Podcast della trasmissione del 27/1/2016

” Nomi delle Cose” /Puntata del 27/1/2016

“La scuola azienda: da McDonald’s alle tette”

scuola azienda-striscione

“L’uso sterilizzato della memoria/Attualità femminista: La scuola azienda/collegamento con una compagna da Londra/DAVOS/Note di politica trans, ovvero l’importanza di avere delle priorità”

“La prima scelta che il capitale fa è di dare o di non dare comunicazione di un evento. E, in questo, ci agevola il compito perché ci dice dove quell’evento è collocato. Successivamente  avvelena l’informazione con la simulazione e la manipolazione. Ed ancora, con la selezione di tutti i testi e con la conseguente rimozione di quelli che entrano in contraddizione antagonistica con l’ideologia ufficiale.

E’ la trasformazione dei fatti accompagnata dalla selezione, per cui certi elementi vengono tradotti in testo ed altri, tramite la voluta dimenticanza, dichiarati inesistenti.”

memoria

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Venerdì 29 gennaio/passeggiata notturna al cantiere

Venerdì 29/01 passeggiata notturna al cantiere

PASSEGGIATA-MODIFIndossiamo nuovamente gli scarponi e gli abiti pesanti per una passeggiata notturna al cantiere che devasta ed inquina.

Il passare del tempo rafforza i nostri cuori e non ci fa arretrare in questa Resistenza che si fa sempre più necessaria.

Un altro piccolo passo da fare tutti insieme, partecipiamo numerosi!

Portare pile, scarponi e tutto il necessario.

Appuntamento alle 21 al campo sportivo di Giaglione.

Avanti No Tav!

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Podcast della Parentesi del 27/1/2016

La parentesi di Elisabetta del 27/1/2016

“Davos”

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La Parentesi di Elisabetta del 27/1/2016

“Davos”

davos Il neoliberismo, fase attuale dell’autoespansione del capitale sottopone la vita alla guerra e quest’ultima impone a tutti una conseguente violenza esercitata e/o subita.

Disoccupazione, povertà, conflitti etnici e religiosi costituiscono la trama dello sviluppo di questo modello. I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre di più e sempre più poveri.

Sono stati rimossi con scelta voluta i grandi dispositivi della sanità pubblica, del pensionamento universale, dell’assistenza generalizzata ai deboli della società.

In Europa, perché in Usa sono stati già realizzati da tempo, questi processi, promossi dalla socialdemocrazia, risultano particolarmente veloci e precipitosi.

Il comando capitalista in questa stagione dalla fabbrica si è esteso all’intera società. La modalità dello sfruttamento si espande, instaura tecniche di appropriazione capitalistica nuove e, per la stragrande maggioranza delle persone, insostenibili. La sussunzione della società nel capitale oggi allarga indefinitamente lo sfruttamento sull’intero terreno sociale.

Militari, magistratura, media, polizia, Ong, sono messi al servizio di una lotta scatenata per battere un nemico esterno ed uno interno, per riorganizzare una gerarchia dei rapporti internazionali e ridefinire i rapporti di classe all’interno dei singoli paesi. Questo significa distruggere popolazioni, respingerle indietro di secoli, gettare nella disperazione le popolazioni del terzo mondo e i cittadini/e dei paesi occidentali.

Oggi assistiamo alla teoria e alla pratica che la guerra è la prima giustificazione dell’ordine e della sicurezza. La repressione da essere una situazione congiunturale oggi è un dispositivo nei confronti di quelli che vengono espulsi dai benefici del contratto sociale.

Le guerre neocoloniali ammantate da guerre umanitarie sono un passaggio voluto per ridefinire i rapporti di forza internazionali.

