Le donne del Cie di Ponte Galeria in sciopero della fame

Roma – Le donne nel CIE di Ponte Galeria in sciopero della fame contro la detenzione

Verso metà gennaio, undici donne di origine marocchina, arrivate dalla Libia e sbarcate sulle coste italiane, sono state prelevate e portate in una struttura per migranti in Calabria, descritta come un centro di grandi dimensioni simile a una prigione, da cui non potevano uscire e dove la polizia le scortava anche in bagno. Si tratta con ogni probabilità del CPA/CARA di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.
Dopo una breve permanenza sono state trasferite, a inizio febbraio, nel CIE (ora CPR) di Ponte Galeria, dove sono state avviate tutte le procedure per la richiesta di asilo politico.
A seguito di questa richiesta, è stato comunicato loro che verranno ugualmente trattenute lì per due mesi, senza fornire altre spiegazioni. Sappiamo che i tempi di permanenza all’interno del CIE, che riguardino processi di identificazione o di elaborazione delle domande d’asilo, sono spesso arbitrari e possono variare dai 30 ai 90 giorni.
Dopo essere state accolte solo da gabbie e polizia, le donne si son viste quindi negata anche la possibilità di conoscere il motivo della loro detenzione.
Per questo hanno deciso di ribellarsi e lottare contro questa privazione della libertà, inziando tutte insieme uno sciopero della fame.
Obiettivi di questa lotta sono inoltre quelli di  denunciare le precarie condizioni di vita all’interno del CIE e il bisogno di conoscere il destino a cui le autorità le hanno condannate.
Diffusasi la notizia all’interno del lager, anche altre recluse hanno appoggiato questa scelta unendosi allo sciopero.
La loro lotta per la libertà riesce a superare e abbattere le differenze con cui gli stati ci dividono e obbligano a essere servx silenti.
La nostra solidarietà alla loro scelta di scioperare rende più instabile il muro che ci separa.
Sempre a fianco di chi si ribella contro vecchie e nuove carceri.

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Una Di Meno

“[…]Volere una fetta della torta non è la stessa cosa che tirarla in faccia all’oppressore.[…]

Una di meno

animaliena.wordpress.com

Non riesco nemmeno a ricordare la prima volta che, esitante ma orgogliosa, mi sono definita femminista. Mi viene in mente un seminario all’università, nel corso del quale il mio mondo ha cambiato il proprio asse. La prima assemblea, l’emozione di trovarmi un stanza piena di donne, arrabbiate ma – ai miei occhi – bellissime. E mia madre, che mi apostrofava con malcelato disprezzo: “Non dirmi che sei diventata femminista!”.

Il femminismo mi ha salvato la vita, e ha liberato energie che nemmeno sapevo di avere. L’energia derivante dalla rabbia per le ingiustizie, l’energia di chi si riconosce in quanto oppressa e vuole liberarsi, e liberare, dall’oppressione; quella che sgorga dal non sentirsi più sola, ma unita ad altre compagne in lotta.

I momenti collettivi, l’autocoscienza, gli eventi pensati e organizzati assieme; gli articoli letti, scritti e tradotti, le reti di relazioni virtuali (spesso poi diventate legami reali). Il femminismo ha rappresentato per me, in quanto marginalità oppressa dal patriarcato, la corazza invisibile capace di mettermi quotidianamente al riparo dalle discriminazioni, dagli attacchi, dalle violenze di un sistema ingiusto, che si alimenta e si rigenera proprio a partire dall’ineguale distribuzione di opportunità e poteri (non in senso negativo, ma proprio in quanto possibilità di autodeterminazione e autorealizzazione).

Eppure oggi il femminismo non mi basta più.

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Il neoliberismo fascista

Il neoliberismo fascista

[…] l’ideologia neoliberista si muove con modalità specifiche, applica concetti fascisti e nazisti nella maniera che le è più congeniale, dato che ha assunto l’armamentario lessicale e formale della socialdemocrazia. Tutto il bagaglio culturale della così detta sinistra viene sussunto, rimasticato ed usato in un’aberrazione di società, quella che può essere definita dell’antirazzismo razzista, dell’antisessismo sessista, dell’antifascismo fascista.

