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https://www.localteam.it/video/scontri-a-vicenza-cariche-della-polizia-impiegato-anche-lidrante
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✓ L’intero apparato di ricerca e specialmente il ramo tecnologico, dopo il 7 ottobre si mostra come una potenza di guerra alla variante umana, lo vediamo in un recente articolo del collettivo Terra e Libertà
✓ Toccar terra tra le fiamme, dalle Madonie un articolo sull’ultimo numero di Nunatak
✓ Trieste 19 gennaio. Stecco in tribunale, iniziative in città


Quanto più energicamente il capitale si serve del militarismo per assimilarsi i mezzi produttivi e le forze-lavoro di paesi e società non-capitalistici attraverso la politica coloniale e mondiale, tanto più energicamente il capitalismo lavora, nel cuore degli stessi paesi capitalistici, per sottrarre agli strati non-capitalistici della sua terra d’origine, ai rappresentanti della produzione mercantile semplice, così come alla classe operaia, una percentuale sempre maggiore di potere d’acquisto; priva sempre più i primi delle loro forze produttive e comprime sempre più il livello di vita dei secondi, per dare poderoso impulso a spese di entrambi, all’accumulazione del capitale. Ma, da entrambi i lati, le condizioni dell’accumulazione del capitale si tramutano, ad un certo livello, in condizioni del suo tramonto.> (Rosa Luxemburg, L’accumulazione del capitale, parte terza, cap. XXXII)

“Esiste un ampio movimento di solidarietà internazionale e ha bisogno più che mai del vostro sostegno. Unitevi alle comunità di rifugiati palestinesi nella diaspora, siate al loro fianco, sostenete il loro impegno e parlate apertamente … Riempite le strade. Unitevi alle iniziative palestinesi come il BDS. Boicottate Israele … Mettetevi in gioco. Questi sono tempi storici”. da un’intervista ad un anarchico israeliano

La guerra è sempre stata un’altra grossa valvola di sfogo, di
ristrutturazione e di consolidamento dell’economia capitalista. Ma il
dispositivo guerra, oggi più che mai, oltre a essere uno strumento per
il controllo delle materie prime, si configura come dispositivo primario
di sperimentazione tecnologica e sociale. Questo avviene nel quadro
della “gestione del disastro” e del controllo sociale che il caos ecologico
permanente impone al ciclo di ristrutturazione del Capitale, anche
in tempo di pace. Senza contare che le guerre, convenzionali e non,
tradizionali o moderne, rimangono lo strumento principale attraverso il
quale il Capitale sfrutta, opprime e cerca di contrapporre i popoli tutti.
Per queste ragioni la critica radicale anticapitalista e antiautoritaria
dovrebbe riconoscere nelle tecnologie applicate in campo militare la
punta di diamante di un sistema che finalmente mette le mani sul vivente
in un processo d’ibridazione tra essere umano e macchina sempre più
pervasivo. Critica che appare ancora più importante nel momento in cui
buona parte della “sinistra radicale”, piuttosto che mettere in discussione il
mito del progresso tecnico, abdica di fronte al dilagare del confinamento
fisico, sociale, intellettuale che il dispositivo-guerra (interna ed esterna)
pone in essere. Questa lettura porta con sé la presa di coscienza che, in
mancanza di una risposta conflittuale delle classi oppresse, molto presto
il sistema tecno-capitalista diventerà semplicemente insostituibile in
un ambiente totalmente e definitivamente compromesso e alienato alla
possibilità di una qualsivoglia autodeterminazione.
Quest’assemblea ha declinato il giudizio sulla guerra a partire dalla
consapevolezza di avere il “nemico in casa nostra”, ossia a partire
dall’individuazione dei nessi di causalità e delle linee di continuità
che sussistono tra disciplinamento del corpo sociale, governo
emergenziale e militarizzazione dei territori (sul fronte interno) e
aggressioni imperialiste sul fronte esterno.
In particolare, la guerra si configura come strumento di disciplinamento
mondiale dei paesi riottosi all’ordine imperialista occidentale (Nato
allargata a guida USA) e come strumento di disciplinamento interno
in nome del bene comune e “della difesa della democrazia”. Continua a leggere
✓ Capodanno con la celere! Aggiornamenti sulle rivolte nei CPR di Gradisca, Milano, Trapani…
✓ Che fare? di Nikolaj Cernysevskij 1863 La storia di una giovane ribelle e di un terzetto di pericolosi e amorali nichilisti
Riceviamo e pubblichiamo questo manifesto affisso nei giorni scorsi sui muri di Trento. Saputo della morte della ragazza, un gruppo di compagne e compagni ha portato la propria solidarietà alle detenute e ai detenuti di Spini con interventi amplificati, botti e fuochi d’artificio. Dietro questa ennesima morte in e di carcere ci sono come sempre le responsabilità dei magistrati di sorveglianza e dei secondini.

