L’immondo del lavoro: le cottimiste del lusso

La polvere sotto il tappeto

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La polvere sotto il tappeto, ovvero: come si aumenta l’intensità dello sfruttamento del lavoro in una struttura alberghiera? Tramite minimi sindacali ulteriormente compressi, uso di prodotti chimici scadenti (e dannosi) per la pulizia delle camere, imposizione di funzioni non previste dal contratto (come quelle di facchinaggio), creazione di un contesto lavorativo desolidarizzante (e con il ricatto del permesso di soggiorno imposto alla manodopera straniera). Samantha lavora da anni come cameriera nelle strutture alberghiere del lusso a cinque stelle e ce ne descrive il funzionamento quotidiano dalla parte di chi è costretto suo malgrado a percepire un salario di merda per un lavoro di merda. Nella suo minuzioso racconto emerge come il cottimo stia a fondamento di questo tipo di mestiere e di come ogni giorno chi ci lavora è costretta ad una disperata corsa contro il tempo e all’accettazione di una condizione di schiavitù nascosta dietro lo scintillante sfarzo a cinque stelle.

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Campagna d’Africa

Riceviamo dalla Rete contro la guerra e il Militarismo di Napoli

IL GOVERNO GIALLO-VERDE PROSEGUE E RAFFORZA L’ITALICA CAMPAGNA D’AFRICA AVVIATA DAI SUOI PREDECESSORI

A novembre si è tenuta a Palermo la conferenza internazionale sulla Libia, voluta fortemente dall’Italia, nella quale i vari attori libici e i loro sponsor internazionali, questi ultimi unici responsabili della deflagrazione di questo Paese, dovevano decidere il percorso da intraprendere per mettere fine alle attuali divisioni e contrapposizioni armate.  Come c’era da aspettarsi la conferenza si è chiusa con un nulla di fatto.

Al di là di promesse e strette di mano tra i due principali contendenti – il premier riconosciuto internazionalmente al-Sarraj e il capo dell’esercito nazionale libico Haftar -, non è stato preso alcun impegno concreto, riproponendo nelle conclusioni le fantomatiche road map già stabilite in altre occasioni ed in particolare nell’Accordo politico libico del 2015 e nello scorso vertice di Parigi, ma seppellite tutte dal proseguire degli scontri tra le fazioni dell’inferno libico che, solo negli ultimi mesi, hanno visto centinaia di morti.

In sostanza, nella conferenza stampa finale, il premier Conte e l’inviato dell’Onu Ghassan Salamè, hanno rilanciato l’ennesima assemblea nazionale da tenersi nel prossimo mese di gennaio in cui si dovrà provare a mettere a punto, con le parti interessate, i passi necessari a condurre la Libia all’unità: creazione dell’esercito comune, disconoscimento delle milizie, governo transitorio di unità nazionale; pianificazione per primavera delle elezioni parlamentari, in modo da unificare parlamento di Tobruck ed istituzioni della Tripolitania e,  solo successivamente, forse nel dicembre 2019, le elezioni presidenziali. Ma, al di là delle chiacchiere, che ci sia poco da essere ottimisti lo dimostrano non solo l’assenza di una “dichiarazione finale” firmata dai partecipanti, ma anche le tensioni in seno al vertice e le dichiarazioni di Haftar.

L’uomo forte della Cirenaica, appena giunto a Palermo ha rilasciato un’intervista in cui diceva: “non parteciperei alla Conferenza nemmeno se dovesse durare cento anni. La mia presenza è limitata agli incontri con i ministri dell’Europa e poi riparto immediatamente“, e che avrebbe incontrato “il primo ministro italiano e gli altri ministri europei“, ma non gli esponenti delle altre delegazioni, con cui “non ho nulla a che fare“. Per partecipare all’incontro allargato ha imposto l’esclusione dalla riunione di Turchia e Qatar, sponsor dei Fratelli Musulmani da lui ritenuti un nemico, determinando così l’abbandono del meeting da parte della delegazione turca, e, infine, come anticipato, ha lasciato la conferenza prima della fine dei lavori.

