Una ragazza venezuelana

L’ intervento di una ragazza in risposta alla decisione di Henry Ramos Allup, il nuovo presidente del parlamento venezuelano, di rimuovere i ritratti di Simón Bolívar e Hugo Chávez dall’Assemblea Nazionale.

https://www.facebook.com/nelson.vielma.5/videos/10208692371967196/

La giovane ha ricordato l’importanza per il popolo venezuelano di due figure come Simón Bolívar e Hugo Chávez e come chi abbia dato l’ordine di rimuovere le immagini dei due grandi leader venezuelani sia lo stesso politico che durante la nefasta IV Repubblica ha firmato un decreto che sospendeva le garanzie costituzionali.

Inoltre la ragazza ha ricordato come ogni cittadino venezuelano abbia un’arma da utilizzare per difendersi: la Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela.

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God is an american

God is an american

Pubblicato il 17 gennaio 2016 · in Schegge taglienti ·

di Alessandra Daniele

Uncle_SamDevo ammetterlo, anch’io ho paura d’una particolare categoria di extracomunitari. Gli americani.
Questo è anno di elezioni presidenziali negli Usa. Fra i candidati repubblicani, il preferito dagli elettori è Donald Trump, una specie di orrido incrocio fra Briatore e Hitler che sembra un esperimento genetico dell’Hydra, e probabilmente lo è.
Trump è talmente grottesco che alcuni ipotizzano che la sua candidatura sia stata in realtà ideata dai sostenitori di Hillary Clinton per terrorizzare gli elettori, e spingerli a votarla per disperazione.
Il fatto che per la vittoria della Clinton si possa ritenere necessario uno spauracchio così raccapricciante dice tutto su quanto sia stimata.
Gli altri candidati repubblicani emersi finora sono una tetra fila di fotocopie sbiadite dello stesso cliché reazionario, fra le quali Jeb Bush non riesce a distinguersi.
Pare che dopotutto il fratello più furbo fosse George W.
E anche questo dice tutto.
Il bersaniano Bernie Sanders, benché attualmente più popolare della Clinton (come praticamente chiunque, escluso forse il virus Ebola) sembra avere ben poche chance di arrivare davvero alla presidenza. Le sue promesse sarebbero comunque destinate alla stessa fine di quelle di Obama, il premio Nobel per la pace che ha appena ordinato l’ennesimo invio di truppe in Iraq.
Sia che la corsa finale si riduca ancora una volta alla scontro fra le due casate imperiali Bush e Clinton, sia che si trasformi nell’ascesa del clan di Don Aldtrump, ancora una volta, che ne siamo consapevoli o meno, il vincitore avrà diritto di vita e di morte su tutti noi, come un dio meccanico signore degli eserciti, dei droni, e delle security cam.
I media italiani però sembrano perlopiù disinteressati alla competizione, preferendo concentrarsi sulla mansarda abusiva grillina di Quarto, che i renziani festeggiano al grido totòista di “mal costume, mezzo gaudio”, o sulle paranoie degli omofobi per l‘utero in affitto, magari mansardato.
E quando si occupano dello scenario bellico, è per utilizzare le vittime del nemico come chiamata alle armi.
Intanto gli USA continuano a combattere questa Guerra Mondiale senza numero, e tutte le altre che come una Matrioska contiene, da quella politico-economica contro la pan-Germania della Merkel, a quella contro l’imperialismo concorrente della Russia di Putin, al laocoontico mexican-standoff fra le varie fazioni del mondo arabo, alla lotta per il controllo e lo sfruttamento delle risorse naturali e umane che sottende a tutto lo scenario come un attrito di faglia ai terremoti, e che spacca trasversalmente anche il fronte interno.
I’m afraid of americans.
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Rosa

ROSA

“Il mondo si comincia a cambiare chiamando le cose con il loro nome”

Rosa Luxemburg ad una manifestazione politica

di Elisabetta Teghil

Rosa Luxemburg studiando la società capitalista mette in luce che, condizione indispensabile per la sua sopravvivenza ed espansione, è l’annullamento delle economie altre. Questo è anche il senso delle così dette guerre umanitarie che non sono solo guerre coloniali, ma anche distruzione delle economie precapitalistiche, e che sono accompagnate contemporaneamente anche della guerra a tutto campo, feroce, che viene fatta nei confronti delle economie marginali che di fatto sono di autosussistenza, nei paesi capitalisti.

