La Parentesi di Elisabetta dell’8/03/2017

“Le cose dette, quelle non dette, quelle taciute e le parole vuote”

“Oh che bel castello marcondiro ndiro ndello, oh che bel castello marcondiro ndiro ndà” “Il mio è ancora più bello marcondiro ndiro ndello,  il mio è ancora più bello marcondiro ndiro ndà”/”E noi lo ruberemo marcondiro ndiro ndello, e noi lo ruberemo marcondiro ndiro ndà”/”E noi lo rifaremo marcondiro ndiro ndello, e noi lo rifaremo marcondiro ndiro ndà”     Filastrocca 

Nei documenti e negli appelli in vista dello sciopero delle donne chiamato per questo 8 marzo 2017 dalla socialdemocrazia femminile, vengono dette e sono state dette tante cose. Vengono dichiarate le condizioni lavorative ed economiche a cui sono sottoposte le donne, i salari ridotti in molti casi rispetto a quelli maschili, la licenziabilità, il ricatto della gravidanza, lo strumento infido del part-time, le molestie sessuali a svariatissimi livelli sul posto di lavoro e le vessazioni quotidiane, la subalternità e lo sfruttamento delle  lavoratrici migranti…Vengono poi menzionate le carenze e la riduzione drastica dello Stato sociale a tutto campo, la mancanza di servizi e la riduzione pesante del salario indiretto, la questione abitativa con le vessazioni dei servizi sociali nei riguardi di chi occupa una casa, di chi partecipa alle lotte sociali…Viene denunciato il lavoro riproduttivo e di cura estorto alla donne a titolo gratuito…Viene messo un accento particolare sulle carenze della sanità, sull’obiezione di coscienza negli ospedali che non permette di fatto l’aborto, sulla mancanza di strutture, sul boicottaggio palese e velato riguardo alla contraccezione, sulle pratiche alternative per quanto riguarda il parto, sul rapporto con la medicina. Viene denunciata la situazione delle scuole…la mancanza di un’<educazione alle differenze>. Vengono denunciate le violenze fisiche e psicologiche sulle donne, sulle lesbiche, sulle diversità sessuali, i femminicidi…Viene denunciato il sessismo nell’informazione, il sessismo nei movimenti.  Vengono chiamate in causa importanti teorizzazioni di femministe storiche a supporto di tutto ciò.

Queste sono le cose dette. E’ la variante al femminile dei programmi elettorali dei partiti in cui c’è di tutto e di più e soprattutto immancabilmente: pace, giustizia,democrazia e, siccome siamo in Italia, la questione meridionale.

Poi ci sono le cose non dette. O appena accennate. Di chi è la colpa di tutto quello che è stato elencato? Continua a leggere

Pubblicato in 8 marzo, I Nomi Delle Cose, La Parentesi di Elisabetta, La Parentesi di Elisabetta, Violenza di genere | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su La Parentesi di Elisabetta dell’8/03/2017

I Nomi delle Cose del 1/03/2017

La Coordinamenta verso l’8 marzo!!!

I Nomi delle Cose, lo spazio di riflessione della Coordinamenta femminista e lesbica/Anno 2016/2017-Nuova Stagione 

i-nomi-delle-cose

Puntata del 1/03/2017

“La maschera bianca”- quarta parte

“Emanciparsi…dall’emancipazione emancipata “

[…]Nell’aria c’è un’idea falsa quanto perversa che ci ricorda i dibattiti ipocriti del secolo scorso sulla partecipazione delle donne alla politica.

