Per un 2021 di lotta e di resistenza, perché non dobbiamo cedere

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TATTICA E STRATEGIA
COSTRUIRE I PICCOLI GRUPPI!
SMONTARE I CARDINI DEL NEOLIBERISMO!

Il neoliberismo si è affermato. Siamo in una società modellata su una scala di valori che fino ad una decina di anni fa ritenevamo impensabile. In uno scenario di lotta interna alla classe borghese da cui è uscita vincente l’iperborghesia, in cui sono state proletarizzate le classi medie e le classi subalterne fortemente impoverite, le varie forze della “sinistra” riformista in questi anni si sono fatte carico di costruire, per conto del capitale transnazionale, un’egemonia culturale fondata su concetti come legalità, ”sicurezza” trasformata in paura sociale e militarizzazione, controllo sociale esasperato, annullamento delle conquiste degli anni ’70, individualismo, meritocrazia, produttività, scomparsa
della lettura di classe, disaffezione alla politica, qualunquismo e
fascistizzazione del pensiero comune.
È da qui che dobbiamo ripartire. Dal chiederci come possiamo smontare questa organizzazione di pensiero prima ancora che delle specifiche soggettività, avendo ben presente che una caratteristica propria del neoliberismo è inglobare le istanze antagoniste, metterle al proprio servizio, trasformarle in merce. E tenendo anche conto che lo spazio della contrattazione, per una precisa scelta politica, è stato chiuso unilateralmente dal potere, che ha lasciato aperto solo quello del collaborazionismo.
È necessario quindi porsi un problema tattico ed uno strategico e cercare forme di lotta diverse da quelle adottate finora.
La forma manifestazione è tollerata solo come processione in cui si chiedono delle grazie, che non verranno mai elargite, e che rafforzerà il sistema perché presenterà lo Stato come interlocutore. L’opinione pubblica è costruita secondo una mentalità fascistoide, securitaria e legalista. Di conseguenza, l’humus sociale in cui far vivere le lotte, che necessariamente dovranno avere carattere di rottura con l’ordine vigente, è estremamente limitato.
Il controllo sociale è asfissiante e quindi chi lotta al di fuori del rito della messa sarà esposto alla minaccia di pagare un prezzo molto alto, sia dal punto di vista personale che economico, attraverso la miriade di sanzioni amministrative che il sistema ha
potuto attuare grazie al consenso costruito dalla sinistra riformista.
Dal punto di vista tattico è necessario ripartire dal piccolo gruppo come struttura di base dell’autodifesa femminista e della pratica di costruzione politica.
È un patto tra donne che si conoscono e si fidano reciprocamente e costruiscono sapere in autonomia. I gruppi fanno rete, le reti fanno produzione politica. Non serve una preparazione specifica, né una presa di coscienza particolare se non la consapevolezza e la necessità del reciproco sostegno. Noi non crediamo nella delega, negli esperti e nelle esperte, crediamo nella condivisione dei saperi e nella loro moltiplicazione. Crediamo nella crescita politica e nella presa di coscienza della collocazione di genere e di classe che il rifiuto della delega e la consapevolezza delle proprie possibilità organizzative creano e incentivano; crediamo nella presa in carico dei propri desideri; crediamo che la volontà di realizzarli e la consapevolezza che solo noi possiamo essere in grado di farlo può portare le donne a cercare strumenti di uscita da questa società. Continua a leggere

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Auguri per un 2021 di lotta di lotta di lotta!

Ci tolgono la gioia ci tolgono la vita, con questo sistema facciamola finita! 

Mantenere lucidità e diffondere spirito critico/ Non sottomettersi/ Combattere il feticcio della legalità/ Ribellarsi all’ingiustizia/ Organizzarsi/ Disubbidire…

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Nuovo modo di produzione informatico e insorgenza diffusa.

Nuovo modo di produzione informatico e insorgenza diffusa.

