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2 – 12 GIUGNO 2021 – GIORNATE DI MOBILITAZIONE
Solidarietà con chi lotta, con i rivoltosi nelle carceri del marzo 2020, con le compagne e i compagni sotto processo.
Blog in aggiornamento per iniziative e materiali
https://mobilitazioni.noblogs.org/


Il giorno della Festa della Repubblica Italiana festeggiamo le Repubbliche Libere Partigiane, e in particolare la Zona Libera sorta tra la Carnia e la pianura friulana durante l’estate partigiana del 1944, una delle più importanti esperienze di autogoverno nell’Italia occupata dal nazifascismo. In una giornata in cui si vorrebbero esaltare nazionalismo e militarismo scegliamo di tornare tra le montagne ed i luoghi che videro nascere e diffondere la Resistenza per solcare le orme dei ribell* di allora, incrociare sguardi, desideri e corpi per prendere lo slancio per le lotte di domani.
In questa terza edizione della festa della Repubblica Partigiana abbiamo scelto di attraversare e vivere la borgata di Davour la Mont, comando tappa garibaldino nonché borgo natale di Virginia Tonelli, recuperato da un immenso lavoro dell’ANPI dello Spilimberghese ed inaugurato nel 2019. Queste poche case, sottratte ai crolli del terremoto del ’76 e all’avanzare del bosco, costituiscono oggi un fondamentale luogo di memoria della lotta decennale dell’antifascismo in pedemontana, culminata prima in Spagna con le Brigate internazionali e poi tra i monti, campagne e città di casa con la Resistenza.
Attraverso una narrazione antieroica, lontana dalle rappresentazioni istituzionali ed autocelebrative fatte di targhe e orazioni, di parte e quindi partigiana vogliamo ricordare chi ha dato tutto per un mondo diverso e dare voce a chi ogni giorno lotta per una società migliore.
Viva le Zone Libere! Viva l* ribell*!
https://stragedistato.wordpress.com/tag/carla-fracci/
«Era il pomeriggio dell’11 dicembre 1969. Mi trovavo negli studi della Rai in via Teulada a Roma. In quei giorni registravamo lo show tv di Natale, “La notte della speranza”. Per me era il primo impegno di lavoro dopo il parto di mio figlio Francesco che era avvenuto il 6 ottobre. Il vero ritorno sulle scene sarebbe stato qualche mese dopo alla Scala con i balletti Pelleas et Melisande e Paquita, dove tutti mi aspettavamo per vedere se ero nuovamente in grado di sostenere la prova dei 32 fouettés… Quel pomeriggio negli studi comparve Pietro Valpreda. “Avete lavoro per me?”».


Il nostro impegno antimilitarista come femministe è sempre vivo e presente. Il capitalismo neoliberista militarizza i territori interni ed esporta guerre neocoloniali e armamenti. Il fronte interno ed il fronte esterno sono due facce della stessa medaglia. Il sociale qui da noi viene affrontato in forma di guerra, il massacro dei popoli da predare viene attuato con una sistematicità sconvolgente. Per questo rimbalziamo le lotte dei lavoratori portuali <che non vogliono essere complici dei massacri delle guerre> e hanno chiuso i porti alle armi. Recentemente i portuali di Livorno si sono espressi contro un carico d’armi su una nave diretta in Israele che stava bombardando i territori palestinesi occupati.
collettivo autonomo lavoratori portuali

Gli argomenti:
* L’evasione di Prospero – una lettura
* Approfondimento sulla situazione di Belmonte
* Ancora una morte di Stato al CPR di Torino
* Continuando la riflessione sul rifiuto della protezione dello Stato e
sviluppando il concetto di autodifesa delle oppresse e degli oppressi

per contatti:
liberetutti@autistiche.org
Il pensiero di Monique Wittig, teorica femminista materialista/ la traduzione militante del 2019 è del <collettivo della lacuna>

