Alta Felicità!!!!!

Non servono i numeri per descrivere il successo dell’Alta Felicita’

Comunicato finale del Festival Alta Felicità – 

La prima cosa che vogliamo scrivere è GRAZIE, ma proprio a tutte e tutti.

Il movimento NoTav è riuscito ad arrivare ai cuori delle persone, oltre 600 persone hanno partecipato alla gita al Cantiere di Chiomonte, tutte per osservare con i propri occhi la macchina mangia soldi che da oltre venticinque anni prova a distruggere la Valsusa.

Una media di 150 persone ogni giorno hanno partecipato alle visite guidate che percorrevano due, tre vie al giorno. Solo ieri al, Ponte del Seghino, 400 persone si facevano raccontare una delle tappe della storia del Movimento, attraverso le letture dell’ultimo libro di Wu Ming 1. Quando il 31 ottobre del 2005 la polizia tentò di prendersi i terreni, ma fu respinta dalla popolazione che resistette per un giorno intero sui sentieri della montagna di Mompantero.

E oltre a sentirci parte della storia mentre che questa scorre, vediamo come la curiosità di avere risposte da parte della gente sia punto centrale.

In questo crediamo che il Festival Alta Felicità, nella sua seconda edizione, abbia nuovamente centrato l’obiettivo, ma anche alzato la posta, poiché la consapevolezza di chi ha partecipato era molto forte: tutti si sono resi conto che quanto viene raccontato fuori dai media è particolarmente discostante dalla realtà.

E così si sono creati dei legami, attraverso i sorrisi, le domande, le migliaia di indicazioni che sono state date all’info point. Abbiamo visto lo stupore negli occhi di chi in questi giorni ha avuto modo di raggiungere il Cantiere di Chiomonte passando per i sentieri de La Ramat. “Si parte e si torna insieme” e anche sotto il temporale siamo rimasti senza andar via, esattamente come negli anni durante presidi e occupazioni durate giorni e giorni.

La determinazione è un altro valore che portiamo con orgoglio, la stessa che abbiamo visto in tutti quelli che sono arrivati a Venaus, anche solo per un giorno.

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La cronaca da Caracas

La cronaca da Caracas dello storico voto di ieri: “Siamo qui per esercitare un diritto che nessuno ci può negare: né Trump, né i guarimberos. Ditelo, ai politici italiani…”

La cronaca da Caracas dello storico voto di ieri: Siamo qui per esercitare un diritto che nessuno ci può negare: né Trump, né i guarimberos. Ditelo, ai politici italiani...”
https://www.facebook.com/geraldina.colotti/posts/1486278954753341
 

di Geraldina Colotti,

Caracas, 31 luglio 2017

“Chavez per sempre, ora la Costituente”. Nelle file ai seggi c’è sempre chi fa musica, balla, ritma gli slogan. Una splendida ragazza afrovenezuelana danza e canta con una voce vibrante. Siamo all’interno del Poliedro, il grande spazio per gli eventi ora adibito a seggio elettorale. E’ uno dei 14. 515 seggi elettorali previsti per votare i 537 esponenti dell’Assemblea Costituente, più gli 8 rappresentanti indigeni che verranno decisi domani 1 agosto secondo le modalità comunitarie dei nativi. Questo seggio “addizionale” è stato allestito in emergenza, per consentire ai cittadini che vivono nelle zone colpite dalle violenze dei “guarimberos” di votare in sicurezza. Per questo è stato dichiarato perimetro sensibile per 500 metri.

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Omaggio a Jeanne Moreau

Le Tourbillon

https://youtu.be/lNAc2_SYgtw

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La caccia alle streghe non finisce mai!

La caccia alle streghe non finisce mai!

Appello alla solidarietà diffusa per Davide Delogu in sciopero della fame nel carcere di Augusta (Siracusa)

Come femministe, come compagne, come donne sappiamo fin troppo bene cosa significhi la violenza legale della norma, dello Stato, delle leggi, del sistema di potere. Quello che il dominio vuole sconfitto e rimosso è la semplice esistenza dell’idea di rivolta e nella sua impudenza, della rivolta, non solo vuole la sconfitta , che dà per scontata dati i rapporti di forza, ma pretende addirittura che non si faccia il “tifo”. L’obiettivo è colonizzare ogni zona refrattaria e addomesticare tutti gli spazi selvaggi sia sul piano geografico che politico che nell’universo mentale. Tutti/e quelli/e che osano mettere in discussione i valori neoliberisti vengono etichettati come estremiste/i, violente/i, settarie/i. L’autonomia nei confronti del pensiero unico  è un crimine e come tale viene perseguita.

