Palinsesto del 27/1/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.9 di Radio Onda Rossa S.O.S. SOSTIENI ROR!!! LA RADIO PER CONTINUARE A TRASMETTERE HA BISOGNO DI UN AIUTO CONCRETO e IMMEDIATO!  http://www.ondarossa.info/node/2

piccolissima Siamo tutte prigioniere politiche!

PALINSESTO di mercoledì  27gennaio 2016

ore 20.00 Apertura /L’uso sterilizzato della memoria
.L’usura del tempo non c’entra con il fatto che una catena di eventi venga ad essere rimossa dalla memoria collettiva. La causa i i processi di dimenticanza e di oblio sono voluti e perseguiti attraverso la falsificazione della memoria storica,la produzione di ricordi sostitutivi, di codificazioni fuorvianti e fraudolente…In luogo del non far sapere si sceglie di far sapere ciò che legittima il potere e,pertanto, funziona come strategia di controllo sociale” ATTI/Memoria collettiva, Memoria femminista 2012 .

ore 20.10 PARTE PRIMA “Attualità femminista

LA SCUOLA AZIENDA

scuola azienda

mcdonald's

ore 20.30 La Parentesi di Elisabetta ” DAVOS”

ore 20.35

DESMONAUTICA/ La rubrica di Denys ogni ultimo mercoledì del mese

“Note di politica trans, ovvero l’importanza di avere delle priorità”

Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.org

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Martina, Ornella e Valentina libere!!!!!!

calais

http://www.offtopiclab.org/spirit-of-freedom-martina-ornella-valentina-e-i-fermati-a-calais-liber-subito/

Martina, Ornella e Valentina hanno bisogno del supporto di tutte e tutti per la loro immediata liberazione e contro ogni espulsione. Invitiamo attivist* e solidali a sostenere questa pressione con iniziative, striscioni, messaggi all’ambasciata di Francia.

Per aggiornamenti paris-luttes.info per sottoscrivere l’appello: offtopic@autoproduzioni.net | torchiera@ecn.org

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Agility Girl

Agility Girl

https://animaliena.wordpress.com/2016/01/25/agility-girl/

Power is being told you are not loved
and not being destroyed by it.