<Siamo lesbiche femministe, soggettività minoritarie che si pensano wittighianamente al di là delle categorie di sesso, consapevoli del fatto che nel mondo in cui viviamo le strutture sociali di genere, di classe, di razza che ci stigmatizzano e ci inferiorizzano sono ancora poderose, violente, brutali. Da anni lavoriamo su Wittig: leggiamo i suoi testi, spesso collettivamente, e li traduciamo. Nella speranza di restituire a Wittig la sua voce, il rigore cristallino della sua teoria, la radicalità scomoda dei suoi posizionamenti teorici e politici – e non trovando (chissà come) editore –, pubblichiamo questa nostra
traduzione guerrigliera clandestina fuggitiva.
Nel 1969, Monique Wittig scriveva ne Les Guérillères che “occorre passare al vaglio ciascuna parola”.
La frase, tagliente come un coltello, riassume il rapporto di Wittig alle parole, ai concetti, al linguaggio (e, pertanto, alla traduzione): armi per lei a doppio taglio. Da un lato, il linguaggio, le parole, le categorie sono dispositivi di violenta soggiogazione che feriscono i corpi e le menti dei gruppi oppressi, dall’altro, sono strumenti di liberazione collettiva e di nuova immaginazione di sé, quando riabitati e reinventati dalle soggettività minoritarie.
Cinquant’anni dopo, le parole, i canti, le danze delle guerrigliere, il luccicare delle loro armi ci riempiono, sinesteticamente, occhi e orecchie. Le guerrigliere vomitano l’ideologia della differenza, la dominazione del pensiero straight, l’appropriazione delle donne, l’alterizzazione dei soggetti minoritari. Cinquant’anni dopo, noi lesbiche femministe, noi soggettività minoritarie sappiamo che la lotta di liberazione è estenuante nella sua duplice forma, materiale e concettuale, e sappiamo che è lungi dall’essere vinta, tanto le forze reazionarie (nelle loro molteplici forme) si scatenano per salvare il loro mondo. Ma Monique Wittig, rivoluzionaria, lesbica materialista, una vittoria l’ha già immaginata,
teorizzata e scritta.
Questa traduzione è un gesto che ce lo vuole ricordare.
ESSE AFFERMANO TRIONFANTI CHE
OGNI GESTO È ROVESCIAMENTO.
collettivo della lacuna
2019

Aggiornamento dal CPR di Torino in rivolta
24.5.2021
Abbiamo sentito la voce di alcuni reclusi che con coraggio hanno voluto raccontarci quello che sta accadendo dentro il CPR di Torino.
Il ragazzo deceduto nella notte tra sabato e domenica si chiamava Musa Balde, aveva 23 anni ed era originario della Guinea. Il 9 maggio scorso era stato aggredito a colpi di spranghe da tre ragazzi italiani a Ventimiglia, luogo di frontiera, al confine con la Francia. Dopo essere stato massacrato di botte era stato portato in ospedale a Bordighera (Imperia) e dimesso con prognosi di 10 giorni per gravi lesioni ed un trauma facciale. A causa della denuncia in Questura era emersa la sua irregolarità sul territorio nazionale ed era stato portato al CPR di corso Brunelleschi a Torino Continua a leggere
https://anarcoqueer.wordpress.com/
<Il mio corpo desidera lottare e liberarsi. Muoversi. Scalare. Ballare. Fare l’amore. Attraversare e andare oltre. Correre. Fare a pezzi.
Voglio vivere in mezzo a gente che sia cosciente del fatto che viviamo in uno stato di guerra; una guerra contro la vita, contro lo spirito.
Voglio vivere tra persone che, mentre parlo di lotta e di insurrezione, non abbassino lo sguardo, evitando che questo si incroci con il mio, poiché, in fondo, sanno benissimo che zoppicano e probabilmente – ma solo probabilmente – non hanno mai odiato per davvero il sistema.
Voglio vivere tra persone che non si sono fatte comprare, che non buttano giù le pastiglie che vengono loro offerte, perché preferiscono lottare con la propria angoscia patologizzata, piuttosto che vivere nella zona morta.
Voglio vivere tra persone che non fingono di lottare, quando è ovvio che quello che stanno invece facendo è trasformare un campo di battaglia in un giardino.
Voglio stare in un luogo dove la guerra sia ammissibile.>
In questa puntata:
*resoconto della sentenza di primo grado per il processo del Brennero; *continuiamo a mobilitarci per la Palestina; *riflessioni sui provvedimenti legislativi protezionisti e vittimisti prendendo spunto dal ddl Zan.
Musica: Discharge, Civil War, Wolfbrigade, Dead Kennedys, Inner Terrestrial.

