Campagna per il NO al referendum del 4 dicembre!

37)Votiamo NO per dire NO alla terza guerra mondiale!

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Congreso Feminista de Chiapas

Congreso Feminista de Chiapas dal 21 al 25 novembre 2016 !

“Estudios de genero e investigaciones feministas/Mujeres indigenas/ Mujeres Campesinas/Incidencia feminista en politicas publicas/Movimientos Populares/Nuevos Feminismos/Feminismos Lesbicos /Transfeminismos/Feminismos Afrodescendientes/Periodismo Feminista/Feminicidios/Derecho a decidir sobre nuestros cuerpos/Tierra y Territorio”

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https://www.facebook.com/Primer-Congreso-Feminista-de-Chiapas-2016-1092463487474886/?fref=ts

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Solidarietà a Montse Venturós!

Solidarietà a Montse Venturòs !

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Questa mattina degli agenti in borghese hanno arrestato la sindaca indipendentista del Comune catalano di Berga, Montse Venturòs, per aver messo in atto diverse pratiche di disobbedienza civile, tra le quali l’aver esposto la “estelada”, la bandiera indipendentista  catalana, sul balcone del suo municipio e di essersi rifiutata di toglierla dopo l’ingiunzione del tribunale spagnolo.

La sindaca che  è militante del CUP , Candidature di Unità Popolare-Sinistra anticapitalista, ha dichiarato che non ha fatto altro che esprimere la volontà popolare.

Lo Stato spagnolo è sempre fascista e la polizia locale sempre collaborazionista.

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Il Liceo Montessori occupato!

Riceviamo il comunicato delle studentesse e degli studenti del Liceo Montessori occupato!

https://www.facebook.com/collettivo.montessori/?hc_ref=PAGES_TIMELINE&fref=nf

Qui l’intervista con una studentessa che ci racconta motivazioni, obiettivi e programmi

clicca qui

Comunicato

Oggi, 3 novembre 2016 gli studenti e le studentesse della sede centrale (via livenza) del Montessori hanno occupato il proprio edificio scolastico, si sono ripresi a pieno quello spazio che a dovrebbe appartenere loro quotidianamente.
Questa occupazione non è un atto di forza da parte di una minoranza violenta, bensì la presa di coscienza concreta della collettività studentesca che ha sentito la necessità di reagire, di non accettare passivamente una situazione che da troppo tempo le grava addosso.
Dopo settimane di dibattito e mobilitazioni gli studenti hanno deciso di arrivare a questa conclusione, di compiere questa azione che risulta essere l’unica possibile e davvero efficace per farsi sentire, per dimostrare che anche noi vogliamo poter dire la nostra, anche se per farlo dobbiamo alzare la voce.
Gli studenti partendo da un’analisi del clima che vivono dentro scuola ogni giorno si sono resi conto di quanto questo sia direttamente imposto dall’esterno, da un ministero che dà ordini, attraverso l’attuale riforma della Buona Scuola.
Nel nostro istituto, ogni giorno di più viene limitata la vivibilità e con questa l’autonomia degli studenti, a cui secondo le circolari fatte girare dal preside è “severamente vietato di alzarsi dalla sedie prima del suono della campanella”, è “categoricamente proibito uscire dalla propria aula al cambio dell’ora”, è “negata la possibilità di andare in bagno se non durante la ricreazione”. Dopo aver chiesto di aprire gli spazi della scuola in orario scolastico per poter avere dei luoghi di aggregazione, dopo aver rivendicato con forza una didattica che ci possa dare gli strumenti per comprendere i fenomeni che attraversano la nostra società, dopo che per farci concedere un momento di assembleare sul referendum abbiamo dovuto aspettare mesi e quando siamo riusciti ad ottenerla non è stata realizzata nelle modalità che ci aspettavamo, dopo continui episodi di questo tipo abbiamo deciso di riprenderci tutti ciò che continuano a toglierci.
Nella scuola italiana oggi gli studenti non decidono nulla sulla propria vita scolastica, ed è questo che faremo in questi giorni: decidere, mettere in campo il modello di scuola che vogliamo con la convinzione che quel luogo sia nostro e non di chi lo amministra.

