Quattro appuntamenti francesi

Quattro appuntamenti con Barbara Balzerani per la pubblicazione francese di “Compagna luna” 

Et c’est ce qu’il faut…
20 settembre: Librairie Le Petite Egypte h. 19, 35 rue des Petits Carreaux
21 settembre: Librarie Violette& Co. h. 19, 102 rue de Charonne
22 settembre: Librarie Quilombo h 19, 23 rue Voltaire Paris XIe.
23 settembre: Les mots Passants h. 17,30, 2 rue du Moutier -Aubervilliers

 

 

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“L’ho sempre saputo”

“L’ho sempre saputo” il nuovo libro di Barbara Balzerani che uscirà in ottobre!

” L’incontro di due donne nella cella di un carcere. Le due sponde del Mediterraneo a distinguerne il destino, e non solo per il diverso colore della pelle. Una sconta un tentativo armato di comunismo, l’altra la fuga impossibile dalla miseria. A legarle il racconto del viaggio di una figlia non ancora nata lungo le tracce del cammino umano che ha portato le due donne a condividere le quattro mura di quella cella. Con squarci di memoria visionaria le due donne ripercorrono gli inganni della «civiltà dei bianchi», imposta come superiore con la spada, la croce e il mercato. Decantato «modello unico» per ogni latitudine e tradizione del globo. Una critica radicale dell’esistente di centinaia di milioni di persone soggiogato dalle regole di un sistema economico sempre più insensato e produttore di una guerra globale permanente.” 

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A Bologna per ricordare Luki, Lesbica postvittimista

A Bologna per ricordare Luki, lesbica postvittimista

http://www.nicolettapoidimani.it/

Il 6 settembre dello scorso anno moriva – troppo, troppo presto!!! – l’artivista lesbica Luki Massa. Una cara amica e compagna, di cui apprezzavo la determinazione e la solarità, la costanza, l’umiltà e la voglia di vivere e di cambiare il mondo.

Luki era una lesbica postvittimista e le sue erano efficaci pratiche di autodifesa: non l’ho mai vista cadere in autocommiserazioni o piagnistei; il suo obiettivo era quello di sostanziare la dimensione politica e culturale lesbica e femminista senza rinunciare allo stare insieme divertendosi. E di risate ce ne siamo fatte tante insieme, detronizzando papi e patriarchi!

Luki aveva scritto per We Will Survive!, libro curato da me e Paolo Pedote, un importante contributo sulla storia del cinema lesbico, che volentieri vi invito a leggere.

Quando ho avuto occasione di incontrarla l’ultima volta, mentre la sua malattia era già avanzata, non aveva perso il sorriso né affievolito il suo immenso amore per le donne. È stata una serata intensa e dolorosa al contempo.

Il giorno della sua morte ho letto tanti, immancabili, ‘coccodrilli’, che mi hanno fatto apprezzare ancor più profondamente il silenzio, rotto solo due giorni più tardi, di quelle che le erano state più vicine nei lunghi mesi di malattia – Isabel, Elisa, Marta. A breve le incontrerò al Some Prefer Cake, Festival di cinema lesbico che Luki stessa ha diretto per lungo tempo e che quest’anno è dedicato proprio a lei.

Per chi non abbia avuto la fortuna di conoscerla – e per chi vuole ricordarne la forza e la vitalità – il 23 settembre ci sarà una tavola rotonda a lei dedicata, a cui seguirà la proiezione di alcuni suoi cortometraggi.
Spero si riesca tutte/i a fare in modo che non sia un incontro commemorativo quanto invece, propositivo, realmente nello spirito di Luki: “Da parte mia lascio come indizio lo scorrere del tempo. E il con/tatto”, scriveva presentando una sua mostra fotografica – Punti di Con/tatto.
Che il dolore della sua perdita non ci faccia mai tradire la gioia di vivere che ha trasmesso a tante donne e lesbiche!

Nell’ambito di Some Prefer Cake verrà ricordata anche un’altra lesbica che tanto ha dato al movimento delle donne in Italia: Simonetta Spinelli, morta lo scorso febbraio. Per chi non avesse mai letto suoi articoli, segnalo Nell’insieme e nel dettaglio che, fra tante altre sue importanti riflessioni, è quella che mi è sempre stata più a cuore.

