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Femminismo: paradigma della Violenza/Non Violenza
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8 dicembre/Vi aspettiamo a Torino ore 14 in piazza Statuto
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8 dicembre a Torino! ora e sempre NoTav!
In piazza l’8 dicembre a Torino! Comunicato NoTav!
http://www.notav.info/post/in-piazza-l8-dicembre-a-torino-comunicato-no-tav/
Il Movimento No Tav da quasi 30 anni promuove le ragioni dell’opposizione alla Torino-Lione, con manifestazioni, azioni di lotta, studi e documentazioni, libri e conferenze pubbliche.
Dal principio si è chiesto un confronto tecnico che, privo di pregiudizi ed interessi di sorta, potesse confrontarsi sui dati e prevedere tra i diversi esiti quello dell’”opzione zero”. Tutto questo non è mai stato permesso dai vari governi che negli ultimi trent’anni si sono susseguiti nel nostro paese, senza alcuna distinzione di bandiera od orientamento. Per contro, laddove le ragioni non venivano ascoltate, si è deciso di imporre l’opera con la forza, sulla testa di decine di migliaia di valsusini.
In queste ultime settimane, partiti, sindacati e lobby industriali e di categoria con l’appoggio sfrontato e interessato di tutti i maggiori media, hanno deciso di attaccare il movimento No Tav, a livello ideologico, negando quelle ragioni documentabili per anni diffuse e pensando di strumentalizzare una vicenda tanto delicata quanto fondamentale per il futuro del nostro territorio e delle nostre vite.
C’è chi cerca di nascondere le proprie responsabilità sul saccheggio e la devastazione dei nostri territori, su una politica dei governi che non ha investito sulla messa in sicurezza e sulla tutela dell’ambiente, sullo sperpero di risorse pubbliche a favore di grandi opere inutili togliendo risorse a sanità, emergenza abitativa, welfare, scuola, ricerca e lavoro.
Mentre in Italia si continua a morire per il maltempo e intere aree del paese vengono messe in ginocchio, c’è ancora chi nega quale siano le vere priorità della collettività, provando a mettere avanti a tutto gli interessi delle grandi aziende e dei profitti di pochi.
Non ci siamo mai fatti ingannare e continueremo a lottare per la nostra terra e per un modello di sviluppo sostenibile per tutti.
Pertanto comunichiamo che l’8 dicembre 2018, data storica per il nostro movimento, scenderemo nuovamente in piazza a Torino per una grande manifestazione No Tav.
In contemporanea a noi, poiché l’8 dicembre dal 2010 è la Giornata Internazionale contro le Grandi Opere Inutili e Imposte e in difesa del pianeta, molti altri movimenti sul territorio italiano si mobiliteranno per la tutela dei territori e contro lo spreco di risorse pubbliche.
C’ ERAVAMO, CI SIAMO E CI SAREMO SEMPRE.
Movimento NO TAV
Roma-Interrotta conferenza di “solidarietà”!
Roma – Interrotta conferenza in “solidarietà” con le prigioniere di Ponte Galeria
Mercoledì 28 novembre una quindicina di solidali ha scelto di interrompere l’incontro presso la biblioteca “Moby Dick” di Garbatella organizzato dal “Garante delle persone private della libertà”.
All’incontro dal titolo “Migrazioni e ospitalità” partecipavano il direttore della Caritas, una professoressa di filosofia teoretica e il direttore dell’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Dalle loro calde posizioni di potere pretendono di gestire, controllare, analizzare la vita all’interno delle galere, dei cpr, degli hotspot, nonché di tutto il sistema di accoglienza.
Questi luoghi e questo sistema sono irriformabili e hanno il solo scopo di privare della libertà e vanno distrutte.
Le persone che vi sono rinchiuse. All’interno di queste strutture si muore, come è purtroppo accaduto l’11 novembre al CPR di Ponte Galeria, dove Natalia è deceduta ancor prima dell’arrivo dell’ambulanza, e della cui morte si è venuti a conoscenza solo diversi giorni dopo dalla voce delle sue compagne recluse.
