Agility Girl

Agility Girl

https://animaliena.wordpress.com/2016/01/25/agility-girl/

Power is being told you are not loved
and not being destroyed by it.

agility girl

Cosa è successo alla ragazza che un tempo ero? Alla scimmietta selvaggia che si arrampicava sugli alberi e vinceva alle gare dello schizzo più lungo, inarcando la schiena per ovviare all’anatomia svantaggiosa? Il patriarcato ha chiesto il suo tributo. A volte violenza non è un bastone sulla schiena, ma una frase sussurrata, ancora e ancora, che ripete incessantemente “comportati come una femmina”. Hai imparato presto a travestirti come richiesto, portavi i capelli lunghi, trucchi e gonne, hai fatto tua la sublime arte della depilazione, ripetendo ad ogni strappo “la bellezza passa attraverso il dolore”. Ma quello sarebbe stato soltanto l’inizio. Per ogni impresa, per ogni aspirazione, c’era sempre un modo giusto per poterla realizzare. Ed era uno solo, quello della subordinazione. Essere intelligente, sì, ma con modestia, testarda non va bene, avventurosa nemmeno – c’è un mondo di pericoli pronti a farti a pezzettini, meglio uno studio un po’ ottuso che lasci spazio a ciò che conta veramente. Il primo comandamento è mettere gli altri prima di te stessa, il secondo dice la batteria non è uno strumento da donna, “perché non una chitarra classica?” ripetevano sconsolati. La chitarra l’hai provata, una noia mortale. Non volevi un ripiego, e hai rinunciato al sogno originale.
Hai imparato la docilità dell’animale addomesticato. È facile da ottenere, è una ricetta infallibile. Passa attraverso le privazioni, l’amore che ottieni solo a costo di esercizi di abilità, agility girl, e ogni volta che compi l’esercizio correttamente, ogni volta che fai le acrobazie e riesci a dimostrare la tua obbedienza, ti lanciano un biscottino d’approvazione, un biscottino a forma di cuore per un animaletto educato.
Quando però cerchi di essere chi sei veramente, quando soltanto ci provi, le onde della riprovazione si alzano come tsunami inarrestabili e vieni scaraventata in un pozzo profondo, la scaletta viene ritirata: ti lasciano sola a meditare sul tuo peccato originale. Così perdi te stessa, pezzettino dopo pezzettino, e ogni volta che ritorni in superficie sei più pallida, più trasparente, e il vestito che ti cuciono addosso aderisce così perfettamente al fantasma che sei ora, che alla fine non ti riconosci più, e i confini tra ciò che sei e ciò che devi essere si confondono.
Eppure non basta mai – oramai lo sai – ma hai così poche forze residue che lasci che ti vestano come una bambola, che ti indichino la strada da percorrere, sempre sulle punte per non disturbare – e vederti volteggiare è uno spettacolo di grazia, i tuoi piedi insanguinati li vedi solo tu. Li lasci frugare in te, demolire speranze e progetti, come una piuma nel vento leggera, ma col cuore pesante come piombo.
Il femminismo ti ha salvata? Duro a dirsi, chissà. Di sicuro ti ha fatto l’elettroshock, ti ha spalancato gli occhi come un’iniezione di adrenalina nel cuore. Hai scoperto di essere in guerra, hai guardato i nemici in faccia, e con orrore, li hai riconosciuti: erano proprio coloro che bisbigliavano di “farlo per il tuo bene”, chi diceva di amarti, ma sempre sotto condizione.
Ora passi il tempo a ripetere alle tue sorelle che non è colpa loro, non è colpa loro. Che questo non è un mondo per donne, e ogni piccolo passo in avanti è costato sudore e sangue – il mondo è pieno di ribelli coraggiose che hanno pagato con la vita, o con la propria lucidità mentale, il loro non volersi far domare. Ti sei tagliata i capelli, hai smesso di conformarti al loro ideale. Hai alzato la testa, hai cominciato a dire la tua e non ti sei più fermata. Forse, come ti hanno detto, hai scopato di meno, ma di sicuro hai goduto di più.
Hai alzato la voce, hai iniziato a gridare, la rabbia ti ha pervaso in ogni cellula. Quegli altri, intorno, non hanno smesso di blaterare. Li senti anche oggi, hanno mille volti e nomi… a volte credono di esserti alleati. A volte lo pensi anche tu. Pure loro a volte, “senza cattiveria”, ti dicono che in fondo forse la colpa è anche un po’ tua. Non sei abbastanza forte, non sei rediviva, se solo lo avessi voluto davvero nulla avrebbe potuto ostacolarti. Credono alle frottole che altri hanno inventato, quelle stesse che poi dicono di voler scardinare… scardina il tuo paternalismo, dolcezza, perché altrimenti anche tu sei schiavo del patriarcato.
È una colpa nascere con un pene? Certo che no. Ma un pene in un mondo che idolatra escrescenze è una grossa responsabilità, e questo non si può ignorare. “No! Io non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo; io sono un cortigiano, sono uno utile forse a ingrossare un corteo, a dar l’avvio a una scena o due, ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo, deferente, felice di mostrarsi utile, prudente, cauto, meticoloso; pieno di nobili sentenze, ma un po’ ottuso; talvolta, in verità, quasi ridicolo – e quasi, a volte, il buffone.”
Anche un buffone è un privilegiato mentre Ofelia giace annegata nella corrente.

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