La Parentesi di Elisabetta del 3/2/2016

“Stato sociale”

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Lo stato sociale si è presentato, a partire dagli anni ’30 e, poi, soprattutto dalla seconda metà del XX secolo, come tentativo da parte del capitale di contenere la lotta di classe e magari di regolamentarla dentro le sue esigenze di sviluppo  cioè della valorizzazione capitalistica della forza lavoro. Le politiche dello stato sociale hanno rappresentato la risposta alla paura determinata dalla rottura dell’ordine capitalistico provocata dalla rivoluzione d’ottobre. L’affermazione, l’espansione dello stato sociale è stata, da subito e da sempre, condizionata dallo spessore e dalla qualità della lotta di classe dell’offensiva operaia durante i vari cicli che hanno percorso il XX secolo.

Ha contato anche la necessità da parte del capitale di creare una recettività all’altissima offerta di prodotti industriali, ma lo stato sociale ha rappresentato soprattutto il tentativo di devitalizzare le ondate di lotta della classe operaia.

La formula capitalista della stagione d’oro dello stato sociale, cioè dopo la fine della seconda guerra mondiale, è la dimostrazione dello spessore a cui erano arrivate le lotte operaie. In quella stagione il capitale ha stretto alleanze con i sindacati e con la socialdemocrazia al fine di legittimare “democraticamente” il proprio potere coniugando questa legittimazione con gli interessi volti a sollecitare una domanda interna per garantire i processi di valorizzazione del plusvalore.

Questa impostazione, continuamente investita da successive ondate di lotte operaie, è stata interrotta, in maniera drastica e per scelta di parte, dal grande capitale a guida statunitense quando ha optato per il neoliberismo. E’ stato un passaggio nodale. La rottura, la scelta neoliberista ha comportato una trasformazione dei soggetti in campo. Il neoliberismo mette tutta la società al lavoro e mette tutto il mondo sociale sotto il proprio comando. Continua a leggere

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Un silenzio assordante…

“L’UMANITA’ STA MORENDO IN UN SEMINTERRATO DI CIZRE”

https://dakobaneanoi.noblogs.org/post/2016/02/02/un-silenzio-assordante/#more-1402

Schermata 2016-02-02 a 17.35.40L’umanità sta morendo in un seminterrato di Cizre. Per aver esposto questo striscione, il 28 gennaio scorso due giovani donne sono state arrestate ad Ankara.

Una donna morta nel seminterrato nei giorni scorsi

Una donna morta nel seminterrato nei giorni scorsi

Oggi è il terzo giorno senza notizie da quel seminterrato dove, 11 giorni fa, una trentina di persone, tra le quali alcune ferite, avevano cercato riparo dagli attacchi governativi sulla popolazione civile. Di certo si sa che sette di loro sono morte e altre quindici erano, l’altro ieri, ormai in condizioni critiche dovute alla mancanza di cure mediche, di acqua e di cibo, come testimoniavano anche le terribili immagini inviate da quella trappola mortale.CaDARyXXEAA9uM8Il 31 gennaio, le madri che cercavano di raggiungere l’edificio, sventolando le bandiere bianche, sono state fermate e trattenute in questura per alcune ore. Una volta rilasciate, hanno raccontato di essere riuscite ad avvicinarsi all’edificio, ormai ridotto ad un cumulo di macerie che lo rende irriconoscibile e che impedisce ogni via d’uscita, e di aver provato a chiamare i loro figli e figlie, senza ricevere risposte. Secondo una dichiarazione rilasciata dalle Unità di autodifesa civile (YPS), le forze dello stato hanno occupato l’edificio il 30 gennaio, compiendo probabilmente un’esecuzione di massa.

