Lo tsunami rosa

Lo tsunami rosa

tsunami rosa

https://animaliena.wordpress.com/2016/03/10/lo-tsunami-rosa/

Se mi venisse chiesto dov’ero, la sera dell’otto marzo 2016, risponderei così: “su un divano rosso, stramazzata di stanchezza e depressa.” Se invece mi venisse domandato dove avrei voluto essere quel giorno (e non solo quello, a dire la verità), affermerei, senza esitazione: “in mezzo ad un fiume di donne, in strada, a lottare per salvarci la vita e per infettare, contaminare e infine rivoluzionare questo fottuto sistema”.

Già. Immagino la faccia di tante persone che conosco – non certo di quelle poche che al mio grido di dolore hanno alzato il pugno in segno di solidarietà – per le quali un sogno simile è da femminista estremista e pure un po’ nostalgica, sebbene io mi situi persino oltre il femminismo per come viene solitamente concepito…ma insomma.

Ciò che mi fa male, ma proprio tanto male, è che troppe di quelle persone sono donne. Donne per le quali “femminismo” è una brutta parola, ed è soprattutto storia passata, di quando le donne erano “davvero oppresse”. Citando il Manifesto Xenofemminista, rispondo: “c’è mai stato un tempo in cui non lo eravamo?”

Che cosa è successo? Come nella più tipica delle saghe, l’Impero ha colpito ancora, ed io ho la percezione, sempre più spesso, di essere considerata da chi mi circonda alla stregua dei “corvi neri”, i Guardiani della Notte che dedicano la vita alla difesa della Barriera… reietta, scomoda e pure un po’ anacronistica. Ridicola.

Anacronistica io? Dissociata dalla realtà?

La realtà che conosco, anzi direi la punta dell’iceberg che mi è dato conoscere, è abominevole: la condizione delle donne a livello mondiale è sempre la medesima, l’oppressione non dà segni di cedimento: la violenza e il dominio patriarcale non mollano la presa, e schiacciano le donne nei modi più vari… le uccidono, le mutilano, dispongono delle loro vite a piacimento, le privano di capacità economica, le allevano schiave nella mente prima ancora che nel corpo, le picchiano, le torturano, le spremono in ogni modo possibile, ne estraggono ogni plusvalore immaginabile.

Tolgono alle donne l’autodeterminazione, ne minano i tentativi di indipendenza e le relegano a ruoli funzionali ed ancillari, le scrutano continuamente e le tengono sotto scacco, ingerendo senza sosta in qualsivoglia scelta cerchino con fatica di portare avanti.

Ne sfruttano a piacimento i corpi, estraendone ogni energia, conforto e cura, rendendole decorazione, fonte e strumento di piacere, destinandole culturalmente a immaginare per sé un unico destino, spesso riproduttivo, salvo poi disconoscerne i tentativi di autodeterminare e valorizzare questo stesso sfruttamento alle proprie condizioni e nei propri termini, definendole come quegli esseri sempre abnegati, sempre disponibili, sempre pronti ad autoimmolarsi con gioia, spinte dal “cuore” e da un afflato quasi divino proteso al dono totale di sé. La cancellazione totale del sé. Continua a leggere

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In memoria di Luca Varani:” Il fascino discreto delle scuole serali”

luca-varani

http://www.einsteinjournal.it/altro/in-memoria-di-luca-varani-il-fascino-discreto-delle-scuole-serali/

In memoria di Luca Varani 

Erano le sei e un quarto circa. Spiluccavo pastarelle in piedi. Scorrevo il rinfresco come il fotogramma ignorabile di un film mediocre, attingendo a vassoietti di carta rosa antico adagiati sui banchi verdi dell’androne di scuola. Ero arrivato da poco. Avevo trascinato con me il mio ragazzo, nell’idea semplice e ingenua di farlo più partecipe della mia quotidianità. Una festicciola prenatalizia m’era parsa un’occasione adatta, per distensione e convivialità, così c’eravamo incamminati da casa mia per percorrere il chilometro e mezzo che percorro ogni giorno, per approdare nel parcheggio e poi salire le scale che mi portano sui banchi. Gli altri, alunni e professori, si apprestavano a brindare.

