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Femminismo: paradigma della Violenza/Non Violenza
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12 marzo 1977/ Il femminismo che c’era
12 marzo 1977: Il femminismo che c’era
Il 12 marzo 1977 sotto una pioggia battente, centomila militanti, non centomila manifestanti, che è una cosa ben diversa, hanno attraversato Roma per dichiarare la loro alterità ai progetti repressivi e mortiferi scaturiti dal compromesso storico. Il giorno prima a Bologna era stato ucciso Francesco Lorusso. Ma la manifestazione nazionale era già stata chiamata da tempo. Erano compagne e compagni. E c’erano anche le femministe dell’AED Femminismo Roma, che pensavano che lo Stato fosse il nemico e non un interlocutore, che pensavano che il patriarcato fosse intrecciato in maniera inscindibile con il capitalismo, che ritenevano il separatismo strumento indispensabile della lotta femminista, che non credevano affatto nella fine delle ideologie perché l’ideologia non è altro che l’insieme delle idee con cui e per cui lottiamo, che portavano avanti autorganizzazione, autofinanziamento, autonomia con le donne e per le donne, che denunciavano la svendita delle lotte femministe al sistema del capitale…e che nel volantino distribuito pochi giorni prima , l’8 marzo, così scrivevano:
“[…]E’ in atto nel paese un vasto programma di riforme che tende a rilanciare il ruolo egemonico della borghesia come classe dirigente e a minare la lotta di liberazione della donna, la presa di coscienza delle classi subalterne, le conquiste operaie. Questo progetto riformistico avanza su due piani: 1) il rilancio della strategia del consenso, cioè la partecipazione delle classi subalterne ai progetti politici della classe dirigente 2) la repressione nei confronti degli strati politicizzati che non si fanno irretire da questa politica[…] Psichiatri, psicologi, psicanalisti, sessuologi, tiratori scelti, “squadre speciali” sono i nuovi interpreti del progetto politico[…] pertanto il potere ci ha regalato i consultori che si propongono come strutture tentacolari organizzate per intervenire nella crisi odierna che, con l’alibi dell’impreparazione dei singoli, demandano la soluzione delle tensioni individuali e sociali allo “specialista del comportamento” che le risolverà nell’ambito del sistema e non contro di esso, nonostante di quelle tensioni proprio il sistema sia responsabile[…] I CONSULTORI DELLO STATO NON DEVONO TROVARE LA COLLABORAZIONE DELLE DONNE CHE HANNO INVECE IL DOVERE DI SMASCHERARE IL RUOLO DEI CONSULTORI E DEI POLIZIOTTI IN CAMICE BIANCO[…]
dal manifesto dell’AED Femminismo di quell’8 marzo
“I consultori programmati e finanziati dallo Stato sono: organismi al servizio del potere/ finalizzati al controllo del numero della popolazione/ canale di trasmissione dei valori dominanti/ strumento di manipolazione delle coscienze/ baluardo contro le soluzioni alternative e le prassi diverse.
ORGANIZZIAMO CONSULTORI ALTERNATIVI AUTOFINANZIATI!
Vi riportiamo uno stralcio dal “Manuale Femminista”, delle compagne dell’AED Femminsmo, stampato da Savelli nell’ottobre di quel 1977
“[…]l’educazione sessuale trasmette le norme su come, dove, quando e perché realizzare una attività sessuale “educata” e ovviamente le norme si imparano per attenervisi e sono trasmesse come “scientifiche” dagli “specialisti del comportamento” al servizio della classe al potere.
Progetti di legge per l’educazione sessuale nelle scuole sono già impostati. L’educazione sessuale degli adulti, nei consultori di Stato è già avviata.
Evidentemente ci sono lotte interne per arrivare alla gestione del settore. L’adulto si costruisce attraverso il condizionamento sin da bambino. Solo che l’appannaggio di questo condizionamento una volta era dei preti, oggi è dello Stato. E qui nasce lo scontro tra le forze clericali improntate alla repressione sessuale e le forze laiche psico-consumistiche ispirate alla logica della sessualità come mito e dovere sociale.