Spesso queste storie sono messe sotto silenzio e solo dal contatto diretto con le donne imprigionate si viene a sapere dell’assenza di acqua calda da diversi giorni, delle vessazioni degli operatori sulle recluse, degli sputi alla richiesta di cibo e dei capelli tirati durante le perquisizioni.
Si è deciso di urlare contro queste figure tutta la nostra rabbia e interrompere il loro squallido teatrino, un’inutile vetrina di finta accoglienza e ospitalità.
Nel quartiere sono anche comparsi alcuni manifestini in varie lingue che parlano di quanto è accaduto e accade a Ponte Galeria e nelle altre prigioni.
Nella notte precedente uno striscione con su scritto “Di galera si muore ogni giorno. Natalia è morta nel CPR l’11 novembre. L’indifferenza è complicità” è apparso su via casilina.
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Roma-Di CPR si muore ancora
Roma – Di CPR si muore ancora
ROMA – MORTA UNA DONNA NEL CENTRO DI DETENZIONE PER MIGRANTI DI PONTE GALERIA
L’11 novembre scorso una donna è morta nel CPR di Ponte Galeria (Roma). Siamo venute a saperlo ieri, 24 novembre, durante il presidio davanti le mura di quel lager. Dai racconti delle recluse emerge che Natalia avesse problemi di cuore e nonostante questo, in seguito ad un malore, i soccorsi sono arrivati solo quando lei era già morta.
In generale, da questa e altre storie, sappiamo che all’interno dei centri di permanenza per il rimpatrio le persone che necessitano di cure o medicinali normalmente non le ricevono.
Questa morte ci appare un fatto speciale, ma è in realtà un caso limite di una situazione quotidiana fatta di negazione delle cure, condizioni igieniche indegne e pasti scadenti nella generale privazione di libertà e violenza quotidiana.
Se da un lato la distribuzione dei farmaci richiesti (anche da prescrizione medica) viene negata, dall’altro la medicalizzazione delle recluse avviene attraverso la somministrazione di psicofarmaci nascosti nel cibo.
Complici e responsabili di quanto avviene all’interno del CPR sono la Cooperativa sociale Albatros 1973, la prefettura di Roma e il garante nazionale dei diritti dei detenuti, oltre che tutti coloro che col centro collaborano.
Ancora una volta le uniche che ci raccontano quanto accade nei lager sono le persone recluse. Infatti la notizia della morte di Natalia è uscita solo grazie alle loro voci.
I giornali e le associazioni non si sono occupati di tutto ciò, confermando il loro ruolo di connivenza e continuando a garantire la facciata democratica dei centri.
La sera in cui si è consumata questa infamia le detenute hanno deciso di rifiutare il pasto collettivamente.
Sappiamo inoltre che da almeno tre giorni nel CPR di Ponte Galeria non c’è acqua calda.
La violenza sulle donne che lo stato continua a dire di combattere in realtà è strutturale, e viene agita fra gli altri dai tutori dell’ordine sistematicamente in strada e nelle galere, oltre che in casa. Quanto ci raccontano da dentro le mura del CPR e quanto viviamo ogni giorno ne è la prova.
Decidiamo di recarci lì davanti ogni mese per solidarizzare con le donne che vivono quotidianamente la violenza degli stati colonialisti e patriarcali.
IL MIGLIOR MODO PER SAPERE COSA ACCADE NEI CENTRI È SENTIRE LA VOCE DI CHI È RECLUSA, PER QUESTO È IMPORTANTE ESSERE SOTTO QUELLE MURA.
PORTIAMO IN STRADA LA NOSTRA RABBIA PER QUANTO È ACCADUTO E CONTRO QUESTO SISTEMA SUPREMATISTA E ASSASSINO.