Per questo ogni anno a Davos cittadina svizzera del Canton Grigioni, si riuniscono i grandi interessi occidentali per fissare le linee guida dei processi di sfruttamento sulla realtà planetaria. L’incontro è promosso dal Forum economico mondiale, WEF ed è conosciuto proprio come Forum di Davos, associazione, bontà sua, senza fini di lucro, con sede a Cologny, vicino a Ginevra. E’ finanziata dalle circa mille imprese associate, in genere multinazionali con fatturato superiore ai 5 miliardi di euro. Le imprese associate sono quasi sempre leader, nel proprio settore o Paese, e hanno un ruolo chiave nell’orientarne gli sviluppi futuri. La fondazione opera anche come Think Tank e pubblica numerosi documenti di approfondimento, sotto forma di report e analisi di scenario sui temi della crescita economica, della finanza, della sostenibilità ambientale, dello sviluppo sociale e della salute.  La struttura organizza alla fine di gennaio, un incontro tra esponenti di primo piano della politica e dell’economia internazionale con intellettuali e giornalisti selezionati, per discutere delle questioni mondiali che, per i loro interessi, vengono ritenute più importanti. L’incontro è a inviti e si tiene a porte chiuse. In occasione del meeting, i vertici delle imprese associate alla fondazione incontrano una ristretta platea di leader politici, di organizzazioni non governative, sempre utili, di esponenti della comunità scientifica, di leader religiosi e di giornalisti. Il programma dei 5 giorni dell’evento riguarda temi chiave del dibattito mondiale dettati dal punto di vista occidentale e in particolare statunitense.  L’evento, quindi, organizzato dalle grandi potenze finanziarie serve per confrontarsi con i poteri statali e, soprattutto, con il potere imperiale degli Stati Uniti. Davos rappresenta bene la struttura attuale del potere globale gerarchizzato: all’apice ci sono gli Usa e in un rapporto di compartecipazione, ma sempre subalterno, le potenze multinazionali e i governi dei paesi capitalistici avanzati.

Davos è la cartina di tornasole che ci dice qual è la composizione imperialista, come sono articolati i diversi livelli di controllo all’interno del sistema, di esercizio della guerra, e della repressione all’esterno e all’interno contro i popoli del terzo mondo e i cittadini dei paesi occidentali. Questo è il vero ordine del giorno in quella riunione.

Davos è una rappresentazione teatrale del neoliberismo. Il capitale diviene sempre più parassitario e per questo deve ricorrere alla guerra preventiva e si è dato strumenti adeguati trasformando gli eserciti in strutture di controllo per poter intervenire in tutti gli spazi del mondo. E’ stata costruita una rete di dispositivi polizieschi e militari che si integrano e si sostituiscono vicendevolmente. E’ un reticolato di presenze nel territorio il cui principale obiettivo è sconfiggere l’esigenza di libertà, coadiuvato da organizzazioni non governative, banche che fingono di essere benefattrici, media che fingono di raccontare la cronaca.

E’ un salto di qualità nell’organizzazione capillare della violenza legittima. Continua a leggere

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“Small Group”

“Small Group”: I soliti compagni di merende danno sempre nomi carini alle loro devastanti guerre di aggressione

Small Group: I soliti compagni di merende danno sempre nomi carini alle loro devastanti guerre di aggressione
Notizia presa dal sito www.Lantidiplomatico.it
di Marinella Correggia

La Farnesina informa la stampa della prossima riunione a Roma, il 2 febbraio, del cosiddetto Small Group of the Global Coalition to CounterDaesh. Ovvero:  Gruppo ristretto della Coalizione globale per contrastare Daesh.

La nota per i media elenca i 24 membri dello Small Group, che si suppone essere la crème de la crème, il nocciolo duro e puro della lotta a Daesh. Ebbene, in ordine alfabetico, quasi ironicamente il primo dell’elenco è…l’Arabia saudita.

Seguono poi (a parte l’Iraq come paese vittima, e altri paesi arabi; ma la Siria non c’è; e non c’è la Russia, né l’Iran) entità come Emirati, Francia, Kuwait, Qatar, Regno Unito, Turchia, Usa. Insomma proprio quei soggetti, diciamo Nato/Golfo (più i satelliti), che individualmente o in forma aggregata sono stati determinanti nel far esplodere l’atroce fenomeno autodefinentesi Stato islamico o Califfato, in sigla Isis o Is o Isil.