Sta prendendo forza l’immagine secondo cui basta la semplice presenza delle donne in questa piramide gerarchica del potere per purificare ogni residuo patriarcale. Anzi, si costruisce un immaginario sociale con quest’idea assurda per cui i seggi, i troni presidenziali o le sale dei tribunali occupati da donne saranno automaticamente sufficienti per combattere le disuguaglianze diseguali, ridurre la corrotta corruzione o impartire la giusta giustizia. Vogliamo una candidata! Vogliamo donne giudice! Vogliamo rappresentanti donne al congresso! gridano euforici gli ipocriti, gli sprovveduti e i complici.
Ora certamente, nessuno potrebbe accettare la sciocchezza di ritenere noi donne intellettualmente meno capaci, rispetto agli altri, di realizzare questi infami lavori, ed è precisamente questo il punto.
La presenza delle donne all’interno del potere politico non può di per sé comportare il minimo cambiamento nella composizione di un sistema di disuguaglianze sociali per la semplice ragione che la società in cui ci è stato imposto di vivere è basata proprio su tali disuguaglianze[…] Finché esisterà nelle nostre idee il principio dell’autorità gerarchica esisterà la disuguaglianza. E il potere politico è la mera dimensione organizzatrice del principio di autorità.[…]… abbiamo sentito dire in giro che pensano di mandare una donna indigena come carne da cannone per le bestie del potere. Ed ecco un’altra volta il disprezzo per le donne, ci trattano come appendici di qualcosa o qualcuno… eccoli che si mettono a usare i nostri corpi come fossero i loro stracci da pavimento.[…] Commando Femminista Informale di Azione Antiautoritaria – COOFIA

clicca qui

Pubblicato in 8 marzo, I Nomi Delle Cose, Podcast, Trasmissione RoR - I Nomi delle cose, Violenza di genere | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su I Nomi delle Cose del 1/03/2017

Femminismo Materialista/Introduzione

 Pubblichiamo l’introduzione di

“Femminismo materialista” Elisabetta Teghil,  Bordeaux 2015

Femminismo materialista raccoglie note e appunti che riflettono l’importanza fondamentale del recupero della storia e della memoria della trasgressione femminista, ridotta ora a un percorso emancipatorio dai tratti deterministici, e della necessità di individuare momenti di rottura e punti di fuga e di imparare a esistere e resistere in questa società contemporaneamente feudale, ottocentesca e nazista.

INTRODUZIONE

Gli anni del femminismo sono stati gli anni del desiderio. Di fronte alla “miseria” offerta dal trascinamento dal femminista al femminile, l’accento sul femminismo e sulla nostra liberazione si presenta come altro, come una scommessa, un impegno oltre il presente. Momento attuale che pretende di annullare il conflitto e la ribellione e di piegare tutte/i rassegnate/i al dominio della merce. E, a questo progetto, rinnovato ma sempre uguale, di oppressione su di noi, a questa dissipazione della libertà e dell’esistenza, le complici tendono a negare le loro responsabilità.