Un contributo dalla Francia

da ilrovescio.info

[…] Nello specifico, la società francese sta vivendo, come tutta la civiltà occidentale, una profonda trasformazione in atto. Ogni ambito di questa democrazia borghese, coi suoi Diritti, la sua Costituzione ed il suo parlamento, è lacerato. Assistiamo ad un concentrato di cambiamenti senza precedenti: da quello climatico a quello antropologico, dallo Stato d’eccezione (ormai permanente) alla digitalizzazione della vita. Lo Stato francese, paternalista e razzista, assistenzialista e colonialista, continua ad usare, sempre più con estrema difficoltà, il bastone e la carota; da una parte il “regime di protezione sociale”, dall’altra il controllo e la repressione (con l’Operation Sentinelle 7000 militari di carriera e 3000 riservisti impegnati nel pattugliamento delle strade e nel presidio dei siti sensibili), magari, dietro il passamontagna della BAC, a suon di manganello contro ogni forma di dissenso.
Se la tendenza degli ultimi anni era comunque quella di una generale pauperizzazione, adesso si aggiunge, soprattutto per una spaesata piccola borghesia, anche un clima di frustrazione (comunque gli attacchi indiscriminati di “terroristi” sulla popolazione continuano regolarmente), di scetticismo (in pochi hanno scaricato le varie app per il tracciamento per il Covid-19), quindi di rancore e di sfiducia verso le istituzioni.

Si vive in un’atmosfera tesa, intrisa di violenza, soprattutto nelle aree metropolitane. Un quotidiano atomizzato e fantasmagorico, frenetico e alienato, iper-connesso e mercificato, compresso da un’ideologia produttivista e competitiva.[…]

Ci troviamo ad un punto di rottura, un punto di rottura molto profondo […] un punto di rottura del capitalismo contemporaneo”.(Emmanuel Macron, intervista alla rivista il “Grand Continent”, giovedì 12 novembre 2020)

“L’economie ou la vie?”, ha domandato qualcuno su un muro durante il primo lockdown.
Ed infatti, pur sapendo per certo l’arrivo della “seconda ondata” entro l’autunno, il governo Macron ha riaperto tutte le attività produttive invitando ad andare in vacanza e spendere soldi. Alla fine del coprifuoco e con l’arrivo del secondo confinamento, stessa sorte: restavano aperte le scuole, i nidi, i licei, le università online. La produzione continuava incessante, costringendo a lavorare milioni di persone ammassate nei posti di lavoro e sui mezzi pubblici. Per contro, il collasso del sistema sanitario pubblico francese, flagellato da anni di privatizzazioni, tagli al budget e precarizzazione del personale medico ed infermieristico, nei mesi di Ottobre e Novembre, è stato così imponente da dover spostare i malati in altre regioni o, addirittura, in paesi limitrofi come la Svizzera, non avendo più posti letto e attrezzature. Dai primi anni del 2000, con l’alternarsi dei governi socialisti prima, con l’arrivo di Nicolas Sarkozy poi, infatti l’ospedale diventa un’impresa e deve rispettare un bilancio, quindi tagliare i costi. Oggi la privatizzazione del sistema sanitario è ancora in corso e nel frattempo le cliniche private, sempre più affiliate a grandi gruppi internazionali, prosperano. Per questo già il 2019 è stato un anno di proteste e di scioperi all’interno degli ospedali e 1.300 primari sono arrivati addirittura a dimettersi dalle loro funzioni amministrative. Nei mesi scorsi invece c’è stata una forte mobilitazione anche tra gli infermieri delle case di riposo, che denunciano una deriva simile a quella vissuta dall’ospedale pubblico.

L’aziendalizzazione del sistema sanitario, come dei servizi dell’intera società, a Parigi come a Londra, a New York come a Atene, è frutto degli ultimi quarant’anni di politiche neoliberiste. “There Is No Alternative”, il grido della Lady di ferro Margaret Thatcher, suona ancora più beffardo.

Del resto il carattere classista delle attuali politiche francesi a danno delle classi subalterne lo ritroviamo anche nella Riforma del lavoro (Loi Travail), incominciata pochi anni fa ma ancora in atto, che vorrebbe rendere più flessibile il mercato del lavoro, permettendo così alle imprese di licenziare con maggiore facilità i lavoratori. Si vorrebbero aggirare i contratti nazionali negoziando i contratti di lavoro a livello aziendale sostanzialmente per lasciare il lavoratore singolo, “spoglio”, privo di diritti e garanzie, ricattabile di fronte al datore di lavoro. Da questo punto di vista il passaggio in massa al telelavoro durante l’epidemia è stata una buona occasione; scontate saranno le difficoltà che si avranno in futuro per fare vertenze, scioperi, per organizzarsi collettivamente, ecc. Continua a leggere

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La militarizzazione della Valle

Il nemico interno/6

carmillaonline.com

di Alexik Sin dall’inizio della lotta, e con particolare intensità negli ultimi dieci anni, l’opposizione popolare al TAV Torino/Lione si è dovuta confrontare con un livello altissimo di violenza istituzionale, di cui la  criminalizzazione penale è un aspetto rilevante.
La creazione di una corsia preferenziale per i procedimenti contro il movimento, con il coinvolgimento di  centinaia di imputati, l’esercizio dell’azione penale anche per reati “bagatellari”, l’abuso delle misure cautelari, l’utilizzo a piene mani del concorso e delle aggravanti, la particolare velocità dei processi,  la sproporzione delle condanne e delle sanzioni economiche, sono da anni parte dell’esperienza concreta dei militanti, ed evidenti a chiunque soffermi lo sguardo sul fenomeno repressivo in Valsusa.