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Podcast della trasmissione del 9/3/2016

” I Nomi delle Cose” /Puntata del 9/3/2016

” Sulla guerra, sulla Nato, sulle manifestazioni che sono state chiamate”

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…Una guerra più grave, quindi nuova. Che cambia tutto. Che permette di cambiare tutto. Di giustificare lo stato d’urgenza e la demolizione programmata dello stato di diritto. Tanto che lo stato d’urgenza diventa a sua volta una prova dell’emergenza e della necessità della guerra. Guerra e stato emergenziale sono le due componenti indissociabili dello stato in cui lo Stato ci ha messe/i.” Christine Delphy /Apertura del Meeting contro la guerra/Parigi 15 gennaio 2016

“Il riconoscimento del nemico” ovvero  riflessioni femministe sulla guerra, sulla Nato, sulle mobilitazioni che sono state chiamate/L’ennemi principal”

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La Legion d’Onore? se la tengano pure!

sophy marceau Con queste parole, Sophie Marceau ha rifiutato la Legion d’Onore, la massima onorificenza di Francia, perché venerdì scorso la stessa onorificenza è stata attribuita da Francois Hollande al principe ereditario saudita nonché ministro dell’Interno, Mohammed Ben Nayef con la seguente motivazione:“per i suoi sforzi nella regione e nel mondo nella lotta contro il terrorismo e l’estremismo”.

Hollande e Nayef, due facce della stessa medaglia.

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Podcast della Parentesi del 9/3/2016

La parentesi di Elisabetta del 9/3/2016

“L’ennemi principal”

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La Parentesi di Elisabetta del 9/3/2016

“L’ennemi principal”

usa 4

Christine Delphy, femminista materialista francese, dichiarava in un famoso articolo degli anni’70, che la questione più importante era l’individuazione del nemico e, nel caso in questione, si riferiva al sistema di espropriazione e di dominazione patriarcale.

Ma, al di là dello specifico di quell’intervento, la dichiarazione è fondamentale perché senza l’individuazione del nemico e lo smascheramento di come questo agisce, le lotte diventano inutili, fuorvianti e costituiscono un notevole spreco di energie. Oltre ad avere il dannosissimo risultato, proprio per il fatto che sono fuorvianti, di demoralizzare le militanti e i militanti e allontanarle/i dall’agire politico.

Il discredito da cui ora è colpita  la sinistra, infatti viene da lontano, viene dalla mancata individuazione e denuncia con fermezza e determinazione del ruolo, negli anni ’60 e ’70, del PCI e della socialdemocrazia, cosa che ha permesso l’annientamento delle lotte di quegli anni e che ha trascinato fino ad ora l’equivoco su queste entità politiche nelle svariate configurazioni che hanno assunto, permettendo il massacro del concetto stesso di sinistra, la demonizzazione del termine compagno/a per arrivare fino alle dichiarazioni che non esisterebbero più destra e sinistra e che la politica è sporca.

Ora, leggendo la chiamata per le manifestazioni contro la guerra del prossimo 12 marzo salta agli occhi la mancanza assoluta del nome, neanche pronunciato per sbaglio, degli Stati Uniti.

Il neoliberismo, con tutti i suoi corollari, non rappresenta altro che la fase attuale del capitalismo nella sua autoespansione. Le delocalizzazioni industriali, le crescenti e disumane disuguaglianze, la povertà cronica e diffusa non sono il frutto della crisi o la fatale conseguenza dello sviluppo sociale, ma il risultato di decisioni che riflettono il forte spostamento dei rapporti di classe in favore del capitale. Il modello non è da inventare, non si costruisce a tentoni, ma è quello statunitense. L’America riplasma il mondo a sua immagine. Ma, tutto ciò ,passa attraverso la colonizzazione semiotica e ideologica che si opera con la diffusione di questi metaconcetti. Disimpegno dallo Stato sociale, rafforzamento delle componenti poliziesche e penali, riduzione delle tutele del mercato del lavoro e delle tutele sociali e, attraverso la celebrazione moraleggiante della “responsabilità individuale” si approda alle guerre “umanitarie”. Il tutto va di pari passo con la sistematica dissoluzione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, con la precarietà, con carichi di lavoro disumani, con il controllo/vigilanza sul luogo di lavoro , con la caccia ai sindacati non allineati, con la rimessa in discussione del diritto di sciopero, con la totale flessibilità dell’orario di lavoro. E’ un progetto insieme ideologico ed economico. La fase attuale del capitalismo ha la sua principale caratteristica nell’offensiva degli Stati Uniti tesi ad assoggettare con ogni mezzo a disposizione tutte le potenze amiche e/o rivali. Ottenere, a tutti i costi, il dominio egemonico, è, per gli USA, un imperativo imposto dalle condizioni oggettive al fine di superare la spaccatura strutturale tra capitale transnazionale e Stati nazionali. Da qui, l’attacco all’Europa che ha le radici profonde nel disprezzo della democrazia e dello Stato sociale inscritti negli Stati europei e che, oggi, si basa sulla necessità di impedire la coesione dell’Europa, di sgretolarne la moneta ed il mercato unico. Infatti , Henry Kissinger, in un discorso intitolato “L’anno dell’Europa”, consigliava agli europei di esercitare le loro “responsabilità regionali” nel quadro globale di un “ordine mondiale” determinato dagli Stati Uniti. Ogni soluzione indipendente era, dunque, già condannata.