Qualcuno, però, un piccolo risultato lo ha ottenuto, ed è il governo italiano. Infatti, per quanto fumosa sia stata la conclusione della conferenza, l’Italia porta a casa l’appoggio dell’ONU e degli USA nel definitivo affossamento del Piano Macron (e le ipotizzate elezioni a dicembre di quest’anno), di fatto già fallito per le condizioni sul terreno libico, e, soprattutto, il riavvicinamento al generale Haftar (appoggiato proprio dalla Francia, oltre che da Egitto, Emirati Arabi e Russia) con cui si erano determinate forti tensioni (v. l’espulsione dell’ambasciatore italiano). Tale riavvicinamento, confermato dalla recente visita del generale a Roma, consente all’Italia di tornare a giocare un ruolo da protagonista principale nelle vicende libiche e rintuzzare l’eccessivo attivismo di Parigi. Non solo sul piano diplomatico. Continua a leggere

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30 dicembre /Presidio al CPR di Ponte Galeria!

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Piazza Castello/ 8 dicembre NoTav!

Scriviamo al termine di una giornata storica, la giornata che verrà ricordata per essere la più grande manifestazione notav a Torino.

La piazza del 10 novembre ci aveva lanciato la sfida e un coro di tifosi (dai giornali ai politici) ha continuato a sostenere che quella piazza era la novità e che aveva cambiato il corso della storia sulla Torino Lione.

Ah si? Allora adesso fate i conti con questa di manifestazione, una delle tante che abbiamo fatto in tutti questi anni, ma tra le più importanti e in una delle date che per noi ha un enorme valore. Oltre 70.000 hanno scelto di essere oggi a Torino per rafforzare il nostro lungo NOTAV e dimostrare chiaramente quale sia il futuro che vogliamo per la nostra Valle e per il nostro Paese: un futuro di sviluppo consapevole dove la priorità sarà sempre data ai bisogni colllettivi.

Fermiamo la Torino Lione, un’opera inutile e dannosa, e investiamo nell’esistente, in tema di trasporti, e in tutto quello che porta sicurezza vera al nostro Paese: scuola, cura del territorio, sanità, welfare.

E’ possibile e non è un sogno da retrogradi. E’ il futuro che vogliamo e per cui da 30 anni lottiamo, oggi con una consapevolezza in più, che siamo veramente in tanti a volerlo!

Ci vediamo a Roma il 23 marzo!

http://www.notav.info/post/una-marea-notav-ha-invaso-torino-e-battuto-tutti-sui-numeri/

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Facendo a pezzi la cultura della monogamia

https://anarcoqueer.wordpress.com/zines-scaricabili/

Con questo testo si vorrebbe inaugurare un ragionamento: che cos’è la cultura della monogamia? Come funziona, che effetti ha sulla società in cui viviamo, sulle nostre vite e sulle nostre identità?
Si vorrebbe identificare e discutere i problemi che da questa cultura scaturiscono, collegarla ai processi economici che la determinano e proporre alternative economiche e relazionali che tendano alla costruzione di relazioni più libere, coscienti, responsabili: un ottimo inizio per andare verso il superamento del sistema patriarcale capitalista.

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Mare d’Azov/Provocazione ucraina

riceviamo dalla Rete contro la Guerra e il Militarismo di Napoli

Mare d’Azov: cresce il materiale incendiario verso un nuovo conflitto mondiale

Gli ultimi avvenimenti tra Russia e Ucraina sono una conferma di quanto da tempo vanno sostenendo gli attivisti contro la guerra ed il crescente militarismo, e cioè che siamo di fronte ad una pericolosa crescita delle tensioni tra potenze ed al concreto rischio che incidenti come questi possano sprofondare l’intero globo nel baratro di un conflitto mondiale.