di Nicoletta Poidimani https://www.nicolettapoidimani.it/?p=2159
Il 27 dicembre Anna Gaudiano, amica e compagna carissima, ci ha lasciate all’improvviso.
In giugno era venuta a darmi una mano – sapiente e delicata – con le potature. Voglio ricordarla così.
La scorsa estate mentre lavoravo nell’orto sentivo la sua voce.
– Anna, con chi stai parlando?
– Con gli alberi.
– E cosa gli dici di bello?
– Mi scuso perché gli sto potando dei rami; gli spiego che così cresceranno meglio, con più foglie e più castagne.
Questa era Anna: una lesbica forte come una roccia e col cuore gentile, libera e autodeterminata come una gatta randagia.
Eternamente irrequieta, era nemica giurata di questo mondo patriarcale e delle sue guerre.
Proletaria e fiera di esserlo, Anna odiava visceralmente le ingiustizie.
Compagna schietta e sincera, non amava i vezzi né i manierismi: aveva, come poche, il dono dell’immediatezza, senza calcoli né tornaconti.
Andava dritta al cuore di ogni questione, come una freccia scagliata dall’arco di un’amazzone.
Come una gatta randagia se n’è andata, in solitudine.
Che le dee ti siano sorelle e compagne in questo ultimo viaggio, Rote Anna!
Martedì 2 gennaio alle 9.30 ci troveremo al Pantheon del cimitero della Certosa, a Bologna, per il commiato.

[…] Senza alcuna ambiguità, facciamo nostre queste parole, scritte il 25 ottobre 2014 dal dissidente israeliano Gideon Levy: «Ovunque vi girate, un soldato o un poliziotto vi possono sparare. Ogni notte la vostra casa può essere invasa brutalmente. Non sarete mai trattati come essere umani. Vi distruggeranno, vi umilieranno, vi intimidiranno, forse anche vi arresteranno, può darsi senza processo. Non vogliono che Israele continui a tiranneggiarli, così resistono. Lanciano pietre e bombe incendiarie. Qualche volta agiscono in modo atroce, ma mai in modo così brutale come gli occupanti. È un loro diritto; è un loro dovere».[…]