Strumento principe della politica di espansione militare è la Nato, trasformata in esercito  di aggressione sotto comando USA . Legare l’Unione Europea alla Nato senza nominare gli Stati Uniti è fare un’operazione di pericolosa mistificazione, dato che l’Europa è sotto il dominio militare e culturale degli Usa. La Germania è piena di basi militari e l’Italia è una portaerei  americana. E il TTIP sarà il colpo di grazia a qualsiasi tentativo di autonomia da parte dell’Unione Europea.

E, allo stesso tempo, dire che quello in atto è uno scontro tra varie potenze imperialiste, significa confondere l’aggressore con l’aggredito, dimenticare che l’accerchiamento alla Russia è opera statunitense e noi sappiamo che quando si mette sullo stesso piano chi aggredisce e chi è aggredito significa stare dalla parte del più forte.

E pensare che il governo Renzi  abbia un’autonomia decisionale rispetto agli Stati Uniti è altrettanto pericolosamente mistificante perché è proprio il PD a rappresentare e a naturalizzare il neoliberismo nel nostro paese e ad essere portatore del modello americano. L’aggressione alla Libia del 2011 è stata fortemente voluta dal PD e dall’allora presidente della repubblica Giorgio Napolitano benché fosse chiaro che era assolutamente contro gli interessi italiani.

Renzi non è altro che un governatore incaricato dagli USA di una  colonia che si chiama Italia.

Il neoliberismo, questa nuova società che si proclama “moderna” si basa su una serie di opposizioni e di equivalenze che si sostengono e si rispondono a vicenda per descrivere le trasformazioni della società “avanzata”, attraverso una “retorica” a cui i governi ricorrono per giustificare la loro volontaria sottomissione ai mercati finanziari. In questo modo, gli Stati Uniti impongono al resto del mondo categorie di percezione analoghe alle loro strutture sociali, rafforzando, così, le pretese universalistiche. Attraverso il ragionamento binario, costruito compiutamente, l’ alternativa è fra essere individui, partiti, Stati “democratici” e “capitalistici” nella versione “americana” oppure “comunisti”, “terroristi”, “islamici”.

Per questo non nominare nelle mobilitazioni contro la guerra il ruolo, l’essenza, la strategia statunitense significa non riconoscere chi è il nemico principale e paradossalmente consegnarsi mani e piedi proprio alla guerra.

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Palinsesto del 9/3/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.90 di radio onda rossa Pagina di crowdfunding per una sottoscrizione
straordinaria per ROR. Sottoscrivete,sottoscrivete e fate girare:

https://www.produzionidalbasso.com/project/radio-onda-rossa-la-radio-di-chi-se-la-sente/

PALINSESTO di mercoledì 9 marzo 2016

ore 20.00 Apertura” …Una guerra più grave, quindi nuova. Che cambia tutto. Che permette di cambiare tutto. Di giustificare lo stato d’urgenza e la demolizione programmata dello stato di diritto. Tanto che lo stato d’urgenza diventa a sua volta una prova dell’emergenza e della necessità della guerra. Guerra e stato emergenziale sono le due componenti indissociabili dello stato in cui lo Stato ci ha messe/i.”

Christine Delphy /Apertura del Meeting contro la guerra/Parigi 15 gennaio 2016

ore 20,10 “Il riconoscimento del nemico” ovvero  riflessioni femministe sulla guerra, sulla Nato, sulle mobilitazioni che sono state chiamate.