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La Parentesi di Elisabetta del 2/11/2016 e Podcast

“Spezzare la catena di riproduzione”

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Per noi femministe il privato è politico ed ancora di più non si può distinguere il politico dal sociale. La libertà e la giustizia sociale sono legate in maniera assoluta e questo vale tanto di più oggi nella stagione neoliberista che ha posto sotto il dominio del capitale tutta la società ed ha elevato il mercato a natura mercificando la vita in tutti i suoi aspetti.
Oggi come non mai va messo al primo posto l’antagonismo in tutte le sue forme perché costituisce l’affermazione della libertà.
Il femminismo non è stata una scoperta dei/delle socialdemocratici/che, ma un’affermazione della lotta di genere nel momento che ha fatta sua la consapevolezza che la lotta di classe è produttrice di ogni trasformazione dell’orizzonte sociale.
Pertanto ha promosso un’innovazione della politica, profonda e a tutto campo. L’impegno femminista si è presentato come un insieme di connessioni linguistiche, ma partecipe di un’unica sintassi : la sconfitta del patriarcato e della società divisa in classi.
Oggi sappiamo che questo processo è stato interrotto ed è bloccato dalla pesantezza della scelta neoliberista e della conseguente così detta crisi, che non è casuale o non prevista, ma ne è un’articolazione fondante, e dalla convergente pressione delle patriarche. Tramite loro il femminismo è divenuto oggetto di appropriazione da parte del capitalismo e dello Stato.
Da qui il problema di come si possano definire e formare concretamente nuove pratiche di militanza femminista recuperando la polifonia di voci ma anche l’unità di intenti, chiarendo, quindi, chi sta da una parte e chi sta dall’altra.
Costruire un nuovo lessico, estendere e distendere in maniera piena le istanze di rottura che il movimento femminista costruisce contro l’ordine patriarcale e, come gli operai in fabbrica, sabotare la catena di montaggio.
La necessità è spezzare la catena di riproduzione del pensiero e della pratica patriarcale e neoliberista.
E’ necessario sabotare la meritocrazia, la gerarchia, la disciplina, il controllo, le guerre umanitarie, la chiusura delle frontiere, la legalità…… opponendo differenza, singolarità, autorganizzazione, libertà, autorealizzazione, ricerca della felicità, quindi dare vita alla vita attraverso uno sciame di resistenze e di ribellioni in ogni istante della nostra quotidianità…sul posto di lavoro…a scuola…per la strada… negli uffici o nei negozi….negli stadi o nelle case… costruire un tessuto di disobbedienza e rifiutare di vivere alienate dalla nostra identità, di essere fantasmi di noi stesse.
Non cerchiamo fughe, paradisi lontani o comunità protette, non servirebbe a niente, noi siamo qui nel ventre della bestia, nel centro del neoliberismo ed è qui che dobbiamo trovare la forza, la voglia, la capacità di opporci.
Il femminismo è una molteplicità di singolarità che si presenta come motore attivo del processo di libertà per noi e per tutti e per tutte.
Non c’è più spazio per confondere partecipazione, quote rosa, emancipazione, ragion pratiche, realismo con la resistenza, la ribellione, la ragione rivoluzionaria.
Il patriarcato investe la totalità dei rapporti sociali, dunque è costruzione delle relazioni sociali nel tempo e nello spazio, è dominio sulla vita, è riproduzione in ogni segmento dell’esistente e a fianco al tradizionale disciplinamento ha posto un sempre più invasivo controllo attraverso addirittura la produzione di soggettività a lui utili. Questo è il ruolo delle patriarche, delle socialdemocratiche.
Il presente accomuna difensori e detrattori delle quote rosa, così come americani e integralisti islamici. Gli uni e gli altri rinserrano la totalità della vita dentro il potere e consegnano allo stesso le chiavi di questo mondo ridotto a sistema.
Oggi la scommessa è la libertà ed essa è lavoro vivo, produzione di soggettività, è lì alla nostra portata come l’hanno creata la lotta femminista e le lotte antagoniste. E’ ricomposizione delle passioni delle singolarità, è manifestazione e realizzazione del desiderio. E le gambe con cui può camminare sono quelle del femminismo materialista che parte dal considerare la nostra condizione esistenziale non come innata, ma come prodotto sociale.
Noi viviamo nella solitudine, nella miseria, nella paura non perché sia un dato naturale, ma perché con la violenza fisica e con quella del pensiero siamo state ridotte a questa condizione che è comune a gran parte dell’umanità. Solo che a noi si aggiunge l’ulteriore giogo dell’oppressione di genere.
La libertà è un’esigenza, è l’unica strada percorribile. Non è entità metafisica ma potenza materiale.