A questi link trovate alcune significative interviste a Luki: 1, 2, 3.

Ci vediamo a Bologna!

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23 settembre 2017 a Ponte Galeria

Roma – Sabato 23 settembre presidio al CPR di Ponte Galeria

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¿Dónde está Santiago?

¿Dónde está Santiago?

In anteprima dalla fine[ndr] PS: sicuramente qualcuna/o si aspettava che, in questi giorni, intervenissi a proposito dei carabinieri stupratori di Firenze. Non intendo farlo, perché quello che è successo non è affatto una novità e sono arcistufa di ribadire cose dette e ripetute da noi femministe radicali già anni fa. Che rompano il loro silenzio assordante e si pronuncino, invece, quelle che appoggiano le politiche securitarie dei governi in nome della “difesa delle donne” e quelle che pensano di poter fare le leggi antiviolenza con lo Stato e i suoi servitori!

http://www.nicolettapoidimani.it/?p=1147

Diversi artisti hanno composto una canzone – ¿Dónde está Santiago? – per far conoscere al mondo la vicenda di Santiago Andrés Maldonado, “desaparecido” della democrazia argentina da oltre un mese. Il “patto di silenzio” tra governo e gendarmeria sulla sparizione di Santiago ci dice molto del capitalismo neocoloniale e neoliberista e dei suoi cani da guardia e come molto ci dicono gli intrallazzi del governo argentino col boia sionista Netanyahu.

Inutile dire che di questo gravissimo fatto in Italia si sa poco-nulla, dato che di mezzo c’è l’immancabile gruppo Benetton, in prima linea nel lento genocidio della popolazione indigena Mapuche – il Popolo (che) della Terra (mapu) che da oltre un secolo lotta per riavere indietro i territori che gli sono stati sottratti dai governi argentini e cileni – in Patagonia, per mano di gruppi militari e paramilitari.  La famiglia Benetton è, infatti, il più grande gruppo proprietario terriero in Argentina, possiede circa 900.000 ettari di campo nelle provincie di Chubut, Rio Negro, Buenos Aires e Santa Cruz. Quelle terre, espropriate ai loro abitanti ancestrali, vengono deforestate e ridotte a pascolo per le migliaia e migliaia di pecore che diventeranno, poi, quei “bei” maglioncini, che grondano sangue indigeno, esposti nelle vetrine dei negozi Benetton. Continua a leggere

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I Nomi delle Cose dell’11/9/2017

11 settembre 1973 Per non scordare il Colpo di Stato in Cile

I Nomi delle Cose, lo spazio di riflessione della Coordinamenta femminista e lesbica/

Anno 2017/2018 

i-nomi-delle-cose

Puntata dell’ 11/09/2017

“Intervista a Marinella Correggia: Cile/Venezuela/Ucraina/ I meccanismi di destabilizzazione dei paesi asimmetrici agli interessi dell’imperialismo anglo-americano.”

clicca qui

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Independencia!

Approvata in Catalogna la “Ley de ruptura”

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Gli stupri delle divise 2

Gli stupri delle divise 2

Due studentesse a Firenze, la mattina del 7 settembre scorso hanno denunciato in questura lo stupro avvenuto nella notte da parte di due carabinieri che all’uscita da una discoteca si erano offerti di accompagnarle a casa con l’auto di servizio. Lo stupro sarebbe avvenuto una volta entrate nell’atrio del palazzo e nell’ascensore.