Le petromonarchie lo hanno nutrito sin da piccolo, con dollari e armi quando magari si chiamava con altro nome (i flussi di denaro dal Golfo proseguono). La Turchia ha retto il passeggino agevolando l’andirivieni di “combattenti” in Siria. La Nato gli ha fatto da forza aerea con la guerra in Libia del 2011, regalandogli l’ingresso nel paese nordafricano e in molte aree saheliane. Gli Usa e altri paesi Nato gli hanno fatto da maestri d’armi, addestrando a caro prezzo gruppi armati in Siria, poi sfociati in Daesh o parimenti demoniaci.
Qualcuno dirà: chi rompe paga e chi ha creato (o contribuito a creare) il problema deve essere chiamato a risolverlo, o quantomeno a non peccare più. In questo senso, potrebbe apparire logico il coinvolgimento dei vari Frankenstein nella Coalizione globale per combattere Daesh.
Il punto è che
a) questi sono recidivi, tanto da apparire volpi a guardia del pollaio;
b) non fanno quello che dicono (ad esempio, che fine ha fatto il Gruppo di contrasto economico all’Isis, creato a Roma nel marzo 2015 sempre con le stesse volpi?);
c) non ammettono mai i propri errori, per i quali non pagano mai;
d) si spacciano per “comunità internazionale”.
Ma sono sempre gli stessi compagni di merende. Creano alleanze escludenti e belligeranti, in realtà antagoniste alla comunità internazionale e altamente nocive. Si danno dei nomi carini, si riuniscono di continuonei paesi membri, prendono decisioni tossiche e poi,sperando che nessuno se ne ricordi, archiviano i nomi diventati ridicoli di fronte alle tragedie prodotte.
Adesso c’è lo Small Group. Nel 2011, all’inizio dei bombardamenti Nato, gli stessi soggetti – Nato/Golfo, satelliti e “ribelli” locali- si riunirono diverse volte come Gruppo di contatto sulla Libia. Dopo la conquista di Tripoli si rinominarono Gruppo Amici della Libia. Ma parallelamente, nel 2011 e fino al 2013, undici paesi si riunivano anche come Gruppo Amici della Siria, poi diventato Gruppo di Londra.
I compagni di merende danno sempre nomi carini anche alle loro devastanti guerre di aggressione travestite da agnelli. “Operazione di polizia internazionale” (Iraq 1991), “Operazione Forza alleata” (Serbia 1999), “EnduringFreedom” (Afghanistan 2001), “IraqiFreedom” (Iraq 2003), “Protettore unificato” (Libia 2011)…Invece i Saudhanno dato un nome bello deciso alla loro operazione di annientamento dello Yemen – insieme ad altri Stati sunniti loro affiliati. Le bombe che piovono sugli yemeniti, dal 26 marzo 2015, accompagnate da un affamante blocco navale, si chiamano infatti Decisive Storm.
Facciamo sì che questa tempesta sia invece decisiva per la fine del reame Saud.
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Palinsesto del 27/1/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.9 di Radio Onda Rossa S.O.S. SOSTIENI ROR!!! LA RADIO PER CONTINUARE A TRASMETTERE HA BISOGNO DI UN AIUTO CONCRETO e IMMEDIATO!  http://www.ondarossa.info/node/2

piccolissima Siamo tutte prigioniere politiche!

PALINSESTO di mercoledì  27gennaio 2016

ore 20.00 Apertura /L’uso sterilizzato della memoria
.L’usura del tempo non c’entra con il fatto che una catena di eventi venga ad essere rimossa dalla memoria collettiva. La causa i i processi di dimenticanza e di oblio sono voluti e perseguiti attraverso la falsificazione della memoria storica,la produzione di ricordi sostitutivi, di codificazioni fuorvianti e fraudolente…In luogo del non far sapere si sceglie di far sapere ciò che legittima il potere e,pertanto, funziona come strategia di controllo sociale” ATTI/Memoria collettiva, Memoria femminista 2012 .

ore 20.10 PARTE PRIMA “Attualità femminista

LA SCUOLA AZIENDA

scuola azienda

mcdonald's

ore 20.30 La Parentesi di Elisabetta ” DAVOS”

ore 20.35

DESMONAUTICA/ La rubrica di Denys ogni ultimo mercoledì del mese

“Note di politica trans, ovvero l’importanza di avere delle priorità”

Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.org

per riascoltarci e per leggere i documenti
per ascoltarci in streaming
www.ondarossa.info cliccando “ascolta la diretta”
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Martina, Ornella e Valentina libere!!!!!!

calais

http://www.offtopiclab.org/spirit-of-freedom-martina-ornella-valentina-e-i-fermati-a-calais-liber-subito/

Martina, Ornella e Valentina hanno bisogno del supporto di tutte e tutti per la loro immediata liberazione e contro ogni espulsione. Invitiamo attivist* e solidali a sostenere questa pressione con iniziative, striscioni, messaggi all’ambasciata di Francia.