Per questo tre  anni fa un gruppo di compagni e compagne ha ritenuto importante iniziare un’opera di archiviazione storica dei materiali processuali che rendesse possibile un’analisi più dettagliata della criminalizzazione giudiziaria nei confronti del movimento, la misurazione del fenomeno e la sua comparazione con altri campi di esercizio dell’azione penale.

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Il femminismo che fiorisce in una lotta operaia…

L’esperienza delle operaie della fabbrica Florenzi a Soyapango (El Salvador)

http://www.nicolettapoidimani.it/?p=1564

[…] L’occupazione della Florenzi non è soltanto la lotta di donne che combattono contro un sistema neoliberista in cui i poveri cuciono per pochi soldi ciò che i ricchi indosseranno. C’è un cambiamento sostanziale rispetto al modello di protesta operaia tipica dei movimenti sociali salvadoregni (e di tutto il mondo) del secolo scorso: questa occupazione ha assunto, con il passare dei mesi, una caratteristica di genere, diventando uno spazio femminista.

Adesso le operaie partecipano a seminari settimanali gestiti da organizzazioni femministe, come Ormusa, la Organización de Mujeres Salvadoreñas po la Paz; «come abbiamo imparato a rompere con i modelli di violenza, molte donne presenti in questa occupazione incominciano anche a capire che non sono oggetto né schiave della casa; perciò molti dei loro mariti non accettano la loro partecipazione a questa azione» afferma Nery Ramírez, una delle dirigenti riconosciute del gruppo. […]

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Se le mura sono alte la solidarietà le supera

Riceviamo e diffondiamo

A fine novembre 5 persone detenute nel carcere di Ascoli hanno scritto un esposto alla Procura di Ancona. In questo atto, con grande coraggio, hanno riportato quanto realmente accaduto a marzo nel carcere di Modena e di Ascoli in seguito alle rivolte, in relazione ai pestaggi, agli spari e a alla morte di Salvatore Piscitelli. Il 10 dicembre sono stati trasferiti nel carcere di Modena. La scelta stessa di questo trasferimento è subito apparsa una forte intimidazione agli occhi di chi, sin da marzo, non aveva creduto alla narrazione delle “morti per overdose”, fossero essi/e parenti o solidali, seppur tra loro sconosciuti/e. Le condizioni di detenzione in cui hanno tenuto i 5 ragazzi a Modena sono state altrettanto intimidatorie: in isolamento (sanitario), con divieto di incontro tra loro, in celle lisce con vetri rotti, senza possibilità di fare spesa e di ottenere accredito dei versamenti in tempi utili per poter fare la spesa, senza i loro vestiti e con coperte consegnate bagnate qualora richieste. Immediatamente, all’esterno, si è attivata un’eterogenea rete di solidarietà, costituita da parenti e solidali, che si è mossa su più fronti: sostegno legale, saluti sotto le mura del carcere, lettere, mail di pressione alla direzione del carcere, sollecitazioni ai garanti regionale e nazionale. Varie testate giornalistiche, a distanza di 9 mesi dal massacro avvenuto nel carcere modenese, hanno riportato i fatti, o si sono trovate costrette a farlo, data la forza della voce dei 5 detenuti e la determinazione di parenti e solidali in loro sostegno. La verità è scomoda da dire e da sostenere, infatti non in tutti i casi è stata riportata per quello che è o è stata detta parzialmente. In un caso, invece, un giornalista è stato licenziato per l’articolo scritto. Molti giornali e media ufficiali, a marzo, avevano riportato senza se e senza ma la voce dei carcerieri: i 14 morti durante le rivolte di marzo, 9 dei quali deceduti a Modena o in trasferimento dal carcere di quella città, erano morti per overdose a loro dire. Ma dei pestaggi e degli spari nessuno aveva parlato. Continua a leggere

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DPCM di CLASSE

DPCM DI CLASSE/ RIBALTARE LA VISIONE DEL MONDO

A causa della responsabilità totale dell’attuale sistema di potere, incarnato dalla borghesia transnazionale con la collaborazione delle borghesie nazionali declassate a utili serve, per l’attuale situazione economico sociale e per la così detta e propagandata emergenza covid-19 e, contemporaneamente, a causa della irresponsabilità totale sempre del sistema di potere e della sua totale incapacità di gestire le situazioni  da esso stesso create, viene varato il seguente DPCM dalle assoggettate/assoggettati che non intendono più essere tali ma consapevoli artefici della propria esistenza.