Solidarietà per Trabelsi, condannato a dieci anni di carcere per la rivolta del Dicembre 2017 a Pian del Lago
Oggi come ieri, l’indifferenza è complicità
Nemiche e nemici delle frontiere
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Un’intervista a Silvia Federici
Un’intervista con Silvia Federici
Intervista a Silvia Federici pubblicata sul sito https://www.woz.ch/-8cd5 e tradotta in francese dai compagni di edizioni Entremonde. Traduzione dal francese della Coordinamenta.
“Pensano veramente che siamo stupide?”

Silvia Federici lei è una femminista marxista, Che cosa ha ereditato da Marx?
– Non mi definisco una femminista marxista, anche se altri lo fanno. Mi separo da Marx su punti fondamentali benché la sua analisi abbia fortemente influenzato il mio lavoro. Abbiamo bisogno di Marx per capire il nostro mondo attuale e le dinamiche della perpetuazione del capitalismo. Marx apportò un contributo importante alla teoria femminista per esempio con la sua tesi centrale che non esiste “natura umana”, ma che attraverso alcune lotte e in base alle condizioni economiche, le persone sono quello che sono. Ci ha aiutato a rompere l’immagine della femminilità eterna e della sua concezione essenzialista.
E quali sono le sue differenze fondamentali con Marx?
-Nella campagna per il Salario al lavoro Domestico siamo state estremamente critiche nei confronti di Marx e della tradizione politica che lo ha seguito negli anni ’70 secondo la quale il lavoro industriale è quello che contribuisce maggiormente all’accumulazione capitalistica. Questo fa dell’operaio della fabbrica un soggetto rivoluzionario. Che Marx analizzi il capitalismo come un sistema di sfruttamento è centrale- perché <sfruttamento> significa che il lavoro non remunerato è estratto e accumulato. Situandoci dal punto di vista dell’ambito domestico, tuttavia, abbiamo potuto osservare che Marx ignora un’immensa parte del lavoro che è fondamentale per la riproduzione del capitale, vale a dire la riproduzione del lavoro :mangiare, dormire, i rapporti fisici, produrre i lavoratori della prossima generazione. Marx non ha visto che questo altro lavoro era già regolamentato dallo Stato all’epoca.
In che modo?
-Noi sappiamo che lo Stato ha introdotto delle punizioni per controllare la sessualità femminile. Già il reverendo Thomas Malthus era molto preoccupato per la classe operaia alla fine del XVIII secolo che, secondo lui, si riproduceva troppo. Il suo pensiero politico era per l’abolizione di tutte le forme di assistenza per le famiglie numerose, come era in Inghilterra all’epoca. Malthus era un uomo terribile, ma si è reso conto che c’erano delle lotte per il corpo, la sessualità e la riproduzione e che il numero dei bambini nati nella classe operaia influenzava il mercato in un modo o nell’altro. Marx non vide che la politica demografica faceva parte della politica della classe capitalistica. Continua a leggere
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25 novembre 2018/ Le Patriarche
“Le Patriarche”
Non ci si adatta mai a questa società con il suo ordine stabilito fatto di oppressione, di gerarchia, di ingiustizia, di razzismo, di privilegi, tanto intollerabile quanto si constata che è talmente radicato nella nostra cultura che può apparire spesso accettabile e persino naturale.
La società patriarcale nelle modalità in cui viene subita è l’esempio più evidente di questa paradossale sottomissione. Un rapporto sociale particolarmente odioso che ci tocca tutte da vicino, che permea la società, ne è diventato un tratto distintivo conosciuto e riconosciuto da ognuna/o.
Sinora il perpetuarsi di questo rapporto di dominio risiedeva, non esclusivamente, ma per certi versi principalmente, in seno alla famiglia che, giustamente, ha catalizzato l’attenzione del femminismo, così come del resto in altre istanze quali la scuola e le istituzioni. Oggi, nella stagione neoliberista, la nuova frontiera del perpetuarsi della società patriarcale passa anche attraverso la cooptazione di donne che in cambio della loro promozione personale vendono le altre donne e svendono la lotta femminista. Per fare questo spacciano la loro promozione personale per emancipazione.