 

Quando si parla di violenza sulle donne ci si dimentica o si fa finta di dimenticare  troppo spesso che la violenza su di noi è frutto di un modello economico e di un ruolo che ci viene assegnato. E’ necessario smascherare quella che è l’essenza del patriarcato nella stagione neoliberista vale a dire un modello in cui  la gerarchia, la meritocrazia, l’autoritarismo, la pretesa debordante di ordine, legalità, controllo si accompagnano alla strumentalizzazione della violenza di genere, dei diritti umani, dell’antirazzismo. E la violenza esercitata da uomini in divisa è l’espressione più esplicita di questa società. La divisa porta con sé l’esaltazione della così detta virilità, della pretesa di dominio, soggezione e possesso, della garanzia di immunità e di arbitrio.  In questo contesto quando avviene una violenza sulle donne l’attenzione è indirizzata verso soluzioni che riportano ad una tutela vittimizzante e corporativa che neppure increspa il modello precostituito, ma anzi lo rafforza mostrando lo Stato e le sue associazioni come efficaci, attente, sensibili, partecipi.

E’ necessario invece battersi contro le categorie che strutturano questo modello sociale: non ci sarà mai fine alla violenza patriarcale finché si accetteranno e si perpetueranno gerarchia e meritocrazia, militarizzazione e possesso, autoritarismo e classismo e finché le donne non si organizzeranno autonomamente.

Vi rimandiamo anche a quello che abbiamo scritto in Stupri delle divise 1   

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Consuntivo dell’Anno Politico Agosto 2016/Luglio 2017

Consuntivo dell’anno politico della Coordinamenta femminista e lesbica- Agosto 2016 / Luglio 2017

 

-11 agosto 2016–Comunicato

Lo Stato: carnefice, giudice. tutore e samaritano

È uscito da pochi giorni un appello che chiama tutte le donne ad una manifestazione nazionale “per l’eliminazione della violenza sulle donne”, che dovrebbe tenersi a Roma il prossimo 26 novembre; un appello incentrato, al di là degli slogan e delle belle parole, sulla richiesta allo Stato di diritti e di “presa di coscienza” delle Istituzioni.

Si dimentica e si omette completamente che cosa sia lo Stato cioè il momento organizzativo del potere e, quindi, del sistema socio-economico-politico, in questo momento, capitalista neoliberista.[…] 

L’appello chiede “ la rapida revisione del Piano Straordinario Nazionale Anti Violenza”

E, così, lo Stato diventa carnefice, giudice, tutore e samaritano delle donne tutte attraverso le donne che si sono prestate e che si prestano ancora[…].

-12 agosto 2016- Campagna per il NO al Referendum

Votiamo NO per dire NO alla società dell’antisessismo sessista! 

-27 agosto 2016#ionondimentico/con le MadriPerRomaCittàAperta

-26 agosto-Campagna per il NO al Referendum

Votiamo No per dire NO alla società dell’antifascismo fascista

27 agosto 2016-Contributo/ IL NEOLIBERISMO è UN’IDEOLOGIA

“… Tutto comincia dal constatare che il capitale, mentre è riuscito a farci rinunciare al principio dell’ideologia, gramscianamente intesa come” concezione del mondo”, e, con questa, alla costruzione teorica di un progetto alternativo a questa società, ha riservato a sé il monopolio dell’ideologia in questa stagione neoliberista e, sempre e solo a sé, ha riservato la lotta di classe , l’odio di classe e l’uso della violenza…”

-1 settembre 2016-Supportiamo lo sciopero del 9 settembre nelle prigioni USA contro la schiavitù! 

“Forza, alzatevi e unitevi a noi.
Contro la schiavitù carceraria.
Per la liberazione di tutt*” Continua a leggere

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The High Castle

di Alessandra Daniele

https://www.carmillaonline.com/

Ce lo siamo chiesti tutti: se ci fossimo trovati nell’Italia fascista, nella Germania nazista, e avessimo scoperto che il nostro paese si stava rendendo responsabile d’uno sterminio di massa, che cosa avremmo fatto?
La domanda non è più ipotetica.
L’Italia è direttamente responsabile dei campi di concentramento libici nei quali finiscono massacrati i migranti a cui viene impedito di raggiungere le nostre coste.
Campi di concentramento non è una definizione generica, è documentata: fame, sete, torture, stupri, le condizioni di prigionia sono concepite apposta per falciare i più deboli, e trasformare i superstiti in schiavi. Il governo italiano paga le milizie libiche per questo compito, che definisce “fermare gli sbarchi”.
Questa è la Soluzione Finale che il nostro governo ha scelto per la cosiddetta emergenza immigrazione, cioè qualche migliaio di disperati che approdavano in un paese di 60 milioni di abitanti, e che l’establishment ha efficacemente adoperato come capro espiatorio verso cui deflettere la rabbia popolare, esattamente come fecero i nazifascisti cogli ebrei.
Il discrimine è essenzialmente razziale. Non tutti i prigionieri in Libia sono musulmani, anzi molti, come per esempio gli eritrei, sono cristiani. Qualcuno dovrebbe avvertire Papa Francesco che l’Italia partecipa attivamente alla persecuzione dei cristiani.
Col governo Gentiloni.