Educare significa scegliere per gli altri, finalizzare, utilizzando le strutture di cui lo Stato dispone: scuole, consultori, la stampa, la televisione, la radio, i film…
Quale indirizzo vincerà nelle scuole? Quello tradizionale o il “nuovo indirizzo”! delle false avanguardie?[…]
Sono passati tanti anni, ma quel filo rosso non si è mai spezzato. 12 marzo 2017
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“Sguardi critici” di Radioblackout
Un’interessante intervista a Nicoletta Poidimani su Radioblackout all’interno di “Da Ni Una Menos a Lotto Marzo: sguardi critici”
http://radioblackout.org/2017/03/da-ni-una-menos-a-lotto-marzo-sguardi-critici/
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Nina Simone/ Four Women
https://youtu.be/4grGAYx9koA
Aleksandra Kollontai
9 marzo 1952/9 marzo 2017
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8 marzo 2017/VOGLIAMO LA LUNA!
Integrazionismo ed emancipazionismo nella fase neoliberista del capitale
Le costruzioni che riguardano la “razza” e il “sesso” si rimandano l’un l’altra. I meccanismi di oppressione messi in atto sono molto simili come sono molto simili i percorsi di repressione, di addomesticamento, di coinvolgimento nelle strutture di potere.
Il neoliberismo che è la forma compiuta ed attuale del capitalismo nella sua necessità autoespansiva non può che distruggere le economie altre. Questo si proietta nel rapporto con le altre culture, nei cui confronti non c’è rispetto delle peculiarità, ma solo una forma di cannibalismo culturale, a conferma che il capitalismo è anche metabolismo sociale. Non a caso i due popoli più perseguitati sono, negli Stati Uniti, le/ i native/i e, nell’Europa occidentale, le/i Rom, perché, entrambi , a questo progetto di integrazione, sono quelli che più si oppongono.
Questa è l’operazione in atto anche nei confronti di noi donne, è questo che intendono per emancipazione/integrazione, l’adesione ai valori della società patriarcale e alla sua strutturazione sessista, classista, razzista.
Con l’emancipazione usata come fine e non come mezzo, le donne che ricoprono un ruolo nelle istituzioni, ma anche quelle che , a vario titolo si identificano con i meccanismi di questa società, le donne in carriera che credono nella meritocrazia, nell’autorità, nella gerarchia, quelle in divisa e quelle che che lavorano nelle istituzioni totali e nel controllo, quelle che usano la professionalità per contribuire all’assoggettamento delle personalità così dette “devianti”…tutte quelle che si prestano ad essere veicolo privilegiato del pensiero unico dominante perpetuano l’oppressione su tutte le altre donne. Questo comporterà, necessariamente, sempre, un gran numero di donne, la stragrande maggioranza, emarginate e oppresse in diverso grado a seconda del dato biologico, censorio, etnico. Il paradiso è promesso e non raggiungibile per tutte, solo per quelle che si prestano a tenere nell’inferno la stragrande maggioranza delle altre.
Le così dette “democrazie occidentali” hanno impostato in questi anni, attraverso la socialdemocrazia riformista, un meccanismo tanto perverso quanto efficace, con la strumentalizzazione dei diritti umani, delle donne e delle diversità, sia sul fronte interno che sul fronte esterno, creando una società dell’antirazzismo razzista, dell’antifascismo fascista, dell’antisessismo sessista.
E’ necessario smascherare questi meccanismi perché il femminismo o è liberatorio o non è. Non c’è più spazio per confondere partecipazione, quote rosa, emancipazione, ragion pratiche, realismo con la resistenza, la ribellione, la ragione rivoluzionaria.
NOI VOGLIAMO LA LUNA!