Inoltre, sottolinea l’importanza che assume l’apparato militare industriale come volano dell’economia. In definitiva, il capitalismo che è autoespansivo consiste nella dissoluzione di tutto quello che è altro sia all’interno che all’esterno dei confini politici dei rispettivi Stati. Tutti quei casi che Luxemburg definì “il mercato esterno del capitalismo”.

Tutto questo ne dimostra l’attualità perché ne facciamo i conti tutti i giorni anche nel quotidiano.

Da qui l’operazione di snaturarne e stravolgerne il ruolo e il pensiero a partire da una presunta contrapposizione a Lenin da posizioni più caute e misurate. Quella che è la normale dialettica fra marxisti viene innalzata a differenti posizioni di campo dimenticando volutamente che Luxemburg criticò Lenin per la collettivizzazione delle terre auspicandone la nazionalizzazione ed altresì che al Congresso costitutivo del Partito Comunista di Germania che si tenne a Berlino dal 30 dicembre 1918 al 1 gennaio 1919, Rosa Luxemburg aveva appoggiato gli interventi di alcuni delegati favorevoli alla soppressione dei sindacati mentre Lenin nella relazione al comitato centrale del 18 marzo del 1919 ribadisce l’utilità degli stessi. Evidentemente dimenticano che lei si rifaceva alla lettura precisa dei testi di Marx e che Lenin doveva fare i conti con un paese da governare. Gli stessi tentano di mettere Luxemburg contro Lenin sui temi della libertà omettendo che si trattava di un fecondo scambio che mirava sempre allo stesso obiettivo: come far vivere la rivoluzione. Entrambi erano animati dagli stessi ideali e l‘accento che ponevano su questo o quell’altro aspetto erano dettati dal ruolo contingente che avevano. E’ come dire che Bucharin, Kamenev, Zinoviev, non erano comunisti e rivoluzionari, ma anzi antileninisti, perché avevano votato nel comitato centrale del POSDR contro la rivoluzione d’ottobre. Continua a leggere

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Sabato 16 gennaio 2015 a Roma

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La Coordinamenta femminista e lesbica ha deciso di  non aderire alla manifestazione contro la guerra indetta oggi, 16 gennaio 2016, a Roma perché, purtroppo, c’erano in piazza troppe soggettività complici e responsabili, come forze di governo o di opposizione, di questi 25 anni di guerra. Tuttavia, riteniamo estremamente importante mobilitarsi contro la guerra che l’Occidente, guidato dagli Usa e con lo strumento della Nato, sta esportando  in tutto il mondo e continuiamo ad attivarci senza appigliarci a presunte e funamboliche neutralità, senza dimenticare la paternità delle aggressioni armate ed economiche, senza aver paura di nominare la guerra del capitale e l’ordine patriarcale.

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Podcast della Trasmissione del 13/1/2016

” Nomi delle Cose” /Puntata del 13/1/2016

“Riflessioni femministe su Colonia”

Rosa Luxemburg/Riflessioni femministe su Colonia/ Mala tempora currunt/Ricominciamo da tre “Perché il femminismo deve essere contro la  guerra del capitale e contro la Nato”

contro la guerra

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Podcast della Parentesi del 13/1/2016

La parentesi di Elisabetta del 13/1/2016

“Mala tempora currunt”

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La Parentesi di Elisabetta del 13/1/2016

“Mala tempora currunt”    cavallo di troia

Continuano le trattative tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea per il TTIP. La prima considerazione che balza agli occhi è che  continuano ad essere segrete. Un trattato che avrà ripercussioni importanti nella vita di milioni di persone viene condotto segretamente. Alla faccia di quelli/e che si riempiono la bocca di parole come democrazia, rappresentatività, partecipazione.

Non è necessario ricordare qui cos’è il TTIP: un attacco a tutto campo alla sovranità dei singoli paesi che minerà le possibilità di sopravvivenza di interi settori economici e industriali nonché un attacco a tutto campo alle conquiste alimentari, sociali, culturali ottenute nei singoli Stati europei. Il TTIP è una vera e propria Nato economica.

La Nato, di fatto, detta la linea politica estera agli Stati aderenti all’Unione Europea. Il TTIP lo farà anche nel campo economico.

