Io sto con Maya/ Presidio sotto il tribunale

IO STO CON MAYA/ Martedì 16 marzo ore 9.30 presidio sotto il tribunale

notav.info

Il 16 Marzo Maya dovrà comparire in tribunale per l’udienza relativa ai fatti accaduti la notte tra l’8 e il 9 Giugno 2017 (Maya, 19 anni No Tav picchiata dalla polizia) con la sola accusa di oltraggio a pubblico ufficiale, trovandosi ad affrontare un processo che, in maniera molto più che paradossale, la vedrà coinvolta sia come parte lesa che come imputata.

Ricordiamo che inizialmente era stata denunciata per violenza, resistenza a pubblico ufficiale, oltraggio e per porto d’armi (a causa di 6 chiodini da muro). È quindi evidente come il castello di accuse creato nei suoi confronti stia vacillando, rivelando il grottesco tentativo di inficiare la denuncia coraggiosamente fatta il giorno dopo il pestaggio.
Maya è una ragazza che da anni si spende nelle vie cittadine di Torino come sui sentieri della nostra Valle a fianco delle persone che rischiano di rimanere per strada a causa di uno sfratto, che non rimane indifferente davanti alle problematiche sociali e ambientali e che ha deciso di difendere questa Valle dalla devastazione che continuamente colpisce i nostri territori. Insieme abbiamo percorso i sentieri della Val Clarea e abbiamo vissuto il Presidio permanente dei Mulini che quest’estate è stato attraversato da tantissimi e tantissime giovani e continua a vivere grazie a persone come lei, che ci mettono il cuore.
Il poliziotto che le ha sferrato un pugno nell’occhio durante il fermo in commissariato dovrà invece rispondere dell’accusa di lesioni, con l’aggravante di aver commesso il fatto “con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione”. Ci teniamo a sottolineare che seppur in maniera circoscritta, è stata riconosciuta la violenza commessa dal poliziotto. Nonostante la presenza di un video delle telecamere interne della caserma di Via Tirreno che mostra in maniera lampante le violenze inferte a Maya, quest’esito non era per nulla scontato. Continua a leggere

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Le sue scarpette rosse…

Le sue scarpette rosse…

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«Finché gli lasceremo facoltà di giudizio sul diritto a un nostro spazio l’uomo non potrà fare a meno di occuparlo, poiché non è uno spazio fisico quello di cui si parla – sebbene esista anche lo spazio fisico di cui siamo private – ma uno spazio storico, psicologico e mentale». Così scriveva Carla Lonzi in Significato dell’autocoscienza nei gruppi femministi, nel 1972.

Sono passati quasi cinquant’anni da allora ed ecco cosa ci ritroviamo oggi: uomini in scarpette rosse che pretendono di proteggerci e sedicenti femministe che, pavlovianamente, li applaudono e li incensano.
Non mi sorprende che quattro o quattrocento cretini vogliano far credere di fare qualcosa di concreto contro la violenza maschile indossando e sfoggiando scarpette à la Ratzinger (forse gliele invidiavano?); il privilegio maschile rende ciechi e stolidi, è noto… Ma ciò che mi preoccupa è il consenso femminile nei loro confronti, perché significa che troppe donne ancora non capiscono che la protezione maschile è l’altra faccia del mito delle virilità e della violenza maschile: “Mio è il potere di decidere se proteggerti o menarti, ma tu rimarrai sempre una minorata”.

Decenni di emancipazionismo, di sedicenti femministe disposte ad infangare le pratiche separatiste pur di ritagliarsi un posticino nelle istituzioni maschili o di portarsi i loro ometti in corteo il 25 novembre o, ancora, donne disposte ad utilizzare il proprio tempo per “educare” i loro compagni di area politica, anziché a rafforzare se stesse insieme ad altre, hanno dato questi risultati.
In questo quadro avvilente nessuna sembra cogliere la cosa più evidente, e cioè che il patriarcato difende e rafforza il proprio potere in modo camaleontico adattandosi e proliferando in ogni condizione economica, sociale e culturale. E per fare questo è anche disposto ad indossare scarpette rosse…

PS: Sia chiaro che, personalmente, non sopporto nemmeno le donne che scendono in piazza con le scarpette rosse o che le indossano ai funerali dell’ennesima vittima di femminicidio; ma questo perché per contrastare una violenza strutturale ci vogliono pratiche concrete e radicali e non performance o spettacolarizzazioni che nemmeno la scalfiscono.