agility girl

Cosa è successo alla ragazza che un tempo ero? Alla scimmietta selvaggia che si arrampicava sugli alberi e vinceva alle gare dello schizzo più lungo, inarcando la schiena per ovviare all’anatomia svantaggiosa? Il patriarcato ha chiesto il suo tributo. A volte violenza non è un bastone sulla schiena, ma una frase sussurrata, ancora e ancora, che ripete incessantemente “comportati come una femmina”. Hai imparato presto a travestirti come richiesto, portavi i capelli lunghi, trucchi e gonne, hai fatto tua la sublime arte della depilazione, ripetendo ad ogni strappo “la bellezza passa attraverso il dolore”. Ma quello sarebbe stato soltanto l’inizio. Per ogni impresa, per ogni aspirazione, c’era sempre un modo giusto per poterla realizzare. Ed era uno solo, quello della subordinazione. Essere intelligente, sì, ma con modestia, testarda non va bene, avventurosa nemmeno – c’è un mondo di pericoli pronti a farti a pezzettini, meglio uno studio un po’ ottuso che lasci spazio a ciò che conta veramente. Il primo comandamento è mettere gli altri prima di te stessa, il secondo dice la batteria non è uno strumento da donna, “perché non una chitarra classica?” ripetevano sconsolati. La chitarra l’hai provata, una noia mortale. Non volevi un ripiego, e hai rinunciato al sogno originale.
Hai imparato la docilità dell’animale addomesticato. È facile da ottenere, è una ricetta infallibile. Passa attraverso le privazioni, l’amore che ottieni solo a costo di esercizi di abilità, agility girl, e ogni volta che compi l’esercizio correttamente, ogni volta che fai le acrobazie e riesci a dimostrare la tua obbedienza, ti lanciano un biscottino d’approvazione, un biscottino a forma di cuore per un animaletto educato.
Quando però cerchi di essere chi sei veramente, quando soltanto ci provi, le onde della riprovazione si alzano come tsunami inarrestabili e vieni scaraventata in un pozzo profondo, la scaletta viene ritirata: ti lasciano sola a meditare sul tuo peccato originale. Così perdi te stessa, pezzettino dopo pezzettino, e ogni volta che ritorni in superficie sei più pallida, più trasparente, e il vestito che ti cuciono addosso aderisce così perfettamente al fantasma che sei ora, che alla fine non ti riconosci più, e i confini tra ciò che sei e ciò che devi essere si confondono.
Eppure non basta mai – oramai lo sai – ma hai così poche forze residue che lasci che ti vestano come una bambola, che ti indichino la strada da percorrere, sempre sulle punte per non disturbare – e vederti volteggiare è uno spettacolo di grazia, i tuoi piedi insanguinati li vedi solo tu. Li lasci frugare in te, demolire speranze e progetti, come una piuma nel vento leggera, ma col cuore pesante come piombo.
Il femminismo ti ha salvata? Duro a dirsi, chissà. Di sicuro ti ha fatto l’elettroshock, ti ha spalancato gli occhi come un’iniezione di adrenalina nel cuore. Hai scoperto di essere in guerra, hai guardato i nemici in faccia, e con orrore, li hai riconosciuti: erano proprio coloro che bisbigliavano di “farlo per il tuo bene”, chi diceva di amarti, ma sempre sotto condizione.
Ora passi il tempo a ripetere alle tue sorelle che non è colpa loro, non è colpa loro. Che questo non è un mondo per donne, e ogni piccolo passo in avanti è costato sudore e sangue – il mondo è pieno di ribelli coraggiose che hanno pagato con la vita, o con la propria lucidità mentale, il loro non volersi far domare. Ti sei tagliata i capelli, hai smesso di conformarti al loro ideale. Hai alzato la testa, hai cominciato a dire la tua e non ti sei più fermata. Forse, come ti hanno detto, hai scopato di meno, ma di sicuro hai goduto di più.
Hai alzato la voce, hai iniziato a gridare, la rabbia ti ha pervaso in ogni cellula. Quegli altri, intorno, non hanno smesso di blaterare. Li senti anche oggi, hanno mille volti e nomi… a volte credono di esserti alleati. A volte lo pensi anche tu. Pure loro a volte, “senza cattiveria”, ti dicono che in fondo forse la colpa è anche un po’ tua. Non sei abbastanza forte, non sei rediviva, se solo lo avessi voluto davvero nulla avrebbe potuto ostacolarti. Credono alle frottole che altri hanno inventato, quelle stesse che poi dicono di voler scardinare… scardina il tuo paternalismo, dolcezza, perché altrimenti anche tu sei schiavo del patriarcato.
È una colpa nascere con un pene? Certo che no. Ma un pene in un mondo che idolatra escrescenze è una grossa responsabilità, e questo non si può ignorare. “No! Io non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo; io sono un cortigiano, sono uno utile forse a ingrossare un corteo, a dar l’avvio a una scena o due, ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo, deferente, felice di mostrarsi utile, prudente, cauto, meticoloso; pieno di nobili sentenze, ma un po’ ottuso; talvolta, in verità, quasi ridicolo – e quasi, a volte, il buffone.”
Anche un buffone è un privilegiato mentre Ofelia giace annegata nella corrente.