Non è sufficiente dire che le lobby delle multinazionali anglo americane fanno pressione, è necessario dire che le stesse dettano l’agenda. Questo non è una novità negli USA dove le multinazionali dirigono la politica in maniera compiuta dai tempi dell’assassinio di J.F.Kennedy. Già Eisenhower, che pure veniva dall’esercito, nel discorso di commiato alla fine del suo mandato presidenziale, denunciò l’invadenza e qualche cosa di più dell’apparato militare industriale. L’espansione e la sempre maggior forza politico-economica che questo settore avrebbe raggiunto nei paesi capitalisti è stata analizzata e raccontata con estrema chiarezza da Rosa Luxemburg.

L’apparato militare industriale statunitense detta ora la politica estera dell’UE tramite il grimaldello della NATO . E si cerca di estendere questa ingerenza diretta  in tutti i campi tramite il cavallo di troia del TTIP. Di fronte all’importanza e alle devastanti conseguenze di questa operazione, colpisce il silenzio e la disattenzione in Italia rispetto al tema, non solo da parte dei media ma anche del movimento antagonista. Certo, i primi sono schierati, interessati e parte integrante del sistema, ma la  disattenzione del movimento è preoccupante .

L’unico paese dove il dibattito è forte e ci sono state imponenti manifestazioni di piazza contro il TTIP è la Germania dove il governo, che è espressione degli interessi dell’industria manifatturiera ed esportatrice, mettendo al primo posto gli interessi di quest’ultima con evidenti riflessi occupazionali, mostra poca propensione all’adesione al TTIP. Perciò balza agli occhi che l’SPD nel suo ultimo congresso, nel dicembre del 2015 dei tanti temi che poteva e avrebbe dovuto affrontare, ha trovato il tempo di discutere e di sancire formalmente per iscritto la sua disponibilità all’ adesione al TTIP.

Qualcuno potrebbe definire questa scelta improvvida dato che va contro gli interessi della Germania e non tiene conto degli umori e delle scelte dei tedeschi. Ma il gruppo dirigente dell’SPD queste cose le sa: Evidentemente ha puntato sull’influenza a tutto campo degli Stati Uniti e spera di eliminare Angela Merkel e di andare al potere da solo con una soluzione all’italiana.

Mala tempora currunt. E’ necessario mettere all’ordine del giorno lo smascheramento e la sconfitta politica della socialdemocrazia che naturalizza nei paesi europei il neoliberismo che vuol dire realizzare compiutamente in Europa la società americana. E passaggio fondamentale è l’uscita dell’Italia dalla Nato.

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Lettera-denuncia delle detenute di Sollicciano

carcere di SolliccianoLettera-denuncia delle detenute di Sollicciano

http://firenzedalbasso.org/lettera-denuncia-delle-detenute-di-sollicciano/

“Abbiamo celle invivibili, piene di muffa e ci piove dentro e ci tengono senza riscaldamento e senza acqua calda, la sera siamo costrette a dormire con i panni addosso perché dal freddo non riusciamo a mettere il pigiama”

Così scrivono le detenute di Sollicciano in una lettera-denuncia l’ultimo giorno del 2015.

Freddo, sovraffollamento, infestazioni di topi e scarsa assistenza sanitaria, questi i principali problemi che denunciano le autrici della lettera che affermano “Viviamo peggio degli animali” sottolineando, se ancora ce ne fosse bisogno, come il carcere sia un luogo dove anche i diritti più basilari sono negati e la dignità personale profondamente lesa.

“Siamo infestati dai topi infatti alcune detenute nella notte sono state morse e non hanno avuto assistenza medica, cioè in ritardo. Siamo state costrette a dormire con una sola coperta e alcuni sono senza il cambio delle lenzuola che avviene ogni 15 giorni ma dobbiamo essere fortunate e la rifornitura che comprende 4 rotoli di carta igienica a testa, due flaconi di detersivo per lavare i pavimenti, saponette per lavare i panni una volta al mese. Ci sono detenute con problemi psichici, con epilessia e attacchi di panico e alcune asmatiche e sono rinchiuse da sole, abbandonate a se stesse peggio del manicomio di Montelupo fiorentino”

Negli ultimi anni i casi di suicidio e tentato suicidio nel carcere fiorentino sono stati ben oltre la media nazionale e il problema del sovraffollamento ha assunto dimensioni ben oltre la soglia della criticità.