Riceviamo e diffondiamo: da ilrovescio.info
Fermiamo il genocidio del popolo palestinese
«Non dobbiamo pensare al campo di concentramento di Gaza come alla conseguenza della degenerazione del regime sionista, ma come a un suo elemento fondante. Gaza incrocia le pratiche coloniali israeliane di segregazione del nativo con la vocazione genocida insita nel suo regime coloniale di insediamento. […] Tuttavia, per una serie di ragioni, tra cui le possibili pressioni degli alleati, come gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il cosiddetto “campo arabo moderato”, o le ricadute sia in termini di immagine nell’opinione pubblica mondiale […] sia di destabilizzazione di tutta l’area mediorientale, l’opzione dello sterminio non è ancora praticabile. Il fatto che i palestinesi si trovino in una condizione di umanità eccedente li rende particolarmente esposti a tentativi di “soluzione finale”, come la deportazione verso il Sinai o l’uccisione di massa».
Così scrivevano alcuni storici nel 2015 (Gaza e l’industria israeliana della violenza). Otto anni dopo, il tempo della “soluzione finale” della questione palestinese è giunto. E le sole opzioni lasciate alla popolazione di Gaza sono effettivamente la deportazione verso il deserto egiziano del Sinai o l’uccisione di massa. In meno di tre mesi di bombardamenti quotidiani, i morti palestinesi sono oltre ventimila, in gran parte bambini, e decine di migliaia i feriti che gli ospedali bombardati e lasciati senza corrente elettrica non riescono più a curare. Mai, dalla Seconda Guerra mondiale, lo sterminio di un’intera popolazione è stato così tecnologicamente preparato e politicamente rivendicato. Se il ministro della Difesa israeliano ha definito i gazawi «animali dalle sembianze umane», e il vicesindaco di Gerusalemme ha aggiunto che «non sono esseri umani e nemmeno animali, sono subumani ed è così che dovrebbero essere trattati», il primo ministro Netanyahu ha affermato apertamente che quella in corso è una nuova Nakba (parola con cui i palestinesi chiamano la «catastrofe» del 1948-49, quando 700 mila arabi vennero cacciati dai loro villaggi) e che sulle macerie delle case abbattute a Gaza – oltre il 40% del totale – nasceranno le colonie già in progettazione della Grande Israele. Alla pioggia ininterrotta di bombe, comprese quelle al fosforo bianco, si aggiunge l’attacco pianificato alle fonti della vita (come la distruzione degli impianti di desalinizzazione dell’acqua e la cementificazione dei pozzi operata dai bulldozer dell’esercito israeliano). Una pulizia etnica compiuta con la totale complicità dell’Occidente, delle sue istituzioni, dei suoi media, delle sue fabbriche di armi, delle sue università.
E sulla violenza della resistenza palestinese non avete nulla da dire? – ci chiederà qualcuno.
Senza alcuna ambiguità, facciamo nostre queste parole, scritte il 25 ottobre 2014 dal dissidente israeliano Gideon Levy: «Ovunque vi girate, un soldato o un poliziotto vi possono sparare. Ogni notte la vostra casa può essere invasa brutalmente. Non sarete mai trattati come essere umani. Vi distruggeranno, vi umilieranno, vi intimidiranno, forse anche vi arresteranno, può darsi senza processo. Non vogliono che Israele continui a tiranneggiarli, così resistono. Lanciano pietre e bombe incendiarie. Qualche volta agiscono in modo atroce, ma mai in modo così brutale come gli occupanti. È un loro diritto; è un loro dovere».
Il popolo palestinese può contare sulla solidarietà internazionale di centinaia di migliaia di persone che hanno capito che oggi «Gaza è il cuore del mondo» e la Palestina «la patria di tutti gli sfruttati».
Insieme alle sorti del popolo più martoriato e oppresso del Pianeta, in questi giorni e in queste notti è in gioco la nostra stessa umanità.
✓ “Siete i leader di voi stessi/e, autogestite la vostra lotta”. L’esperienza rivoluzionaria/antiautoritaria tentata dalla Angry Brigade (1971 – 1972)
✓ Solidarietà antifascista con Ilaria, Tobias e Gabriele. Iniziative
Mercoledì scorso a Berlino la polizia ha avviato una vasta operazione con 170 agenti per perquisire sei appartamenti, un caffè e un ufficio in relazione alle attività del collettivo femminista ZORA. Il motivo di questo specifico interesse delle forze repressive è dovuto alla posizione di supporto del collettivo al FPLP, Fronte popolare per la Liberazione della Palestina, di impronta marxista leninista e alla loro vicinanza al gruppo Young Struggle che giudica le azioni di Hamas del 7 ottobre come <legittima lotta di liberazione>.