Ma, essere femministe oggi significa rompere con questi valori mortiferi, solidarizzare con chi questa rottura prova, tenta e si ostina a metterla in atto,  significa rompere l’assuefazione al controllo, ribaltare la colpevolizzazione in cui ci vogliono invischiare, recuperare la capacità di indignarci, spezzare l’ipocrisia in cui ci vogliono imbrigliare.

Appello alla solidarietà diffusa contro l’isolamento punitivo di Davide

Il 18 Luglio si è svolta un’udienza per un reclamo presso il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari fatto da Davide contro le condizioni cui è sottoposto al carcere di Augusta.

Attraverso la descrizione riportata nel reclamo abbiamo scoperto che Davide, già sottoposto al regime 14 bis, sta subendo una pesantissima tortura: è stato “condannato” a sei mesi di isolamento punitivo.

Un isolamento totale, in una cella sotterranea, liscia, senza tv e radio, senza socialità e senza mai vedere il sole. A questo si aggiunge l’applicazione della censura su tutta la corrispondenza. Le uniche persone che incontra sono il suo avvocato e le guardie.

Purtroppo scopriamo solo ora che in queste condizioni vive già da due mesi. Continua a leggere

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Fuori il PD dalla nostra vita!

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Gli stupri delle divise.

Gli stupri delle divise

(immagine di Moju Manuli)

Questa la notizia: a Livorno un comandante dei carabinieri ha per anni abusato di lavoratrici usando il suo ruolo di appartenente all’arma che affianca l’ispettorato del lavoro della città toscana. A quanto riferito dalle donne che sono passate per questa terribile esperienza, garantiva lavoro in cambio di sesso. 

Quando la violenza su una donna viene esercitata da un uomo in divisa, assume connotati ancora più gravi.

La divisa porta con sé un’ esaltazione del ruolo maschile. Chi la indossa ha fatto una scelta, è uno che crede nell’autorità e nella gerarchia, nell’uso della forza come regolatrice dei rapporti sociali, nel riconoscimento che deve avere come portatore di ordine e di disciplina, nella necessità di assoggettamento delle soggettività ribelli, è uno che viene abituato a prendersi quello che vuole e che il ruolo sociale gli deve, il tutto aggravato dalla situazione di soggezione in cui si trova chi entra in contatto con lui. E questo vale per tutte le varie divise che si muovono in questa società, anzi è proprio nella società neoliberista che il confine tra forze di polizia e forze armate diventa sempre più labile. All’esercito vengono affidati compiti di controllo sociale, le famose “strade sicure”, e la militarizzazione di interi territori nazionali, la Val di Susa, L’Aquila o i territori occupati dalle basi militari Nato, USA e via discorrendo e soggetti a continue esercitazioni e sperimentazioni come la Sardegna e la Sicilia, sono solo gli esempi più macroscopici. Impossibile non ricordare lo stupro avvenuto fuori da una discoteca di Pizzoli, proprio vicino a L’Aquila, da parte di un militare addetto alla “sicurezza” del territorio o quello nella caserma del Quadraro a Roma fatto da tre carabinieri e un vigile urbano. Addirittura la “virilizzazione” valeva anche per i militari di leva, quando la leva c’era ancora: quelli che accettavano autoritarismo e gerarchia, vale a dire i valori di quell’ambiente, erano spesso autori di atti e fatti di sopraffazione e di violenza, il così detto  “nonnismo”. E’ proprio contro questo e questi che nacquero i Proletari in Divisa, i PID di Lotta Continua.

Ci dobbiamo, però, ricordare sempre che stiamo parlando di questa società, in cui viviamo e che subiamo, della sua impostazione, dei suoi ruoli e degli scopi che il modello patriarcale e capitalista si prefigge ma non intendiamo assolutamente assimilare chi si arma e combatte per la  libertà, siano uomini o donne, per l’ autodeterminazione, contro il sopruso e l’ingiustizia, alle divise che circolano in questo contesto sociale. La guerra di Spagna è stata un bell’esempio di lotta in cui le Mujeres Libres sono state trainanti e decisive nello scompaginamento dei ruoli patriarcali.