Ininterrotte veglie di resistenza si stanno tenendo in diverse località. Gülsüm Elvan, madre di un quindicenne, Berkin, morto dopo nove mesi di agonia per le ferite causate dalla polizia due anni fa, durante le proteste di Gezi Park ha dichiarato, mentre partecipava con altre madri ad una veglia di resistenza a Gırêmîra, “Anch’io stavo morendo mentre Berkin moriva lentamente sotto terapia intensiva. Per questo sono molto vicina al dolore che provano oggi le famiglie di quelli intrappolati nel seminterrato a Cizre. Anche le loro famiglie li guardano morire, proprio come è accaduto a me. Vorrei poter guarire uno di loro curandogli le ferite”

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Sardegna /Calendario delle esercitazioni militari

Calendario delle esercitazioni militari in Sardegna I° semestre 2016

https://nobordersard.wordpress.com/2016/01/15/calendario-delle-esercitazioni-militari-in-sardegna-i-semestre-2016/

Anno nuovo abitudini vecchie, dal 7 gennaio i militari hanno ripreso a sparare nei vari poligoni della sardegna. In allegato troverete un’elaborazione sintetica delle 53 pagine di documento sulle esercitazioni in sardegna di questo primo semestre del 2016.

Differentemente dagli scorsi anni non sono più nominate le brigate che si esercitano ma solo la tipologia a cui appartengono (quindi se meccanizzata, corazzata ecc), è quindi un pò più difficile capire chi e quando spara.

Come si può notare anche con uno sguardo veloce, la guerra in sardegna non ha un attimo di tregua, infatti eccezion fatta (e non è comunque detto) per le festività non c’è un giorno di pausa da gennaio a giugno.

La brigata Sassari come al solito è la più presente, specialmente a S’Ena Ruggia e a Teulada, ma probabilmente non mancheranno anche la Garibaldi, l’Aosta e l’Ariete. Teniamoci aggiornati e condividiamo le informazioni di cui ognuno entra in possesso riguardanti la presenza, le esercitazioni e gli spostamenti dei militari in sardegna e non solo.

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6 febbraio-giornata di lotta transnazionale

Roma 6 febbraio – Aggiornamenti sui C.I.E. e apertivo @ BAM

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Appello alla mobilitazione: 6 febbraio giornata di lotta transnazionale

transact6f_2Grand-724x1024fonte: NoBorders Morocco

Il 6 febbraio si sta avvicinando! Il secondo anniversario del massacro a Ceuta, dove la Guardia Civil ha sparato ad almeno 15 migranti subsahariani sulla spiaggia di Tarajal. Lo scorso anno abbiamo organizzato una cerimonia commemorativa a Tangier, quest’anno la mobilitazione si sta rafforzando: molti gruppi marocchini, subsahariani e transnazionali si sono uniti per pretendere giustizia! Mobilitazioni di massa avranno luogo in Marocco ed Europa, il 6 febbraio ci saranno sit-in, cortei ed iniziative informative a Rabat, Ceuta, Barcellona, Berlino e Strasburgo.

Potete leggere sul blog http://6feb-ceuta.org/ riguardo le iniziative e le rivendicazioni della giornata di mobilitazione transnazionale.
“Siamo attivisti di collettivi, associazioni e movimenti sociali. Lottiamo per la libertà di movimento per tutti/e! Veniamo dal Cameroon, Siria, Mali, Eritrea, Senegal, Spagna, Germania, Tunisia, Marocco, Francia e molti altri paesi. Non accettiamo altre morti nel Mediterraneo. Sappiamo che è possibile “vivere insieme” in un sistema politico di uguaglianza e rispetto dei diritti umani, perché per anni abbiamo costruito reti di solidarietà. Ciò che è accaduto il 6 febbraio 2014, quando la Guardia Civil spagnola ha ucciso almeno 15 persone che entravano a nuoto a Ceuta, non è solo una questione spagnola o marocchina, riguarda tutto il mondo. Perciò ci siamo uniti in una lotta comune transnazionale per la demilitarizzazione delle frontiere, per la libertà di movimento e per la giustizia globale.”

UNISCITI ALLA LOTTA E ALLE AZIONI DEL 6 FEBBRAIO PER DIGNITA’, GIUSTIZIA E LIBERTA’ DI MOVIMENTO!
STOP ALLA GUERRA CONTRO I/LE MIGRANTI!
NON C’E’ MONDO SENZA MIGRAZIONI!
NO ALLE FRONTIERE!