Si chiarisce innanzitutto che cosa si intende nell’attuale momento storico per appartenenza di classe.

Appartengono alla classe subalterna tutti gli strati sociali attaccati dal neoliberismo che costituiscono un arco sociale molto variegato che va dal sottoproletariato agli immigrati/e fino alla piccola e media borghesia e che riconoscono nel capitalismo e nell’ideologia neoliberista il proprio comune nemico.

Punto 1- Dato che è di pubblico dominio e di assodata conoscenza che il buonumore, la contentezza, la positività, la sicurezza economica aumentano tantissimo le difese immunitarie e che gli abbracci, il contatto fisico e la vita collettiva evitano stress, depressione, farmaci, nei giorni  di questo periodo di feste in cui l’Italia è stata dichiarata zona arancione e rossa tutti gli abitanti della periferia andranno ad occupare le case di lusso ivi comprese quelle di deputati, senatori, politici, sottopanza di qualsiasi tipo e specie, patriarche, galoppini annessi e connessi, forze dell’ordine nelle varie accezioni, magistrati, giornalisti…  questi verranno trasferiti negli appartamenti  in periferia da cui non si potranno muovere fino alla fine delle festività. In caso di impossibilità di collocare tutti costoro negli appartamenti in periferia per il numero eccessivo, gli ”esuberi” verranno sistemati sotto i ponti e sfamati dalla comunità di Sant’Egidio, a sue spese, che provvederà con delle bevande e minestre calde.

In caso si dovessero verificare dei tentativi di eludere le disposizioni emanate, il controllo popolare provvederà al lancio di uova marce nei confronti dei soggetti riluttanti.

Le più alte cariche dello Stato verranno invece piacevolmente sistemate in comode celle nelle carceri di Stato al posto dei detenuti/e che verranno collocati/e nelle abitazioni delle persone di cui sopra. Le alte cariche dello Stato in età avanzata, più o meno quella del detenuto morto nel carcere di Tolmezzo, potranno usufruire del 41bis così da essere adeguatamente tutelati dal covid-19.

Punto 2- Tutti i negozi resteranno aperti e così anche ristoranti, bar, pub, localini, sale da ballo e qualsiasi variante ludica… che potranno essere frequentati da tutti fuorché dai soggetti trasferiti nelle zone periferiche e tutte le spese effettuate saranno addebitate ai citati soggetti direttamente sui loro conti personali.

Punto 3– Tutte le auto di servizio e delle forze di polizia e militari a vario titolo come tutte quelle delle persone al comando di questo paese verranno requisite e messe a disposizione gratuita della popolazione per gli spostamenti.

Saranno salvaguardati soltanto i trasporti sanitari, ambulanze, trasporti medici.

Terminato il periodo delle festività saranno organizzate delle assemblee popolari per decidere come procedere con i DPCM seguenti perché l’autorganizzazione troverà sicuramente soluzioni adeguate.

Ci scusiamo moltissimo con la popolazione vessata da questo sistema di potere che dovrà sopportare che delle persone di dubbia moralità occupino seppure temporaneamente le loro case.

Buona festa dell’inverno a tutt*!

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Dotti Medici e Sapienti

Dotti Medici e Sapienti

…E perciò prima che mi possiate fermare
Devo urlare, e gridare, io lo devo avvisare
Di alzarsi e scappare anche se si sente male
Vai scappa, scappa!

clicca sull’immagine!