Già due anni fa il numero dei detenuti era di 990 uomini e 112 donne con un totale di 1021 persone fra cui addirittura tre bambini, in una struttura che dovrebbe ospitare 480 persone.

E’ bizzarro come a fronte di questa situazione in cui è violata ogni basilare norma igienica e umanità   il Comune di Firenze specifichi nella sua “Guida” per i detenuti di Sollicciano che un motivo di sanzione disciplinare sia

  1. negligenza nella pulizia e nell’ordine della persona o della camera;

Se il carcere è sicuramente l’istituzione totale per eccellenza, dove la privazione della libertà è assoluta è anche l’istituzione in cui tutto viene messo a profitto.

Analogamente ad altre strutture detentive o assistenziali, si pensi alle strutture d’accoglienza (in cui il Comune di Firenze spende cifre enormi) o ai Cie (in cui quotidianamente si lamentano situazioni di alloggi fatiscenti e situazioni igienico sanitarie gravose), ogni persona che entra nel meccanismo diventa una fonte di profitto per molti attori: i gestori delle strutture in primis, ma anche tutta la rete delle cooperative e degli enti gestori che traggono il massimo profitto dalla vita degli abitanti.

Il carcere è un business.

Ogni detenuto costa allo Stato circa 200 € al giorno, di cui forse una minima parte viene usata per le esigenze del detenuto stesso (che peraltro è costretto a pagare la propria permanenza in carcere circa 50 € al giorno), la maggior parte va a finanziare tutti quei soggetti che sul carcere speculano e fanno profitto.

Analogamente un “ospite” in una struttura d’accoglienza costa al Comune di Firenze 70 € al giorno , in un mese fanno più di 2000€, e dato che molte persone finiscono nelle strutture dopo sfratti o situazioni di emergenza abitativa, risulta ancor più paradossale come dando la stessa cifra alla persona stessa l’emergenza si risolverebbe da sola.

E’ sempre più evidente come il grande contenitore della così detta marginalità sociale (non è un mistero che la detenzione è strettamente legata alla povertà) sia funzionale alla speculazione e al profitto sulla povertà stessa fregandosene dei diritti umani più basilari a conferma anche di un’idea  di carcere come espiazione ed estrema punizione al di là di ogni vuota retorica di reinserimento sociale.

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Palinsesto del 13/01/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.9 di Radio Onda Rossa/ S.O.S. SOSTIENI ROR!!! LA RADIO PER CONTINUARE A TRASMETTERE HA BISOGNO DI UN AIUTO CONCRETO e IMMEDIATO!  http://www.ondarossa.info/node/2

Questa è la prima trasmissione del nuovo anno, quindi buon 2016 di lotta!nella consapevolezza che

Immagine. 3 png Siamo tutte prigioniere politiche!

PALINSESTO di mercoledì  13 gennaio 2016

ore 20.00 Apertura Rosa Luxemburg

“L’imperialismo è al tempo stesso un metodo storico per prolungare i giorni del capitale
ed il mezzo il più sicuro e più veloce di mettervi obiettivamente un termine.
Ciò non significa che il punto finale abbia bisogno di essere raggiunto alla lettera.
La sola tendenza verso questo scopo dell’evoluzione capitalista si manifesta
già attraverso dei fenomeni che fanno della fase finale del capitalismo un periodo di catastrofi”
L’Accumulazione del capitale, III, 31: “Il protezionismo e l’accumulazione”.

ore 20.10 PARTE PRIMA

“Attualità femminista 

ore 20.30 La Parentesi di Elisabetta “Mala tempora currunt”

ore 20.35 PARTE SECONDA

Ricominciamo da tre “Perché il femminismo deve essere contro la  guerra del capitale e contro la Nato”

Antimilitarista0023

da http://mojumanuli.noblogs.org/

Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.or

per riascoltarci e per leggere i documenti
per ascoltarci in streaming
www.ondarossa.info cliccando “ascolta la diretta”
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Teresa Scinica

Teresa Scinica

Teresa Scinica

Teresa Scinica, ex operaia Fiat e sindacalista Cgil di origini calabresi. A vent’anni, è stata arrestata a Torino e condannata all’ergastolo per aver fatto parte delle Brigate Rosse-Partito Guerriglia. Non si è pentita né dissociata e ha terminato di scontare la sua pena usufruendo della libertà condizionale.