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Legno o croccantini

“Legno o croccantini”

Trovo veramente ridicolo il dibattito sulle ragazze che si fanno i selfie alle tette per sponsorizzare l’affiliazione alla propria università. Mi fanno orrore quei poveri dementi che, aiutati dall’infrastruttura dei social network, non trovano nulla di meglio che sfogare il loro sessismo da operetta bollando le studentesse che “escono” le tette come cagne senza cervello quando magari hanno scritto ‪#‎escile‬ fino a due secondi prima. Insomma, il doppio standard per cui se non sei disinibita ce l’hai di legno, ma se esponi il tuo corpo e lo usi come meglio credi sei una a cui tirare i croccantini.
Trovo anche abbastanza stucchevoli quelle che, per rimarcare la loro intelligenza, si scrivono il nome dell’istituzione sulla fronte, come a dire che chi mette le tette in bella vista è scema, mentre dentro una fronte dovrebbe esserci per forza un cervello funzionante e in grado di pensare. Detto ciò, trovo altrettanto stucchevoli le femministe che, in nome della libertà di autodeterminare il proprio corpo, difendono il gesto in opposizione allo slut shaming come se fosse un atto liberatorio, di rivendicazione e di fuga alla norma.
Io sinceramente trovo che ci siano poche cose più normative e normanti del pubblicare le proprie tette o qualsivoglia parte anatomica (potrebbe anche essere un tallone) per rivendicare con orgoglio la propria affiliazione all’istituzione universitaria, e quindi farle pubblicità come se fosse una cosa di cui poter andare tremendamente fieri o un prodotto da vendere. 
A parte il fatto che ancora una volta è la moda, un imperativo digitale, uno stupido hashtag che ti chiede di farlo in un contesto prestabilito e già dato (nonché probabilmente ideato da qualche maschietto), e che se si diffonde l’hashtag #escile non vedo per quale motivo io dovrei uscirle quando dicono loro. Il punto è proprio il concetto di affiliazione: oramai si sta completando la transizione verso un modello anglosassone di università. Il che significa tasse inarrivabili , merito che corrisponde con il proprio censo, brandizzazione degli atenei che diventano dei service providers (pure scarsi, oltretutto), veri e propri mercifici di nozioni spendibili sul mercato del lavoro (dove, per definizione, qualcuno deve vendere le proprie capacità umane in un modo attrattivo, e quindi non certamente critico o che crei problemi al sistema),dove il pensiero critico è un demerito perchè disturba la formazione dei quadri votati a perpetuare la sopravvivenza del sistema capitalista di stampo neoliberista. 
L’università è quindi diventata la quintessenza della precarietà dal banco fino al posto di ricercatore, dove per avere un minimo di libertà accademica bisogna avere pletore di santi in paradiso, un posto svuotato di eguaglianza, dove la critica viene messa alla berlina e dove ormai guardie e politici possono entrare a loro piacimento e fare il bello e il cattivo tempo. Pertanto, di cosa ci sarebbe da essere fieri esattamente???Quale sarebbe la caratteristica di cui andare orgogliosi??Mettersi una felpa col nome della propria università, scriverselo in fronte o fare il tifo acriticamente per un’istituzione che dequalifica il sapere e fomenta la precarietà in quale modo dovrebbe essere un atto rivendicabile??Per quale motivo oltre ad essere consumatori di un servizio costoso e scarso volete anche diventare proattivi pubblicitari dello stesso prodotto mettendo in gioco anche il vostro corpo??
Anzichè guardare il dito (o meglio,la tetta), forse anche in questo caso sarebbe il caso di concentrarsi sulla luna…Che ultimamente sta mostrando il suo volto più scuro..

@policeonmyback

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Podcast della trasmissione del 20/1/2016

” Nomi delle Cose” /Puntata del 20/1/2016

“Riflessioni femministe sull'<Utero in Affitto>”

” Mary Crow Dog/Donna Lakota <una nazione non è conquistata finché i cuori delle sue donne resistono>/L’Utero in Affitto/I nuovi mostri/Femminismo materialista

femminismo

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Podcast della Parentesi del 20/1/2016

La parentesi di Elisabetta del 20/1/2016

“I nuovi mostri”

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La Parentesi di Elisabetta del 20/1/2016

“I nuovi mostri”

metropolis 2 Una volta c’era la “macchietta” del pensionato che, mentre aspettava l’autobus o era in fila alla posta, non faceva altro che borbottare contro “le donne, il tempo ed il governo” come diceva De Andrè. E, magari, suscitava anche simpatia perché ricordava il vecchietto masticatabacco dei film western.