Cooordinamenta femminista e lesbica
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La Parentesi di Elisabetta dell’8/03/2017
“Le cose dette, quelle non dette, quelle taciute e le parole vuote”
“Oh che bel castello marcondiro ndiro ndello, oh che bel castello marcondiro ndiro ndà” “Il mio è ancora più bello marcondiro ndiro ndello, il mio è ancora più bello marcondiro ndiro ndà”/”E noi lo ruberemo marcondiro ndiro ndello, e noi lo ruberemo marcondiro ndiro ndà”/”E noi lo rifaremo marcondiro ndiro ndello, e noi lo rifaremo marcondiro ndiro ndà” Filastrocca
Nei documenti e negli appelli in vista dello sciopero delle donne chiamato per questo 8 marzo 2017 dalla socialdemocrazia femminile, vengono dette e sono state dette tante cose. Vengono dichiarate le condizioni lavorative ed economiche a cui sono sottoposte le donne, i salari ridotti in molti casi rispetto a quelli maschili, la licenziabilità, il ricatto della gravidanza, lo strumento infido del part-time, le molestie sessuali a svariatissimi livelli sul posto di lavoro e le vessazioni quotidiane, la subalternità e lo sfruttamento delle lavoratrici migranti…Vengono poi menzionate le carenze e la riduzione drastica dello Stato sociale a tutto campo, la mancanza di servizi e la riduzione pesante del salario indiretto, la questione abitativa con le vessazioni dei servizi sociali nei riguardi di chi occupa una casa, di chi partecipa alle lotte sociali…Viene denunciato il lavoro riproduttivo e di cura estorto alla donne a titolo gratuito…Viene messo un accento particolare sulle carenze della sanità, sull’obiezione di coscienza negli ospedali che non permette di fatto l’aborto, sulla mancanza di strutture, sul boicottaggio palese e velato riguardo alla contraccezione, sulle pratiche alternative per quanto riguarda il parto, sul rapporto con la medicina. Viene denunciata la situazione delle scuole…la mancanza di un’<educazione alle differenze>. Vengono denunciate le violenze fisiche e psicologiche sulle donne, sulle lesbiche, sulle diversità sessuali, i femminicidi…Viene denunciato il sessismo nell’informazione, il sessismo nei movimenti. Vengono chiamate in causa importanti teorizzazioni di femministe storiche a supporto di tutto ciò.
Queste sono le cose dette. E’ la variante al femminile dei programmi elettorali dei partiti in cui c’è di tutto e di più e soprattutto immancabilmente: pace, giustizia,democrazia e, siccome siamo in Italia, la questione meridionale.
Poi ci sono le cose non dette. O appena accennate. Di chi è la colpa di tutto quello che è stato elencato? Continua a leggere
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I Nomi delle Cose del 1/03/2017
La Coordinamenta verso l’8 marzo!!!
I Nomi delle Cose, lo spazio di riflessione della Coordinamenta femminista e lesbica/Anno 2016/2017-Nuova Stagione
Puntata del 1/03/2017
“La maschera bianca”- quarta parte
“Emanciparsi…dall’emancipazione emancipata “
[…]Nell’aria c’è un’idea falsa quanto perversa che ci ricorda i dibattiti ipocriti del secolo scorso sulla partecipazione delle donne alla politica.
Sta prendendo forza l’immagine secondo cui basta la semplice presenza delle donne in questa piramide gerarchica del potere per purificare ogni residuo patriarcale. Anzi, si costruisce un immaginario sociale con quest’idea assurda per cui i seggi, i troni presidenziali o le sale dei tribunali occupati da donne saranno automaticamente sufficienti per combattere le disuguaglianze diseguali, ridurre la corrotta corruzione o impartire la giusta giustizia. Vogliamo una candidata! Vogliamo donne giudice! Vogliamo rappresentanti donne al congresso! gridano euforici gli ipocriti, gli sprovveduti e i complici.