Il fascismo esplicito e in orbace viene sdoganato dal neoliberismo all’occorrenza. E’ doppiamente utile perché, quando serve, la violenza squadristica può dissuadere il dissenso e allo stesso tempo permette alla socialdemocrazia di presentarsi come salvaguardia dello “Stato democratico” rispetto agli opposti estremismi. E ricordiamoci sempre che la socialdemocrazia tedesca ha spianato la strada al nazismo.

Essere antifasciste e antifascisti oggi significa riconoscere dove si annida il fascismo e il nazismo nella nostra società e smascherare, quindi, il PD, annessi, connessi e collaterali.

Il neoliberismo fascista

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In ricordo di Carla e di Valerio

22 febbraio/In ricordo di Carla e di Valerio Verbano

Contro la società dell’antifascismo fascista, dell’antirazzismo razzista, dell’antisessismo sessista!

via Monte Bianco ore 16 un fiore per Valerio/ore 17 corteo cittadino

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Con la resistenza delle donne nel Cie di Ponte Galeria

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO

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La Coordinamenta verso l’8 marzo!!!/VOGLIAMO LA LUNA!

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Lo Stato risponde alla violenza di genere con le deportazioni!

Roma – CIE di Ponte Galeria: lo Stato risponde alla violenza di genere con le deportazioni

Retate nelle strade, stupri, soprusi e continue violenze nei centri di detenzione: questa è la quotidianità che lo stato offre alle donne migranti. Uno stato fascista e razzista fondato su machismo e cultura dello stupro; al di là dei propagandati progetti della polizia in difesa delle donne contro la violenza di genere, questo è uno stato che dice di proteggerti e nella realtà, al contrario, si trasforma in un ulteriore pericolo per la tua libertà e la tua vita.
Questo è ciò che è successo a Olga (nome di fantasia), una delle tante donne che spesso trovano il coraggio di liberarsi dalle loro relazioni violente. Olga è una donna ucraina che, nel momento in cui si è rivolta alle forze dell’ordine per denunciare le violenze agite da quello che era il suo compagno, è stata rinchiusa nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria, da dove la deporteranno a breve, perché la sua condizione di “irregolare” ha prevalso sulla sua richiesta di aiuto. Non si tratta di un caso isolato: ogni giorno le migranti devono vivere sulla propria pelle gli effetti di questo stato che le umilia, le sfrutta, le criminalizza e imprigiona per perpetuare poi le stesse violenze all’interno delle mura infami di un CIE.
Ogni giorno le donne migranti portano avanti le loro resistenze a questo sistema razzista fatto di confini e galere.
Non chiediamo allo stato di difenderci dalla violenza che esso stesso produce e di cui si nutre.
Quello che vogliamo è continuare a sostenere le lotte di chi a tutta questa brutalità si ribella, di chi resiste nei CIE, di chi si oppone alle deportazioni.
Quello che vogliamo è la libertà per tutte le donne recluse.

nemiche e nemici delle frontiere

Qui di seguito la trascrizione della telefonata con la donna detenuta nel CIE di Ponte Galeria. A causa di difficoltà di comprensione dell’audio, alcune parti sono mancanti e alcune sono state integrate tra parentesi per facilitare la lettura.

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La Parentesi di Elisabetta del 15/02/2017

“Dominanti e dominati”

Ci sono delle evidenze che definiscono dominanti e dominati prima ancora di qualsiasi indagine sociologica e analisi ideologica.

La definizione positiva è quella che concerne il gruppo o l’individuo costruito come razza e/o sesso, la designazione negativa, ovvero la non-designazione, si applica all’Altro. I bianchi, ad esempio, non fanno parte delle “persone di colore”: il bianco, il referente, non ha colore. Analogamente nella designazione dell’appartenenza di sesso, la categoria differenziale è quella di donna. Non occorre nominare l’uomo, è l’implicito delle categorie sessuali.

