica delle lotte dei popoli da predare e degli oppressi, anch’essi da predare, del mondo occidentale, non riconoscendo loro lo status di soggetti politici, negando agli uni la dimensione antimperialista e agli altri/e quella di lotta di classe e di genere, che la società delle multinazionali, attraverso il braccio esecutivo dei governi e quello armato di polizie ed esercito, si arroga il diritto di essere l’unica che dà patenti, esercita l’odio e la repressione di classe ed è in definitiva, l’unico soggetto politico. Continua a leggere

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MANI MENTI CUORI DA DIFFERENTI LATITUDINI

<Il carcere rispecchia la società che lo circonda, concetto sempre più vero; la corrispondenza tra dentro e fuori le mura delle carceri, tra il modo in cui vengono gestite le emergenze e quindi le persone, è sempre più tangibile.>

Riceviamo e diffondiamo, un bellissimo testo che ci riguarda tutt*/Sulla rivolta al carcere di Modena a marzo 2020 e non solo

Un messaggio non recepito

È questa la percezione che abbiamo riguardo a quello che successe neanche un anno fa nelle carceri italiane. La percezione che, da un lato, in tanti non abbiano compreso il significato di quei giorni: delle urla sprigionate dai petti delle persone recluse, del piombo sparato a Modena contro i detenuti in rivolta.
Dall’altro, che non sia stato compreso il significato del successivo coro dei media, secondo il quale i rivoltosi sarebbero stati pilotati da una regia esterna (anarchici o mafiosi) e le morti sarebbero avvenute per overdose, dopo l’assalto alle infermerie delle carceri.
A nostro parere è importante mettere a fuoco alcuni aspetti, perlopiù taciuti o messi in secondo piano a livello mediatico: per esempio, considerare in quante carceri (non solo in Italia, ma in tutto il mondo) si siano estese proteste e rivolte in corrispondenza dell’avvento della pandemia COVID-19 e quali decisioni siano state prese dalle autorità. Qui, a differenza che in altri luoghi del pianeta in cui sono stati rilasciati migliaia di detenuti, non c’è stata esitazione nell’uso del “pugno duro”, nella rappresaglia per le proteste, nell’incutere intenzionalmente terrore nelle persone recluse in modo trasversale. Decisioni prese dall’alto che hanno provocato una ferita che si farà sentire sulla pelle delle presenti e future persone incarcerate.
Altro fattore importante è considerare come il D.A.P., i dirigenti sanitari, i direttori e le varie figure interne al sistema penitenziario stiano palesando le stesse negligenze di tutti i burocrati di Stato che decidono sulle vite degli altri, dentro e fuori le galere.
Dopo le rivolte di marzo alcuni giornalisti hanno interpellato i dirigenti sanitari del carcere di Modena, chiedendo loro come venissero gestiti il metadone e altri farmaci dentro il carcere. La risposta è stata “non lo so”. Alle richieste di chiarimenti su cosa avessero fatto le varie autorità è seguito il classico rimbalzo di uffici, silenzi, “no comment”.
Si potrebbero anche sciorinare le affermazioni dei vari rappresentanti delle forze di polizia penitenziaria sul fatto che nessun atto di tortura o violenza sia stato perpetrato sui reclusi, se non nei momenti utili a riportare l’ordine nelle carceri.
Frasi che suonano stonate: tutti sanno che dietro a certe parole c’è una violenza organizzata da parte delle Forze dell’Ordine, il benestare di chi li comanda e la copertura di chi fa finta di non vedere.

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Il blog non funziona/non sappiamo perché ma cercheremo di risolvere il problema!

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Noi e la Befana vogliamo la luna!

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2021 NoTav:di lotta e di libertà

Avanti No Tav! Buon Anno!

Calendario :

5 GENNAIO / TUTTO IL GIORNO E ALLE ORE 18.00 – DINAMO DORA RUGBY AL PRESIDIO DI SAN DIDERO: incontro

6 GENNAIO / DALLE ORE 14.00: ARRIVA LA BEFANA NO TAV AL PRESIDIO DI SAN DIDERO – Festeggiamo insieme l’arrivo della Befana e dei doni che ci porterà, sorseggiando una cioccolata calda o del vin brulé.

7 GENNAIO / ORE 17.30PRESIDIO AL CARCERE DELLE VALLETTE DI TORINO (ingresso principale, via Aglietta 35, Torino) – insieme alle Mamme in Piazza per la Libertà di Dissenso saremo sotto il carcere per portare tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà a Dana e Fabiola e tutte le detenute e i detenuti.

8 GENNAIO / ORE 18.00: ASSEMBLEA AL PRESIDIO DI SAN DIDERO.

9 GENNAIO / ORE 10.00: DIVERTIAMOCI CON I NODI (Parte Prima) AL PRESIDIO DI SAN DIDERO – iniziamo ad impratichirci e a scambiarci saperi sull’antica arte dei nodi, proseguiremo cercando l’albero su cui successivamente costruire una casetta o una piattaforma. ORE 14.00: PRANZO BENEFIT.

10 GENNAIO / ORE 11.00: ASSEMBLEA NO TAV A GIAGLIONE (ritrovo al campo sportivo).

Si è svolta ieri la prima assemblea No Tav del 2021. Con entusiasmo e tanta voglia di lotta e libertà, abbiamo cominciato a confrontarci sui prossimi passi di questa fase complessa e delicata. Inauguriamo quindi il nuovo anno con un calendario ricco di appuntamenti e iniziative a cui partecipare tutte e tutti insieme.

La determinazione e gli obiettivi del Movimento sono stati chiari e netti fin da subito. Pensiamo che i punti di partenza per questo nuovo anno siano : la liberazione della Val Clarea dalle truppe di occupazione e da Telt, la salvaguardia del territorio di San Didero dagli eventuali lavori di costruzione del nuovo autoporto, la lotta per la libertà di dissenso e contro la repressione.

Tanti i volti dei giovani e delle giovani No Tav presenti ieri a San Didero, insieme alle tante figure che hanno preso parte fin dagli albori di questa lotta ormai trentennale, tutte e tutti insieme a elencare con chiarezza le necessità della nostra Valle. Ma non solo. Lo sguardo è stato rivolto anche a territori e bisogni distanti geograficamente a noi ma così vicini nelle mancanze, in un momento tanto delicato come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia e di questo sistema sociale ed economico che continua insensatamente a foraggiare le lobby del tondino e del cemento a discapito del bene collettivo. Continua a leggere

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