Ora certamente, nessuno potrebbe accettare la sciocchezza di ritenere noi donne intellettualmente meno capaci, rispetto agli altri, di realizzare questi infami lavori, ed è precisamente questo il punto.
La presenza delle donne all’interno del potere politico non può di per sé comportare il minimo cambiamento nella composizione di un sistema di disuguaglianze sociali per la semplice ragione che la società in cui ci è stato imposto di vivere è basata proprio su tali disuguaglianze[…] Finché esisterà nelle nostre idee il principio dell’autorità gerarchica esisterà la disuguaglianza. E il potere politico è la mera dimensione organizzatrice del principio di autorità.[…]… abbiamo sentito dire in giro che pensano di mandare una donna indigena come carne da cannone per le bestie del potere. Ed ecco un’altra volta il disprezzo per le donne, ci trattano come appendici di qualcosa o qualcuno… eccoli che si mettono a usare i nostri corpi come fossero i loro stracci da pavimento.[…] Commando Femminista Informale di Azione Antiautoritaria – COOFIA
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Femminismo Materialista/Introduzione
Pubblichiamo l’introduzione di
“Femminismo materialista” Elisabetta Teghil, Bordeaux 2015
Femminismo materialista raccoglie note e appunti che riflettono l’importanza fondamentale del recupero della storia e della memoria della trasgressione femminista, ridotta ora a un percorso emancipatorio dai tratti deterministici, e della necessità di individuare momenti di rottura e punti di fuga e di imparare a esistere e resistere in questa società contemporaneamente feudale, ottocentesca e nazista.
INTRODUZIONE
Gli anni del femminismo sono stati gli anni del desiderio. Di fronte alla “miseria” offerta dal trascinamento dal femminista al femminile, l’accento sul femminismo e sulla nostra liberazione si presenta come altro, come una scommessa, un impegno oltre il presente. Momento attuale che pretende di annullare il conflitto e la ribellione e di piegare tutte/i rassegnate/i al dominio della merce. E, a questo progetto, rinnovato ma sempre uguale, di oppressione su di noi, a questa dissipazione della libertà e dell’esistenza, le complici tendono a negare le loro responsabilità.
Anzi, chiamandosene fuori, se ne rendono, proprio in questo modo, attive e partecipi anche e, soprattutto, nel banale dispiegamento della vita quotidiana. In prima fila ci sono le femministe riformiste, socialdemocratiche, le ortopediche del “politicamente corretto”, psicologhe, assistenti sociali, psichiatre, poliziotte “buone”…direttore di carceri… piddine e le loro appendici e similari e annesse e connesse… che nella loro non bella moltitudine, nella forza che viene loro dai media e dalle Istituzioni, si mostrano e sono particolarmente disponibili alla cultura mortifera che ammorba il presente: vittimismo, quote rosa, comitati per le pari opportunità….sono note di una stessa partitura, sono la favola delle vecchie idee con lieto fine che si ripromette di sottomettere le esistenze concrete dei soggetti reali al rinnovato dominio del capitale e del patriarcato. L’aspetto più evidente è l’assenza del soggetto, della donna, dell’oppressa. La declinazione delle proprie responsabilità è compresa entro lo scenario della moderna autopromozione. Il femminismo della falsa coscienza appare oggi al suo culmine e si coniuga con la cultura del rifiuto della politica, del superamento del separatismo, della negazione della lotta di classe, con l’affermazione ottusamente ottimistica che, in fondo, qui ,in questa società, si può essere felici. Tutto questo nasconde la presa di distanza opportunistica da ogni responsabilità e salva la faccia mobilitandosi per gli avvenimenti del passato o di altri paesi. In questo contesto ci si trasforma in cantori dell’esistente e delle sue ragioni: se pure storia c’è stata, anch’essa non c’è