Tra uomini e donne storicamente si è sviluppata un’asimmetria, per cui le donne sono differenti dagli uomini, mentre gli uomini non sono differenti. Gli uomini sono.

Ma la differenza sessuale è stigma di un antico rapporto di dominio e di sopraffazione, emblema dell’ideologia naturalizzante dei rapporti sociali tra i sessi.

Quello che definisce l’appartenenza al gruppo dominante è la possibilità indefinita, cioè la possibilità giuridica di non avere interdizioni rispetto alle pratiche del gruppo dominato.

Legalmente nulla impedisce a un membro del gruppo dominante di entrare nello specifico delle categorie dominate.

A parte le prerogative proprie di queste condizioni cioè salari da fame, fatica, insicurezza precarietà…..non incontrerà vincoli o ostacoli se non la sorpresa, lo scherno,  l’indifferenza o addirittura la gratitudine.

In ogni caso nessuno gli impedirà di farlo.

Nessuno nei fatti glielo impedisce e nessuno nei fatti glielo impone. E’ l’insieme di queste due possibilità che dà la misura della differenza.

Allo stesso tempo i membri del gruppo dominato non possono richiedere salario per lavori che sono definiti socialmente come gratuiti.

Per non parlare delle barriere del “comune sentire”, della “prassi consolidata”, della “norma non scritta”, tutte frutto dell’egemonia culturale dei dominanti e così efficaci da sbarrare la strada all’accesso a salari elevati, all’indipendenza personale, alla libertà di movimento. I dominati si trovano in una situazione simmetrica e inversa a quella dei dominanti poiché talune pratiche sono loro assolutamente vietate ed è invece assolutamente loro imposto di svolgere gratuitamente il lavoro domestico, di essere mano d’opera, di avere un salario minimo o al di sotto del minimo….

E tutto questo attraverso un arsenale di mezzi: lo stigma e, quindi, la vergogna indotta, il ricatto economico, il mezzo giuridico con la “sacralità” della legge, la repressione diretta, il consenso.

La sottomissione non si conquista solo con la coercizione e le punizioni, con il monopolio della violenza, con divieti, sanzioni, obblighi, ma passa anche attraverso l’interiorizzazione di questi divieti e questi obblighi.

Inoltre ora è avvenuto un cambiamento per non cambiare niente. Qualcuno del gruppo dominato può essere promosso individualmente, ma questo non incide sulla condizione del gruppo dominato. Un presidente nero degli Stati Uniti non ha comportato nessun miglioramento nella condizione dei neri, l’indipendenza dei paesi del terzo mondo con la promozione delle borghesie locali non ha portato un cambiamento nella condizione di soggezione di quei paesi.

L’emancipazionismo nel rapporto dominante/dominato tra uomini e donne ha ampliato le possibilità delle dominate di entrare nella sfera dominante e contribuisce a velare la percezione del dominio. Le possibilità concesse alle dominate sono legate a quanto saranno in grado di assumere pienamente i valori dominanti e sapranno essere catena di trasmissione della loro perpetuazione. Questo però non comporta nessun miglioramento per tutte le altre donne, anzi, viene continuamente ribadita la struttura gerarchica, autoritaria, patriarcale e classista della società.

Il risultato massimo, infatti, i dominanti lo ottengono quando i dominati introiettano la scala di valori dominante, la fanno propria e sono i primi controllori e fautori della propria situazione di dominati.

Tutto questo non ha niente di predeterminato o naturale, ma non è altro che la manifestazione della verità della classe e del genere dominante

Il capitalismo è metabolismo sociale e investe tutti i rapporti sociali e, pertanto, l’alienazione della coscienza sociale individuale è generale e la si recupera con la rimozione di quei rapporti sociali di produzione che l’hanno generata.

Nella formazione sociale borghese-patriarcale codici, funzioni e canali della comunicazione culturale sono controllati dalla classe dominante e dagli uomini che ne detengono la proprietà “privata”. Affermare il carattere storicamente contestualizzato e segnico di tutte le zone della coscienza e della cultura tutta significa ribadirne necessariamente il carattere ideologico.