Molto spesso ci viene detto che i poliziotti, i militari e via dicendo sono  gente di estrazione sociale povera e figli di povera gente che finiscono a fare quel mestiere per necessità. Ma questo non li assolve affatto, anzi li condanna doppiamente perché hanno consapevolmente tradito la propria classe di appartenenza e nemmeno li assolve la necessità perché la maggior parte di quelli che sono nelle loro condizioni fa scelte diverse e antitetiche.

E ci fa venire la pelle d’oca pensare  che tutte queste divise sono state allevate da una donna che ha trasmesso loro dei valori contro la classe di appartenenza e contro se stessa. A conferma di quanto siano introiettati i valori patriarcali dalle donne che si fanno catena di trasmissione della loro stessa oppressione. E’ per questo che è imprescindibile la visione di genere anche nei contesti antagonisti e rivoluzionari.

Combattere la violenza contro di noi significa combattere anche il modello socio-economico  che la alimenta, combattere i ruoli, la gerarchia, la meritocrazia, l’autoritarismo, lo sfruttamento, rifiutare la delega e l’affidamento allo Stato e alle esperte ed esperti……portare avanti una lotta di genere e di classe….in una parola uscire da questa società.

le coordinamente

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Dal 4 al 6 agosto Campeggio di lotta No Muos!

Campeggio di lotta No Muos!!!!

Dopo il successo della manifestazione cittadina dell’uno luglio a Niscemi, come movimento No Muos rilanciamo la lotta e promuoviamo tre giorni di campeggio, dal 4 al 6 agosto, all’interno del presidio di contrada Ulmo e manifestazione il 6.
Una lotta, quella contro l’installazione satellitare statunitense, che spesso la gente percepisce distante dalla propria quotidianità.

È realmente una cosa così distante dal popolo? Chiaramente no.
Infatti, nonostante il MUOS sia già attivo, crediamo sia fondamentale che questa lotta continui perché non rappresenta solo la lotta a una base militare, ma alle tendenze alla guerra che si stanno accentuando.

Dopo il G7, dove i sette padroni del pianeta si sono riuniti per parlare di come spartirsi questo mondo, e dopo le manifestazioni e le iniziative che abbiamo costruito per rappresentare la controparte a quella riunione, noi continuiamo a rispondere dal basso con l’intento di portare al centro del dibattito pubblico la questione della guerra, dell’imperialismo e della militarizzazione dei territori, tematiche che i partiti di massa tendono a celare dietro le loro agende politiche, ma che invece sono centrali e sono il motore propulsivo delle loro politiche.

100 sono i milioni di euro spesi al giorno in Italia per stare dentro la NATO e 64 per la guerra e le forze armate, mentre, senza fare retorica, scuole, sanità, diritti sociali, lavoro, pensioni, in questo paese sembrano non esistere o, meglio rappresentano ambiti continuamente massacrati dalle politiche neoliberiste. La logica è semplice: meno soldi ai servizi, cancellazione di diritti sociali, spese militari esorbitanti, per alimentare la voracità dei grandi gruppi industriali e degli stati che, nelle diverse parti del mondo, fanno guerre per i loro sporchi interessi producendo morti, disastri, esodi, carestie.
Come si dice: vostre le guerre, nostri i morti.

Crediamo sia folle indirizzare i fondi pubblici alle guerre e al sostentamento dell’apparato militare dei ricchi e dei potenti del mondo. Crediamo sia giunto il momento di rialzare la testa ed esprimere tutti insieme un grande no a queste scellerate manovre politiche.

In un mondo dove pochi detengono la ricchezza e il potere decisionale, e i tanti, troppi, non hanno la possibilità né di decidere né di accedere a dei servizi (che in realtà sono diritti), crediamo sia necessario lottare con forza e ricostruire dal basso un’alternativa sociale e politica che sia degna di rappresentare le istanze popolari, affinché la ricchezza possa essere redistribuita; affinché il potere possa essere dei territori.

Il campeggio sarà dunque un momento per rilanciare la lotta e le nostre ragioni che opponiamo da anni contro questa installazione. Il campeggio sarà un laboratorio politico, sociale e conflittuale. È per questo che declineremo il tema della guerra in quattro ambiti politici con l’intento di capillarizzare quanto più possibile il valore dell’antimilitarismo e la lotta contro l’imperialismo nei luoghi di studio, di aggregazione sociale e nei quartieri popolari. 