Per aggiornamenti paris-luttes.info per sottoscrivere l’appello: offtopic@autoproduzioni.net | torchiera@ecn.org

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Agility Girl

Agility Girl

https://animaliena.wordpress.com/2016/01/25/agility-girl/

Power is being told you are not loved
and not being destroyed by it.

agility girl

Cosa è successo alla ragazza che un tempo ero? Alla scimmietta selvaggia che si arrampicava sugli alberi e vinceva alle gare dello schizzo più lungo, inarcando la schiena per ovviare all’anatomia svantaggiosa? Il patriarcato ha chiesto il suo tributo. A volte violenza non è un bastone sulla schiena, ma una frase sussurrata, ancora e ancora, che ripete incessantemente “comportati come una femmina”. Hai imparato presto a travestirti come richiesto, portavi i capelli lunghi, trucchi e gonne, hai fatto tua la sublime arte della depilazione, ripetendo ad ogni strappo “la bellezza passa attraverso il dolore”. Ma quello sarebbe stato soltanto l’inizio. Per ogni impresa, per ogni aspirazione, c’era sempre un modo giusto per poterla realizzare. Ed era uno solo, quello della subordinazione. Essere intelligente, sì, ma con modestia, testarda non va bene, avventurosa nemmeno – c’è un mondo di pericoli pronti a farti a pezzettini, meglio uno studio un po’ ottuso che lasci spazio a ciò che conta veramente. Il primo comandamento è mettere gli altri prima di te stessa, il secondo dice la batteria non è uno strumento da donna, “perché non una chitarra classica?” ripetevano sconsolati. La chitarra l’hai provata, una noia mortale. Non volevi un ripiego, e hai rinunciato al sogno originale.
Hai imparato la docilità dell’animale addomesticato. È facile da ottenere, è una ricetta infallibile. Passa attraverso le privazioni, l’amore che ottieni solo a costo di esercizi di abilità, agility girl, e ogni volta che compi l’esercizio correttamente, ogni volta che fai le acrobazie e riesci a dimostrare la tua obbedienza, ti lanciano un biscottino d’approvazione, un biscottino a forma di cuore per un animaletto educato.
Quando però cerchi di essere chi sei veramente, quando soltanto ci provi, le onde della riprovazione si alzano come tsunami inarrestabili e vieni scaraventata in un pozzo profondo, la scaletta viene ritirata: ti lasciano sola a meditare sul tuo peccato originale. Così perdi te stessa, pezzettino dopo pezzettino, e ogni volta che ritorni in superficie sei più pallida, più trasparente, e il vestito che ti cuciono addosso aderisce così perfettamente al fantasma che sei ora, che alla fine non ti riconosci più, e i confini tra ciò che sei e ciò che devi essere si confondono.
Eppure non basta mai – oramai lo sai – ma hai così poche forze residue che lasci che ti vestano come una bambola, che ti indichino la strada da percorrere, sempre sulle punte per non disturbare – e vederti volteggiare è uno spettacolo di grazia, i tuoi piedi insanguinati li vedi solo tu. Li lasci frugare in te, demolire speranze e progetti, come una piuma nel vento leggera, ma col cuore pesante come piombo.
Il femminismo ti ha salvata? Duro a dirsi, chissà. Di sicuro ti ha fatto l’elettroshock, ti ha spalancato gli occhi come un’iniezione di adrenalina nel cuore. Hai scoperto di essere in guerra, hai guardato i nemici in faccia, e con orrore, li hai riconosciuti: erano proprio coloro che bisbigliavano di “farlo per il tuo bene”, chi diceva di amarti, ma sempre sotto condizione.
Ora passi il tempo a ripetere alle tue sorelle che non è colpa loro, non è colpa loro. Che questo non è un mondo per donne, e ogni piccolo passo in avanti è costato sudore e sangue – il mondo è pieno di ribelli coraggiose che hanno pagato con la vita, o con la propria lucidità mentale, il loro non volersi far domare. Ti sei tagliata i capelli, hai smesso di conformarti al loro ideale. Hai alzato la testa, hai cominciato a dire la tua e non ti sei più fermata. Forse, come ti hanno detto, hai scopato di meno, ma di sicuro hai goduto di più.
Hai alzato la voce, hai iniziato a gridare, la rabbia ti ha pervaso in ogni cellula. Quegli altri, intorno, non hanno smesso di blaterare. Li senti anche oggi, hanno mille volti e nomi… a volte credono di esserti alleati. A volte lo pensi anche tu. Pure loro a volte, “senza cattiveria”, ti dicono che in fondo forse la colpa è anche un po’ tua. Non sei abbastanza forte, non sei rediviva, se solo lo avessi voluto davvero nulla avrebbe potuto ostacolarti. Credono alle frottole che altri hanno inventato, quelle stesse che poi dicono di voler scardinare… scardina il tuo paternalismo, dolcezza, perché altrimenti anche tu sei schiavo del patriarcato.
È una colpa nascere con un pene? Certo che no. Ma un pene in un mondo che idolatra escrescenze è una grossa responsabilità, e questo non si può ignorare. “No! Io non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo; io sono un cortigiano, sono uno utile forse a ingrossare un corteo, a dar l’avvio a una scena o due, ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo, deferente, felice di mostrarsi utile, prudente, cauto, meticoloso; pieno di nobili sentenze, ma un po’ ottuso; talvolta, in verità, quasi ridicolo – e quasi, a volte, il buffone.”
Anche un buffone è un privilegiato mentre Ofelia giace annegata nella corrente.