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8 marzo 2021/ Ponte Garibaldi

Questa mattina a Roma a Ponte Garibaldi

NE’ DRAGHI NE’ PATRIARCHE, VOGLIAMO LE STREGHE!!!!!

L’appuntamento dell’8 marzo deve necessariamente essere momento di riflessione e di sintesi e costituirsi in forme di lotta diverse dai rituali in cui ci trascina il potere e dai controrituali, diventati anch’essi rituali, che il potere ci permette facendoci credere che stiamo lottando. L’egemonia culturale del sistema si esprime anche in questo, nel coinvolgerci in obiettivi e modalità che non ci interessano, che non ci appartengono e sono spesso contro di noi, nel dettare tempi, ritmi, scadenze e appuntamenti e farci credere che siano nostri.

Per questo è necessario spezzare il percorso vizioso e viziato che il patriarcato e il neoliberismo ci propongono con sistematicità, sabotare le forme di finta alterità in cui vogliono inglobare e che ci vogliono costruire addosso.

Dobbiamo affrontare questi nodi e condurre la nostra lotta attraverso l’autodeterminazione, l’autorganizzazione, l’autodifesa militante femminista, ma perché queste non rimangano parole vuote, di cui lo stesso sistema si appropria, occorre riempirle di significati precisi che costituiscano momento costruttivo rispetto al percorso della nostra liberazione e, con noi degli oppressi tutti, e allo stesso tempo momento discriminante rispetto a tutte le organizzazioni falsamente alternative, comprese quelle che si dichiarano femministe, ma che in effetti supportano neoliberismo e patriarcato e tracciare un solco invalicabile con le donne che si sono vendute al potere, le patriarche, che in cambio della promozione personale hanno venduto e continuano a vendere le donne tutte.

I concetti di legalità, di collaborazionismo, di convivenza civile, di non violenza, di delega, di meritocrazia, di “sicurezza” sono fondanti per il riconoscimento del nemico.

In questo momento così detto emergenziale vorrebbero farci credere che<siamo tutti nella stessa barca> che dobbiamo fare quadrato per salvaguardare la società.

Il potere vorrebbe trasformarci in dame di san vincenzo che si occupano del cibo caldo e delle coperte per i poveri, in samaritani/e che si occupano dei moribondi, in ragazzini/e volenterosi/e che raccolgono bottiglie di plastica, in sante donne che non si lamentano per il troppo lavoro di cura ma che chiedono solo un po’ di attenzione economica e morale, in servi obbedienti e affezionati che salvano il padrone.

Noi invece non siamo affatto buone, rifiutiamo il <lavoro di cura> e abbiamo <cura> solo di chi decidiamo noi. La cura è necessariamente odio di classe perché significa essere coscienti del male che ci viene fatto e che viene fatto a chi ci è caro/a  e prendere adeguati provvedimenti.

Vogliamo e dobbiamo recuperare la capacità di ribellarci, di rifiutare le regole imposte perché se non sono liberi tutt* non è libera nessuna!

Coordinamenta femminista e lesbica

Coordinamenta.noblogs.org/coordinamenta fb/ coordinamenta@autistiche.org

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8 marzo 2021/ l’unico colore che ci piace è quello della nostra rabbia

Riceviamo e pubblichiamo!

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8 MARZO 2021/ Compagne per l’autodeterminazione

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Questa mattina stupro a Villa Gordiani

Questa mattina una ragazza è stata stuprata nel parco di Villa Gordiani, qui a Roma, sulla Prenestina. A lei tutta la nostra solidarietà e vicinanza: ogni volta che la violenza maschile si esprime in questo modo e in mille altri è come se lo facessero sulla pelle di tutte noi.

Ma siamo sempre convinte che l’unica risposta sia, da una parte, l’autodifesa militante femminista, in tutti i sensi, come capacità di reazione immediata, come metabolizzazione dell’accaduto, come organizzazione e risposta e, dall’altra,  che sia necessaria una situazione sociale non basata sulla miseria, sulla violenza e sulla predazione nei rapporti interpersonali e sociali. Tutto il contrario dei processi continuamente innescati e messi in atto dallo Stato neoliberista che crea e alimenta disuguaglianza sociale, desideri inappagati di rivincita, lotta fra poveri, violenza nei confronti di chi è ritenuto più debole e diverso, che teorizza la legge del più forte e ne dà continuamente l’esempio.