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Palinsesto del 3/2/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.90 di radio onda rossa

piccolissima Siamo tutte prigioniere politiche!
S.O.S. SOSTIENI ROR!!! LA RADIO PER CONTINUARE A TRASMETTERE HA BISOGNO
DI UN AIUTO CONCRETO e IMMEDIATO! 
http://www.ondarossa.info/node/2

PALINSESTO di mercoledì  3 febbraio 2016

 

ore 20.00 Apertura “Il femminismo è nato dalla prassi consapevole di soggetti che intendevano liberarsi e la liberazione di noi tutte è il programma del passato, del presente e del futuro….. Compagna e femminista ancora ieri provocavano vibrazioni che penetravano fin dentro gli abissi del disagio e della solitudine che, pure, c’erano anche allora. Una generazione per anni si è riconosciuta chiamandosi femminista e la parola sugellava un patto di appartenenza e di solidarietà difficilmente verbalizzabile proprio per la ricchezza della sua estensibilità.” ATTI/Memoria collettiva Memoria femminista 2012

ore 20.10 PARTE PRIMA Dal giorno della memoria ai Cie, dall’antifascismo alle desaparecide.

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ore 20.30 La Parentesi di Elisabetta ” Stato sociale”

 

ore 20.35 PARTE SECONDA Incontro con Silvia Nati e Roberta FornierLOCANDINA_QueiFiliniBlu_NoLogo

Argentina. 1976-1983. 30.000 desaparecidos. Questo spettacolo racconta la Storia vera di una di loro. Identità imposta, identità personale, identità acquisita. Identità di un popolo.

Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.org

per riascoltarci e per leggere i documenti http://coordinamenta.noblogs.org

per ascoltarci in streaming www.ondarossa.info cliccando “ascolta la diretta”

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Significato della memoria e memoria del significato

Significato della memoria e memoria del significato

di Maria Silvia Marini

Proprio la scorsa settimana, il 27 gennaio, ricorreva la Giornata della Memoria, in onore delle vittime della Shoah.

Val la pena interrogarsi sul senso che sottendono le commemorazioni, sempre meno espressione spontanea di un sentire comune condiviso e partecipato, e sempre più contraltare della Memoria autenticamente intesa.

La natura di certe rappresentazioni istituzionali, è finita per sfociare nella loro più completa spettacolarizzazione, privandole di quegli elementi essenziali che fanno di un episodio storico un motivo di riflessione che permanga nel tempo e che possa davvero avere un riverbero sul futuro: senza quest’ultimo il ricordo si staglia nel tempo isolato, chiuso in sé, recidendo così i legami con la realtà attuale.

Anche e soprattutto in merito alle commemorazioni dell’olocausto, si assiste a questo fenomeno di progressiva perdita del senso della memoria.

Cosa dovrebbe davvero rimanere di questo fenomeno di musealizzazione e, in definitiva, di mercificazione del Ricordo?

Quando la commemorazione diviene souvenir, feticcio istituzionalizzato, soprattutto nel contesto di una memoria condivisa sempre più labile e scollegata dalla necessaria riflessione che le dia il significato autentico che le spetta, del ricordo rimane la facciata, il fiore di carta, la frase perbenista di convenienza, senza alcuna indagine su ciò che di più scomodo, ma altrettanto vitale per scardinare l’ipocrisia che permea la nostra società, risiede nella Storia dell’essere umano.

Diventa dunque industria, quella della Memoria, che impone la cadenza, il ritmo della reminiscenza, come in una liturgia delle ore, un rito svuotato fattosi mera espressione fonetica senza intenzione.

Anche la condanna tout court dell’oblio, della dimenticanza, ma solo in riferimento al singolo episodio, al fatto isolato e specificatamente nominato, denuncia la distanza che man mano si allarga tra noi, intesi come collettività, e la sintesi a cui dovrebbe davvero condurre la Memoria.

Questa è occasionata, pietrificata nel rito sterile del silenzio cronometrato, svilita della sua essenza, che appunto è fatta di sintesi, di connessione, di partecipazione.

La memoria non è una lampadina da accendere nello scantinato buio della dimenticanza generalizzata, per mostrare lo scempio accatastato lasciato a prendere polvere, a marcire nell’indifferenza di una distratta e superficiale quotidianità.