Non è emancipazione quando si fa il lavoro sporco di licenziare altre donne, quando si reprimono e si condannano, forti di una divisa e di una carica istituzionale, quando si giustificano le guerre umanitarie, non è emancipazione quando si partecipa alla medicalizzazione dell’esistenza delle altre donne, né quando si partecipa da posti di responsabilità negli ospedali, mimetizzate con un camice bianco, alla guerra alla 194. Non sono donne emancipate, sono Patriarche, la versione femminile di quegli odiosi maschi che sono stati e sono il puntello, i protagonisti e i fruitori della società patriarcale e che nel momento che hanno visto la terra tremare sotto i piedi hanno chiamato le loro alter ego al femminile.
I motivi della lotta femminista sono ancora validi ed ancora più urgenti ed oggi abbiamo la consapevolezza che non dobbiamo fare i conti solo con i maschi, ma anche con le Patriarche.
Occorre chiedere ad un’analisi materialista conto dell’economia, del valore d’uso, dei beni simbolici per liberare tutte le forze della rivoluzione femminista, per uscire dalla società androcentrica che vive nei maschi, nelle donne e nelle diversità che si fanno complici.
La memoria delle socialdemocratiche non ricorda, assolve. La memoria di poche, quelle diventate potere, vorrebbe diventare memoria di tutte. E in questo modo disconosce e lascia nel buio le eterne invisibili. E tutto si risolve per le socialdemocratiche nel recitare la sciocca litania della propria bravura che diventa la propria sacralizzazione.
I media.. le accademiche… non aiutano a capire la realtà e a ricostruire la memoria. Incapaci volutamente di riconoscere le proprie origini, proiettano il tempo presente nel futuro come la propria ripetizione. Per loro, domani è un altro oggi. L’organizzazione patriarcale del mondo, cambiato l’abito di scena, come in teatro, rappresenta lo stesso dramma.
E, sempre secondo loro, l’ingiustizia o è una fatalità o è stata rimossa e, pertanto, non si può uscire da questo falso dilemma.
La violenza patriarcale richiede cattiva memoria, amnesia, oblio.
La nostra memoria è nell’aria che respiriamo, a differenza delle Patriarche che mettono nella memoria quello che vogliono trovarci, proprio come fa la polizia durante le perquisizioni.
Non esiste lotta femminista muta, è inutile ingannarla e manipolarla, la memoria femminista rifiuta di lasciarsi imbavagliare. La lotta batte ancora, viva, nelle vene del tempo presente.
Per noi, femministe materialiste, non vuole essere un approdo, ma un porto di partenza, non rinnega la nostalgia, ma preferisce la speranza.
Le Patriarche, volutamente prive di qualsiasi legame con la realtà, adepte della cultura neoliberista, ne hanno abbracciato i principi e i valori e hanno i loro punti di riferimento esclusivamente nel presente così come si è imposto e pretendono di sapere tutto e citano, citano….a conferma che dimmi chi citi e ti dirò chi sei.
Le Patriarche hanno interiorizzato i valori di questa società e scelgono con gran cura i propri maestri e professori. Se una è fuori dal serraglio e dal clan sarà sistematicamente negata, mentre verrà elevato al rango di guida chiunque appartenga a quel mondo di manipolazione e di occultamento che si può definire il trionfo dell’ideologia neoliberista nella società in tutte le sue articolazioni.
Questo comincia dal momento in cui si adotta il metodo graduale e felpato delle regole del consenso, il rispetto per le presunte autorità e per le istituzioni riconosciute ed ancora la conformità a tutte le loro azioni nonché ai loro elaborati, magari in sintonia con l’opinione dominante che coincide con quella riformista e socialdemocratica, con la stessa operazione per cui, per comunità internazionale, si intende quella occidentale.
Le Patriarche vivono soltanto nel presente, attente alle mode passeggere, soggette alle loro regole e norme in conformità al loro ruolo teso a rendere redditizio il loro addestramento, come del resto l’animale che riceve il premio dal padrone quando fa la cosa giusta.