Il potere userà per l’ennesima volta quello che è successo per varare altre leggi securitarie, incrementare le telecamere, militarizzare il territorio, instillare insicurezza nella cittadinanza, infantilizzare ancora di più le donne  spingendole alla delega.

Dobbiamo continuare a permettere tutto questo?

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Ascoltate stasera Zardins Magnetics/ giovedì 4 marzo 2021

Zardins Magnetics di giovedì 4 marzo 2021

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

FM 90.0 MHz https://radioondefurlane.eu/
https://www.facebook.com/radiazioneinfo/
https://zardinsmagneticsradio.noblogs.org/

Gli argomenti:
– in ricordo di Pedro;
– a un anno dalla strage di Stato nelle carceri, presentazione delle
iniziative del 6 e 8 marzo 2021;
– ai cuori ardenti – dichiarazione pubblica degli imputati per l’operazione
Renata;
– un aggiornamento su Anna Beniamino;
– approfondimento sull’attacco partigiano al campo di aviazione di
Belvedere il 12 marzo 1944

Per contatti
Assemblea permanente contro il carcere e la repressione
liberetutti@autistiche.org

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8 MARZO 2021/ ore 11.00 davanti al Ministero di Giustizia

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8 MARZO 2021/ TEMA 3

PREMESSA 1 / PREMESSA 2PREMESSA 3TEMA 1 / TEMA 2

<Sul mio corpo decido io!>

Questo è quello che scriveva il movimento femminista romano fino a qualche anno fa. E adesso che cosa vuol dire?

<Il corpo è mio e decido io> è un’affermazione che fa parte da decenni ormai del patrimonio del movimento femminista. E’ un’affermazione fortemente politica che rivendica la libertà di decisione su tutto quello che riguarda il corpo, terreno di scontro fisico, palpabile e diretto delle lotte contro l’oppressione patriarcale.  Ma non può essere certo un’affermazione confinata all’interno di aborto e contraccezione, maternità e sessualità…siamo perfettamente consapevoli ( o no?) che dichiara la volontà di decidere di noi stesse a tutto campo e in ogni momento della nostra vita.

Presuppone il rifiuto della delega, del ruolo degli esperti e delle esperte, dell’ingerenza dello Stato sul nostro corpo e sulla nostra salute. Questo assunto non può essere applicato all’interno di interessi categoriali.  E’ un’affermazione politica fondamentale nella lotta contro la società neoliberista che ha la pretesa di patriarcalizzare la vita di tutti trascinando nella totalità del sociale le modalità di oppressione che vengono messe in atto nei confronti delle donne attraverso il modello patriarcale.

Per questo è necessario opporsi fermamente ad ogni tentativo da parte del potere di imporre la coercizione dei nostri corpi attraverso il ricatto di un <bene comune e superiore> a cui ci dovremmo assoggettare e piegare. Non saremmo, evidentemente, in grado di decidere da sole, saremmo irresponsabili e in fin dei conti, dovremmo essere guidate da chi ne sa più di noi prendendo atto della nostra scarsità e inadeguatezza. Questa impostazione è allo stesso tempo infantilizzante e colpevolizzante e costituisce una caratteristica precipua  del dominio patriarcale che il neoliberismo ha fatto propria. Continua a leggere

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8 marzo 2021/ TEMA 2

PREMESSA 1 / PREMESSA 2/ PREMESSA 3/ TEMA 1

<Le parole svuotate>

Abbiamo veramente dimenticato quello che scrivevamo e dicevamo anni fa? O stavamo giocando?

Il neoliberismo ha decretato la fine della storia, ha deciso che questa è la migliore società possibile, ha smontato gli immaginari di società diverse, ha  cambiato il senso delle parole che definivano i riferimenti politici e molte altre le ha svuotate, se ne è appropriato con la sussunzione strumentale delle istanze antagoniste attraverso i soggetti che si sono prestati e le ha anestetizzate in modo che non potessero più nuocere. Questo era successo già prima che si instaurasse il così detto periodo emergenziale, veniva già portato avanti il gioco del <facciamo finta che…>

Ma la gestione della così detta emergenza da parte del potere  ha strappato il velo e ha messo completamente a nudo questo meccanismo. Le contraddizioni sono talmente evidenti e pesanti che ci vuole una notevole dose di pelo sullo stomaco per continuare a non nominarle.