più e si sfocia, come conseguenza naturale, nel darwinismo sociale, nella condanna delle/dei più deboli, di chi non ce l’ha fatta. Le oppresse/i e le sconfitte/i sono l’altro, il disordine, generano la paura e quest’ultima si traduce in una sorta di ossessiva coazione all’ordine. L’unica via indicata da sempre dai teorici reazionari, oggi è diventata il mantra ossessivo della sinistra riformista. Bisogna tenere a bada le oppresse e gli oppressi, rinchiuderli nel recinto del dominio: è questo il territorio della politica socialdemocratica e riformista, quello che definisce e impone le regole del gioco della vita. Siamo rinchiuse in una gabbia di segni ideologici e culturali della società patriarcale e borghese, una gabbia che hanno costruito per noi e l’hanno chiamata “normalità”. La nostra “normalità” è così l’esecuzione automatica, inconscia, della programmazione che il capitale, in cui attualmente il patriarcato si esprime, ha costruito per noi. All’ingiunzione di regole di comportamento dettate dall’ideologia vincente si accompagnano sempre precisi divieti, stigma e punizione. Per questo il divieto e la paura di infrangerlo e relative conseguenze soffocano il nostro presente e il nostro futuro. E non soltanto la nostra vita, ma anche le nostre lotte vorrebbero che fossero rinchiuse nella gabbia preparata per noi. Vorrebbero farci correre sulla ruota come i criceti, con l’illusione di arrivare da qualche parte, con l’illusione di cambiare qualcosa e vorrebbero farci girare sempre in tondo. Vorrebbero farci fare processioni per chiedere qualche grazia che una volta elargita sarebbe comunque un atto di potere e come tale, con lo stesso atto, potrebbe essere tolta. Questa gabbia si può spezzare solo ponendo le nostre pratiche sociali e politiche in rapporto antagonistico con l’intera società borghese patriarcale che per attuare le strategie di controllo sociale usa strumenti diversi e,tra questi strumenti, in questo momento neoliberista, hanno un’importanza fondamentale la socialdemocrazia e il riformismo, comprese le componenti femminili, che nelle reti della comunicazione quotidiana fanno la guerra alla memoria e all’identità del movimento femminista, manipolandone la storia, strumentalizzando l’oppressione di genere, di razza, i diritti umani….falsificando la lettura della società e tentando di farne dimenticare la struttura e la divisione in classi. Creando, così, una società che fa dell’antirazzismo-razzista, dell’antisessismo-sessista e della strumentalizzazione dei diritti il grimaldello per addomesticare le coscienze. Per questo esclude dal circuito della vita politica, se non dalla vita stessa, tutte/i quelle/i che non si rassegnano a quelle regole, siano femministe, siano valsusine, nomuos, nodalmolin, immigrate/i senza permesso di soggiorno, lavorator/trici espulsi/e dal mondo del lavoro….. Si produce così una ideologia che non si presenta come tale, ma tale è, cioè quella della fine dell’ideologia. Quest’ultima si rappresenta e si racconta come democrazia moderna, come cultura dell’integrazione, del progresso di cui si tessono generosamente le lodi. Tutto questo si accompagna al venir meno della speranza di una vita migliore che valga la pena di essere vissuta, che invece per i cantori di questa società già sarebbe e chi non se ne accorge e non ne gode è responsabile e se si ribella rientra nel campo del penale e del patologico. E’ demonizzato ogni tentativo passato o presente di cambiamento che prenda le mosse da un’idea di soggetto che voleva e vuole sottrarsi alla mercificazione della vita portata a sviluppo nella sua totalità con il neoliberismo, forma compiuta e attuale dell’autoespansione del capitale. Impostazione che relega ogni forma di opposizione e di alterità nel campo del nulla e dell’inutilità. Il soggetto, l’individuo, per sopravvivere deve scomparire nascondendosi nelle