Il ricordo, poi, così narrativizzato, spettacolarizzato, oltre a perdere la relazione con la dimensione reale, non avulsa dalla condizione “materiale” del nostro essere al mondo, per altro verso assolve alla funzione di rassicurare chi partecipa alla sua ritualizzazione, perché lo esime dal mettere a tema esattamente ciò che viene scientemente taciuto della memoria, che così di dissolve, si svuota completamente del proprio significato, facendosi semplice archivio a compartimenti stagni, senza il ponte necessario che la connetta al presente e dunque al futuro, diventando cioè lettera morta, come il ricordo che si commemora. Senza quella partecipazione che vada a demolire il paradigma valoriale a cui quegli stessi ricordi, assurti a vessillo, fanno da fondamenta, da puntelli strutturali e imprescindibili. Allora la commemorazione veicola la negazione della memoria stessa, e si fa suo contraltare, suo pericoloso nemico, seppur ben vestito e ordinato.

La memoria è e deve essere piuttosto il giorno che si fa, quando dalla notte, attraverso la cruna dell’alba, nasce un nuovo Senso per la Storia.

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Quei filini blu / Spazio sociale Ex51

Giovedì 4 febbraio, ore 20:30
Spazio Sociale Ex 51

QUEI FILINI BLU
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Spettacolo teatrale

Desaparecidos: scomparsi.
Durante gli anni ’70 in Argentina, una delle dittature più violente del “secolo breve” decide di cancellare in maniera sistematica e perversa un’intera generazione.
30.000 desaparecidos. Tra di loro anche 500 neonati. La maggior parte nati nei centri clandestini di detenzione, ultimo tetto delle loro madri, e dati in adozione a famiglie di militari cancellandone completamente l’identità, le tracce dei loro legami precedenti. Questo perché non si corresse il rischio che diventassero come coloro che li avevano generati: persone libere, pronte a creare una società libera.
Ad oggi sono appena 119, 119 su 500, i bambini ritrovati grazie all’ostinato e infaticabile lavoro delle Abuelas de Plaza de Mayo. Sono uomini e donne che hanno vissuto vite diverse da quelle a cui erano destinate.
Questo spettacolo racconta la Storia vera di una di loro.
Un giorno, un giorno qualsiasi, le rivelano che non è la persona che ha sempre pensato di essere. Scopre, da adulta, che i suoi genitori non sono quelli che ha sempre chiamato “papà e mamma”, che il suo sangue ha il colore della rivolta e della desapareción, che nulla di ciò che sa di se stessa corrisponde alla verità….nemmeno il suo anno di nascita.
Cosa può fare un essere umano che si specchia senza più sapere chi è? Come accettare una nuova identità, un nuovo nome?
Un doloroso percorso di consapevolezza dove lo scontro, il dubbio, l’impotenza e la ribellione si accavallano. Ricomporre se stessi, essere come un puzzle cui mancano sempre delle tessere. Ricostruirsi nonostante i pezzi mancanti….
Identità imposta, identità personale, identità acquisita. Identità di un popolo.

INGRESSO LIBERO USCITA A CAPPELLO

QUEI FILINI BLU

Spazio Sociale Ex 51
Via Bacciarini 12 (Valle Aurelia)

 

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Las mujeres del carbòn

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Sabato 30 in Clarea!

Passeggiata notturna con lacrimogeni, appuntamenti di Sab 30/01

clarea2E’ partita alle 21,30 la passeggiata notturna che ha visto centinaia di No Tav riprendere i sentieri della Clarea e con fiera determinazione andare a contestare il fortino militarizzato.

Dopo le prime due ore di osservazione è iniziato il fronteggiamento, con i No Tav impegnati nel lancio di fuochi d’artificio e la polizia nel rispondere con numerosi lacrimogeni fino a rendere, ma solo per pochi minuti, l’aria irrespirabile.

Dopo aver resistito per circa mezzora le prime fila sono rientrate con tranquillità al campo base e mentre vi scriviamo, alle 2,30 di notte, un nuovo attacco ai jersey lungo il sentiero e alla polizia è in corso, con nuovamente un lancio di lacrimogeni verso i No Tav.

Da sottilineare come anche questa volta i tutori dell’ordine non si siano risparmiati arrivando a lanciare, da almeno 30 metri di altezza, pietre sulla testa dei manifestanti.