https://anarcoqueer.wordpress.com


La legge è la sanzione formale di un rapporto di forza, è fatta da chi detiene il potere ed è destinata alle oppresse/i. E noi sappiamo quanto male e quanto dolore hanno portato e portano le leggi nella vita delle donne. Senza andare tanto lontano nel tempo, perché altrimenti dovremmo parlare di tutte le leggi che nei secoli ci hanno costrette a forza nel nostro ruolo con pene severissime, ostracismo e morte, ci basta andare indietro di pochi anni, se per caso dovessimo avere la memoria labile, e riflettere su quello che sta succedendo ora.
Potrebbe sembrare che quella che viene chiamata emancipazione femminile sia un percorso lento ma ineluttabile. Invece non è affatto così perché le conquiste sono il frutto delle lotte e non solo non sono per sempre, ma possono essere annullate molto facilmente…basta una nuova legge quando il rapporto di forza diventa molto sfavorevole. Non è l’evoluzione che fa la storia, sono i punti di rottura.
La normalizzazione è l’esigenza di chi detiene il potere, più il potere è autoritario più c’è un proliferare di leggi e di norme che soffocano ogni momento della quotidianità. In pratica è necessario smascherare quella che è l’essenza dello Stato autoritario, la richiesta di ordine e di legalità che è divenuta debordante. Si omette che lo Stato possiede il monopolio della forza che pretende legittima e la esercita in maniera tale da essere legale perché legalmente convalidata. La ri-legittimazione del dominio si presenta come una necessità prioritaria per il capitale e si dispiega attraverso il neocolonialismo nei paesi del terzo mondo e nel disciplinamento e nella colonizzazione del quotidiano e dei territori nelle società occidentali.
Stiamo assistendo ad uno spostamento importante verso lo Stato etico che si arroga il diritto di decretare per noi quello che è buono e quello che non lo è e noi dovremmo adeguarci. E’ lo Stato etico di nazista memoria.
La colpevolizzazione e lo stigma sono stati e sono due strumenti potentissimi del controllo sulle donne e sono applicati sia riguardo al comportamento all’interno del microcosmo familiare sia nei rapporti sociali esterni.
Il neoliberismo si muove con le stesse modalità forte dello strumento del politicamente corretto portato in dote dalla socialdemocrazia.
E’ sempre colpa del cittadino/a, degli individui irresponsabili e dannosi…il pianeta è inquinato e devastato? è colpa tua perché non fai la raccolta differenziata, usi troppa corrente elettrica….le città sono affogate nel traffico? è colpa tua perché non prendi i mezzi pubblici… gli uffici pubblici non funzionano? è colpa dei lavativi e dei furbetti…i migranti scappano dai loro paesi distrutti da “guerre umanitarie” e carestie? è colpa tua che mangi troppo, che vuoi avere uno stile di vita agiato ma alle spalle dei popoli del terzo mondo…la città è sporca? è colpa tua che butti le cartacce per terra… non c’è lavoro? è colpa tua che hai solo pretese e pensi che ti sia tutto dovuto… e infine per quadrare il cerchio… sei povero/a? è colpa tua che non ti sai valorizzare e proporre in una società che invece ti fornisce delle possibilità infinite e, comunque, sei uno/a scansafatiche, pretenzioso/a e in fin dei conti pericoloso/a perché non ti rendi conto che la colpa è tua. E ti devi convincere che anche la soluzione può essere solo tua: assistenti sociali, psicologi, psicofarmaci, Tso e autorepressione.
E in ogni caso ci penseranno i tuoi vicini a controllarti, denunciare i tuoi comportamenti, farti rientrare nei ranghi.
Un terrorismo sociale forte e vincente annichilisce le persone, colpevolizzandole, avvilendole, frustrandole, trascinando perfino ogni comportamento dovuto al bisogno nella sfera delinquenziale. Questo è il pensiero unico cioè l’ideologia neoliberista. Anche la sofferenza è una colpa personale e perciò l’io sofferente umiliato, maltrattato viene derubricato dalla sua sofferenza e viene reinserito nel mercato come merce. Un capitalismo per il quale ogni colpa è sempre dell’essere umano che è bacato, fallato e attanagliato da un intimo disordine da combattere ricorrendo alla medicina, al marketing, alla psicanalisi e alla polizia, per cui il conflitto sociale non può che essere un malinteso, le lotte, le ribellioni, gli scioperi, i picchetti non possono che essere un disordine intimo da sciogliere in un modo, nell’altro o nell’altro ancora. Mai come in questo momento storico in cui il neoliberismo, attraverso un legiferare continuo, invasivo e capillare si arroga il diritto di intervenire in ogni aspetto della nostra vita, l” illegalità diffusa” assume connotati di presa di coscienza.
Dobbiamo porre molta attenzione a non essere compartecipi di questa visione autoritaria del sociale. Dobbiamo evitare accuratamente di contribuire a creare stigma e divieti, norme e colpevolizzazione altrimenti il femminismo diventerà anch’esso strumento di repressione e controllo sociale. Non ci si deve prestare ad essere strumento del neoliberismo .
Un comunicato del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org/ www.artaudpisa.noblogs.org /335 7002669