E nel nome del progresso
Il dibattito sia aperto
Parleranno tutti quanti
Dotti medici e sapienti

Tutti intorno al capezzale
Di un malato molto grave
Anzi già qualcuno ha detto
Che il malato è quasi morto

Così giovane è peccato
Che si sia così conciato
Si dia quindi la parola
Al rettore della scuola

Sono a tutti molto grato
Di esser stato consultato
Per me il caso è lampante
Costui è solo un commediante

No, non è per contraddire
Il collega professore
Ma costui è un disadattato
Che sia subito internato

Al congresso sono tanti
Dotti, medici e sapienti
Per parlare, giudicare
Valutare e provvedere
E trovare dei rimedi
Per il giovane in questione

Questo giovane è malato
So io come va curato
Ha già troppo contagiato
Deve essere isolato

Son sicuro ed ho le prove
Questo è un caso molto grave
Trattamento radicale
Quindi prima che finisca male

Mi dispiace dissentire
Per me il caso è elementare
Il ragazzo è un immaturo
Non ha fatto il militare

Al congresso sono tanti
Dotti, medici e sapienti
Per parlare, giudicare
Valutare e provvedere
E trovare dei rimedi
Per il giovane in questione

Permettete una parola, io non sono mai andato a scuola
E fra gente importante, io che non valgo niente
Forse non dovrei neanche parlare

Ma dopo quanto avete detto, io non posso più stare zitto
E perciò prima che mi possiate fermare
Devo urlare, e gridare, io lo devo avvisare
Di alzarsi e scappare anche se si sente male
Vai scappa, scappa!

E.Bennato

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Sabato 19 davanti al carcere di Tolmezzo (Udine)

Riceviamo dalle compagne dell'”Assemblea permanente contro il carcere e la repressione”

sabato 19 dicembre alle h 14 a Tolmezzo davanti al carcere in via Paluzza 77.

Nel…” carcere di Tolmezzo, venerdì scorso è spirato un detenuto di 71 anni, condannato al 41 bis, il carcere-tomba, altri 2 detenuti tolmezzini risultano ricoverati a Verona e 3 ancora ricoverati all’ospedale di Tolmezzo. Il picco è stato di 155 positivi su 200 detenuti.
I detenuti usano le stesse docce, dormono in cella spesso sovraffollate e mantenere le distanze diventa impossibile. I colloqui sono sospesi da marzo, come tutte le attività: il virus entra in prigione attraverso i secondini, che non si fanno scrupoli a lavorare senza rispetto delle norme igieniche fondamentali della tutela propria e altrui. Una volta scoppiato il contagio, nessuna delle istituzioni implicate (direttrice del carcere, dirigenti del DAP, magistratura, distretto e azienda sanitaria, mass media…) si cura di svolgere il
proprio compito, ma al contrario ognuna si occupa di assecondare il muro di omertà a tutela del mantenimento proprio e dei propri privilegi. In altre parole la verità del contagio non filtra fuori dal carcere ma rimane isolata, murata dentro la galera. Se la verità non si racconta, muore: ma la verità vive se viene detta, ed emerge con tutta la sua forza.”

QUI IL VOLANTINO Tolmezzo 19_12

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Ridefinire le nostre relazioni

“Ridefinire la nostre relazioni”

https://anarcoqueer.wordpress.com/zines-scaricabili/

“Vorrei chiarire sin dall’inizio che questo libro non tratta dei pro e contro della monogamia rispetto alla non-monogamia. Ho scelto di scrivere di ciò che ho vissuto e sperimentato: relazioni aperte.
Credo fortemente che questo genere di rapporti riduca i rischi dovuti ad una malsana co-dipendenza. Le relazioni aperte ci sfidano ad affrontare la nostra
gelosia e la nostra possessività.”

“La società compirà ogni azione in suo potere per tracciare confini restrittivi attorno alla tua esistenza – come dovresti apparire, come dovresti sentirti, quali dovrebbero essere i tuoi obiettivi […]

LEGGERE QUI        ridefinire-relazioni_print

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ASTA LA LIBERTA’!

https://www.notav.info/

Udite udite! Dalle ore 10 di domenica 20 dicembre partirà la chiassosa, audace, dirompente e soprattutto Resistente… “ASTA LA LIBERTA’”!
Una giornata interamente dedicata a tutte e tutti noi, per avere l’opportunità di portarsi a casa bellissimi disegni originali e dare un aiuto concreto alla Cassa di Resistenza No Tav. Continua a leggere

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15 dicembre/ In ricordo di Walter Alasia, le parole della madre Ada Tibaldi

Oggi, 15 dicembre è l’anniversario della morte di Walter Alasia, compagno delle Brigate Rosse, ucciso a vent’anni dalla polizia nel 1976, nella casa della sua famiglia a Sesto San Giovanni, a Milano. Lo vogliamo ricordare attraverso le parole di Ada Tibaldi, sua madre, operaia, perché alle madri è affidato il ruolo da parte del sistema patriarcale e capitalista di essere catena di trasmissione dei valori dominanti, loro sono incaricate di inculcare nei figli la capacità di adattarsi ad una società di sfruttamento e dolore, ma quando le madri cominciano a farsi domande, quando prendono istintivamente coscienza, allora sono strumento di verità e di giustizia sociale e i figli capiscono.