Ci sono tre parole in particolare che smascherano con chiarezza posizionamenti e intenti,  tre parole di cui rimane solo il simulacro e che è necessario riempire di contenuti politici all’attualità pena la completa scomparsa di ogni realtà antagonista e di classe: autonomia, autodeterminazione, autorganizzazione.

Autonomia. L’autonomia è un modo di lettura della società capitalista/patriarcale, dei suoi protagonisti, del modo di distribuzione dei suoi poteri, della dinamica del suo sviluppo, che prevede la presa in carico direttamente da parte nostra dei nostri desideri e la consapevolezza della possibilità di realizzarli. Pertanto, è una teoria di liberazione. E’, quindi, il rifiuto della delega, non solo perchè la delega dà ad altri soggetti, al di fuori di noi, l’autorizzazione a lottare, chiedere, decidere al nostro posto, ma, soprattutto, perchè questi soggetti, non essendo noi, portano avanti, per noi, esigenze che, nella migliore delle ipotesi, credono nostre, nella peggiore e più comune, sono invece loro[…]  Per questo solamente la realizzazione di un’organizzazione autonoma dei soggetti sociali sfruttati può modificare il senso stesso delle relazioni umane e far si che non si riproducano forme di gerarchia e dominio. L’autonomia, permette la nostra crescita e il nostro arricchimento affrancate dal dominio del plusvalore, è sintesi sociale diversa e contrapposta a quella della società neoliberista patriarcale, alla società seriale che si realizza nell’universo dei ruoli. E’ affermazione di una diversità irriducibile. E’ capacità di esprimere rottura e identità politica, di scardinare il controllo sociale che si manifesta nel dominio culturale e sociale prima ancora che in quello militare e repressivo. E’ la riappropriazione di un tempo liberato dal lavoro salariato, dal lavoro di cura, dai ruoli, ed è coscienza e tessuto di comunicazione e organizzazione sociale. E’ la non partecipazione alle cicliche ristrutturazioni capitalistiche e patriarcali e la capacità di allargare i propri spazi. (1) Continua a leggere

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Mollare le loro maschere, mettere le nostre maschere

Mollare le loro maschere, mettere le nostre maschere.

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Non saremo vittime ma rivoluzionarie

Non saremo vittime, ma rivoluzionarie

LA NOSTRA ARMA È L’ORGANIZZAZIONE. NON SAREMO VITTIME MA RIVOLUZIONARIE.

Una nostra compagna la scorsa settimana si è trovata a vivere una situazione di molestia, vedendo violata la sua intimità online. Questo è solo uno dei tanti casi di violenza figlio di una società basata sulle disuguaglianze, sulla competizione, sulla putrefazione dei rapporti sociali.

Quando parliamo di imbarbarimento ci riferiamo a un modello sociale che ci vuole divisi, indifferenti, passivi, in cui questi episodi di violenza vengono risolti nel migliore dei casi con la logica vittimista che non fa altro che legittimare una violenza sistemica.

Noi tutti i giorni lottiamo per la scuola che ci spetta, per conquistarci il nostro futuro, per costruire un’alternativa reale in questa società, sempre più urgente e necessaria.

Per questo di fronte alle violenze rispondiamo che non saremo vittime ma persone attive, coscienti, determinate e rivoluzionarie e se toccano una toccano tutti quindi ci troveranno sempre fianco a fianco a lottare per ribaltare la barbarie.

La nostra arma è l’organizzazione, la nostra sicurezza è l’azione organizzata.