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Nicoletta Dosio fermata al presidio per il maxi processo!

Nicoletta Dosio fermata al presidio in solidarietà agli imputati del maxi processo

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Nicoletta Dosio è ormai da mesi sottoposta a misure cautelari ingiuste e che come tali ha da subito scelto di non rispettare. E così dall’obbligo di firma quotidiano si trova  agli arresti domiciliari che ha deciso di evadere sin dal primo momento, ed è ora più di un mese che si trova alla Credenza sostenuta dal movimento tutto.

Una scelta fatta con cuore e testa, portata avanti grazie al sostegno di tutto il movimento che con lei condivide una lotta che va avanti da 25 anni, un passo indispensabile per far tornare al centro dell’attenzione del governo e dei media una situazione che rasenta l’assurdo, quella che tutti i giorni viviamo in Val di Susa e in tutto il Paese.

Ci troviamo infatti in un momento in cui è sempre più evidente la necessità delle messa in sicurezza di tutti quei territori colpiti da calamità naturali e quelli che sono a rischio, in cui è sempre più chiara a tutti l’emergenza sociale in cui l’intera popolazione è costretta a vivere, e come risposta ci troviamo soltanto ridicole soluzioni proposte dai soliti politici dall’alto delle loro calde poltrone.

Questa mattina abbiamo accompagnato Nicoletta all’udienza del maxi processo, dove era in programma un presidio in solidarietà agli imputati. Dopo aver letto un comunicato, ha provato ad entrare in tribunale per assistere all’udienza, ma in quel momento è stata intercettata dalla digos di Torino e trasferita in questura per il reato di evasione.

Anche dall’aula 6 del palazzo di giustizia torinese si enunciano comunicati di solidarietà per Nicoletta da parte degli imputati che fanno mettere agli atti e che in segno di protesta, si alzano ed escono dal tribunale.

Nicoletta non è stata trasferita in carcere, ma le sono stati dati nuovamente gli arresti domiciliari presso la sua abitazione a Bussoleno. E’ palese la difficoltà in cui versano tribunale e procura nella gestione di questa situazione, e questo non può che essere una soddisfazione per noi, perchè dimostra ancora una volta che siamo dalla parte giusta.

La lotta prosegue, e per questo questa sera ci si è dati appuntamento alla Credenza alle ore 18 per discutere sui prossimi passi da fare.

Nicoletta Libera! Liberi Tutti!

Avanti No Tav!

Questo di seguito è il testo letto da Nicoletta fuori dal tribunale prima di entrare e essere arrestata

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Campagna per il NO al referendum del 4 dicembre!

36)Votiamo NO per dire NO al nucleare!

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Domani 4 Novembre contro l’imperialismo!

Come per le celebrazioni del Centenario della Grande guerra anche il 4 novembre “Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate”, anniversario della fine di quel conflitto, trabocca di retorica all’insegna dell’esaltazione del sacrificio per la Patria, dell’onore di essere Italiani “brava gente”, del richiamo alla compattezza nazionale e veicola la necessità di rafforzare il nostro apparato militare contro i nemici interni ed esterni. Una retorica ormai dilagante che impedisce di comprendere le cause sia di quello che fu uno spaventoso massacro sia dei massacri che oggi abbiamo sotto gli occhi ai quali l’Italia partecipa con il suo apparato militare. La propaganda governativa vuole rappresentare le missioni militari come interventi umanitari negli scenari internazionali e/o inserti nella cooperazione internazionale. L’Italia è in realtà un Paese in guerra, sempre più schierato in prima linea negli scenari di crisi e di conflitto con un ruolo fondamentale nell’ ambito della NATO.