pieghe dell’esistente a cui non è permesso in nessun modo di opporsi. Si teorizza la fine di ogni possibilità di lotta, di liberazione o di invenzione. Il capitalismo sarebbe “superato”, la società patriarcale “non ci sarebbe più”. In questo contesto il separatismo femminista ha una rilevanza vitale perché, come pratica di sottrazione rispetto al maschile dominante, svela la natura strutturale dell’oppressione di genere, ribadendo l’origine socio-economica dei ruoli e di quelli sessuati, smascherando il tentativo di riduzione della lotta delle donne ad una generica conflittualità tra i sessi che dovrebbe essere risolta secondo la visione riformista/neoliberista attraverso un collaborativo confronto fra maschile e femminile con l’annullamento delle differenze politiche, dei ruoli nella società, della storia e della memoria della conflittualità, non solo di genere, e della divisione in classi della società. La scomparsa o il tentativo di rimuovere il desiderio di lottare si accompagna al venir meno della speranza di una vita migliore, cammina con la sussunzione reale della vita al neoliberismo. Per questo assume un’importanza fondamentale il recupero della storia e della memoria del movimento femminista, storia e memoria che vengono stravolte, manipolate, falsificate riducendo la trasgressione femminista ad un percorso di emancipazione dai tratti deterministici dove il miglioramento della nostra condizione sarebbe graduale e ineluttabile in una società che progredisce nell’attenzione alle diversità e ai diritti. Continua a leggere
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Verona 4 e 5 marzo!
Sabato 4 marzo a Verona presentazione dell’ultimo libro di Daniela Pellegrini “Liberiamoci della bestia” alla Libreria-Emporio culturale, il giorno dopo, domenica 5 marzo, la discussione proseguirà al Circolo della Rosa(ore 10.15) via Santa Felicita 13.
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Martedì 28/ Secondo Incontro di Uteroghiamoci!
Domani, martedì 28 febbraio dalle 20,30 alle 22,30 Secondo Incontro di “Uteroghiamoci”, il nuovo ciclo di “Cose Nostre” alla Consultoria Autogestita di Milano!
“Per proseguire il percorso di Cose Nostre, che ha visto due cicli di incontri (uno sul ciclo mestruale e uno sulla vagina), abbiamo pensato a un terzo ciclo di ricerca – anche materiale – dentro noi stesse, che interesserà l’utero e il seno. Come abbiamo fatto per gli altri cicli, non intendiamo fermarci a una “patina superficiale”, ma vorremmo scovare i tabù, che in merito sono ancora molto forti.” https://www.facebook.com/events/175533089612804/
Abbiamo registrato con le compagne della Consultoria Autogestita uno Speciale de I Nomi delle Cose in cui ci raccontano questo nuovo ciclo!
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Venerdì 3 marzo! Emanciparsi…dall’emancipazione emancipata!
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I Nomi delle Cose del 22/02/2017
La Coordinamenta verso l’8 marzo!!!
I Nomi delle Cose, lo spazio di riflessione della Coordinamenta femminista e lesbica/Anno 2016/2017-Nuova Stagione
Puntata del 22/02/2017
“La maschera bianca”- terza parte
EMANCIPAZIONISMO: STORIA E PERCORSO/IL CAMBIO DI PARADIGMA : DALLA QUESTIONE FEMMINILE ALL’OPPRESSIONE DI GENERE/LE MASCHERE DELLA STRUMENTALIZZAZIONE NEOLIBERISTA /IL RITORNO ALLA QUESTIONE FEMMINILE?
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“Defend Unci Maka” /Difendi NonnaTerra
“Defend Unci Maka” /Difendi NonnaTerra
E’ stato sgomberato dalle forze di polizia il presidio dei Sioux a Standing Rock contro il mega oleodotto DAPL.
Dal 7 al 9 marzo le Nazioni Indiane lanciano un programma di solidarietà internazionale con i popoli indigeni di tutto il mondo per difendere Unci Maka/Nonna Terra e per il 10 marzo è stata organizzata una marcia su Washington.
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