Guarda il video

https://www.facebook.com/173472300208847/videos/272462134486460

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Gli Aristocazzi

Gli Aristocazzi

di Alessandra Daniele

https://www.carmillaonline.com/2021/02/28/gli-aristocazzi/

Per amministrare i 2o9 miliardi del Recovery Fund, il padronato scende in campo personalmente col banchiere Mario Draghi, detto l’Atermico.
Il suo governo è un insieme di tecnocrati e riciclati, Draghi ha piazzato i suoi nei posti chiave, e ha lasciato il resto all’appetito dei partiti.
Tutti, tranne Fratelli d’Italia e Sinistra Italiana.
Leghisti, piddini, renziani, grillini, forzisti, centristi, leuini, tutti insieme, come nel circense girotondo finale di Otto e Mezzo.
Senza differenza. Perché non c’è differenza.
Si sono definiti “il governo dei migliori”, l’aristocrazia.
Dopo Lega e PD, adesso il Movimento 5 Stelle s’allea anche con Forza Italia.
Ormai è routine, non c’è niente che il M5S non sia disposto a trangugiare pur di restare al governo.
Difficilmente però stavolta riuscirà a toccare palla, il percorso del governo Draghi è già segnato e non prevede nessuna digressione grillina.
L’era Conte è finita.
Renzi è stato un sicario efficiente.
C’è da chiedersi se qualcuno in Italia creda ancora alla democrazia. Perché ormai è come credere alla fatina dei denti.
Il golpe di fatto è la norma. Il nostro vero sistema di governo.
I golpisti italici non assaltano il Palazzo come gli sciamannati di Trump, non ne hanno bisogno.
Loro sono gia dentro.
Come un patogeno cronico.
Sono connaturati al sistema.
Il plauso del media mainstream per Mario Draghi è unanime, un coro di osanna.
Si sono raggiunte vette di idolatria delirante.
I politici non sono da meno, da Matteo Salvini che chiede il ponte sullo stretto di Messina per poterlo chiamare “Ponte Draghi”, a Italia Viva che smette di chiedere il Mes perché “il nostro Mes è Draghi”.
Questi partiti non rappresentano più niente, se non il servilismo verso il capitale, e la miserrima fame di potere, o delle sue briciole.
Opporsi a questa “aristocrazia”, a questo grottesca accozzaglia di tecnocrati padronali e politici cazzari è un dovere basilare, non solo politico, ma anche igienico, per chiunque abbia ancora un minimo di rispetto per se stesso.

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Oggi alle 16 e 30 verso l’8 marzo

AssembleaInPiazzaReteEvasioni@Torpignattara 27/2

APPELLO ALLA CITTÀ
ASSEMBLEA IN PIAZZA VERSO L’8 MARZOÈ passato quasi un anno dalle rivolte scoppiate nelle carceri di questo paese, proteste collettive che si sono espanse a macchia d’olio in tutto il mondo.
Le persone prigioniere che si sono ribellate sapevano e sanno bene che nessun governante avrebbe mosso un dito per mettere in salvo dal contagio chi è rinchiuso: da sempre le galere escludono e vessano migliaia di vite, anche prima del Covid. Le proteste di chi era dentro hanno fatto scendere in strada anche chi ha i propri affetti rinchiusi, soprattutto le donne, che hanno deciso di non stare ad aspettare in silenzio, portando fuori con forza le rivendicazioni di salute e libertà che venivano dai prigionieri e dalle prigioniere.
A Roma il tempo della rivolta è stato il 9 marzo, sia a Rebibbia che a Regina Coeli, la rabbia è esplosa e diverse forme di protesta sono continuate durante il corso dell’anno. Quel 9 marzo iniziavano a circolare le notizie della morte di alcuni detenuti durante le rivolte del giorno precedente a Modena e Rieti.
A Rebibbia 55 detenuti sono accusati di pesanti reati, tra cui devastazione e saccheggio, in seguito alla sommossa. Sono centinaia i detenuti che andranno a processo per le rivolte in tutto il paese. Possibile che lo stato abbia avuto il coraggio, dopo le stragi e le torture di marzo e aprile che hanno tracciato una lunga scia di sangue, di mandare a processo centinaia di detenuti che hanno gridato la loro rabbia indicando l’unica soluzione possibile, ovvero lo sfollamento delle galere, per salvarsi dal contagio?
È la necessità di scongiurare nuove proteste a scatenare questa pesante vendetta. Le giuste rivendicazioni vengono messe a tacere con la violenza più feroce.
Sì, lo stato ci tiene alle sue galere, a quelle mura e a quelle sbarre così alte, che hanno un effetto su milioni di esistenze, anche quelle “libere”. Le morti durante le rivolte parlano chiaro, raccontano quello che lo stato è disposto a farci per governare con la paura, per ribadire il suo potere se alziamo la testa, per impedire la solidarietà.
Il carcere non può restare una bolla separata da chi abita la città, non lo è e non possiamo permetterci di girare le spalle a chi è imprigionato/a.