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Legno o croccantini

“Legno o croccantini”

Trovo veramente ridicolo il dibattito sulle ragazze che si fanno i selfie alle tette per sponsorizzare l’affiliazione alla propria università. Mi fanno orrore quei poveri dementi che, aiutati dall’infrastruttura dei social network, non trovano nulla di meglio che sfogare il loro sessismo da operetta bollando le studentesse che “escono” le tette come cagne senza cervello quando magari hanno scritto ‪#‎escile‬ fino a due secondi prima. Insomma, il doppio standard per cui se non sei disinibita ce l’hai di legno, ma se esponi il tuo corpo e lo usi come meglio credi sei una a cui tirare i croccantini.
Trovo anche abbastanza stucchevoli quelle che, per rimarcare la loro intelligenza, si scrivono il nome dell’istituzione sulla fronte, come a dire che chi mette le tette in bella vista è scema, mentre dentro una fronte dovrebbe esserci per forza un cervello funzionante e in grado di pensare. Detto ciò, trovo altrettanto stucchevoli le femministe che, in nome della libertà di autodeterminare il proprio corpo, difendono il gesto in opposizione allo slut shaming come se fosse un atto liberatorio, di rivendicazione e di fuga alla norma.
Io sinceramente trovo che ci siano poche cose più normative e normanti del pubblicare le proprie tette o qualsivoglia parte anatomica (potrebbe anche essere un tallone) per rivendicare con orgoglio la propria affiliazione all’istituzione universitaria, e quindi farle pubblicità come se fosse una cosa di cui poter andare tremendamente fieri o un prodotto da vendere. 
A parte il fatto che ancora una volta è la moda, un imperativo digitale, uno stupido hashtag che ti chiede di farlo in un contesto prestabilito e già dato (nonché probabilmente ideato da qualche maschietto), e che se si diffonde l’hashtag #escile non vedo per quale motivo io dovrei uscirle quando dicono loro. Il punto è proprio il concetto di affiliazione: oramai si sta completando la transizione verso un modello anglosassone di università. Il che significa tasse inarrivabili , merito che corrisponde con il proprio censo, brandizzazione degli atenei che diventano dei service providers (pure scarsi, oltretutto), veri e propri mercifici di nozioni spendibili sul mercato del lavoro (dove, per definizione, qualcuno deve vendere le proprie capacità umane in un modo attrattivo, e quindi non certamente critico o che crei problemi al sistema),dove il pensiero critico è un demerito perchè disturba la formazione dei quadri votati a perpetuare la sopravvivenza del sistema capitalista di stampo neoliberista. 
L’università è quindi diventata la quintessenza della precarietà dal banco fino al posto di ricercatore, dove per avere un minimo di libertà accademica bisogna avere pletore di santi in paradiso, un posto svuotato di eguaglianza, dove la critica viene messa alla berlina e dove ormai guardie e politici possono entrare a loro piacimento e fare il bello e il cattivo tempo. Pertanto, di cosa ci sarebbe da essere fieri esattamente???Quale sarebbe la caratteristica di cui andare orgogliosi??Mettersi una felpa col nome della propria università, scriverselo in fronte o fare il tifo acriticamente per un’istituzione che dequalifica il sapere e fomenta la precarietà in quale modo dovrebbe essere un atto rivendicabile??Per quale motivo oltre ad essere consumatori di un servizio costoso e scarso volete anche diventare proattivi pubblicitari dello stesso prodotto mettendo in gioco anche il vostro corpo??
Anzichè guardare il dito (o meglio,la tetta), forse anche in questo caso sarebbe il caso di concentrarsi sulla luna…Che ultimamente sta mostrando il suo volto più scuro..