Oggi è cambiato ed è stato sostituito da nuovi figuri tutt’altro che simpatici: quello che aggredisce i disperati/e, spesso Rom, che rovistano nelle immondizie, quello che chiama subito i vigili urbani quando qualcuno scrive sui muri o attacca un manifesto, quello che insulta chi chiede l’elemosina o lava i vetri delle macchine ai semafori, quello che ha il cellulare sempre pronto per chiamare i carabinieri e fare la spia quando qualcuno schiamazza o alza la voce. Per non parlare di quelli/e che guardano con sospetto chi veste in modo dimesso e vorrebbero cacciare dai mezzi pubblici chi, secondo loro, puzza. Poi ci sono quelli/e che segnalano subito chi non paga il biglietto e chi, magari, occupa una casa. Come se fosse un piacere lavare i vetri agli angoli delle strade, rovistare nelle immondizie o non avere un tetto sulla testa.

E’ una cultura della delazione, ma quelli che l’hanno fatta propria sono gli stessi, ed è inutile che si nascondano dietro un ditino, che avrebbero segnalato chi era in sospetto d’essere ebreo o partigiano o semplicemente aveva avuto la leggerezza di esprimere critiche al regime.

Anche ora, nel silenzio più totale vengono rastrellati i migranti e le migranti, vengono rinchiusi nei Cie e rispediti nell’inferno da cui sono scappati. Gli zelanti uomini in divisa applicano la legge, la maggioranza tace e fa finta di non sapere e, comunque, pensa che se c’è una legge vuol dire che è giusto così. Per loro la legge è un totem. Senza rendersi conto che per una volta che sono martello, altre mille saranno incudine perché la marea montante dello sdegno cittadino verrà incanalata a seconda delle necessità su una o su un’altra categoria sociale: ora gli immigrati che portano via il lavoro o i dipendenti pubblici assenteisti e rubastipendio, poi i professionisti tutti evasori fiscali e poi i commercianti tutti ladri   e la volta ancora dopo toccherà agli abitanti delle periferie tutti delinquenti.

In pratica sono nati nuovi mostri, frutto di un’ingegneria politica che ha saldato una cultura intimamente fascista, profondamente razzista e classista con il politicamente corretto e che ha sdoganato la parte peggiore dell’essere umano fornendo l’alibi politico attraverso parole come decoro urbano, tutela dell’ambiente, legalità, sicurezza.

Gruppi di volontari puliscono i muri della città o i parchi o i giardini.

Comitati di quartiere si riuniscono contro gli schiamazzi della vita notturna, i cani che sporcano, le macchine in doppia fila, ma restano indifferenti davanti ai militari con il mitra ad ogni angolo della metropolitana e in ogni piazza della città.

Persone che non riescono a pagare la bolletta della luce o del gas, invece di prendersela con chi le ha ridotte così, protestano per il nero che vende occhiali senza permesso e, soprattutto, o dea ! senza scontrino, all’angolo delle strade.

Gente che si fa rapinare quotidianamente dallo Stato, inorridisce per il parcheggiatore abusivo e va a chiamare il vigile, ma non si scandalizza per i parcheggi a pagamento, le ZTL che impediscono di entrare in centro, i divieti di accesso nella città degli dei e non percepisce affatto che tutto quello che viene definito dal denaro è un provvedimento classista.

Si è completamente persa la cognizione di che cosa sia lo Stato, momento organizzativo di chi detiene il potere, e le oppresse e gli oppressi sono stati condotti a lavorare attivamente per chi attivamente li reprime, li controlla e li sfrutta.