Non sono le nostre amate streghe, ma lo stregone che presenta le sue conclusioni rivestite da una fraseologia apparentemente ragionevole e per risultare convincenti devono dire ogni tanto un minimo di cose accattivanti e plausibili. Continua a leggere
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25 novembre 2018/Comunicato
Tramare percorsi di uscita
La vittoria del neoliberismo è la vittoria della borghesia transnazionale che ha portato avanti una lotta di classe senza esclusione di colpi nei confronti della borghesia tradizionale, espressione delle borghesie nazionali, e ha affossato la piccola e media borghesia escludendole dalla classe e ridisegnando il potere nella sua dimensione multinazionale. Chi si è fatto carico qui da noi di naturalizzare il neoliberismo è stato il PD in tutte le sue varie accezioni e con alleati e collaterali. Il governo attuale invece non è altro che l’espressione del malessere e della protesta dei ceti medi.
La scala di valori che caratterizzava la società borghese fino a non molti anni fa è stata radicalmente cambiata e non potrebbe essere altrimenti perché ogni modello economico si trasforma in metabolismo sociale e si irradia in ogni ambito.
I valori che definiscono la società del neoliberismo sono darwinismo sociale, individualismo sfrenato, meritocrazia, controllo sociale e controllo territoriale, chiusura di ogni spazio di mediazione e vengono diffusi attraverso strumenti e concetti che sono dei veri e propri grimaldelli per la deformazione del pensiero collettivo e la costituzione dell’egemonia culturale neoliberista: legalità, “sicurezza”, politicamente corretto, creazione di vere e proprie colonie interne, uso dell’antirazzismo, dell’antisessismo e dell’antifascismo per la costruzione di una società improntata invece a valori fascisti, razzisti, sessisti.
Per riuscire a creare percorsi di uscita da questa società è necessario intaccare i cardini su cui si fonda: contrastare la meritocrazia, diffondere disubbidienza civile, boicottare i sistemi di controllo, rifiutare la guerra e la militarizzazione, rifiutare il collaborazionismo, riconoscere il nemico, sottrarsi alla strumentalizzazione…
E ricostruire strumenti di lotta significa ricostituire i significati a cominciare da quelli delle parole. Usare parole come autodeterminazione, autorganizzazione, solidarietà, antirazzismo…tanto per citarne alcune che vanno per la maggiore, senza definirle cioè senza dichiarare il contenuto che hanno per noi, non ha senso perché è come gridare in piazza pace…libertà…democrazia…giustizia sociale…lo dicono tutti/e tanto più quelle che sono direttamente responsabili del loro affossamento.
Stiamo attraversando un periodo storico molto difficile perché i segni, i segnali, i riferimenti, le coordinate, le stesse parole con cui veniva fino a non molto tempo fa costruita la lotta al sistema di potere sono state cambiate, stravolte, falsificate.
E’ necessario fare un esercizio di verità, segnare i confini tra chi sta da una parte e chi dall’altra, tra chi vuol stare dentro questa società magari con qualche ritocco a suo vantaggio e tra chi vuole uscirne cercando caparbiamente vie di fuga e percorsi di sottrazione, tra chi supporta questo sistema e chi lo combatte.
Il conflitto e la rottura ci accompagneranno ma ci daranno anche la possibilità di costruire reti e legami tra simili, di riconoscerci, tenerci per mano e continuare a lottare.
Non ti consegnare al nemico!
Autodifesa militante femminista!
Illegalità diffusa!
Coordinamenta femminista e lesbica
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25 novembre 2018/ Contro la violenza maschile sulle donne

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23 marzo 2019 Manifestazione nazionale NOTAV a Roma!
Dall’assemblea nazionale: il 23 marzo tutti a Roma!
Si è conclusa dopo diverse ore l’assemblea nazionale contro le grandi opere inutili e imposte tenutasi a Venaus, nella borgata 8 dicembre, luogo simbolico per i notav perchè sorta al posto del primo cantiere Tav, liberato dalla popolazione l’8 dicembre 2005.Quale luogo migliore per accogliere oltre 40 comitati territoriali provenienti da tutta Italia, da Venezia alla Sicilia, per discutere di come proseguire insieme un percorso iniziato da molto tempo che ha visto a Venezia, la sua prima tappa.