 

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Joan Baez-House Of The Rising Sun

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Violenza di genere e femminicidi politici

Violenza di genere e femminicidi politici

di Nicoletta Poidimani

http://www.nicolettapoidimani.it/?p=1065

La violenza di genere ha sempre una valenza politica, dal mio punto di vista, poiché è uno strumento utilizzato per perpetuare il secolare dominio del genere maschile sulle donne. Poco conta se questo uso sia sempre consapevole o sia frutto di una mentalità che inferiorizza le donne fino a renderle proprietà maschile, dunque schiave dell’uomo. È un dato di fatto storicizzabile, da combattere alla radice.

Esiste, poi, un uso politico della violenza di genere e del femminicidio, il cui obiettivo non è ‘solo’ quello di terrorizzare le donne per mantenerle in condizione di schiavitù, ma anche quello di terrorizzare un’intera popolazione. Generalmente questo secondo aspetto va di pari passo con la guerra. Nella storia se ne possono rintracciare innumerevoli casi; il più recente è quello della guerra che il governo di Erdogan sta portando avanti, con rinnovata ferocia, nei confronti della popolazione kurda.

Ciò che è avvenuto a Colonia e in altre città a capodanno è terribile, senza dubbio. E non deve stupire che la mentalità patriarcale faccia uso anche dei social network per organizzare violenze di massa. O continuiamo a pensare, stupidamente, che il patriarcato abbia a che vedere con il feudalesimo e nulla abbia a che fare con la modernità e le sue tecnologie?

Ricordiamo bene le aggressioni sessuali di gruppo in piazza Tahrir, al Cairo, quando orde di maschi circondavano le donne, le molestavano e le stupravano per ‘punirle’ della libertà che si erano prese scendendo in piazza a protestare. Ma dovremmo anche ricordare bene  come, nell’arco di breve tempo, si organizzarono i gruppi di difesa e autodifesa delle donne. E così anche in India, e in tante altre parti del mondo. Che oggi le aggressioni sessuali di gruppo – come quelle di Colonia – vengano ridotte ad una questione etnica o culturale, serve solo a coprire un dato di fatto, che noi donne abbiamo, invece, molto chiaro – anche se giornaliste & C. sembrano dimenticarsene molto facilmente quando si tratta di soffiare sul fuoco della xenofobia.

Quale donna non ha avuto a che fare con aggressioni sessuali di branco già dalle elementari, se non da prima? Cosa c’entra la provenienza etnica, se non per dissimulare un problema molto più profondo che si chiama dominio patriarcale e che viene instillato nei maschi ancor prima che nascano? Si tratta di un dominio che, pur manifestandosi con declinazioni  differenti, nella sostanza non cambia affatto.

Quando ero in Olanda, ad Utrecht, per ragioni di studio, mi si raccontava di come quel paese fosse avanti anni luce, quanto le donne fossero emancipate e quanto illuminati fossero gli olandesi coi loro matrimoni gay e lesbici, col loro antiproibizionismo ecc ecc… Trovavo poco convincenti queste affermazioni, anche perché sapevo della genderizzazione della popolazione migrante in base alla divisione capitalistica del lavoro: per ottenere il permesso di soggiorno, alle donne immigrate veniva insegnato come diventare delle ‘brave casalinghe olandesi’ – che il lunedì lavano i panni, il martedì stirano, e via dicendo – mentre agli uomini venivano insegnati lavori di basso profilo, per tenerli al fondo della scala sociale e ‘razziale’. Ma la conferma che l’Olanda non fosse affatto un paese meno machista di altri l’ho avuto durante il Queen’s day, quando, il 30 aprile, l’intera popolazione è in festa per il compleanno della regina (tutto vero!). Si tratta di una giornata in cui si rovesciano le consuetudini quotidiane, più o meno rigidamente mantenute per tutto il resto dell’anno. Una sorta di carnevale, nel senso più alienato del termine; una  ‘valvola di sfogo’. I festeggiamenti cominciano la sera del 29 aprile e proseguono per 24 ore – inutile dire che, poi, il primo maggio, tutti/e rientrano docili nei loro ranghi calvinisti, altro che festa del lavoro! – e per tutto quell’arco temporale gli olandesi (e le olandesi!) si scolano ettolitri di alcolici ed è molto frequente incontrare gruppi di maschi alti e biondi, ubriachi marci, che insultano e molestano le donne – soprattutto quelle che non hanno tratti somatici tipicamente nederlandse. Non sto qui a raccontare la serata che io e un’amica spagnola – entrambe basse e scure, quindi visibilmente non-nederlandse – abbiamo trascorso difendendoci da insulti e aggressioni da parte di vari branchi di olandesi, la cui mentalità machista è rafforzata da un’altrettanto forte eredità partiarcal-coloniale. Continua a leggere