***PROGRAMMA CAMPEGGIO. IN AGGIORNAMENTO***

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Sanzioni amministrative contro i NO TAP!

A proposito delle sanzioni amministrative comminate ai NO TAP per le azioni di protesta contro il trasferimento degli ulivi del 4 luglio vi invitiamo a leggere quanto avevamo scritto il 31 maggio scorso perché la questione è di estrema importanza.

“Sottovalutazione”

La Parentesi di Elisabetta del 31/05/2017

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Roma 27 luglio

#NoG20 – Liberi tutte/i. Presidio davanti ambasciata tedesca, Roma 27 luglio

luglio 27 @ 16:00

http://www.osservatoriorepressione.info/event/nog20-liberi-tuttei-presidio-davanti-ambasciata-tedesca-roma-27-luglio/ 

La stampa non se ne occupa. ma Alessandro, Emiliano, Orazio, Maria, Babio, Riccardo sono ancora detenuti ad amburgo. sono in carcere per aver manifestato contro il #G20, vittime di una Ue sempre più securitaria e repressiva, e della folle gestione della Polizia di #Amburgo.

Giovedì 27 luglio alle 16 a Roma vi chiediamo di essere presenti al presidio – conferenza stampa che terremo davanti all’ambasciata #tedesca (via San Martino della battaglia/pzza Indipendenza) per chiedere la loro liberazione.

Non ci fermeremo finchè non saranno liber@ tutt@.

Se toccano un@ compagn@, toccan@ tutt@.

#liberitutti #liberetutte

Sono previsti presidi davanti ai consolati tedeschi e prefetture in altre città italiane

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Critica alla Maternità 1

Critica alla Maternità 1

A sei mesi di distanza provo finalmente a chiudere quelli che erano appunti sul mio parto. La maternità mi ruba tempo e poi volevo mettere bene a fuoco sia le implicazioni personali, sensazioni, emozioni e paure sia quelle di carattere più sociale. Cominciamo dal principio. Ho un bel ricordo anche del travaglio, le più forse mi vorranno maledire o penseranno che sono la solita che parla della maternità idealizzandola. No, è che, come mi ha detto una compagna durante la gravidanza, faccio parte di quelle rare donne che vivono questo momento della loro esistenza con grande naturalezza e facilità. Insomma mi ha detto culo. Ma torniamo al travaglio, i prodromi sono cominciati a cena mentre con una pancia enorme stavo al ristorante con un amica. Era divertente vedere lei e il mio compagno preoccupati quanto basta e io nemmeno lontanamente. Durante la notte ho usato la mia palla da pilates per cullare le contrazioni e gestire il dolore, il silenzio notturno e la solitudine (non ho voluto svegliare nessuno finché le contrazioni non fossero ravvicinate) mi hanno reso pacifica e chi mi conosce sa che non è l’aggettivo che più mi caratterizza.

La presenza della mia amica ostetrica ha garantito che il parto fosse trattato con rispetto, ho potuto fare una doccia calda in ospedale con lei che mi teneva la testa mentre avevo le contrazioni forti, l’acqua calda e la conversazione alleviavano il dolore, lo rendevano gestibile. Certo anche stare con mia madre e il mio compagno ha reso perfino piacevoli le lunghe passeggiate in quei corridoi freddi. Ogni volta che avevo una forte contrazione non so perché schiacciavo la testa contro il muro e a turno uno di loro due mi massaggiava la schiena sui lombi rendendo il tutto sopportabile.  Ancora mi viene da ridere ripensando alla mia immagine vista dall’esterno: una panzona che fa versi strani schiacciando la faccia contro il muro. Durante i monitoraggi potevo stare in una delle sale travaglio/parto con G. che mi massaggiava o io che facevo piccoli esercizi sulla fitball muovendo il bacino. È strano ora che scrivo ricordarsi di come era la mia grossa pancia, quanto fosse ingombrante. A volte riguardo l’ultima foto fatta a capodanno di profilo per rendermi conto di quell’enormità. Continua a leggere

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Ieri 22 luglio 2017

Tra fuochi e lacrimogeni i NoTav raggiungono il cantiere!