Anzi, chiamandosene fuori, se ne rendono, proprio in questo modo, attive e partecipi anche e, soprattutto, nel banale dispiegamento della vita quotidiana. In prima fila ci sono le femministe riformiste, socialdemocratiche, le ortopediche del “politicamente corretto”, psicologhe, assistenti sociali, psichiatre, poliziotte “buone”…direttore di carceri… piddine e le loro appendici e similari e annesse e connesse… che nella loro non bella moltitudine, nella forza che viene loro dai media e dalle Istituzioni, si mostrano e sono particolarmente disponibili alla cultura mortifera che ammorba il presente: vittimismo, quote rosa, comitati per le pari opportunità….sono note di una stessa partitura, sono la favola delle vecchie idee con lieto fine che si ripromette di sottomettere le esistenze concrete dei soggetti reali al rinnovato dominio del capitale e del patriarcato. L’aspetto più evidente è l’assenza del soggetto, della donna, dell’oppressa. La declinazione delle proprie responsabilità è compresa entro lo scenario della moderna autopromozione. Il femminismo della falsa coscienza appare oggi al suo culmine e si coniuga con la cultura del rifiuto della politica, del superamento del separatismo, della negazione della lotta di classe, con l’affermazione ottusamente ottimistica che, in fondo, qui ,in questa società, si può essere felici. Tutto questo nasconde la presa di distanza opportunistica da ogni responsabilità e salva la faccia mobilitandosi per gli avvenimenti del passato o di altri paesi. In questo contesto ci si trasforma in cantori dell’esistente e delle sue ragioni: se pure storia c’è stata, anch’essa non c’è più e si sfocia, come conseguenza naturale, nel darwinismo sociale, nella condanna delle/dei più deboli, di chi non ce l’ha fatta. Le oppresse/i e le sconfitte/i sono l’altro, il disordine, generano la paura e quest’ultima si traduce in una sorta di ossessiva coazione all’ordine. L’unica via indicata da sempre dai teorici reazionari, oggi è diventata il mantra ossessivo della sinistra riformista. Bisogna tenere a bada le oppresse e gli oppressi, rinchiuderli nel recinto del dominio: è questo il territorio della politica socialdemocratica e riformista, quello che definisce e impone le regole del gioco della vita. Siamo rinchiuse in una gabbia di segni ideologici e culturali della società patriarcale e borghese, una gabbia che hanno costruito per noi e l’hanno chiamata “normalità”. La nostra “normalità” è così l’esecuzione automatica, inconscia, della programmazione che il capitale, in cui attualmente il patriarcato si esprime, ha costruito per noi. All’ingiunzione di regole di comportamento dettate dall’ideologia vincente si accompagnano sempre precisi divieti, stigma e punizione. Per questo il divieto e la paura di infrangerlo e relative conseguenze soffocano il nostro presente e il nostro futuro. E non soltanto la nostra vita, ma anche le nostre lotte vorrebbero che fossero rinchiuse  nella gabbia preparata per noi. Vorrebbero farci correre sulla ruota come i criceti, con l’illusione di arrivare da qualche parte, con l’illusione di cambiare qualcosa e vorrebbero farci girare sempre in tondo. Vorrebbero farci fare processioni per chiedere qualche grazia  che una volta elargita sarebbe comunque un atto di potere e come tale, con lo stesso atto, potrebbe essere tolta. Questa gabbia si può spezzare solo ponendo le nostre pratiche sociali e politiche in rapporto antagonistico con l’intera società borghese patriarcale che per attuare le strategie di controllo sociale usa strumenti diversi e,tra questi strumenti, in questo momento neoliberista, hanno un’importanza fondamentale la socialdemocrazia e il riformismo, comprese le componenti femminili, che nelle reti della comunicazione quotidiana fanno la guerra alla memoria e all’identità del movimento femminista, manipolandone la storia, strumentalizzando l’oppressione di genere, di razza, i diritti umani….falsificando la lettura della società e tentando di farne dimenticare la struttura e la divisione in classi. Creando, così, una società che fa dell’antirazzismo-razzista, dell’antisessismo-sessista e della strumentalizzazione dei diritti il grimaldello per addomesticare le coscienze. Per questo esclude dal circuito della vita politica, se non dalla vita stessa, tutte/i quelle/i che non si rassegnano a quelle regole, siano femministe, siano valsusine, nomuos, nodalmolin, immigrate/i senza permesso di soggiorno, lavorator/trici espulsi/e dal mondo del lavoro….. Si produce così una ideologia che non si presenta come tale, ma tale è, cioè quella della fine dell’ideologia. Quest’ultima si rappresenta e si racconta come democrazia moderna, come cultura dell’integrazione, del progresso di cui si tessono generosamente le lodi. Tutto questo si accompagna al venir meno della speranza di una vita migliore che valga la pena di essere vissuta, che invece per i cantori di questa società già sarebbe e chi non se ne accorge e non ne gode è responsabile e se si ribella rientra nel campo del penale e del patologico. E’ demonizzato ogni tentativo passato o presente di cambiamento che prenda le mosse da un’idea di soggetto che voleva e vuole sottrarsi alla mercificazione della vita portata a sviluppo nella sua totalità con il neoliberismo, forma compiuta e attuale dell’autoespansione del capitale. Impostazione che relega ogni forma di opposizione e di alterità nel campo del nulla e dell’inutilità. Il soggetto, l’individuo, per sopravvivere deve scomparire nascondendosi nelle pieghe dell’esistente a cui non è permesso in nessun modo di opporsi. Si teorizza la fine di ogni possibilità di lotta, di liberazione o di invenzione. Il capitalismo sarebbe “superato”, la società patriarcale “non ci sarebbe più”. In questo contesto il separatismo femminista ha una rilevanza vitale perché, come pratica di sottrazione rispetto al maschile dominante, svela la natura strutturale dell’oppressione di genere, ribadendo l’origine socio-economica dei ruoli e di quelli sessuati, smascherando il tentativo di riduzione della lotta delle donne ad una generica conflittualità tra i sessi che dovrebbe essere risolta secondo la visione riformista/neoliberista attraverso un collaborativo confronto fra maschile e femminile con l’annullamento delle differenze politiche, dei ruoli nella società, della storia e della memoria della conflittualità, non solo di genere, e della divisione in classi della società. La scomparsa o il tentativo di rimuovere il desiderio di lottare si accompagna al venir meno della speranza di una vita migliore, cammina con la sussunzione reale della vita al neoliberismo. Per questo assume un’importanza fondamentale il recupero della storia e della memoria del movimento femminista, storia e memoria che vengono stravolte, manipolate, falsificate riducendo la trasgressione femminista ad un percorso di emancipazione dai tratti deterministici dove il miglioramento della nostra condizione sarebbe graduale e ineluttabile in una società che progredisce nell’attenzione alle diversità e ai diritti. Continua a leggere