Contro le aggressioni dell’imperialismo, italiano in primis, contro la militarizzazione del territorio ed il militarismo crescente

DOMANI 4 NOVEMBRE PRESIDIO c/o VIA Toledo (stazione metro largo Berlinguer) ore 17,00 Napoli

Volantino Continua a leggere

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L’Italia ha scelto la guerra nucleare!

Gravissima presa di posizione del governo italiano!

Il governo Renzi non salva più neanche la faccia. Perfino il Fascismo votava tutte le più belle risoluzioni alla Società delle Nazioni disattendendole poi nei fatti.

Il 27 ottobre, il Primo comitato sul disarmo dell’Assemblea ONU ha deliberato l’avvio di un percorso verso un trattato di messa al bando degli ordigni nucleari per il 2017 e ha adottato una Risoluzione politica che chiede di avviare nei prossimi mesi negoziati per un Trattato che vieti questo tipo di armi.

La Risoluzione (L.41) è stata approvata con la seguente votazione:

123  Paesi favorevoli

16 paesi astenuti

38 Paesi contrari

L’Italia ha votato contro. Si è schierata contro la Risoluzione L.41 continuando a sostenere la posizione degli Stati Uniti.

L’Italia, a seguito degli accordi di cosiddetto “Nuclear Sharing” in ambito NATO, ospita sul proprio territorio, secondo le stime della Federazione degli scienziati americani (Fas), 70 bombe nucleari B-61 in Italia (50 ad Aviano e 20 a Ghedi-Torre). La B-61 sarà presto sostituita dalla  B61-12, la nuova bomba nucleare Usa. Le nuove bombe, che gli Usa si preparano a installare in Italia sono armi che abbassano la soglia nucleare, ossia rendono più probabile il lancio di un attacco nucleare. La 31st Fighter Wing, la squadriglia di cacciabombardieri Usa F-16 dislocata ad Aviano, è pronta all’attacco nucleare ventiquattr’ore su ventiquattro. Anche piloti italiani, dimostra la Fas, vengono addestrati all’attacco nucleare sotto comando Usa con i cacciabombardieri Tornado schierati a Ghedi.

 

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5 novembre 2016/Assemblea a L’Aquila

5 novembre, Assemblea a L’Aquila, ore 17, Casematte

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Coordinate di fondo 2

“Coordinate di fondo 2.”

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Questa mattina, un poliziotto, della polizia di Genova, ha sparato e ucciso la moglie e le sue due figlie, rispettivamente di 10 e 14 anni, per poi togliersi la vita

Sentiamo la necessità di riprendere le fila di tanti ragionamenti sulla violenza sulle donne che sono stati fatti in questi anni perché abbiamo la sensazione che le coordinate di fondo si siano sfilacciate.

Il maschile e il femminile sono costruzioni sociali funzionali ai modelli economici in cui sono inserite. Il capitalismo ha usato la struttura patriarcale secondo le sue esigenze specializzando estremamente i ruoli perché ha la pretesa di ottenere il massimo sfruttamento dell’individuo messo al lavoro, che sia lavoro di cura e riproduttivo, che sia lavoro produttivo di plusvalore. Tanto è vero che il femminismo da molto tempo dice che nel capitalismo mai come in passato il femminile è stato così femminile e il maschile così maschile.

E’ chiaro che, nel tempo, il capitale ha rimodulato i modelli del maschile e del femminile con spostamenti, accomodamenti, trasformazioni, dovuti alle esigenze del suo impianto economico ed anche come risposta alle lotte di genere e di classe che si sono succedute. Per cui molte donne sono state messe al lavoro produttivo e molte donne sono state cooptate nell’ingranaggio di potere in cambio della loro promozione sociale individuale. Ora la fase neoliberista prevede due percorsi, quello delle donne che sono disposte a perpetuare il dominio mettendosi al servizio del potere e quello delle donne che non servono e che vengono ricacciate pesantemente nel loro ruolo.

Ma questo non riguarda solo le donne, il neoliberismo è un’ideologia che ripropone pesantemente i ruoli nella società: gerarchia, autorità, meritocrazia…..ognuno/a dovrebbe essere contento/a della propria collocazione di classe perché  “naturale”.