La domanda non è più accademica.
Qual è la nostra risposta?
Che cosa stiamo facendo?
Come risponderemo ai sopravvissuti che ce lo chiederanno?
Cosa abbiamo fatto mentre il nostro governo s’offriva come volenteroso carnefice della Fortezza Europa?
Non possiamo sperare di cavarcela con la balla del “Non sapevamo”, non nell’era del web, degli smartphone, e dei canali All News.
Forse speriamo che nessuno ce lo chieda mai.
Che non ci siano sopravvissuti.
Che le guerre, le carestie, le pandemie, gli sconvolgimenti climatici che abbiamo causato nel Terzo Mondo ci diano una mano a svuotarlo.
Che stavolta i nazifascisti vincano la guerra, e riscrivano la Storia.
Ma il deserto continuerà ad avanzare.
La guerra continuerà ad allargarsi.
La Fortezza Europa solleverà definitivamente il ponte levatoio, e ci lascerà fuori.
E allora toccherà a noi.

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Morena Son-Candela

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Concetta e la luce

Concetta e la luce

“L’energia elettrica non è un bene indispensabile alla vita e chi si allaccia abusivamente alla rete non può essere scusato per avere agito in caso di necessità”. Così recita la sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna di Concetta, una donna pugliese, per furto di energia elettrica. La donna aveva dichiarato  di averlo fatto  per stato di necessità essendo senza lavoro,sfrattata e con una figlia incinta a carico.”L’energia procura agi e opportunità”…”Non averla non mette a rischio l’esistenza”…afferma la Corte. 

La povertà è un delitto come nella società vittoriana. Il neoliberismo ha rovesciato sulle classi subalterne la colpa della loro povertà, cerca di cancellare dal comune sentire la differenza tra sfruttatore e sfruttato/a, oppressore ed oppresso/a, spoliticizzando il sociale, dipingendo la lotta politica con tratti delinquenziali sbandierando la legalità come un feticcio.

E se si accendesse un altro tipo di lampadina?  

 

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Per Fabrizio e per noi

8 settembre 1974/8 settembre 2017

“…..Parlare di memoria è anche parlare di eredità e non è mai facile. E’ un lavoro che non ha fine o meglio che, forse, dovremmo essere in grado di accettare e assumere come interminabile, almeno dal punto di vista di una tensione ideale. Non ci sono modi per pensare un patrimonio che ci viene lasciato come altro rispetto a noi. Volgere lo sguardo al passato e ascoltare è pratica nient’affatto banale, e molte volte dolorosa, perché comporta una sorta di rinuncia: smettere di pensare idealmente la propria individualità, e aprire invece la possibilità di pensarsi storicamente, la qual cosa comporta un confronto con il mondo e con l’altro. Io come giovane donna come figlia come erede non esisto in e per me stessa, come individuo isolato, determinato da un carattere e da una personalità innate, ma esisto nella relazione con gli altri e nella misura in cui appartengo ad un società, ad una famiglia, ad una storia. Ciò che desideriamo per il futuro è inconsistente se non è letto alla luce dell’esperienza, di ciò che ci ha costituito e formato per come siamo ora, qui, a parlare. Non si comprende la natura e la forma delle propri ambizioni senza confrontarsi con il passato, con la cultura da cui si proviene, consapevoli dell’interiorizzazione che si è fatta dei valori con i quali si è cresciute. La storia cioè, sia quella con la lettera maiuscola, sia quella di ognuna di noi, non può essere ascoltata e compresa se non mettendosi in gioco come parte attiva, come soggetto, singolare e plurale, nella sua storicità e attualità: io sono parte del sistema che osservo e lo modifico anche solo per esserne l’osservatrice. La memoria, dunque, quando riesce ad essere vissuta come costruzione di sé, e non esercitata come attività neutra, si fa strumento di presenza a noi stesse e quindi alle altre e agli altri…….” (ATTI dell’Incontro Nazionale Separato “Memoria collettiva, Memoria femminista” 2012-Margherita Croce, pag.35)