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Nella tua città c’è un lager

https://hurriya.noblogs.org/

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Genova 20 luglio 2001

A tutti i nostri figli e figlie

Queste calde notti d’estate aprono ferite mai rimarginate. Chiusa in una stanza con la testa sul cuscino, avvolta da un caldo umido, tutto scorre velocemente…immagini di protesta, uomini, donne, ragazzi e ragazze che percorrono le strade di una Genova infuocata. Mi sembra di sentire i loro discorsi, di percepire i loro desideri, la lotta per un mondo migliore è disegnata sui loro visi. Poi all’improvviso, cariche, fumo, pestaggi per arrivare a p.zza Alimonda, un ragazzo uno sparo un urlo che non dimenticherò mai e La Morte materializzarsi… Tutto si sposta ad una spiaggia è agosto, tanto caldo, tanta musica, tanti giovani. Il cuore batte tanto forte che le mie tempie cominciano a martellare, vedo mio figlio aggredito e accoltellato al grido merde tornatevene a casa…Lui a casa non è più tornato, lui era una zecca e lo hanno ucciso x questo. Non amo il caldo, non amo l’estate, perché per me dal 2001 ha il colore rosso sangue. Vorrei essere una poetessa x declamare in versi il colore del dolore, ma forse non lo ha, è solo un qualcosa che ci appartiene e ci accompagnerà x sempre.
A tutti i nostri figli e figlie

Stefania

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I discendenti di Calibano e il mito del “Buon Selvaggio”

 La maschera bianca”

I discendenti di Calibano e il mito del “Buon Selvaggio”

Riceviamo e pubblichiamo

“ Gli indiani, privi di tutto, sono incapaci di ogni forma di vita politica e solo la tutela europea e cristiana potrà elevarli a un livello di piena civilizzazione. Agli occhi di Colombo, si instaura così tra europei e indiani un rapporto di reciproco vantaggio: cedendo i propri beni, gli indiani, ottengono una progressiva promozione culturale e una pacifica trasformazione da ”naturali” a “civili”, mentre gli europei, donando beni culturali, ottengono ciò che hanno lungamente desiderato.”

 Sergio Botta – Dimensioni lontane

A seguito della lettura dell’articolo pubblicato su MeltingPot Europa per promuovere lo Sherwood festival di Padova riteniamo necessario proporre delle riflessioni in merito al posizionamento delle persone di movimento nei confronti delle persone migranti. Innanzi tutto vorremmo riflettere sul linguaggio usato, facilmente riconducibile alle narrazioni colonialiste del Medioevo, nelle quali il “simile a noi”, dopo essere stato idealizzato e infantilizzato, diviene soggetto da “civilizzare”. Una civilizzazione che passa dal “leggere gli scontrini nel verso giusto” fino al sentire “la musica uscire dalle casse”, passando per “l’imparare a fare gli spritz”.

“Ognuno chiama Barbarie ciò che non è nei suoi usi; sembra infatti che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idea delle opinioni e degli usi del paese in cui siamo.”

de Montaigne – Saggi – 1585 d. C.

In sostanza ci sembra che il testo tutto sia permeato da una visione Eurocentrica che non si discosta dall’idea coloniale del mito del “buon selvaggio”. Non mettendo in discussione l’esperienza coloniale degli stati occidentali, infatti,  un testo come questo finisce per  riproporre le stesse idee e strategie di assoggettamento usate dal  potere degli Stati Nazione durante i secoli, per riproporre  la cosiddetta  “supremazia bianca”, ossia l’unica strada percorribile per raggiungere il grado di “civilizzazione” di quello che, in contrapposizione al terzo,  potremmo definire il “primo mondo”.

Se si riconosce che gli squilibri dei  governi coloniali non sono stati cancellati e che il nuovo ordine globale, seppur non attuato attraverso il dominio diretto,  si basa sulla penetrazione economica culturale e politica di alcuni paesi in altri, ci apparirà chiaro come questo tipo di intervento politico, tristemente molto diffuso, alimenta e sostiene la politica delle frontiere nonché le nuove strategie neocoloniali. La mancanza di autocritica culturale unita ad una dichiarata collaborazione con le strutture, ossia le cooperative, che si occupano “dell’accoglienza” non fa altro che riproporre le stesse visioni e le stesse strategie di controllo e sfruttamento che lo stato impone. A essere ripropagata inoltre, è la differenziazione tra “migrante buono” , ossia colui che si occupa di prestare servizi “volontari”, ossia lavoro gratuito, per mantenere la “sicurezza” e il “decoro” delle città con il fine d’essere guardato di “buon occhio” dalla commissione che valuterà la sua richiesta d’asilo; e il “migrante cattivo”, ossia il cosiddetto migrante economico, in sostanza chi non scappa dalla guerra, o l’emarginato che vive di extra legalità e si rifiuta di essere risucchiato nel sistema dell’accoglienza per dei documenti che, in una percentuale molto vicina alla totalità dei casi, non avrà.