E’ fondamentale trovare il modo di uscire da questa cultura politicamente corretta e fascista, nel senso più preciso e politico del termine, da questa gabbia comportamentale che ha inculcato nella mente delle persone i concetti di legalità e sicurezza, veri e propri strumenti di asservimento volontario.

In questo passaggio epocale in cui la borghesia transnazionale si pone come nuova aristocrazia la legalità assume i connotati di un nuovo “ipse dixit”.

 

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Palinsesto el 20/1/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica

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PALINSESTO di mercoledì  20 gennaio 2016

ore 20.00 Apertura dedicata a Mary Crow Dog/Donna Lakota Dice un proverbio cheyenne :una nazione non è conquistata finché i cuori delle sue donne resistono”.

ore 20.10 PARTE PRIMA “Attualità femminista 

utero

ore 20.30 La Parentesi di Elisabetta ” I nuovi mostri”

ore 20.35 PARTE SECONDA
Ricominciamo da tre “Femminismo materialista

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Agenda

AGENDA

giovedì 21 gennaio ore 15.oo / No all’estradizione del compagno Omar Nayef Zayed Presidio all’Ambasciata di Bulgaria
L’Unione Democratica Arabo Palestinese vi invita a partecipare al presidio che si terrà giovedì 21 gennaio 2016, alle ore 15:00, dinnanzi all’Ambasciata di Bulgaria a Roma, contro l’estradizione del compagno Omar Nayef Zayed.
Le autorità bulgare, dietro richiesta avanzata da parte del governo sionista, hanno approvato l’estradizione di Omar Nayef Zayed, 52 anni, ex-prigioniero palestinese, condannato all’ergastolo da una corte illegale sionista dopo essere stato arrestato nel 1986.
Il compagno Omar, dopo aver portato avanti uno sciopero della fame durato più di 40 giorni, venne trasferito in un ospedale militare da dove riuscì a fuggire per raggiungere la Bulgaria.
Il 15 dicembre del 2015, l’Ambasciata sionista a Sofia ha fatto pervenire alle autorità bulgare una richiesta di estradizione per il compagno Omar. Il 17 gennaio, due giorni più tardi, le autorità bulgare hanno fatto irruzione a casa di Omar Nayef Zayed senza trovarlo. Omar si è immediatamente recato presso l’Ufficio della Rappresentanza Diplomatica Palestinese di Sofia, chiedendo asilo; si trova tutt’ora chiuso all’interno dell’Ufficio, ricevendo pressioni sia da parte delle autorità bulgare che da quelle dell’Autorità Nazionale Palestinese affinché si consegni. Da notare come l’Ufficio di Rappresentanza Palestinese di Sofia abbia impedito ad un avvocato della Rete Samidoun e ad una delegazione popolare palestinese di far visita al compagno.
Il tribunale sionista che condannò il compagno Omar nel 1986 è illegale; l’estradizione del compagno Zayed rappresenterebbe un critico precedente storico che consentirebbe alle autorità sioniste di prendere di mira tutti i militanti palestinesi rifugiati all’estero.
Ci appelliamo affinché giovedì si riesca a far arrivare un chiaro e forte messaggio alle autorità bulgare, mostrando che la consegna del compagno Omar alle autorità sioniste non passerà nell’indifferenza.
L’appuntamento è per giovedì 21 gennaio 2016, ore 15:00, all’incrocio tra Via dei Monti Parioli e Via P. P. Rubens, nei pressi dell’Ambasciata di Bulgaria.
18/⁠01/⁠2016
Unione Democratica Arabo Palestinese

 

-giovedì 21 gennaio ore 18.00/ “Potere Popolare: l’alternativa possibile”

potere popolare

Fabbriche recuperate, democrazia partecipata, comuni autogestite e “soviet bolivariani”. Dal Venezuela all’Argentina, il territorio è un vulcano di conflitti e proposte, in una tensione creativa tra potere costituente e potere costituito. Al centro di questi processi sociali – tra immaginario antimperialista e ricerca di una democrazia reale – c’è la costruzione del potere popolare.