A nulla è valso l’attacchinaggio fatto stamane dalla questura torinese, al campo sportivo di Giaglione, dell’ordinanza prefettizia che fino a domani mattina alle 7, sabato 30 gennaio, vieta l’avvicinamento al cantiere.

Già nel tardo pomeriggio di oggi erano state montate le strutture per permettere ai No Tav una notte più confortevole e il campo base, così è stato rinominato, è immediatamente diventato luogo di raccolta di varie cibarie e di piacevoli chiacchiere.

I No Tav hanno deciso di rimanere tutta la notte e continuare domani a presidiare i sentieri,  invitano quindi tutti e tutte a partecipare agli appuntamenti:

Sabato 30/01

ore 12 in Clarea al “campo base” (che troverete camminando lungo il sentiero principale) pranzo con i Fornelli in Lotta

ore 19 in Clarea polentata con Mariano&co.

La Resistenza si fa un passo alla volta, tutti insieme.

Avanti No Tav, ci vediamo in Clarea!

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E’ ora di farla finita!!!!

E’ ORA DI FARLA FINITA! 

GRAVISSIMA AGGRESSIONE  DI CASA  POUND  OGGI A NAPOLI AL RIONE ALTO: STUDENTI DEL LICEO ELIO VITTORINI PRESI A  MARTELLATE!https://www.facebook.com/exopgjesopazzo/posts/765186633588002

TUTTA LA NOSTRA SOLIDARIETA’ /IL FEMMINISMO O E’ ANTIFASCISTA O NON E’!IMG_1426

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Podcast della trasmissione del 27/1/2016

” Nomi delle Cose” /Puntata del 27/1/2016

“La scuola azienda: da McDonald’s alle tette”

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“L’uso sterilizzato della memoria/Attualità femminista: La scuola azienda/collegamento con una compagna da Londra/DAVOS/Note di politica trans, ovvero l’importanza di avere delle priorità”

“La prima scelta che il capitale fa è di dare o di non dare comunicazione di un evento. E, in questo, ci agevola il compito perché ci dice dove quell’evento è collocato. Successivamente  avvelena l’informazione con la simulazione e la manipolazione. Ed ancora, con la selezione di tutti i testi e con la conseguente rimozione di quelli che entrano in contraddizione antagonistica con l’ideologia ufficiale.

E’ la trasformazione dei fatti accompagnata dalla selezione, per cui certi elementi vengono tradotti in testo ed altri, tramite la voluta dimenticanza, dichiarati inesistenti.”

memoria

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Venerdì 29 gennaio/passeggiata notturna al cantiere

Venerdì 29/01 passeggiata notturna al cantiere

PASSEGGIATA-MODIFIndossiamo nuovamente gli scarponi e gli abiti pesanti per una passeggiata notturna al cantiere che devasta ed inquina.

Il passare del tempo rafforza i nostri cuori e non ci fa arretrare in questa Resistenza che si fa sempre più necessaria.

Un altro piccolo passo da fare tutti insieme, partecipiamo numerosi!

Portare pile, scarponi e tutto il necessario.

Appuntamento alle 21 al campo sportivo di Giaglione.

Avanti No Tav!

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Podcast della Parentesi del 27/1/2016

La parentesi di Elisabetta del 27/1/2016

“Davos”

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La Parentesi di Elisabetta del 27/1/2016

“Davos”

davos Il neoliberismo, fase attuale dell’autoespansione del capitale sottopone la vita alla guerra e quest’ultima impone a tutti una conseguente violenza esercitata e/o subita.

Disoccupazione, povertà, conflitti etnici e religiosi costituiscono la trama dello sviluppo di questo modello. I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre di più e sempre più poveri.

Sono stati rimossi con scelta voluta i grandi dispositivi della sanità pubblica, del pensionamento universale, dell’assistenza generalizzata ai deboli della società.

In Europa, perché in Usa sono stati già realizzati da tempo, questi processi, promossi dalla socialdemocrazia, risultano particolarmente veloci e precipitosi.

Il comando capitalista in questa stagione dalla fabbrica si è esteso all’intera società. La modalità dello sfruttamento si espande, instaura tecniche di appropriazione capitalistica nuove e, per la stragrande maggioranza delle persone, insostenibili. La sussunzione della società nel capitale oggi allarga indefinitamente lo sfruttamento sull’intero terreno sociale.