Questa premessa è importante perché la violenza sulle donne è il risultato della metabolizzazione nel sociale del modello economico-politico e, in questo momento particolare, patriarcale e neoliberista.

Il modello maschile è incentrato sul ruolo guida, all’interno della famiglia e del sociale, e sul possesso, affettivo, materiale, ideologico…..e non deve essere necessariamente una posizione esplicita (la famiglia è cambiata molto e le donne apparentemente hanno un peso che prima non avevano) basta che questo ruolo gli venga riconosciuto in qualche modo e il possesso e il dominio presuppongono gerarchia e riconoscimento dell’autorità per cui se qualcosa non viene  “liberamente elargito”  si prende, con le buone o con le cattive, perché ne va dell’orgoglio sociale maschile. Mentre per le donne il rifiuto è una delusione, per gli uomini il rifiuto è un’onta.

Ora, è statisticamente documentato che il pericolo maggiore di violenza per le donne viene dagli uomini che sono loro vicini a qualche titolo perché sono questi uomini che vedono venire meno o vogliono esplicitare il possesso  affettivo…fisico….o il carisma…o la sicurezza dell’immagine sociale….  e che, quindi, esprimono con la violenza fino al femminicidio la pretesa del loro ruolo.

Quando è un immigrato a esercitare violenza contro una donna, parte la retorica securitaria della caccia al migrante e viene presa la palla al balzo per sfornare leggi forcaiole e di controllo sociale, militarizzazione dei territori e via dicendo..

Ma non è la condizione personale che produce violenza contro le donne bensì il possesso e il dominio che accompagnano la costruzione del ruolo maschile e quindi può essere qualsiasi maschio ad agire queste categorie di dominio…..marito o amante, figlio o fratello, padre o prete, vicino di casa o maestro, migrante o deputato, compagno di scuola o intellettuale…..civile, militare o poliziotto….

Ma quando la violenza su una donna viene esercitata da un uomo in divisa, assume connotati ancora più gravi.

La divisa porta con sé un’ esaltazione del ruolo maschile. Chi la indossa ha fatto una scelta, è uno che crede nell’autorità e nella gerarchia, nell’uso della forza come regolatrice dei rapporti sociali, nel riconoscimento che deve avere come portatore di ordine e di disciplina, nella necessità di assoggettamento delle soggettività ribelli, è uno che viene abituato a prendersi quello che vuole e che il ruolo sociale gli deve, il tutto aggravato dalla situazione di soggezione in cui si trova chi entra in contatto con lui. E questo vale per tutte le varie divise che si muovono in questa società, anzi è proprio nella società neoliberista che il confine tra forze di polizia e forze armate diventa sempre più labile. All’esercito vengono affidati compiti di controllo sociale, le famose “strade sicure”, e la militarizzazione di interi territori nazionali, la Val di Susa, L’Aquila o i territori occupati dalle basi militari Nato, USA e via discorrendo e soggetti a continue esercitazioni e sperimentazioni come la Sardegna e la Sicilia, sono solo gli esempi più macroscopici. Impossibile non ricordare lo stupro avvenuto fuori da una discoteca di Pizzoli, proprio vicino a L’Aquila, da parte di un militare addetto alla “sicurezza” del territorio o quello nella caserma del Quadraro a Roma fatto da tre carabinieri e un vigile urbano. Addirittura la “virilizzazione” valeva anche per i militari di leva, quando la leva c’era ancora: quelli che accettavano autoritarismo e gerarchia, vale a dire i valori di quell’ambiente, erano spesso autori di atti e fatti di sopraffazione e di violenza, il così detto  “nonnismo”. E’ proprio contro questo e questi che nacquero i Proletari in Divisa, i PID di Lotta Continua.

Ci dobbiamo, però, ricordare sempre che stiamo parlando di questa società, in cui viviamo e che subiamo, della sua impostazione, dei suoi ruoli e degli scopi che il modello patriarcale e capitalista si prefigge ma non intendiamo assolutamente assimilare chi si arma e combatte per la  libertà, siano uomini o donne, per l’ autodeterminazione, contro il sopruso e l’ingiustizia, alle divise che circolano in questo contesto sociale. La guerra di Spagna è stata un bell’esempio di lotta in cui le Mujeres Libres sono state trainanti e decisive nello scompaginamento dei ruoli patriarcali.