Questo testo, non vuole essere una critica sterile ma vuole stimolare una riflessione su come il privilegio bianco non venga riconosciuto tanto meno messo in discussione nella partecipazione alle lotte che portano avanti le persone migranti senza la necessità della nostra presenza. Vuole aprire una discussione attraverso cui decostruire e neutralizzare il protagonismo e i ruoli di potere che vengono messi in campo ogni qual volta  ci si sostituisce ai soggetti oppressi nella narrazione o nella lotta ad un’oppressione. Contro ogni frontiera geopolitica e culturale.

Delle compagne arrabbiate

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Alternanza scuola lavoro…e militari

ALTERNANZA SCUOLA LAVORO… E MILITARI

Da sidealibera.noblogs.org  

La militarizzazione di un territorio e di una società passa anche, e soprattutto di questi tempi, tra i banchi di scuola. I casi di corsi di laurea basati su accordi con le Istituzioni militari sono ormai decine, uno dei quali proprio qui a Sassari dove il Corso di laurea in Sicurezza e cooperazione internazionale si basa su una convenzione proprio con i militari e che mira a formare soggetti che, lavorando in contesti emergenziali, operino in contiguità tra il mondo della società civile e il mondo militare. Decine le iniziative ogni anno dentro le scuole, con militari pronti a spiegare cosa sia il bullismo (in questo, sì, esperti grazie alle costanti prassi di nonnismo dentro le caserme..), la legalità e così via. Ora però una nuova novità si aggiunge a questo vasto panorama di contiguità tra militare e civile: l’Ufficio Scolastico regionale dell’Emilia Romagna ha siglato con il locale Comando Militare dell’Esercito un protocollo d’intesa per la realizzazione di attività Alternanza Scuola lavoro. L’iniziativa è rivolta agli istituti tecnici ad indirizzo economico e ai licei. Gli studenti verranno portati a “lavorare” presso l’Ufficio Documentale dell’Esercito, gestendo pratiche di archivio e aggiornando database.

Le attività di alternanza scuola-lavoro avranno una durata di circa 2 settimane per complessive 72 ore e saranno realizzabili rispettivamente nei mesi da settembre a novembre e da gennaio a luglio. Per ora il Comando individua la possibilità di accogliere 144 studenti in ambito provinciale.

Leggendo il protocollo di Intesa, tra le varie cose è indicativo vedere come “il Comando Militare Esercito “EMILIA ROMAGNA” si impegna a contribuire alla formazione in materia di sicurezza”, mentre “le istituzioni scolastiche assumeranno i seguenti impegni: valorizzare, all’interno del proprio piano di comunicazione, le attività svolte con il Comando Militare Esercito “EMILIA ROMAGNA”, segnalando i principi di valore su cui si fonda il protocollo; contribuire in termini professionali ed istituzionali alle eventuali attività di comunicazione dell’esperienza didattica svolta dal Comando Militare Esercito “EMILIA ROMAGNA” nell’ambito del protocollo”. Il primo punto, dunque, rende evidente come l’obiettivo di questo progetto, al di là dello sfruttamento gratuito della manodopera studentesca in perfetta linea con l’Alternanza scuola-lavoro, sia quello di veicolare i concetti securitari su cui lo Stato sta investendo per giustificare la sempre più pervasiva militarizzazione della società; dall’altra i punti inerenti le scuole sottolineano come queste debbano trasformarsi in promoter dell’esercito.

Il legame sempre più forte tra scuola e militarizzazione del sociale deve essere reciso. Crediamo sempre più nella necessità di opporci con ogni mezzo a tutte le manifestazioni del militarismo nella società. E’ fondamentale che ognuno, nei suoi territori e nei suoi ambienti, smascheri questi schifosi viscidi e lotti contro di essi.

NESSUNA PACE PER CHI VIVE DI GUERRA!!
VIA I MILITARI DA SCUOLE E UNIVERSITA’!!

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