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ore 20.50 La parentesi di Elisabetta “L’ennemi principal”

Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.or
per riascoltarci e per leggere i documenti
per ascoltarci in streaming
www.ondarossa.info cliccando “ascolta la diretta”
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8 marzo NoTav per terra e per mare

8 marzo No Tav per terra e per mare

8 marzo notav

http://www.notav.info/post/venezia-notav-e-no-grandinavi-allassalto-per-terra-e-per-mare/

E’ una giornata che scorre via all’insegna dei tentativi quella che stanno vivendo i notav a Venezia, città dove oggi alle 17 si terrà il vertice Italia-Francia tra Renzi e Hollande a Palazzo Ducale.

Fin dal mattino uomini e donne dalla Valsusa, dal Terzo Valico, da Brescia, da Verona, da Venezia e dai paesi limitrofi si sono organizzati per  avvicinarsi il più possibile alla zona rossa stabilita dopo giorni di disinformazione da parte dei giornali locali che fomentavano verso chi sarà quale terrore. Ci siamo abituati purtroppo, abbiamo così tante buone ragioni per contestare un vertice del genere, che ogni scusa è lecita per provare a far passare chi lotta in difesa della propria terra e dei beni pubblici come chissà quale mostro pericoloso.

Invece con il solito sorriso sulle labbra e il supporto dei comitati nograndi navi da ore va in scena una manifestazione via terra e via mare per Venezia, dove con coraggio e caparbietà diverse barche stanno tentando di entrare nella zona rossa della Giudecca trovando speronamenti e idranti da parte delle forze dell’ordine.

La giornata prosegue, avanti notav! Da terra e da mare!

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8 marzo 2016 Khalida Jarrar

International Women’s Day: Khalida Jarrar’s statement from HaSharon prison

http://samidoun.net/2016/03/international-womens-day-khalida-jarrars-statement-from-hasharon-prison/

 Khalida-Jarrar

Khalida Jarrar, imprisoned Palestinian feminist, parliamentarian and political leader, issued a statement from HaSharon prison on the occasion of International Women’s Day, greeting all struggling women in the world. The message was delivered by Palestinian lawyer Hanan al-Khatib, who visited Jarrar in prison; she is serving a 15-month sentence and was arrested on 2 April 2015. The statement follows:

On this day, we affirm that we are Palestinian prisoners of struggle, and part of the Palestinian women’s movement, and that the national and social struggle goes on constantly and continuously until we win our freedom from occupation, and our freedom as women from all forms of injustice, oppression, violence and discrimination against women. On this day, Palestinian women mark this occasion in light of the crimes of the occupation against Palestinian women, children, elders and youth. This year, our call focuses on the freedom and self-determination of our people, and the freedom and self-determination of Palestinian women: achieving equality and liberation, and ending all forms of oppression and injustice committed against them. We stand as part of a global struggle with all the world’s women freedom fighters: against injustice, exploitation and oppression.

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8 marzo 2016 “SIAMO TUTTE PRIGIONIERE POLITICHE!”

8 MARZO ULTIMO

Siamo tutte prigioniere politiche

La scelta del neoliberismo di chiudere ogni spazio di mediazione non è soltanto una maniera utilitaristica di togliere servizi e stato sociale, ma è una vera e propria modalità di controllo collettivo.

E’ cominciato tutto dal mondo del lavoro e da qui si è irradiato a macchia d’olio in ogni aspetto e anfratto della vita.

Gerarchizzazione, meritocrazia, autoritarismo, ricatto lavorativo, precarietà hanno abolito ogni forma di contrattazione tra chi lavora e chi detiene le chiavi del modello economico. La precarizzazione non è altro che uno strumento di ricatto e di ridefinizione dei rapporti di forza con tutte e tutti. Il comando di fabbrica si è così esteso a tutto il sociale trasformando completamente i rapporti di classe. I rapporti di forza sono fortemente squilibrati.

La dichiarazione unilaterale della fine della mediazione e, quindi, della rottura del patto sociale, ha tracciato un solco visibile tra chi detiene il potere e le classi subalterne.

Ci ricorda i fossati che circondavano i castelli e che segnavano fisicamente la differenza di classe: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori. Distanza che si percepisce anche ora. I centri urbani sono sempre più caratterizzati da una città degli dei, in cui si entra soltanto in certe ore e con certe modalità, per lavorare, per servire o per partecipare ai riti collettivi della subalternità, e le periferie sempre più ghettizzate e trattate come territori pericolosi.