@policeonmyback

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Podcast della trasmissione del 20/1/2016

” Nomi delle Cose” /Puntata del 20/1/2016

“Riflessioni femministe sull'<Utero in Affitto>”

” Mary Crow Dog/Donna Lakota <una nazione non è conquistata finché i cuori delle sue donne resistono>/L’Utero in Affitto/I nuovi mostri/Femminismo materialista

femminismo

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Podcast della Parentesi del 20/1/2016

La parentesi di Elisabetta del 20/1/2016

“I nuovi mostri”

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La Parentesi di Elisabetta del 20/1/2016

“I nuovi mostri”

metropolis 2 Una volta c’era la “macchietta” del pensionato che, mentre aspettava l’autobus o era in fila alla posta, non faceva altro che borbottare contro “le donne, il tempo ed il governo” come diceva De Andrè. E, magari, suscitava anche simpatia perché ricordava il vecchietto masticatabacco dei film western.

Oggi è cambiato ed è stato sostituito da nuovi figuri tutt’altro che simpatici: quello che aggredisce i disperati/e, spesso Rom, che rovistano nelle immondizie, quello che chiama subito i vigili urbani quando qualcuno scrive sui muri o attacca un manifesto, quello che insulta chi chiede l’elemosina o lava i vetri delle macchine ai semafori, quello che ha il cellulare sempre pronto per chiamare i carabinieri e fare la spia quando qualcuno schiamazza o alza la voce. Per non parlare di quelli/e che guardano con sospetto chi veste in modo dimesso e vorrebbero cacciare dai mezzi pubblici chi, secondo loro, puzza. Poi ci sono quelli/e che segnalano subito chi non paga il biglietto e chi, magari, occupa una casa. Come se fosse un piacere lavare i vetri agli angoli delle strade, rovistare nelle immondizie o non avere un tetto sulla testa.

E’ una cultura della delazione, ma quelli che l’hanno fatta propria sono gli stessi, ed è inutile che si nascondano dietro un ditino, che avrebbero segnalato chi era in sospetto d’essere ebreo o partigiano o semplicemente aveva avuto la leggerezza di esprimere critiche al regime.

Anche ora, nel silenzio più totale vengono rastrellati i migranti e le migranti, vengono rinchiusi nei Cie e rispediti nell’inferno da cui sono scappati. Gli zelanti uomini in divisa applicano la legge, la maggioranza tace e fa finta di non sapere e, comunque, pensa che se c’è una legge vuol dire che è giusto così. Per loro la legge è un totem. Senza rendersi conto che per una volta che sono martello, altre mille saranno incudine perché la marea montante dello sdegno cittadino verrà incanalata a seconda delle necessità su una o su un’altra categoria sociale: ora gli immigrati che portano via il lavoro o i dipendenti pubblici assenteisti e rubastipendio, poi i professionisti tutti evasori fiscali e poi i commercianti tutti ladri   e la volta ancora dopo toccherà agli abitanti delle periferie tutti delinquenti.

In pratica sono nati nuovi mostri, frutto di un’ingegneria politica che ha saldato una cultura intimamente fascista, profondamente razzista e classista con il politicamente corretto e che ha sdoganato la parte peggiore dell’essere umano fornendo l’alibi politico attraverso parole come decoro urbano, tutela dell’ambiente, legalità, sicurezza.

Gruppi di volontari puliscono i muri della città o i parchi o i giardini.

Comitati di quartiere si riuniscono contro gli schiamazzi della vita notturna, i cani che sporcano, le macchine in doppia fila, ma restano indifferenti davanti ai militari con il mitra ad ogni angolo della metropolitana e in ogni piazza della città.

Persone che non riescono a pagare la bolletta della luce o del gas, invece di prendersela con chi le ha ridotte così, protestano per il nero che vende occhiali senza permesso e, soprattutto, o dea ! senza scontrino, all’angolo delle strade.