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Le regole del gioco

Le regole del gioco

animaliena.wordpress.com

La malattia cambia la percezione del tempo.

Le giornate rallentano, la fatica si posa apparentemente lieve sulle spalle al mattino, per trasformarsi nel giro di poche ore in un macigno insostenibile, da trascinare minuto dopo minuto. Arrivare alla sera si fa fatica epica, ma – se si è abbastanza fortunat* – il buio porta in dono il tanto sospirato oblio di sé e della propria condizione.

La malattia è attesa.

Di guarire, certamente. Ma anche solo di migliorare, se possibile. E, prima ancora, di visite, prelievi, esami, altre visite. Attesa di risposte che tardano ad arrivare, mentre i sintomi non hanno alcuna fretta di svanire. E lei, la malattia, gioca a nascondino coi tuoi nervi… cu-cù, dove sei? Cosa sei? E perché hai deciso di rendermi la vita così difficile?

La malattia è un posto in prima fila per lo spettacolo della vita.

Della quale però ti ritrovi spettatore, non più protagonista. Vedi il mondo da una prospettiva sospesa, le persone – vicine e sconosciute – impegnate in un affaccendarsi quotidiano che riconosci, ma che non ti appartiene più. Non ti appartiene nemmeno quando sei in quella ingrata condizione per la quale stai male ma non abbastanza per esimerti dal cercare di funzionare, di performare.

Magari riesci a lavorare. O ti sforzi di portare avanti quelle che erano le tue occupazioni quotidiane, pulisci casa, passeggi con i cani, poti una rosa. Ma una volta eri lì con i tuoi cani, sentivi la vita pulsare in te e in loro all’unisono, e potare la rosa o riordinare il tuo spazio intimo era un compito rasserenante. Ora tutto è cambiato,  sei in una bolla e vedi il mondo vivere, ma tu non sei lì. Le attività consuete sono diventate un fardello, al quale ti dedichi con la malcelata speranza che in fondo questo ti possa far sentire un poco più “normale”. Strana parola questa, aborrita anche, ma quando la malattia ti si fa compagna, diventa una delle parole più care. Vuoi tornare normale, qualsiasi significato avesse questa parola per te.

A volte, in questo tempo sospeso e insopportabile, vuoi che tutto precipiti. Desideri che alla fine lei mostri la sua faccia, quella che ti fa tanto paura – ma che almeno ti darebbe la possibilità di lottare ad armi pari, o di lasciarti andare una volta per tutte. E invece no, lei ama prendersi gioco di te, suonare i tuoi nervi come corde di violino.

Da maggio non mi conosco più. Non mi riconosco più. Quello che ero, è da qualche parte, distante. Non so quanto di me sia rimasto, non so come raggiungermi. Mi manco da morire. E mi rendo conto che questo mio scrivere, che vorrei politico, in realtà è un rantolo personale. Di rabbia, di paura, di angoscia.

Io spero che tu mi mostri la tua faccia, stronza. Perché mi stai avvelenando a poco a poco, e quello che resta di me è esausto. Perché ho ancora tanto da fare in questo mondo. Perché sei egoista, mi vuoi tutta per te e non mi lasci nemmeno un briciolo di me, per amare, per lottare, per sperare.

Voglio combattere ad armi pari, e tu non lo stai facendo. Mi stai rosicchiando pezzettino per pezzettino. Lo sai tu e lo so io, lo sappiamo tutt* dalla più tenera età: così non vale.

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Renoize 2017

Con Stefania e con le Madri per Roma Città Aperta!

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