Questa distanza fisica e sociale sancita dalla fine di ogni mediazione si ripete in ogni ambito sia sul fronte interno che sul fronte esterno.

La filiera del comando parte dagli Stati Uniti che hanno la pretesa di porsi come Stato del capitale e momento organizzativo delle multinazionali anglo-americane e arriva alla socialdemocrazia riformista, qui da noi il PD, che si è assunto l’incarico di naturalizzare il neoliberismo nel nostro paese.

I popoli del terzo mondo, in questo progetto, devono rinunciare a qualsiasi tentativo di autodeterminazione, si devono assoggettare, devono accettare di essere sudditi dell’impero o pagare a caro prezzo perché la risposta è la destabilizzazione con la colonizzazione neoliberista caratterizzata da guerre interetniche, religiose, tribali, appositamente fomentate, che dividono, scardinano ogni tentativo di autonomia, disgregano Stati. Chiunque sia considerato asimmetrico al progetto imperialista viene affrontato con la modalità violenta della guerra, ammantata dalla tutela dei diritti umani, delle donne e delle diversità, della democrazia. Il terrorismo viene creato appositamente dalle potenze occidentali in modo da essere usato in qualsiasi momento venga ritenuto utile e, allo stesso tempo, è un’etichetta, un marchio itinerante, che perseguita tutti quelli che osano ribellarsi. Anche qui non è prevista nessuna possibilità di mediazione.

Sul fronte interno la chiusura di ogni trattativa a qualsiasi titolo con le oppresse e gli oppressi, comporta considerare le classi subalterne come delinquenziali, le loro lotte prive di qualsiasi dignità politica, le loro rivendicazioni da sopprimere con la forza.

L’ unica risposta del neoliberismo, qui e nel terzo mondo, è quella militare e poliziesca.

Ma se siamo tutte e tutti lette/i e considerate/i come delinquenti, la nostra risposta deve essere altrettanto forte.

Siamo tutte e tutti detenute/i politiche/i.

Siamo noi a respingere qualsiasi forma di mediazione. Siamo noi a dichiarare che ci assumiamo collettivamente e per intero la responsabilità politica di ogni lotta passata, presente e futura. Affermando questo viene meno qualunque rapporto con il potere noi non abbiamo niente di cui essere accusate e di cui rispondere.

Mentre al contrario tutti/e coloro che rappresentano e supportano il sistema neoliberista devono rispondere della pratica criminale del regime che essi rappresentano.

Ne consegue la necessità di rifiutare ogni collaborazione con il potere a qualsiasi titolo.

Con questa dichiarazione intendiamo riportare lo scontro sul terreno reale.

Una detenuta politica prima di tutto deve rivendicare il suo status. Respingiamo la logica vittimizzante che ci dichiara oppresse/i e tanto più quella spoliticizzata che ci dichiara povere/i.

Siamo prigioniere e prigionieri e come tali abbiamo il diritto-dovere di liberarci.

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8 marzo contro la guerra del capitale/contro l’ordine patriarcale!

Presidio contro la nuova aggressione alla Libia promosso dalla Rete contro la guerra ed il militarismo di Napoli

Martedì 8 alle ore 17,00 in piazza Trieste e Trento.

8marzo contro la guerra
L’intervento militare in Libia in realtà è già iniziato con l’arrivo di truppe speciali mentre per l’invio di truppe di invasione più consistenti si aspetta il consenso di un governo fantoccio locale che serva da alibi per questa nuova invasione e per la eventuale spartizione della Libia tra Italia, Francia ed Inghilterra. Non facciamoci incantare dalle dichiarazione di Renzi che in realtà sta contrattando con i suoi compari/concorrenti europei la parte della torta che dovranno spartirsi.Vogliono farci assuefare all’idea che si tratti dell’ennesimo intervento di polizia internazionale e non di una nuova aggressione di stampo neocoloniale.

Contro ciò la rete contro la guerra di Napoli chiama a mobilitarsi subito e a manifestare il proprio dissenso contro questa politica imperialista che vede il governo italiano in prima fila e addirittura con un ruolo di comando nella nuova missione militare.

Partecipiamo numeros*

x info e contatti assembleanowar.na@gmail.comhttps://www.facebook.com/NO-Trident-128338824182432/?fref=ts

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“Contre la guerre”

Contre la guerre

Christine Delphy

Ouverture du meeting contre la guerre du 15 janvier 2016

L’état d’urgence a été déclaré parce que la France est en guerre depuis le 13 novembre – a dit le 13 novembre à 23h 45 le président de la République française, François Hollande.