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9 gennaio in ricordo di Sakiné, Fidan, Leyla

9 Gennaio in ricordo di Sakiné, Fidan, Leyla

Oggi si svolgono diverse iniziative in diverse città per ricordare Sakinè, Fidan, Leyla assassinate tre anni fa a Parigi dai Servizi Segreti Turchi e per sostenere la lotta delle donne e della popolazione curda.

Le problematiche sul fronte esterno non sono mai disgiunte da quelle sul fronte interno. I Paesi occidentali , Usa in testa, conducono le guerre neocoloniali, destabilizzano interi paesi e aree geografiche e contemporaneamente producono sul fronte interno la militarizzazione dei territori, l’impoverimento sempre crescente della popolazione, l’affossamento delle garanzie sociali, la strumentalizzazione dell’antirazzismo e dell’antisessismo. Ci dobbiamo sempre ricordare che la Turchia che conduce con una violenza inenarrabile la persecuzione della popolazione curda, è un paese che fa parte della Nato ed è tutto interno al progetto di destabilizzazione dell’area mediorientale che gli Stati Uniti e Israele stanno portando avanti con determinazione e senza esclusione di colpi. L’Isis non è altro che un prodotto di questa politica. E non dobbiamo mai dimenticarci il ruolo e la funzione dell’Italia in questo contesto: Ocalan è stato, di fatto, con la sua espulsione, consegnato alle autorità turche dal governo D’Alema, con il PCDI al governo, l’Italia fornisce ufficialmente armi all’Arabia Saudita che servono per reprimere il popolo yemenita e vengono, neanche tanto occultamente, passate all’Isis.

In questo quadro il modo migliore per ricordare e rivendicare il patrimonio politico lasciatoci da Sakiné, da Fidan e da Leyla è mettere all’ordine del giorno l’uscita dell’Italia dalla Nato.

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9 gennaio
Pisa: ore 11, conferenza stampa della comunità kurda toscana sotto il comune di Pisa
Bologna: ore 16, sotto le Due Torri
Roma: ore 15, piazza del Colosseo (lato metro)
Viareggio: dalle 17.30, Cantiere sociale versiliese, via Belluomini 18
Lecce: dalle 17.30 alle 21.30, piazza Santo Oronzo

15 gennaio
Firenze: dalle 20.00, CPA Firenze sud, via di Villamagna 27/a

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Janis Joplin-Summertime

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Intervista a Gabriela Rivandeneira

Intervista da Quito per il Manifesto della Presidenta del Parlamento dell’Ecuador: “Abbiamo messo l’essere umano prima del capitale. Per questo viviamo una guerra permanente contro di noi dai media. Aiutateci a diffondere la verità”

Notizia presa dal sito www.Lantidiplomatico.it visita www.Lantidiplomatico.it

di Federica Zaccagnini, da Quito

Chi è Gabriela Rivadeneira?

Beh, Gabriela Rivadeneira è una giovane, madre, sognatrice, compagna, combattente, militante, molto disciplinata con l’organizzazione politica, perché crediamo che da lì nasca la base della proposta di trasformazione del nostro paese. Nell’attualità e nella contingenza sono Presidente dell’Assemblea Nazionale (il Congresso dei deputati, ndr).

Lei è cresciuta a Otavalo, dove ha assolto diversi incarichi di rappresentanza, è stata Consigliera Comunale, Vice-Prefetto, Governatrice nella regione di Imbabura. La sua vita personale e politica si è tenuta in una provincia e in una città, rispettivamente Imbabura e Otavalo, dove vi è una forte presenza indigena. Qual è la sua opinione a proposito di quelle accuse rivolte al Presidente Correa, secondo le quali avrebbe tradito gli indigeni e i movimenti? Continua a leggere

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