I fatti accaduti sono noti: nella giornata del 25 novembre, due imbarcazioni militari ucraine (Nikopol e Berdyansk) ed il rimorchiatore Yani Paku sono entrati nel Mare di Azov, in quelle che possono essere considerate acque territoriali russe, senza aver preannunciato le loro intenzioni e senza rispondere all’intimazione russa di invertire la rotta. Anzi, come ammette il consigliere presidenziale ucraino Jurij Birjukov, le unità di Kiev avrebbero aperto il fuoco a cui le motovedette russe hanno risposto speronando il rimorchiatore e ferendo 3 membri dell’equipaggio. Le imbarcazioni ucraine sono state fermate a circa 20 chilometri dalla costa russa e trattenute a Kerč insieme agli uomini dell’equipaggio tra i quali, secondo le dichiarazioni di Vasily Gritsak, capo del Servizio di sicurezza dell’Ucraina (SBU), erano presenti agenti del controspionaggio militare. Mosca ha poi bloccato l’accesso al Mare di Azov ancorando una grossa unità mercantile sotto il ponte sullo stretto di Kerč anche perché altri battelli sono stati inviati dalla marina ucraina sul luogo senza però avvicinarsi alle acque territoriali russe.

Non c’è dubbio che si tratti di una vera e propria provocazione da parte di Kiev. Già il 23 settembre due navi militari della flotta ucraina avevano attraversato lo stretto ed il governo russo, anche per l’annuncio da parte di Poroshenko di esercitazioni militari NATO nel Mare di Azov, aveva intimato tanto all’Ucraina quanto agli USA di rispettare il “Trattato sullo Stato Legale del Mare di Azov e dello Stretto di Kerč”, siglato nel 2003 da Russia e Ucraina, che consente l’ingresso di navi (in particolare navi da guerra) solo se esiste un accordo fra le due parti e a patto di sottostare alle ispezioni eventualmente decise dalla Guardia Costiera russa.

Proprio questi controlli, inaspritisi in particolare dopo il sequestro da parte del governo ucraino dell’unità da pesca russa “Nord” e della petroliera “Pogodin, sono osteggiati tanto da Kiev che da USA e UE. E mentre l’Europa, per bocca dell’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la sicurezza Mogherini, minaccia ad ogni piè sospinto misure contro Mosca, gli Stati Uniti, con la scusa che tali ispezioni danneggiano l’economia ucraina, stanno provvedendo a rafforzare la flotta di questo Paese: hanno già fornito due motovedette di classe Island, armate di mitragliatrici calibro 50 e cannoni da 25 mm, e sono in procinto di trasferire le fregate inutilizzate del Pentagono. Come dichiarato, a settembre, dall’inviato speciale degli Stati Uniti Kurt Volker, l’amministrazione Trump vuole fornire all’Ucraina armi più letali per colmare le lacune in termini di capacità, in particolare le risorse navali e di difesa aerea. L’obiettivo, esplicitato da Poroshenko, è costruire una nuova base militare navale a Berdjansk. Continua a leggere

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Direttamente dalla Francia/”Gilets Jaunes”

“Gilets Jaunes”

da https://incendo.noblogs.org/

Riportiamo qui una chiamata dei compagn* di Alès del collettivo Exploités Enervés.

<E’ passata più di una settimana da quando è cominciato il movimento dei “gilets jaunes”. Questo movimento sociale ha assunto un’ampiezza e delle dimensioni che non c’erano in Francia da molti anni. E’ un movimento nel quale sembrerebbe difficile essere coinvolti per la maggior parte dei militanti rivoluzionari, sindacali, di sinistra, ecologisti…Ebbene con il passare dei giorni sempre più dei singoli e dei gruppi partecipano. Il nostro collettivo fino ad oggi è stato silenzioso sull’argomento. Come tanti altri siamo rimasti sorpresi ma abbastanza curiosi da andare a vedere. Siamo andati in diverse situazioni di lotta dove erano in atto i blocchi ad Alès e quello che abbiamo visto sono lavoratori, disoccupati, pensionati, liceali…che sono stanchi di vedere le loro condizioni di vita peggiorare quotidianamente, di non avere nessun controllo sulle decisioni mentre una minoranza si arricchisce sempre più.