Pubblicato in 8 marzo, Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Femminismo Materialista/Introduzione

Verona 4 e 5 marzo!

Sabato 4 marzo a Verona presentazione dell’ultimo libro di Daniela Pellegrini “Liberiamoci della bestia” alla Libreria-Emporio culturale,  il giorno dopo, domenica 5 marzo, la discussione proseguirà al Circolo della Rosa(ore 10.15) via Santa Felicita 13.

Pubblicato in 8 marzo, Violenza di genere | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Verona 4 e 5 marzo!

Martedì 28/ Secondo Incontro di Uteroghiamoci!

Domani, martedì 28 febbraio dalle 20,30 alle 22,30 Secondo Incontro di “Uteroghiamoci”, il nuovo ciclo di Cose Nostre” alla Consultoria Autogestita di Milano!

Per proseguire il percorso di Cose Nostre, che ha visto due cicli di incontri (uno sul ciclo mestruale e uno sulla vagina), abbiamo pensato a un terzo ciclo di ricerca – anche materiale – dentro noi stesse, che interesserà l’utero e il seno. Come abbiamo fatto per gli altri cicli, non intendiamo fermarci a una “patina superficiale”, ma vorremmo scovare i tabù, che in merito sono ancora molto forti.” https://www.facebook.com/events/175533089612804/

Abbiamo registrato con le compagne della Consultoria Autogestita uno Speciale de I Nomi delle Cose in cui ci raccontano questo nuovo ciclo! 

clicca qui 

Pubblicato in Autorganizzazione, Interviste, Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Martedì 28/ Secondo Incontro di Uteroghiamoci!

Venerdì 3 marzo! Emanciparsi…dall’emancipazione emancipata!

Pubblicato in 8 marzo, Iniziative ed Eventi, Violenza di genere | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Venerdì 3 marzo! Emanciparsi…dall’emancipazione emancipata!

I Nomi delle Cose del 22/02/2017

La Coordinamenta verso l’8 marzo!!!

I Nomi delle Cose, lo spazio di riflessione della Coordinamenta femminista e lesbica/Anno 2016/2017-Nuova Stagione 

i-nomi-delle-cose

Puntata del 22/02/2017

“La maschera bianca”- terza parte

EMANCIPAZIONISMO: STORIA E PERCORSO/IL CAMBIO DI PARADIGMA : DALLA QUESTIONE FEMMINILE ALL’OPPRESSIONE DI GENERE/LE MASCHERE DELLA STRUMENTALIZZAZIONE NEOLIBERISTA /IL RITORNO ALLA QUESTIONE FEMMINILE?

clicca qui

Pubblicato in 8 marzo, I Nomi Delle Cose, Podcast, Trasmissione RoR - I Nomi delle cose, Violenza di genere | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su I Nomi delle Cose del 22/02/2017

“Defend Unci Maka” /Difendi NonnaTerra

“Defend Unci Maka” /Difendi NonnaTerra

E’ stato sgomberato dalle forze di polizia il presidio dei Sioux a Standing Rock contro il mega oleodotto DAPL.

Dal 7 al 9 marzo le Nazioni Indiane lanciano un programma di solidarietà internazionale con i popoli indigeni di tutto il mondo per difendere Unci Maka/Nonna Terra e per  il 10 marzo è stata organizzata una marcia su Washington. 