Ore di interventi aperti dalla Valle di Susa, proiettata verso l’8 dicembre e proseguita in un crescendo di analisi ed idee per attrezzare i movimenti alle sfide future, partendo da specificità singole per confluire in una grande mobilitazione nazionale che sappia parlare il linguaggio della sfida ad una visione del mondo obsoleta e pericolosa per tutti.
I cambiamenti climatici e le azioni da intraprendere per fermare l’avanzata della devastazione dei nostri territori sono stati gli argomenti di molti interventi, individuando da subito, nelle vertenze territoriali la risposta più moderna ed efficace per gettare le basi di una campagna di mobilitazione che vedrà confluire tutti e tutte in una grande manifestazione nazionale a Roma il 23 di marzo prossimo.
Sarà il luogo di ritrovo per tutte le lotte territoriali per rimettere al centro dell’azione la difesa e la messa in sicurezza dei territori, lo stop alle grandi opere inutili e la redistribuzione dei fondi pubblici, sprecati ad oggi per questi progetti, verso le priorità del Paese e del pianeta.
E’ stato deciso un prossimo incontro a Napoli probabilmente nel mese di febbraio, nel frattempo l’8 dicembre sarà una giornata di mobilitazione diffusa nei territori e a Torino, per la marcia organizzata dal movimento notav.
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La trama di un percorso di uscita
La Coordinamenta verso il 25 novembre/Materiali
“Tramare percorsi di uscita da questa società”
25 novembre 2011 DONNE NON SI NASCE, SI DIVENTA
25 novembre 2012 IL PERSONALE E’ POLITICO, IL SOCIALE E’ IL PRIVATO
25 novembre 2013 ILFEMMINISMO E’ ROMPERE LA LEGALITA’ IN CUI CI VOGLIONO IMBRIGLIARE!
25 novembre 2014 Normalità/Immaginario/ Sabotaggio/ Ritualità e Controritualità/ Egemonia culturale/ Pratiche di lotta
25 novembre 2015 SPEZZARE LA NORMALITA’ DELL’ESISTENTE
25 novembre 2016 NESSUNA DELEGA!
25 novembre 2017 RICONOSCERE IL NEMICO/ RIFIUTARE IL COLLABORAZIONISMO

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24 novembre/Presidio contro il CPR di Ponte Galeria!
Roma – Sabato 24 novembre presidio al CPR di Ponte Galeria
riceviamo e con molto piacere pubblichiamo e diffondiamo

Da molti anni la propaganda mediatica dei governi dei paesi occidentali proclama che “le nostre donne” sono libere perché hanno gli stessi diritti degli uomini. Tale rivendicazione viene portata avanti in contrapposizione alla presunta condizione delle donne nei paesi colonizzati, che vivono, nell’immaginario occidentale, una situazione di passività e sottomissione.
Si riafferma ancora una volta il discorso razzista che assegna a noi brave europee il compito di salvare queste “vittime” dalla barbarie, specialmente se donne, ancor più migranti e/o sex workers.
Di fatto, a braccetto con questa vocazione salvifica della narrazione imperialista, ci passeggia un sistema eteropatriarcale che dalla vittimizzazione della donna accresce il proprio potere e le proprie forme di dominio e controllo sui corpi, dipingendoli come non in grado di autodeterminarsi e incapaci di assumere il controllo della propria esistenza, e pertanto giustificandone la privazione di libertà in nome della “loro” sicurezza.
Come se un’emancipazione dalla condizione di vittime non fosse neppure immaginabile. Come se non esistessero esperienze di autodifesa collettive e individuali, e ci si potesse soltanto rassegnare alla propria condizione assoggettata.
La riduzione delle donne a vittime, deboli, incoscienti e irrazionali è uno dei presupposti che legittima il patriarcato e funge da spiegazione oggettiva alla sua esistenza. Fondamenta la teoria che le donne siano biologicamente inferiori e dunque le rende soggetti facilmente controllabili e strumentalizzabili.