Or la France n’est pas plus en guerre qu’elle l’était la veille, ou un an avant. Elle bombarde l’Irak depuis 2014, et la Syrie depuis septembre 2015.

Depuis le 13 novembre, l’idée de guerre est utilisée comme un moyen de provoquer un état de panique générale —de panique calme, mais paniquée quand même.

Le pays a été sidéré par les tueries; il ne se savait pas menacé ; il ne savait même pas que la France bombardait l’Irak et la Syrie. Il a donc été facile pour le pouvoir de lui faire prendre des vessies pour des lanternes et de prétendre que la France allait, à cause de ces tueries, commencer à bombarder DAECH en représailles: parce que DAECH nous avait attaqués.

Mais aussi horrible soit DAECH, ce n’est pas DAECH qui attaqué le premier la France.

Or Hollande déclare : « Puisque nous sommes en guerre, et surtout que nous y sommes parce que nous avons été attaqués de façon « lâche » et « barbare », et en plus, « chez nous », nous allons « rétorquer » ». Tous les qualificatifs utilisés à propos des tueries et de la guerre qui s’ensuit, montrent un double standard—un 2 poids 2 mesures. Bien sûr les tueries étaient horribles. Il est difficile de trouver des tueries qui ne le soient pas.

Mais apparemment, si. Celles auxquelles procède l’aviation française, ne seraient pas des tueries, mais des « dommages collatéraux ». L’opinion avale qu’il s’agit de deux phénomènes bien différents.

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Assassinata Berta Caceres

berta caceres

Berta Caceres, è stata assassinata ieri mentre dormiva in casa, a La Esperanza, circa 200 chilometri a Nord-Ovest di Tegucigalpa. Berta, ecologista indigena honduregna, era nota per la sua lotta ambientalista contro le multinazionali, in particolare contro lo sfruttamento del territorio da parte di aziende minerarie e idroelettriche. Aveva lottato in difesa del fiume Gualcarque, nel dipartimento dei Sanata Barbara, nel Nord-ovest dell’Honduras, minacciato da un progetto di diga che avrebbe privato dell’acqua migliaia di abitanti di alcuni villaggi. In passato le avevano ucciso il compagno ed era stata minacciata in vario modo: di essere violentata e linciata, ma anche di vedersi uccisa la madre o rapiti i figli.

Questo è il regime golpista dell’Honduras. Gli esecutori dell’omicidio sono honduregni, ma i mandanti sono statunitensi.

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Buon compleanno “Je so pazzo”!

Buon compleanno “Je so’ pazzo”!
Un anno di occupazione, un anno di lotta, un anno di amore!

evento facebook <https://www.facebook.com/events/227660510911849/>

*All’alba del 2 marzo del 2015 una sessantina di “pazzi” – studenti,
precari, lavoratori, abitanti del quartiere – occupavano l’Ospedale
Psichiatrico Giudiziario di Materdei,* abbandonato, saccheggiato e lasciato
al degrado dal 2008, e iniziavano subito a recuperare gli spazi e a
lanciare attività sociali per il quartiere.

*Nei giorni e nelle settimane successive una grande mobilitazione popolare
impediva lo sgombero dell’Ex OPG*, dato per certo nelle prime ore, e faceva
partire un grande esperimento di riappropriazione, di creazione di
comunità, di lotta per la città.

Un esperimento che mese dopo mese è diventato certezza, trasformando in un
anno un inquietante carcere abbandonato in una Casa del Popolo aperta a
tutti.

Sabato 5 marzo 2016, quindi, festeggeremo così Continua a leggere

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Intervista a Silvia Federici/Podcast della trasmissione del 2/3/2016

nina 27” I Nomi delle Cose” /Puntata del 2/3/2016

” Intervista a Silvia Federici”

” Perché dopo cinquecento anni di dominio del capitalismo, all’inizio del terzo millennio, la figura del proletario è ancora quella del povero, del fuorilegge e della strega? Che rapporto c’è tra l’esproprio della terra, l’impoverimento di massa  e il continuo attacco alle donne? E che cosa possiamo apprendere sullo sviluppo del capitalismo, passato e presente, se lo analizziamo nell’ottica privilegiata di una prospettiva femminista?” Silvia Federici <Calibano e la strega>Mimesis 2015

scritte 77-2

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