Pubblicato in Internazionalismo, Territorio | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su “Defend Unci Maka” /Difendi NonnaTerra

Le donne del Cie di Ponte Galeria in sciopero della fame

Roma – Le donne nel CIE di Ponte Galeria in sciopero della fame contro la detenzione

Verso metà gennaio, undici donne di origine marocchina, arrivate dalla Libia e sbarcate sulle coste italiane, sono state prelevate e portate in una struttura per migranti in Calabria, descritta come un centro di grandi dimensioni simile a una prigione, da cui non potevano uscire e dove la polizia le scortava anche in bagno. Si tratta con ogni probabilità del CPA/CARA di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.
Dopo una breve permanenza sono state trasferite, a inizio febbraio, nel CIE (ora CPR) di Ponte Galeria, dove sono state avviate tutte le procedure per la richiesta di asilo politico.
A seguito di questa richiesta, è stato comunicato loro che verranno ugualmente trattenute lì per due mesi, senza fornire altre spiegazioni. Sappiamo che i tempi di permanenza all’interno del CIE, che riguardino processi di identificazione o di elaborazione delle domande d’asilo, sono spesso arbitrari e possono variare dai 30 ai 90 giorni.
Dopo essere state accolte solo da gabbie e polizia, le donne si son viste quindi negata anche la possibilità di conoscere il motivo della loro detenzione.
Per questo hanno deciso di ribellarsi e lottare contro questa privazione della libertà, inziando tutte insieme uno sciopero della fame.
Obiettivi di questa lotta sono inoltre quelli di  denunciare le precarie condizioni di vita all’interno del CIE e il bisogno di conoscere il destino a cui le autorità le hanno condannate.
Diffusasi la notizia all’interno del lager, anche altre recluse hanno appoggiato questa scelta unendosi allo sciopero.
La loro lotta per la libertà riesce a superare e abbattere le differenze con cui gli stati ci dividono e obbligano a essere servx silenti.
La nostra solidarietà alla loro scelta di scioperare rende più instabile il muro che ci separa.
Sempre a fianco di chi si ribella contro vecchie e nuove carceri.

Pubblicato in Cie/CPR, Violenza di genere | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Le donne del Cie di Ponte Galeria in sciopero della fame

Una Di Meno

“[…]Volere una fetta della torta non è la stessa cosa che tirarla in faccia all’oppressore.[…]

Una di meno

animaliena.wordpress.com

Non riesco nemmeno a ricordare la prima volta che, esitante ma orgogliosa, mi sono definita femminista. Mi viene in mente un seminario all’università, nel corso del quale il mio mondo ha cambiato il proprio asse. La prima assemblea, l’emozione di trovarmi un stanza piena di donne, arrabbiate ma – ai miei occhi – bellissime. E mia madre, che mi apostrofava con malcelato disprezzo: “Non dirmi che sei diventata femminista!”.

Il femminismo mi ha salvato la vita, e ha liberato energie che nemmeno sapevo di avere. L’energia derivante dalla rabbia per le ingiustizie, l’energia di chi si riconosce in quanto oppressa e vuole liberarsi, e liberare, dall’oppressione; quella che sgorga dal non sentirsi più sola, ma unita ad altre compagne in lotta.

I momenti collettivi, l’autocoscienza, gli eventi pensati e organizzati assieme; gli articoli letti, scritti e tradotti, le reti di relazioni virtuali (spesso poi diventate legami reali). Il femminismo ha rappresentato per me, in quanto marginalità oppressa dal patriarcato, la corazza invisibile capace di mettermi quotidianamente al riparo dalle discriminazioni, dagli attacchi, dalle violenze di un sistema ingiusto, che si alimenta e si rigenera proprio a partire dall’ineguale distribuzione di opportunità e poteri (non in senso negativo, ma proprio in quanto possibilità di autodeterminazione e autorealizzazione).

Eppure oggi il femminismo non mi basta più.