Gente che si fa rapinare quotidianamente dallo Stato, inorridisce per il parcheggiatore abusivo e va a chiamare il vigile, ma non si scandalizza per i parcheggi a pagamento, le ZTL che impediscono di entrare in centro, i divieti di accesso nella città degli dei e non percepisce affatto che tutto quello che viene definito dal denaro è un provvedimento classista.

Si è completamente persa la cognizione di che cosa sia lo Stato, momento organizzativo di chi detiene il potere, e le oppresse e gli oppressi sono stati condotti a lavorare attivamente per chi attivamente li reprime, li controlla e li sfrutta.

E’ fondamentale trovare il modo di uscire da questa cultura politicamente corretta e fascista, nel senso più preciso e politico del termine, da questa gabbia comportamentale che ha inculcato nella mente delle persone i concetti di legalità e sicurezza, veri e propri strumenti di asservimento volontario.

In questo passaggio epocale in cui la borghesia transnazionale si pone come nuova aristocrazia la legalità assume i connotati di un nuovo “ipse dixit”.

 

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Palinsesto el 20/1/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica

Immagine. 3 png tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.9 di Radio Onda Rossa S.O.S. SOSTIENI ROR!!! LA RADIO PER CONTINUARE A TRASMETTERE HA BISOGNO
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Siamo tutte prigioniere politiche! 

PALINSESTO di mercoledì  20 gennaio 2016

ore 20.00 Apertura dedicata a Mary Crow Dog/Donna Lakota Dice un proverbio cheyenne :una nazione non è conquistata finché i cuori delle sue donne resistono”.

ore 20.10 PARTE PRIMA “Attualità femminista 

utero

ore 20.30 La Parentesi di Elisabetta ” I nuovi mostri”

ore 20.35 PARTE SECONDA
Ricominciamo da tre “Femminismo materialista

Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.org

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Agenda

AGENDA

giovedì 21 gennaio ore 15.oo / No all’estradizione del compagno Omar Nayef Zayed Presidio all’Ambasciata di Bulgaria
L’Unione Democratica Arabo Palestinese vi invita a partecipare al presidio che si terrà giovedì 21 gennaio 2016, alle ore 15:00, dinnanzi all’Ambasciata di Bulgaria a Roma, contro l’estradizione del compagno Omar Nayef Zayed.
Le autorità bulgare, dietro richiesta avanzata da parte del governo sionista, hanno approvato l’estradizione di Omar Nayef Zayed, 52 anni, ex-prigioniero palestinese, condannato all’ergastolo da una corte illegale sionista dopo essere stato arrestato nel 1986.
Il compagno Omar, dopo aver portato avanti uno sciopero della fame durato più di 40 giorni, venne trasferito in un ospedale militare da dove riuscì a fuggire per raggiungere la Bulgaria.
Il 15 dicembre del 2015, l’Ambasciata sionista a Sofia ha fatto pervenire alle autorità bulgare una richiesta di estradizione per il compagno Omar. Il 17 gennaio, due giorni più tardi, le autorità bulgare hanno fatto irruzione a casa di Omar Nayef Zayed senza trovarlo. Omar si è immediatamente recato presso l’Ufficio della Rappresentanza Diplomatica Palestinese di Sofia, chiedendo asilo; si trova tutt’ora chiuso all’interno dell’Ufficio, ricevendo pressioni sia da parte delle autorità bulgare che da quelle dell’Autorità Nazionale Palestinese affinché si consegni. Da notare come l’Ufficio di Rappresentanza Palestinese di Sofia abbia impedito ad un avvocato della Rete Samidoun e ad una delegazione popolare palestinese di far visita al compagno.
Il tribunale sionista che condannò il compagno Omar nel 1986 è illegale; l’estradizione del compagno Zayed rappresenterebbe un critico precedente storico che consentirebbe alle autorità sioniste di prendere di mira tutti i militanti palestinesi rifugiati all’estero.
Ci appelliamo affinché giovedì si riesca a far arrivare un chiaro e forte messaggio alle autorità bulgare, mostrando che la consegna del compagno Omar alle autorità sioniste non passerà nell’indifferenza.
L’appuntamento è per giovedì 21 gennaio 2016, ore 15:00, all’incrocio tra Via dei Monti Parioli e Via P. P. Rubens, nei pressi dell’Ambasciata di Bulgaria.
18/⁠01/⁠2016
Unione Democratica Arabo Palestinese

 

-giovedì 21 gennaio ore 18.00/ “Potere Popolare: l’alternativa possibile”

potere popolare

Fabbriche recuperate, democrazia partecipata, comuni autogestite e “soviet bolivariani”. Dal Venezuela all’Argentina, il territorio è un vulcano di conflitti e proposte, in una tensione creativa tra potere costituente e potere costituito. Al centro di questi processi sociali – tra immaginario antimperialista e ricerca di una democrazia reale – c’è la costruzione del potere popolare.