Invitiamo tutte le realtà e le persone interessate a partecipare il giorno 27 febbraio alle ore 16:30 in Piazza Perestrello per un momento di confronto e aggiornamento sulla lotte nelle carceri e per parlare della mobilitazione nazionale dell’8 marzo sotto al ministero della giustizia.

Marzo 2020, quella nelle carceri è una strage di Stato.
NON LASCIAMOLI SOLI/E

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8 marzo 2021/TEMA 1

La <cura>, il <lavoro di cura>, l’odio di classe.

di Elisabetta Teghil

I nostri avversari sono gli avversari dell’umanità. Non è vero che abbiano “ragione dal loro punto di vista”: il torto sta nel loro punto di vista. Forse è inevitabile che siano così, ma non è necessario che esistano. E’ comprensibile che si difendano, ma essi difendono preda e privilegi, e comprendere in questo caso non deve significare perdonare.

Bertolt Brecht

 Nel contesto attuale di emergenza attuata per la così detta pandemia c’è un discorso che rimbalza  in varie accezioni su testate giornalistiche, in interpellanze parlamentari, in articoli di opinione, in prese di posizione politiche negli ambiti più diversi. E’ quello della <cura>.

Si dice che abbiamo perso di vista un aspetto molto importante della vita cioè il prendersi cura del pianeta in cui viviamo, degli altri, dei più fragili,della società nel suo complesso e di noi stesse/i e  che quindi abbiamo trascurato le cose che contano. Chi ha trascurato cosa? E che noi donne che siamo particolarmente attrezzate e sensibili alla cura degli altri dovremmo essere considerate con particolare attenzione, gratificate, anche economicamente, e prese come esempio.

Note di premessa

Il lavoro di cura è quel carico di lavoro quotidiano, ininterrotto ed estorto gratuitamente che il sistema patriarcale e capitalista, in questo momento neoliberista, pretende dalle donne e che viene “naturalizzato” come congeniale al genere femminile. Le donne in parole poverissime sarebbero naturalmente adatte, oppure nell’accezione più avanzata avrebbero delle caratteristiche costruite dal patriarcato ma che ormai fanno parte del loro modo di relazionarsi paricolarmente positive,e quindi, così dicono, sarebbero portate ad occuparsi dei figli, degli anziani, del marito e parenti vari, del menage familiare con tutte le incombenze interne ed esterne che questo comporta, a ricostituire la forza lavoro, anche la propria e non solo quella del marito o del compagno che dir si voglia, a procreare nuovi esseri viventi per mantenere e perpetuare la specie.

Il lavoro di cura, in un contesto sociale come quello attuale che ha sdoganato a suo uso e consumo l’emancipazionismo, assume connotati particolari dato che le donne emancipate, per non parlare di quelle di potere e collaterali, lo scaricano sulle donne <di servizio> nel vero senso della parola. Un tempo infatti si usava chiamare <donna di servizio> la domestica, ma ora il termine assume connotati quanto mai politici in senso allargato dato che la promozione di poche significa l’asservimento di tutte le altre. Poi, la maggior parte delle donne <qualunque> ormai è caricata di un doppio lavoro, di cura e salariato e, con lo smart working, sono multitasking entrambi. A margine: questa lingua dell’impero da cui siamo sommersi/e è assolutamente insopportabile.

Gli uomini che si prestano, attualmente, ad aiutare sono tanti. Bontà loro, perchè è una disponibilità personale e una dichiarata attenzione verso le donne, poverine… disponibilità che può essere ritirata però in qualsiasi momento come d’altra parte tutte le concessioni elargite dall’alto.

Queste note di premessa sono di dominio pubblico.

Il potere è prodigo di consigli e sollecita la società tutta a darsi da fare per aiutare, tutelare…ad avere responsabilità verso gli altri mettendo in atto quelle caratteristiche che hanno sempre affibbiato a noi donne, che non hanno niente di naturale ma che vengono spacciate come tali: attenzione, dedizione, gentilezza, pazienza, calma, obbedienza, coraggio, forza d’animo, responsabilità, sacrificio…e capacità di occuparsi di un mare di cose contemporaneamente, il multitasking per l’appunto come dicevamo prima trasferito pari pari nello smart working….E’ chiaro tra l’altro che le donne in questo contesto hanno visto centuplicare il loro carico di lavoro, ma la strumentalizzazione che ne fa questo sistema anche attraverso le donne che si prestano lascia senza fiato. Continua a leggere

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