Se gli stupri e i femminicidi quotidiani sono entrati a far parte della cronaca nera giornalistica senza destare particolare attenzione, diverso è ciò che accade quando a commettere violenza è un uomo non europeo: qui scatta il caso mediatico e il corpo della donna diventa mero strumento per portare avanti i decreti anti-immigrazione e le strette securitarie che si susseguono anno dopo anno, governo dopo governo, nascondendo da un lato la strutturalità dell’oppressione maschile sulle donne e dall’altro gli interessi economici delle guerre imperialiste.
Personalizzare le esperienze di violenza è una strategia che divide le donne e fa percepire loro le esperienze come atipiche e slegate da quelle delle loro simili. Quindi mina una visione complessiva del fenomeno e di conseguenza una possibile soluzione.
La narrazione delle esistenze individuali delle donne migranti da parte dei media rientra in questa stessa ottica: leggiamo spesso storie di donne recuperate in mare, liberate dalla schiavitù della tratta, integrate nella società, dipinte come povere vittime da compatire, da salvare dalla vita crudele dalla quale sono scappate, e da accogliere pietisticamente.
Esiste però un’enorme contraddizione insita in queste parole, che rivela due realtà che sembrano opposte, ma che in fondo sono simmetriche e rappresentano le due facce di una stessa medaglia. Queste donne, infatti, una volta arrivate in Italia, vengono istantaneamente oppresse da un meccanismo perverso che le categorizza, le classifica e le rende più facilmente controllabili. Chi decide in quale categoria inserirle e muoverle come pedine da una all’altra è sempre lo stesso potere centrale che le compatisce e che vuole salvarle.
Qualcuna viene inclusa in quella che viene chiamata “accoglienza”: un sistema infantilizzante che le rende dipendenti da tutto e per tutto. Le donne che entrano in questo circuito e in questo limbo, in attesa di un asilo politico o una sorta di protezione legale, nel “migliore” dei casi sono sottoposte a rigide regole che limitano la loro libertà e la loro iniziativa personale.
Se si decide di infrangere queste regole o se chi comanda il “gioco” decide di cambiarle, allora si passa dalla categoria “inclusa” o “includibile” a quella di indesiderabile, ed ecco che la medaglia si gira ed appaiono i lager di stato chiamati Centri Per il Rimpatrio, prigioni per persone senza documenti, e chi diceva di voler salvare quelle donne ne diventa l’aguzzino.
Lì dentro sovraffollamento, cibo avariato, assenza di cure mediche, tranquillanti e pestaggi rappresentano la quotidianità. Ma sono quotidiane anche le proteste e le resistenze che ognuna di loro mette in atto per non farsi schiacciare da questo sistema repressivo.
Le donne che finiscono nel Cpr spesso provengono dalle questure, alle quali si rivolgono per denunciare un partner violento, o semplicemente per rinnovare il permesso di soggiorno.
Le mura dei Cpr, come le frontiere tra gli Stati, sono strumenti costruiti per ostacolare quell’unione e quella solidarietà necessarie a una vera e forte lotta contro la cultura della sopraffazione e del controllo patriarcale.
All’isolamento e al silenzio ai quali lo Stato condanna le migranti recluse a Ponte Galeria, è necessario continuare a contrapporre con forza la solidarietà e la voce di chi vi si oppone, tornando ancora sotto quelle mura.
Non deleghiamo allo stato la soluzione a un problema di cui è artefice.
Contrastiamo la logica dell’accoglienza e dei centri di detenzione, non rendiamoci complici della violenza e del razzismo di stato.
Solidarizziamo con chi sabota e lotta contro le frontiere e le galere.
SABATO 24 NOVEMBRE PRESIDIO AL CPR DI PONTE GALERIA
APPUNTAMENTO DAVANTI AL CPR ALLE ORE 11 (FERMATA FIERA DI ROMA)
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Serata Immakolata!!!!

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