Dominio reale del capitale significa assoggettamento della coscienza individuale degli oppressi/e ai programmi di comportamento del dominio e questa catena si può spezzare solo ponendo le proprie pratiche sociali in rapporto antagonistico con l’intera società borghese patriarcale.

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Di chi? con chi? per chi?

Sciopero delle donne? di chi? con chi? per chi?

Leggiamo sui media che venerdì c’è stato a Pisa un presidio davanti alla Società della salute, ente che integra i servizi sanitari con quelli comunali, presidio in concomitanza con lo svolgimento della Commissione Territoriale Sfratti. Presidio contro le politiche di ghettizzazione di chi si trova sotto sfratto, l’umiliazione nei rapporti con gli assistenti sociali, le situazioni economiche di grande precarietà, la colpevolizzazione a cui vengono sottoposte le persone in queste situazioni. E leggiamo che il protagonismo all’interno del presidio è stato delle donne, verso lo sciopero delle donne dell’8 marzo lanciato da Nonunadimeno.

Ma la maggior parte degli assistenti sociali responsabili della colpevolizzazione di chi è povera/o, delle minacce di portare via i figli a chi occupa le case, dell’umiliazione a cui vengono sottoposte le persone che cercano con le unghie e con i denti di sopravvivere, sono donne. Come sono donne tantissimi giudici, magistrati, avvocati, ufficiali giudiziari, direttori di carcere, medici, psicologi, psichiatri…e usiamo il maschile volutamente e non le chiamiamo avvocate, magistrate, psicologhe perché il maschile è il termine deputato per definirle.

Anche tutte queste sono state chiamete allo sciopero e sciopereranno per avere riconoscimento e stipendi adeguati e magari anche contro il lavoro di cura che non permette loro di esprimersi adeguatamente nella professione (quale? quella di picchiare i manifestanti in piazza o quella di togliere i figli a chi occupa le case??)

Il neoliberismo declina il patriarcato in un modo specifico ed ha inglobato le donne che si prestano attraverso la loro promozione personale ad opprimere le altre donne e i subalterni tutti. E’ impossibile condurre qualsiasi lotta ignorando la specificità di una società imperniata sull’antisessismo sessista, sulla strumentalizzazione delle nostre lotte e sul tradimento di quelle che concorrono a supportare attivamente e scientemente questa società in ogni ambito. Un abisso profondissimo divide l’insieme delle donne. Nonostante l’oppressione sia trasversale, la risposta non può essere interclassista.

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Peggio di quanto si possa immaginare!!

Peggio di quanto si possa immaginare!! 

