Le sue scarpette rosse…

Le sue scarpette rosse…

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«Finché gli lasceremo facoltà di giudizio sul diritto a un nostro spazio l’uomo non potrà fare a meno di occuparlo, poiché non è uno spazio fisico quello di cui si parla – sebbene esista anche lo spazio fisico di cui siamo private – ma uno spazio storico, psicologico e mentale». Così scriveva Carla Lonzi in Significato dell’autocoscienza nei gruppi femministi, nel 1972.

Sono passati quasi cinquant’anni da allora ed ecco cosa ci ritroviamo oggi: uomini in scarpette rosse che pretendono di proteggerci e sedicenti femministe che, pavlovianamente, li applaudono e li incensano.
Non mi sorprende che quattro o quattrocento cretini vogliano far credere di fare qualcosa di concreto contro la violenza maschile indossando e sfoggiando scarpette à la Ratzinger (forse gliele invidiavano?); il privilegio maschile rende ciechi e stolidi, è noto… Ma ciò che mi preoccupa è il consenso femminile nei loro confronti, perché significa che troppe donne ancora non capiscono che la protezione maschile è l’altra faccia del mito delle virilità e della violenza maschile: “Mio è il potere di decidere se proteggerti o menarti, ma tu rimarrai sempre una minorata”.

Decenni di emancipazionismo, di sedicenti femministe disposte ad infangare le pratiche separatiste pur di ritagliarsi un posticino nelle istituzioni maschili o di portarsi i loro ometti in corteo il 25 novembre o, ancora, donne disposte ad utilizzare il proprio tempo per “educare” i loro compagni di area politica, anziché a rafforzare se stesse insieme ad altre, hanno dato questi risultati.
In questo quadro avvilente nessuna sembra cogliere la cosa più evidente, e cioè che il patriarcato difende e rafforza il proprio potere in modo camaleontico adattandosi e proliferando in ogni condizione economica, sociale e culturale. E per fare questo è anche disposto ad indossare scarpette rosse…

PS: Sia chiaro che, personalmente, non sopporto nemmeno le donne che scendono in piazza con le scarpette rosse o che le indossano ai funerali dell’ennesima vittima di femminicidio; ma questo perché per contrastare una violenza strutturale ci vogliono pratiche concrete e radicali e non performance o spettacolarizzazioni che nemmeno la scalfiscono.

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