Leggete qui le parole di Ada Tibaldi https://coordinamenta.noblogs.org/post/2019/12/15/15-dicembre-1976-le-parole-di-ada-tibaldi-per-ricordare-walter-alasia/

Vi consigliamo di leggere : G. Manzini, Indagine su un brigatista rosso/ la storia di Walter Alasia, Einaudi 1978 (prima edizione)

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Notizie urgenti dal carcere di Modena

Questa è la notizia che abbiamo ricevuto l’11 dicembre da alcune compagne

<È di qualche minuto fa la notizia che un pugno di detenuti di Ascoli – trasferiti a marzo dal carcere di Modena –  sono stati riportati proprio a Modena. Perché? Perché venerdì 20 novembre hanno fatto un esposto alla Procura di Ancona in cui denunciavano i fatti accaduti in quel carcere e quelli relativi alla morte di Piscitelli. All’inizio questi detenuti tramite domandina hanno chiesto il numero di protocollo e copia dell’esposto. Lunedì 23 questo esposto non era ancora partito, la motivazione era legata al fatto che doveva passare per la Direzione, cosa non necessaria per un esposto in Procura. Lo stesso giorno i detenuti hanno cercato di contattare i propri avvocati per fare pressione alla partenza dell’esposto. Questi detenuti erano ben consapevoli che avrebbero avuto problemi, anche grossi, ma per loro era più giusta la strada della verità[…]

Questo l’esposto 

Casa circondariale Ascoli

20/11/2020

N°protocollo 18072
Alla procura generale della repubblica di Ancora

Oggetto: Richiesta e verifica su eventuali ipotesi di reato di cui all’art.28 della costituzione della repubblica italiana; art. 3 convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo L. 4 agosto 1955 n°848; art. 608 c.p; art. 575 c.p ; 593 c.p ( tortura; abuso di autorità contro detenuti o arrestati; omicidio; omissione di soccorso). Perpetrati presso la casa circondariale di Modena e presso la casa circondariale di Ascoli Piceno; falso in atti.
In capo alla direzione della casa circondariale di Modena e della casa circondariale di Ascoli Piceno per “culpa in vigilando” e “culpa negligendo” ed al comandante ed al corpo della polizia penitenziaria della casa circondariale di Modena, Ascoli Piceno, Bologna, Reggio Emilia. Richiesta di essere ascoltati da codesta procura per rilasciare deposizioni collettive, individuali, specifiche e dettagliati sui fatti occorsi c/o  la casa circondariale di Modena in data 08/03/2020 e c/o la casa circondariale di Ascoli Piceno in data 09/03/2020 e nei giorni successivi al nostro arrivo. Continua a leggere

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T’es pas toute seule

Da ascoltare!

https://soundcloud.com/zerevengers

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Nella “democratica” Francia: umiliazioni e catene

In solidarietà e sostegno a Saioa Sanchez Iturregi prigioniera politica basca, imprigionata nel carcere di Nantes in Francia!

Questa la sua vicenda: Fonte Infoaut.org

<È incarcerata nel carcere femminile di Rennes come le altre donne basche, perché è uno degli unici due penitenziari femminili in cui sono previste lunghe pene. È stata trasferita a Nantes per partorire, poiché questo carcere è più adatto. Suo figlio è nato a settembre. Il 30 novembre doveva essere trasferita per una visita ginecologica.

L’accompagnatrice le ha detto che non poteva fare questo trasferimento con il suo bambino, poi le ha detto, dopo un rifiuto iniziale da parte sua, che questo trasferimento poteva essere fatto con il suo bambino se lei accettava di essere incatenata alle gambe legate in vita da una catena. La Saoia ha rifiutato questa umiliazione e l’esame non ha potuto avere luogo.

Lo status di DPS, prigioniero sotto sorveglianza speciale, sembra quindi essere mantenuto contro i prigionieri politici baschi.>

Per scriverle:  Saioa Sanchez Iturregi /  Maison d’Arrêt des Femmes de Nantes Rue de la Mainguais 44300 Naoned.

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