Per dirla con le parole dello scrittore argentino Marcelo Colussi, “il potere popolare è di più, infinitamente di più dell’attenzione rivolta ai problemi puntuali di una determinata comunità, come l’illuminazione pubblica o l’asfalto in un quartiere… Il potere popolare è democrazia reale, diretta, effettiva, partecipativa del popolo sovrano, non solo per occuparsi di problemi pratici ma anche per definire e controllare la messa in atto di macro-politiche a livello nazionale e, perfino, internazionale.”

Un problema, beninteso, non solo di gestione: finché permane il potere “su” qualcuno e non per “poter fare”, infatti, nessuno potrà sentirsi assolto nel suo orticello comunale. Se brucia un’operaia in Bangladesh o se ne muore di fatica un’altra nelle maquillas del Messico, siamo tutti e tutte complici, perché è la relazione capitale-lavoro che prende piede nel nord del mondo a determinare il misero compenso destinato a quelle nostre sorelle: perché è nelle cosiddette società complesse che si decide – con la “guerra umanitaria” o con un’alzata di sopracciglio – il destino concreto o simbolico del sud del mondo.

E dunque cosa lega l’autogestione di una fabbrica argentina, o l’autogoverno di un barrio in Venezuela, con la costruzione internazionale di un’alternativa al capitalismo per il secolo XXI? E che senso ha parlare del laboratorio latinoamericano in Italia?

Ne discutiamo con Geraldina Colotti, giornalista del Manifesto, di ritorno dal Venezuela,
e l’antropologo Andrés Ruggeri, direttore del programma Facultad Abierta all’università di Buenos Aires.

Introduce la rete nazionale Noi Saremo Tutto.

Sono invitate a partecipare le realtà politiche e i movimenti sociali della sinistra anticapitalista.

Giovedì 21 gennaio alle ore 18:00
Nuovo Cinema Palazzo (San Lorenzo)
Piazza dei Sanniti 9 a, 00185 Roma

 

-sabato 23 gennaio ore 15.00/ Presidio al Cie di Ponte Galeria

sabato 23 a ponte galeria

Sabato 23 gennaio/in una location storica della Valle, vi invitiamo ad una serata di musica dagli anni ’80 fino ad oggi…
Con i migliori (peggiori) dj dello scenario della musica trash Valsusina che ci faranno scatenare fino all’alba

23 gennaio notav

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Milagro Sala

I movimenti sociali argentini protestano contro l’arresto e la criminalizzazione del dissenso pacifico. Proteste dal mondo politico dell’America Latina

Notizia presa dal sito www.Lantidiplomatico.it visita www.Lantidiplomatico.it
Milagro Sala, leader dell’organizzazione indigena Tupac Amaru, è stata arrestata sabato nella sua abitazione in Argentina. La Tupac Amaru, nata dopo la grande crisi del 2001 con l’obiettivo di dare una risposta ai temi della casa, del lavoro, della salute, dell’educazione, ha costruito, con la collaborazione dei governi di Nestor e Cristina Kirchner, quartieri interi per dare una dimora a chi non l’aveva, ha costruito ospedali, scuole, università. Ha creato centinaia di cooperative.
milagro
Gli attivisti in Argentina protestano contro l’arresto da allora e contro la criminalizzazione del dissenso pacifico. I Movimenti sociali argentini, in particolare, chiedono la mobilitazione di massa per la liberazione del leader della comunità indigena, Milagro Sala, in detenzione dopo aver protestato contro il nuovo governo di Mauricio Macri.
Con l’hashtag #LiberenAMilagroSala, o Free Milagro Sala, varie organizzazioni sociali si sono dati appuntamento a Plaza de Mayo, Buenos Aires, contro l’ordine di cattura emesso da un giudice provinciale su decisione del governatore di Jujuy, Gerardo Morales, membro del partito del presidente Mauricio Macri. Sala viene accusata di “incitamento a commettere crimini e turbamento dell’ordine.”
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Una ragazza venezuelana