Abbiamo appreso dai giornali che uno studente di 18 anni di Fano è stato ricoverato in Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) perché non voleva indossare la mascherina in classe. Siamo sconcertati e ci vergogniamo dell’operato delle Istituzioni. Davvero non si poteva agire diversamente? Bisognava proprio attuare un TSO?
Il dirigente scolastico dell’Istituto ha dichiarato che il ricovero coatto sarebbe stato fatto per fare riflettere e per educare il ragazzo che, a detta degli insegnanti, ha un ottimo rendimento scolastico ed è benvoluto dai compagni. Su cosa esattamente doveva riflettere? Sul fatto che pensarla in modo diverso sia una colpa? Usare il TSO per educare, ma si può parlare di educazione quando si sta obbligando una persona a ricoverarsi contro la sua volontà? Non hanno capito che forse si trattava di una provocazione? Che forse il ragazzo era stanco di studiare e vivere così? Che forse voleva comunicare la sua difficoltà e lanciare un messaggio ai compagni? Come sempre è la persona che è malata e non si mette mai in discussione il contesto ma ci si affida alla psichiatria. Rivendicarsi di utilizzare il trattamento sanitario per reprimere, punire e rieducare chi ha comportamenti non adeguati e fuori dagli schemi ecco il vero scopo del potere psichiatrico e delle istituzioni che vi si affidano.
E il sindaco di Fano? Si giustifica dicendo che la firma del sindaco è soltanto un atto formale, ma ha verificato se sussistevano le 3 condizioni per attuare il TSO? La legge 180/78 stabilisce che il trattamento sanitario obbligatorio deve essere disposto con provvedimento del Sindaco del Comune di residenza su proposta motivata da un medico e convalidata da uno psichiatra operante nella struttura sanitaria pubblica. Dopo aver firmato la richiesta di TSO, il Sindaco deve inviare il provvedimento e le certificazioni mediche al Giudice Tutelare operante sul territorio il quale deve notificare il provvedimento e decidere se convalidarlo o meno entro 48 ore. Il TSO si può effettuare se si presentano contemporaneamente tre condizioni:
– quando la persona si trova in alterazione psichica tale da richiedere urgenti interventi terapeutici
– quando tali interventi terapeutici vengono rifiutati dalla persona
– quando tali interventi non si possono garantire nel proprio domicilio
Premesso che per noi il TSO andrebbe abolito, in questo caso non ci sembra pertinente e legittimo attuare un trattamento sanitario obbligatorio, sottrarre lo studente con un’ambulanza. Se, in teoria, la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure giuridiche e mediche vengono aggirate: nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti sono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti del ricoverato. Molto spesso prima arriva l’ ambulanza per portare le persone in reparto psichiatrico (spdc) e poi viene fatto partire il provvedimento; accade anche che il paziente non viene informato di poter lasciare il reparto dopo lo scadere dei sette giorni ed è trattenuto inconsapevolmente in regime di TSV (Trattamento Sanitario Volontario). Persone che si recano in reparto in regime di TSV sono poi trattenute in TSO al momento in cui richiedono di andarsene. Diffusa è la pratica di far passare, tramite pressioni e ricatti, quelli che sarebbero ricoveri obbligati per ricoveri volontari: si spinge cioè l’individuo a ricoverarsi volontariamente minacciandolo di intervenire altrimenti con un TSO.
La vicenda di Fano crea un precedente preoccupante nell’uso della repressione come metodo educativo. Dato l’elevato numero di ricoveri coatti praticati ogni anno in Italia, non possiamo fare a meno di chiederci: appena un individuo si discosta da quella che i più definiscono normalità è a rischio TSO?
Gli argomenti:
– Aggiornamenti e approfondimenti sulla situazione in Palestina
– Riflessioni sui provvedimenti legislativi protezionisti e vittimisti,
prendendo spunto dal ddl Zan
– Sulla rimozione del conflitto sociale: una riflessione sul libro “Il
tempo di vivere con te” di Giuseppe Culicchia