Militari, magistratura, media, polizia, Ong, sono messi al servizio di una lotta scatenata per battere un nemico esterno ed uno interno, per riorganizzare una gerarchia dei rapporti internazionali e ridefinire i rapporti di classe all’interno dei singoli paesi. Questo significa distruggere popolazioni, respingerle indietro di secoli, gettare nella disperazione le popolazioni del terzo mondo e i cittadini/e dei paesi occidentali.

Oggi assistiamo alla teoria e alla pratica che la guerra è la prima giustificazione dell’ordine e della sicurezza. La repressione da essere una situazione congiunturale oggi è un dispositivo nei confronti di quelli che vengono espulsi dai benefici del contratto sociale.

Le guerre neocoloniali ammantate da guerre umanitarie sono un passaggio voluto per ridefinire i rapporti di forza internazionali.

Per questo ogni anno a Davos cittadina svizzera del Canton Grigioni, si riuniscono i grandi interessi occidentali per fissare le linee guida dei processi di sfruttamento sulla realtà planetaria. L’incontro è promosso dal Forum economico mondiale, WEF ed è conosciuto proprio come Forum di Davos, associazione, bontà sua, senza fini di lucro, con sede a Cologny, vicino a Ginevra. E’ finanziata dalle circa mille imprese associate, in genere multinazionali con fatturato superiore ai 5 miliardi di euro. Le imprese associate sono quasi sempre leader, nel proprio settore o Paese, e hanno un ruolo chiave nell’orientarne gli sviluppi futuri. La fondazione opera anche come Think Tank e pubblica numerosi documenti di approfondimento, sotto forma di report e analisi di scenario sui temi della crescita economica, della finanza, della sostenibilità ambientale, dello sviluppo sociale e della salute.  La struttura organizza alla fine di gennaio, un incontro tra esponenti di primo piano della politica e dell’economia internazionale con intellettuali e giornalisti selezionati, per discutere delle questioni mondiali che, per i loro interessi, vengono ritenute più importanti. L’incontro è a inviti e si tiene a porte chiuse. In occasione del meeting, i vertici delle imprese associate alla fondazione incontrano una ristretta platea di leader politici, di organizzazioni non governative, sempre utili, di esponenti della comunità scientifica, di leader religiosi e di giornalisti. Il programma dei 5 giorni dell’evento riguarda temi chiave del dibattito mondiale dettati dal punto di vista occidentale e in particolare statunitense.  L’evento, quindi, organizzato dalle grandi potenze finanziarie serve per confrontarsi con i poteri statali e, soprattutto, con il potere imperiale degli Stati Uniti. Davos rappresenta bene la struttura attuale del potere globale gerarchizzato: all’apice ci sono gli Usa e in un rapporto di compartecipazione, ma sempre subalterno, le potenze multinazionali e i governi dei paesi capitalistici avanzati.

Davos è la cartina di tornasole che ci dice qual è la composizione imperialista, come sono articolati i diversi livelli di controllo all’interno del sistema, di esercizio della guerra, e della repressione all’esterno e all’interno contro i popoli del terzo mondo e i cittadini dei paesi occidentali. Questo è il vero ordine del giorno in quella riunione.

Davos è una rappresentazione teatrale del neoliberismo. Il capitale diviene sempre più parassitario e per questo deve ricorrere alla guerra preventiva e si è dato strumenti adeguati trasformando gli eserciti in strutture di controllo per poter intervenire in tutti gli spazi del mondo. E’ stata costruita una rete di dispositivi polizieschi e militari che si integrano e si sostituiscono vicendevolmente. E’ un reticolato di presenze nel territorio il cui principale obiettivo è sconfiggere l’esigenza di libertà, coadiuvato da organizzazioni non governative, banche che fingono di essere benefattrici, media che fingono di raccontare la cronaca.