L’ intervento di una ragazza in risposta alla decisione di Henry Ramos Allup, il nuovo presidente del parlamento venezuelano, di rimuovere i ritratti di Simón Bolívar e Hugo Chávez dall’Assemblea Nazionale.

https://www.facebook.com/nelson.vielma.5/videos/10208692371967196/

La giovane ha ricordato l’importanza per il popolo venezuelano di due figure come Simón Bolívar e Hugo Chávez e come chi abbia dato l’ordine di rimuovere le immagini dei due grandi leader venezuelani sia lo stesso politico che durante la nefasta IV Repubblica ha firmato un decreto che sospendeva le garanzie costituzionali.

Inoltre la ragazza ha ricordato come ogni cittadino venezuelano abbia un’arma da utilizzare per difendersi: la Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela.

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God is an american

God is an american

Pubblicato il 17 gennaio 2016 · in Schegge taglienti ·

di Alessandra Daniele

Uncle_SamDevo ammetterlo, anch’io ho paura d’una particolare categoria di extracomunitari. Gli americani.
Questo è anno di elezioni presidenziali negli Usa. Fra i candidati repubblicani, il preferito dagli elettori è Donald Trump, una specie di orrido incrocio fra Briatore e Hitler che sembra un esperimento genetico dell’Hydra, e probabilmente lo è.
Trump è talmente grottesco che alcuni ipotizzano che la sua candidatura sia stata in realtà ideata dai sostenitori di Hillary Clinton per terrorizzare gli elettori, e spingerli a votarla per disperazione.
Il fatto che per la vittoria della Clinton si possa ritenere necessario uno spauracchio così raccapricciante dice tutto su quanto sia stimata.
Gli altri candidati repubblicani emersi finora sono una tetra fila di fotocopie sbiadite dello stesso cliché reazionario, fra le quali Jeb Bush non riesce a distinguersi.
Pare che dopotutto il fratello più furbo fosse George W.
E anche questo dice tutto.
Il bersaniano Bernie Sanders, benché attualmente più popolare della Clinton (come praticamente chiunque, escluso forse il virus Ebola) sembra avere ben poche chance di arrivare davvero alla presidenza. Le sue promesse sarebbero comunque destinate alla stessa fine di quelle di Obama, il premio Nobel per la pace che ha appena ordinato l’ennesimo invio di truppe in Iraq.
Sia che la corsa finale si riduca ancora una volta alla scontro fra le due casate imperiali Bush e Clinton, sia che si trasformi nell’ascesa del clan di Don Aldtrump, ancora una volta, che ne siamo consapevoli o meno, il vincitore avrà diritto di vita e di morte su tutti noi, come un dio meccanico signore degli eserciti, dei droni, e delle security cam.
I media italiani però sembrano perlopiù disinteressati alla competizione, preferendo concentrarsi sulla mansarda abusiva grillina di Quarto, che i renziani festeggiano al grido totòista di “mal costume, mezzo gaudio”, o sulle paranoie degli omofobi per l‘utero in affitto, magari mansardato.
E quando si occupano dello scenario bellico, è per utilizzare le vittime del nemico come chiamata alle armi.
Intanto gli USA continuano a combattere questa Guerra Mondiale senza numero, e tutte le altre che come una Matrioska contiene, da quella politico-economica contro la pan-Germania della Merkel, a quella contro l’imperialismo concorrente della Russia di Putin, al laocoontico mexican-standoff fra le varie fazioni del mondo arabo, alla lotta per il controllo e lo sfruttamento delle risorse naturali e umane che sottende a tutto lo scenario come un attrito di faglia ai terremoti, e che spacca trasversalmente anche il fronte interno.
I’m afraid of americans.
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Rosa