Continua a leggere

Pubblicato in 8 marzo, Storie, Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Una Di Meno

Il neoliberismo fascista

Il neoliberismo fascista

[…] l’ideologia neoliberista si muove con modalità specifiche, applica concetti fascisti e nazisti nella maniera che le è più congeniale, dato che ha assunto l’armamentario lessicale e formale della socialdemocrazia. Tutto il bagaglio culturale della così detta sinistra viene sussunto, rimasticato ed usato in un’aberrazione di società, quella che può essere definita dell’antirazzismo razzista, dell’antisessismo sessista, dell’antifascismo fascista.

Il fascismo esplicito e in orbace viene sdoganato dal neoliberismo all’occorrenza. E’ doppiamente utile perché, quando serve, la violenza squadristica può dissuadere il dissenso e allo stesso tempo permette alla socialdemocrazia di presentarsi come salvaguardia dello “Stato democratico” rispetto agli opposti estremismi. E ricordiamoci sempre che la socialdemocrazia tedesca ha spianato la strada al nazismo.

Essere antifasciste e antifascisti oggi significa riconoscere dove si annida il fascismo e il nazismo nella nostra società e smascherare, quindi, il PD, annessi, connessi e collaterali.

Il neoliberismo fascista

Pubblicato in Antifascismo, memoria, Storia | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Il neoliberismo fascista

In ricordo di Carla e di Valerio

22 febbraio/In ricordo di Carla e di Valerio Verbano

Contro la società dell’antifascismo fascista, dell’antirazzismo razzista, dell’antisessismo sessista!

via Monte Bianco ore 16 un fiore per Valerio/ore 17 corteo cittadino

Pubblicato in Antifascismo, memoria | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su In ricordo di Carla e di Valerio

Con la resistenza delle donne nel Cie di Ponte Galeria

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO

CLICCA QUI

Pubblicato in Cie/CPR, Violenza di genere | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Con la resistenza delle donne nel Cie di Ponte Galeria

La Coordinamenta verso l’8 marzo!!!/VOGLIAMO LA LUNA!

Pubblicato in 8 marzo, Autorganizzazione, Violenza di genere | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su La Coordinamenta verso l’8 marzo!!!/VOGLIAMO LA LUNA!

Lo Stato risponde alla violenza di genere con le deportazioni!

Roma – CIE di Ponte Galeria: lo Stato risponde alla violenza di genere con le deportazioni

Retate nelle strade, stupri, soprusi e continue violenze nei centri di detenzione: questa è la quotidianità che lo stato offre alle donne migranti. Uno stato fascista e razzista fondato su machismo e cultura dello stupro; al di là dei propagandati progetti della polizia in difesa delle donne contro la violenza di genere, questo è uno stato che dice di proteggerti e nella realtà, al contrario, si trasforma in un ulteriore pericolo per la tua libertà e la tua vita.
Questo è ciò che è successo a Olga (nome di fantasia), una delle tante donne che spesso trovano il coraggio di liberarsi dalle loro relazioni violente. Olga è una donna ucraina che, nel momento in cui si è rivolta alle forze dell’ordine per denunciare le violenze agite da quello che era il suo compagno, è stata rinchiusa nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria, da dove la deporteranno a breve, perché la sua condizione di “irregolare” ha prevalso sulla sua richiesta di aiuto. Non si tratta di un caso isolato: ogni giorno le migranti devono vivere sulla propria pelle gli effetti di questo stato che le umilia, le sfrutta, le criminalizza e imprigiona per perpetuare poi le stesse violenze all’interno delle mura infami di un CIE.
Ogni giorno le donne migranti portano avanti le loro resistenze a questo sistema razzista fatto di confini e galere.
Non chiediamo allo stato di difenderci dalla violenza che esso stesso produce e di cui si nutre.
Quello che vogliamo è continuare a sostenere le lotte di chi a tutta questa brutalità si ribella, di chi resiste nei CIE, di chi si oppone alle deportazioni.
Quello che vogliamo è la libertà per tutte le donne recluse.

nemiche e nemici delle frontiere

Qui di seguito la trascrizione della telefonata con la donna detenuta nel CIE di Ponte Galeria. A causa di difficoltà di comprensione dell’audio, alcune parti sono mancanti e alcune sono state integrate tra parentesi per facilitare la lettura.

Continua a leggere

Pubblicato in Cie/CPR, Repressione, Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Lo Stato risponde alla violenza di genere con le deportazioni!