Peggio di quanto potessi immaginare, la madre lo denuncia perché ancora si pensa che le canne siano una droga pesante, agghiacciante il discorso in chiesa concetto molto fascista meglio un figlio morto che traditore così recitavano dei manifesti di propaganda fascista per mandare la gente in guerra qui basta cambiare con meglio un figlio morto che un figlio drogato o un figlio obbediente alla norma. Qui la norma è tutto, vale più della vita, stare nei ranghi comportarsi bene e rimanere nel recinto è ciò che conta questo è quello che significa vivere nei ruoli impostati dal regime, una madre coraggio devota alla legge e alla morale che fa il suo dovere. nemmeno un minimo dubbio si insinua nella testa dei protagonisti anzi si erge questa parabola a summo esempio a pio gesto da imitare tutti nella comunità. Questa madre quasi mi ricorda la santa inquisizione che convince tutti che le donne siano streghe da uccidere, scusate il paragone forzato ma convincere una massa dal pulpito di una chiesa sulla bontà e genuinità di un gesto materno di denuncia come azione di giustizia morale al di là di ogni conseguenza sembra un gesto che ricorda molto i tempi bui. Nemmeno più il potere che fa il suo dovere cioè reprimere e opprimere come ha sempre fatto ma l’asservimento totale delle persone ad una morale alla quale deve obbedire solo e soltanto chi è oppresso senza però che ci sia un rifiuto diffuso di quella moralità di quel precetto, una sorta di illegalità diffusa o un minimo riconoscimento tra oppressi e oppressori, no, siamo tornati a mettere le lettere scarlatte a fare processi alle intenzioni a bruciare i nostri cari sul rogo perchè la retta via è l’unica da seguire nient’altro importa. La vergogna come male supremo ci uccide e si diffonde come una macchia d’olio, senza comprendere che è ancora guerra di classe e di genere che solo noi subiamo questa vergogna e la borghesia invece la impone ma possiede salvacondotti e indulgenze per la sua vita, la nostra non vale abbastanza e non serve più di tanto, al neoliberismo si può sacrificare sempre di più. Siamo noi a sentirci in colpa pensando che se perdiamo il lavoro sia solo colpa nostra che il salario si debba meritare che siamo noi a meritare l’amore di qualcuno in base a quanto siamo addomesticate che lo stupro sia la conseguenza di un nostro comportamento o vestiario poco opportuno. Viviamo nella colpa per non esserci comportate bene. Di contro l’unica alternativa a cui tutte aderiscono è la nuova corporazione di donnine che richiedono in ordine i loro diritti tutte in fila per� fucsia e un pò indignate facendo finta di essere ribelli ma che l’aborto però solo come ce lo permettono va bene, perchè nemmeno l’immaginazione rivoluzionaria vogliamo avere quella in cui l’aborto libero e depenalizzato non significhi rimettersi in mano ai ginecologi che ci truffano e uccidono ma quello dove noi decidiamo cosa fare del nostro corpo e lo mettiamo in pratica, certo senza nulla togliere che la sanità ce lo deve garantire a prescindere. Dove non chiediamo il permesso ma spacchiamo la porta urlando: VOGLIAMO LA LUNA!

Nella

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Emanciparsi…dall’emancipazione emancipata!!!

Messico – Il Commando Femminista Informale di Azione Antiautoritaria rivendica attacco contro l’Istituto delle Donne

Segue la traduzione di un comunicato della Cellula di Diffusione del Commando Femminista Informale di Azione Antiautoritaria – COOFIA [Fonte]:

Attacco con esplosivo all’Istituto delle Donne di Città del Messico

21/12/2016

Dopo mezzanotte…
Attorno alle due di notte, il 20 dicembre 2016, abbiamo collocato presso l’Istituto delle Donne di Città del Messico, in via José María Izazaga 148, un esplosivo che è esploso efficacemente provocando seri danni all’ingresso dell’edificio. La ragione per cui l’abbiamo fatto è semplicemente perché ne avevamo voglia.