Molto spesso ci viene detto che i poliziotti, i militari e via dicendo sono  gente di estrazione sociale povera e figli di povera gente che finiscono a fare quel mestiere per necessità. Ma questo non li assolve affatto, anzi li condanna doppiamente perché hanno consapevolmente tradito la propria classe di appartenenza e nemmeno li assolve la necessità perché la maggior parte di quelli che sono nelle loro condizioni fa scelte diverse e antitetiche.

E ci fa venire la pelle d’oca pensare  che tutte queste divise sono state allevate da una donna che ha trasmesso loro dei valori contro la classe di appartenenza e contro se stessa. A conferma di quanto siano introiettati i valori patriarcali dalle donne che si fanno catena di trasmissione della loro stessa oppressione. E’ per questo che è imprescindibile la visione di genere anche nei contesti antagonisti e rivoluzionari.

Combattere la violenza contro di noi significa combattere anche il modello socio-economico  che la alimenta, combattere i ruoli, la gerarchia, la meritocrazia, l’autoritarismo, lo sfruttamento, rifiutare la delega e l’affidamento allo Stato e alle esperte ed esperti……portare avanti una lotta di genere e di classe….in una parola uscire da questa società.

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Spagna 1936/Visioni della Rivoluzione

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30 e 31 ottobre /StudAut Incontro Nazionale al Porto Fluviale

StudAut-Incontro Nazionale 30 e 31 ottobre al Porto fluviale

Incrociamo le lotte, costruiamo il No sociale al Governo Renzi!
Lunedì 31 Ottobre h16 ( l’orario può variare n.d.r.) apertura alle realtà di movimento
Porto Fluviale Occupato (via del porto fluviale 12)

Collegamento con una studentessa del liceo Manara che ci spiega le ragioni e gli obiettivi dell’assemblea

clicca qui

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Sur la “question” des “femmes”

 Riceviamo e volentieri pubblichiamo-https://ddt21.noblogs.org/?page_id=1010

Sur la « question » des « femmes »

Sur la « question » des « femmes ».02

Si, comme dit Marx dans les Manuscrits de 1844 en reprenant une idée de Fourier, le rapport entre sexes « permet de juger de tout le degré du développement humain », il doit permettre aussi de juger du degré du développement des révolutions. Mesurées à ce critère, les insurrections passées ont piètre figure, car on aurait du mal à en trouver où la domination masculine n’ait pas prévalu.

Ce fait indéniable, la théorie radicale ne le prend guère au sérieux.

Traditionnellement, l’anarchisme n’y voyait pas une question particulière : la libération de l’humanité libérerait les femmes et les hommes. Depuis les années 1970 et la montée d’un mouvement féministe, de nombreux groupes anarchistes traitent les femmes comme une catégorie de plus – trop longtemps oubliée – à ajouter à la liste des catégories opprimées et porteuses de potentialités révolutionnaires.

Quant aux marxistes, sous prétexte de replacer la partie « femmes » dans le tout « prolétariat » et de distinguer entre bourgeoises et prolétaires (distinction certainement essentielle), la plupart dissolvent « la femme » dans la classe. Malheureusement, sans cette partie-là, la totalité n’existe pas.

Nous estimons au contraire impossible de penser l’émancipation des femmes comme une simple conséquence de l’émancipation humaine en général : c’en est une composante indispensable.

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Confessioni

 Da “I Nomi delle Cose” del 26/10/2016 “Desmonautica“ la rubrica di Denys ogni ultimo mercoledì del mese.

“Confessioni”

Vergo righe di grafite/come un bisturi apre un torace.

Per questo sembro/ un chirurgo della carta stampata.

In realtà non so dosare la pressione.

Non apro bocca/senza valida motivazione.

I bei discorsi non sono preziosi/ma bigiotteria per prolissi.

E ad essere precisi/il fato non mi farà elicotterista.

Sono uno di quelli/che non è in grado di sorvolare.

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