15 gennaio/ in ricordo di Rosa Luxemburg

Un’aquila

Maria Turchetto <Leggere l’Accumulazione del capitale>

Lenin la definì “un’aquila”. E davvero Rosa Luxemburg volò molto in alto, in una società che era ancora profondamente maschilista. A quei tempi in quasi tutto il mondo le donne erano escluse dal voto e dai diritti politici, in molti paesi non avevano accesso alle professioni liberali, nel lavoro erano sfruttate e sottopagate rispetto agli uomini, nella famiglia soggette all’autorità del marito.

Rosa Luxemburg i diritti politici se li prese: fu una dirigente socialista di prima grandezza. Sostenitrice di posizioni internazionaliste, fu attiva nella sua Polonia, in Russia e soprattutto in Germania. Lucida, coerente, lontana da ogni opportunismo, all’epoca fu una delle poche rappresentanti del socialismo a non compromettersi con nessuna guerra, a battersi sistematicamente e implacabilmente contro il militarismo. Per questo suo atteggiamento passò in prigione la maggior parte degli anni della guerra, scrivendo, studiando e continuando a seguire gli eventi politici: la costituzione in Germania della Lega di Spartaco, di cui fu diretta ispiratrice; la rivoluzione russa, che valutò e commentò con grande intelligenza – sostenne Lenin e i bolscevichi, ma fu da sempre consapevole delle difficoltà e delle degenerazioni cui il partito rivoluzionario poteva andare incontro1.

Anche la parità con gli uomini Rosa Luxemburg se la prese – eccome. Primeggiò in un’epoca di giganti: i suoi interlocutori erano personaggi del calibro di Lenin, Trotsky, Kautsky, Bukharin, Bauer, Bernstein, Hilferding, Bebel.

Quanto poi alla famiglia, Rosa Luxemburg non la prese nemmeno in considerazione. Rivoluzionaria anche nelle scelte private e nei rapporti personali, a ventisette anni fece un matrimonio di comodo al solo scopo di ottenere la cittadinanza tedesca, per vivere poi con Leo Jogiches una relazione libera e intensa. Condivisero affetto e passione politica – da compagni, nel senso più pieno e più bello del termine. Non so se Rosa Luxemburg si possa definire femminista: appoggiò con energia, anche contro il suo partito, la battaglia per il voto alle donne, ma non fece sue le posizioni del femminismo di quell’epoca, il femminismo delle signore “borghesi” che definiva senza mezzi termini “parassiti della società”. Certo era più attenta alle questioni di classe che a quelle di genere.

Se le sue qualità di donna libera e di dirigente e commentatrice politica sono oggi ampiamente riconosciute – come il presente volume testimonia ampiamente – manca forse ancora un’attenta valutazione delle sue doti di teorica marxista.

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