ROSA

“Il mondo si comincia a cambiare chiamando le cose con il loro nome”

Rosa Luxemburg ad una manifestazione politica

di Elisabetta Teghil

Rosa Luxemburg studiando la società capitalista mette in luce che, condizione indispensabile per la sua sopravvivenza ed espansione, è l’annullamento delle economie altre. Questo è anche il senso delle così dette guerre umanitarie che non sono solo guerre coloniali, ma anche distruzione delle economie precapitalistiche, e che sono accompagnate contemporaneamente anche della guerra a tutto campo, feroce, che viene fatta nei confronti delle economie marginali che di fatto sono di autosussistenza, nei paesi capitalisti.

Inoltre, sottolinea l’importanza che assume l’apparato militare industriale come volano dell’economia. In definitiva, il capitalismo che è autoespansivo consiste nella dissoluzione di tutto quello che è altro sia all’interno che all’esterno dei confini politici dei rispettivi Stati. Tutti quei casi che Luxemburg definì “il mercato esterno del capitalismo”.

Tutto questo ne dimostra l’attualità perché ne facciamo i conti tutti i giorni anche nel quotidiano.

Da qui l’operazione di snaturarne e stravolgerne il ruolo e il pensiero a partire da una presunta contrapposizione a Lenin da posizioni più caute e misurate. Quella che è la normale dialettica fra marxisti viene innalzata a differenti posizioni di campo dimenticando volutamente che Luxemburg criticò Lenin per la collettivizzazione delle terre auspicandone la nazionalizzazione ed altresì che al Congresso costitutivo del Partito Comunista di Germania che si tenne a Berlino dal 30 dicembre 1918 al 1 gennaio 1919, Rosa Luxemburg aveva appoggiato gli interventi di alcuni delegati favorevoli alla soppressione dei sindacati mentre Lenin nella relazione al comitato centrale del 18 marzo del 1919 ribadisce l’utilità degli stessi. Evidentemente dimenticano che lei si rifaceva alla lettura precisa dei testi di Marx e che Lenin doveva fare i conti con un paese da governare. Gli stessi tentano di mettere Luxemburg contro Lenin sui temi della libertà omettendo che si trattava di un fecondo scambio che mirava sempre allo stesso obiettivo: come far vivere la rivoluzione. Entrambi erano animati dagli stessi ideali e l‘accento che ponevano su questo o quell’altro aspetto erano dettati dal ruolo contingente che avevano. E’ come dire che Bucharin, Kamenev, Zinoviev, non erano comunisti e rivoluzionari, ma anzi antileninisti, perché avevano votato nel comitato centrale del POSDR contro la rivoluzione d’ottobre. Continua a leggere

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Sabato 16 gennaio 2015 a Roma

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La Coordinamenta femminista e lesbica ha deciso di  non aderire alla manifestazione contro la guerra indetta oggi, 16 gennaio 2016, a Roma perché, purtroppo, c’erano in piazza troppe soggettività complici e responsabili, come forze di governo o di opposizione, di questi 25 anni di guerra. Tuttavia, riteniamo estremamente importante mobilitarsi contro la guerra che l’Occidente, guidato dagli Usa e con lo strumento della Nato, sta esportando  in tutto il mondo e continuiamo ad attivarci senza appigliarci a presunte e funamboliche neutralità, senza dimenticare la paternità delle aggressioni armate ed economiche, senza aver paura di nominare la guerra del capitale e l’ordine patriarcale.

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Podcast della Trasmissione del 13/1/2016

” Nomi delle Cose” /Puntata del 13/1/2016

“Riflessioni femministe su Colonia”

Rosa Luxemburg/Riflessioni femministe su Colonia/ Mala tempora currunt/Ricominciamo da tre “Perché il femminismo deve essere contro la  guerra del capitale e contro la Nato”

contro la guerra

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