Per dirla con le parole dello scrittore argentino Marcelo Colussi, “il potere popolare è di più, infinitamente di più dell’attenzione rivolta ai problemi puntuali di una determinata comunità, come l’illuminazione pubblica o l’asfalto in un quartiere… Il potere popolare è democrazia reale, diretta, effettiva, partecipativa del popolo sovrano, non solo per occuparsi di problemi pratici ma anche per definire e controllare la messa in atto di macro-politiche a livello nazionale e, perfino, internazionale.”

Un problema, beninteso, non solo di gestione: finché permane il potere “su” qualcuno e non per “poter fare”, infatti, nessuno potrà sentirsi assolto nel suo orticello comunale. Se brucia un’operaia in Bangladesh o se ne muore di fatica un’altra nelle maquillas del Messico, siamo tutti e tutte complici, perché è la relazione capitale-lavoro che prende piede nel nord del mondo a determinare il misero compenso destinato a quelle nostre sorelle: perché è nelle cosiddette società complesse che si decide – con la “guerra umanitaria” o con un’alzata di sopracciglio – il destino concreto o simbolico del sud del mondo.

E dunque cosa lega l’autogestione di una fabbrica argentina, o l’autogoverno di un barrio in Venezuela, con la costruzione internazionale di un’alternativa al capitalismo per il secolo XXI? E che senso ha parlare del laboratorio latinoamericano in Italia?

Ne discutiamo con Geraldina Colotti, giornalista del Manifesto, di ritorno dal Venezuela,
e l’antropologo Andrés Ruggeri, direttore del programma Facultad Abierta all’università di Buenos Aires.

Introduce la rete nazionale Noi Saremo Tutto.

Sono invitate a partecipare le realtà politiche e i movimenti sociali della sinistra anticapitalista.

Giovedì 21 gennaio alle ore 18:00
Nuovo Cinema Palazzo (San Lorenzo)
Piazza dei Sanniti 9 a, 00185 Roma

 

-sabato 23 gennaio ore 15.00/ Presidio al Cie di Ponte Galeria

sabato 23 a ponte galeria

Sabato 23 gennaio/in una location storica della Valle, vi invitiamo ad una serata di musica dagli anni ’80 fino ad oggi…
Con i migliori (peggiori) dj dello scenario della musica trash Valsusina che ci faranno scatenare fino all’alba

23 gennaio notav

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Milagro Sala

I movimenti sociali argentini protestano contro l’arresto e la criminalizzazione del dissenso pacifico. Proteste dal mondo politico dell’America Latina

Notizia presa dal sito www.Lantidiplomatico.it visita www.Lantidiplomatico.it
Milagro Sala, leader dell’organizzazione indigena Tupac Amaru, è stata arrestata sabato nella sua abitazione in Argentina. La Tupac Amaru, nata dopo la grande crisi del 2001 con l’obiettivo di dare una risposta ai temi della casa, del lavoro, della salute, dell’educazione, ha costruito, con la collaborazione dei governi di Nestor e Cristina Kirchner, quartieri interi per dare una dimora a chi non l’aveva, ha costruito ospedali, scuole, università. Ha creato centinaia di cooperative.
milagro
Gli attivisti in Argentina protestano contro l’arresto da allora e contro la criminalizzazione del dissenso pacifico. I Movimenti sociali argentini, in particolare, chiedono la mobilitazione di massa per la liberazione del leader della comunità indigena, Milagro Sala, in detenzione dopo aver protestato contro il nuovo governo di Mauricio Macri.
Con l’hashtag #LiberenAMilagroSala, o Free Milagro Sala, varie organizzazioni sociali si sono dati appuntamento a Plaza de Mayo, Buenos Aires, contro l’ordine di cattura emesso da un giudice provinciale su decisione del governatore di Jujuy, Gerardo Morales, membro del partito del presidente Mauricio Macri. Sala viene accusata di “incitamento a commettere crimini e turbamento dell’ordine.”
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