E’ un salto di qualità nell’organizzazione capillare della violenza legittima. Continua a leggere

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“Small Group”

“Small Group”: I soliti compagni di merende danno sempre nomi carini alle loro devastanti guerre di aggressione

Small Group: I soliti compagni di merende danno sempre nomi carini alle loro devastanti guerre di aggressione
Notizia presa dal sito www.Lantidiplomatico.it
di Marinella Correggia

La Farnesina informa la stampa della prossima riunione a Roma, il 2 febbraio, del cosiddetto Small Group of the Global Coalition to CounterDaesh. Ovvero:  Gruppo ristretto della Coalizione globale per contrastare Daesh.

La nota per i media elenca i 24 membri dello Small Group, che si suppone essere la crème de la crème, il nocciolo duro e puro della lotta a Daesh. Ebbene, in ordine alfabetico, quasi ironicamente il primo dell’elenco è…l’Arabia saudita.

Seguono poi (a parte l’Iraq come paese vittima, e altri paesi arabi; ma la Siria non c’è; e non c’è la Russia, né l’Iran) entità come Emirati, Francia, Kuwait, Qatar, Regno Unito, Turchia, Usa. Insomma proprio quei soggetti, diciamo Nato/Golfo (più i satelliti), che individualmente o in forma aggregata sono stati determinanti nel far esplodere l’atroce fenomeno autodefinentesi Stato islamico o Califfato, in sigla Isis o Is o Isil.

Le petromonarchie lo hanno nutrito sin da piccolo, con dollari e armi quando magari si chiamava con altro nome (i flussi di denaro dal Golfo proseguono). La Turchia ha retto il passeggino agevolando l’andirivieni di “combattenti” in Siria. La Nato gli ha fatto da forza aerea con la guerra in Libia del 2011, regalandogli l’ingresso nel paese nordafricano e in molte aree saheliane. Gli Usa e altri paesi Nato gli hanno fatto da maestri d’armi, addestrando a caro prezzo gruppi armati in Siria, poi sfociati in Daesh o parimenti demoniaci.
Qualcuno dirà: chi rompe paga e chi ha creato (o contribuito a creare) il problema deve essere chiamato a risolverlo, o quantomeno a non peccare più. In questo senso, potrebbe apparire logico il coinvolgimento dei vari Frankenstein nella Coalizione globale per combattere Daesh.
Il punto è che
a) questi sono recidivi, tanto da apparire volpi a guardia del pollaio;
b) non fanno quello che dicono (ad esempio, che fine ha fatto il Gruppo di contrasto economico all’Isis, creato a Roma nel marzo 2015 sempre con le stesse volpi?);
c) non ammettono mai i propri errori, per i quali non pagano mai;
d) si spacciano per “comunità internazionale”.
Ma sono sempre gli stessi compagni di merende. Creano alleanze escludenti e belligeranti, in realtà antagoniste alla comunità internazionale e altamente nocive. Si danno dei nomi carini, si riuniscono di continuonei paesi membri, prendono decisioni tossiche e poi,sperando che nessuno se ne ricordi, archiviano i nomi diventati ridicoli di fronte alle tragedie prodotte.
Adesso c’è lo Small Group. Nel 2011, all’inizio dei bombardamenti Nato, gli stessi soggetti – Nato/Golfo, satelliti e “ribelli” locali- si riunirono diverse volte come Gruppo di contatto sulla Libia. Dopo la conquista di Tripoli si rinominarono Gruppo Amici della Libia. Ma parallelamente, nel 2011 e fino al 2013, undici paesi si riunivano anche come Gruppo Amici della Siria, poi diventato Gruppo di Londra.
I compagni di merende danno sempre nomi carini anche alle loro devastanti guerre di aggressione travestite da agnelli. “Operazione di polizia internazionale” (Iraq 1991), “Operazione Forza alleata” (Serbia 1999), “EnduringFreedom” (Afghanistan 2001), “IraqiFreedom” (Iraq 2003), “Protettore unificato” (Libia 2011)…Invece i Saudhanno dato un nome bello deciso alla loro operazione di annientamento dello Yemen – insieme ad altri Stati sunniti loro affiliati. Le bombe che piovono sugli yemeniti, dal 26 marzo 2015, accompagnate da un affamante blocco navale, si chiamano infatti Decisive Storm.
Facciamo sì che questa tempesta sia invece decisiva per la fine del reame Saud.
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