I. Le strade della vita sono diverse da come pensavo…

Un intreccio di dominazioni multiple disseziona quotidianamente il corpo delle donne. Noi ci chiediamo: com’è possibile che molte donne, la maggioranza, decidano di accettare docilmente questo bisturi sociale che hanno addosso, a volte quasi desiderandolo?
Abbiamo sentito dappertutto discorsi da parte di femministe che si felicitano dei ‘progressi’ verso ‘l’uguaglianza tra i sessi’… ma vediamo nel frattempo le chiese piene di donne che si offrono docilmente in ginocchio.
Ci arrivano notizie di grandi manifestazioni contro la violenza sulle donne…  vediamo però i tribunali pieni di donne disposte ad abbandonare la propria volontà e il proprio destino in mano ad esseri spregevoli, che accettano come superiori, e che cosa è più violento della sottomissione – e la auto-sottomissione – della volontà umana?
La crudeltà femminicida che tocca noi, le nostre sorelle, figlie, cugine, zie, amiche, compagne, madri ci fa male… Mentre allo stesso tempo vediamo i congressi e i ‘movimenti femministi’ combattere per ottenere più leggi, più categorie penali, più accordi con lo stato, quando è proprio l’esistenza delle leggi e del sistema di dominio  di rappresentazione gerarchica statale lo scenario sine qua non di questa violenza!
Se queste ‘femministe’ chiamano questa postura di sottomissione ‘emancipazione’ beh allora… ci si dovrà emancipare… dall’emancipazione emancipata!!!
Sicuramente ci saranno delle buone compagne che pensano davvero che sia possibile per le donne ottenere un cambiamento della nostra condizione di sottomissione patriarcale mediante la creazione di leggi e istituzioni, noi però pensiamo che le leggi sono fatte piuttosto per perpetuare questo stato delle cose perché sottraggono alle donne il potere di decidere da sé sul proprio destino, convincendole a cedere le loro vite per farle dirigere ad altri.
Sorelle! Non sottomettetevi a questi esseri orribili che usano i vostri corpi e vi dicono come sentire, come pensare e come fare!!
Come potrebbe una legge cambiare la realtà del dominio se le leggi sono parole, mentre il dominio è fatto di relazioni sociali? Come possiamo vedere, ci rallegriamo di vivere nell’era che si è lasciata alle spalle il pensiero magico, ma viviamo volteggiando in un mondo di fantasia.
‘La religione’, ‘lo stato’, ‘la scienza’, ‘la merce’, ‘la ragione’, ‘l’umanità’, ‘la giusta causa’: sono tutte finzioni che sottomettono la volontà umana. Feticci che si rivoltano contro i loro stessi creatori. Frutto di paura, superstizione e  violenza. Se però togliamo via il feticcio vediamo che sotto ci siamo noi e i nostri corpi, la nostra sessualità, le nostre vite fatte a pezzetti e disposte  per la riproduzione di un sistema il cui unico risultato può essere la condanna alla fame, alla miseria, alla morte, alla devastazione.

II. E sembrerebbe ora che…

Nell’aria c’è un’idea falsa quanto perversa che ci ricorda i dibattiti ipocriti del secolo scorso sulla partecipazione delle donne alla politica.

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Que volen aquesta gent?

La Guardia di Finanza durante un controllo di “routine”(!?!) all’uscita del liceo di Lavagna(Genova) trova un ragazzo di 16 anni in “possesso di 10 grammi di Hashish” e va a perquisire la casa. Mentre è in atto la perquisizione il ragazzo si getta dal terzo piano e muore durante il trasporto in ospedale.

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14 febbraio/L’amore romantico uccide!!!

L’AMORE ROMANTICO UCCIDE!!!

La scheda con cui siamo programmate

“L’Amore romantico uccide!!!”

Materiali:la violenza di genere e l’amore romantico

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I Nomi delle Cose dell’8/02/2017

La Coordinamenta verso l’8 marzo!!!

I Nomi delle Cose, lo spazio di riflessione della Coordinamenta femminista e lesbica/Anno 2016/2017-Nuova Stagione 

i-nomi-delle-cose

Puntata dell’8/02/2017

“La maschera bianca”-seconda parte

IL CONCETTO NEOLIBERISTA DI INTEGRAZIONE/IL RIFIUTO/I NATIVI-E D’AMERICA, IL POPOLO ROM/LA SOCIETA’ DELL’ANTIRAZZISMO RAZZISTA E DELL’ANTISESSISMO SESSISTA

<Dietro l’idea di differenza si cela la dominazione>

Il “diritto alla differenza culturale ” è sostanzialmente ambiguo, l’eccessiva sottolineatura delle cosiddette “specificità culturali” dei gruppi dominati è un’impostazione ideologica dei dominanti perché questa impostazione tende a vedere i gruppi dominati come entità essenziali anziché come insieme di relazioni <Ma mentre l’idea di una barriera somatica rappresenta un tipico, non ambiguo, credo razzista, c’è una certa ambiguità nel parlare astrattamente di “differenze culturali”, noncuranti delle relazioni attraverso le quali i gruppi coinvolti vengono costituiti[… ] Sotto certi aspetti questo trend antirazzista moderno rappresenta soltanto una continuazione dell’atteggiamento razzista tradizionale>Colette Guillaumin 1980

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La Coordinamenta verso l’8 marzo!!!/VOGLIAMO LA LUNA!

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