Certamente questo movimento è attraversato da contraddizioni. Si porta dentro le contraddizioni del tempo presente. Pensiamo che sia nello scambio, nella lotta che si possa produrre un superamento.

Per farsi un’idea di quello che può essere il portato di questo movimento al di là di ogni propaganda mediatica c’è questo piccolo video che ha suscitato molto interesse su Facebook : https://www.youtube.com/watch?v=gJV1gy9LUBg.

Vi proponiamo anche il testo di uno storico, Gerard Noiriel, e un altro di un sociologo, Bénoit Coquard, che permettono una messa in prospettiva:

https://noiriel.wordpress.com/2018/11/21/les-gilets-jaunes-et-les-lecons-de-lhistoire/

http://www.contretemps.eu/sociologie-gilets-jaunes/

E per quelli che vogliono partecipare, oggi alle 17.00 ci sarà un’assemblea davanti alla prefettura di Alès per organizzare il seguito delle mobilitazioni. E’ stata lanciata da uno dei gruppi dei “gilets jaunes” che ha informato gli altri e che invita tutti quelli che vogliono ad aggiungersi.

Noi vi terremo il più possibile al corrente sul sito (http://exploitesenerves.noblogs.org/)

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Le donne che non difende nessuno

Le donne che non difende nessuno

Catania.Una donna di 26 anni è stata arrestata perché avrebbe ucciso il figlio di tre mesi “scaraventandolo violentemente a terra”. La donna, alla sua prima gravidanza, non è sposata e al figlio aveva dato il proprio cognome. Viveva con suo padre e la nonna. Avevo la «mente oscurata» e «non so spiegare cosa è successo», ma, si è difesa la donna, sicuramente «non volevo uccidere mio figlio, non ho mai pensato di ucciderlo» perché «io lo amavo». Il giudice delle indagini preliminari Giuseppina Montuori sottolinea che «non può in nessun modo ritenersi corrispondente al vero neppure quanto dalla stessa riferito in ordine alla assenza di volontà omicida ai danni del neonato» Questa la notizia.

Ci vengono in mente dei flash di un’intervista ad una donna di qualche anno fa su un giornale maistream che ci aveva colpito perché la donna aveva dichiarato che aveva un figlio ormai grandicello ma ogni volta che lo guardava sapeva che lei quel figlio lo aveva avuto ma non lo voleva. Che nessuno l’aveva costretta a portare a termine la gravidanza, ma che in effetti l’avevano costretta tutti: quelle/i che le dicevano che se avesse aspettato poi sarebbe passata l’età, quelle/i che le dicevano che se non avesse avuto figli poi si sarebbe pentita di quello che aveva perso, quelle/i che squittivano di gioia ogni volta che lei diceva di essere incinta, quelle/i che in sala parto la riempivano di sorrisi melensi e lei cercava di scacciare dalla sua mente tutto quello che avrebbe voluto fare e che non avrebbe potuto fare più, quello che avrebbe voluto essere e quello che non sarebbe stata più…I condizionamenti che le donne subiscono ogni giorno sono di una violenza inaudita e sembrano normalità.

Vi invitiamo a rileggere queste righe che abbiamo pubblicato tempo fa:

Riflessioni su un tabù, l’infanticidio-prima puntata

Seconda puntata           Terza puntata           

Quarta puntata              Quinta puntata

 ..la ribellione delle donne al patriarcato si esprime spesso in forme estreme, violente e disperate in cui  è dominante la sensazione di impotenza e di non aver vie d’uscita oppure di rabbia repressa per anni. 

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La Bussola nel Caos

“La Bussola nel Caos”

https://anarcoqueer.wordpress.com/zines-scaricabili/

La bussola nel caos è una fanzine partecipativa di ispirazione antipsichiatrica, ideata per avere uno strumento per navigare attraverso le crisi, i brutti periodi, o anche solo le difficoltà che capitano a tutt*.
E’ un piccolo tentativo di empowerment ed autonomia nella gestione psico-emozionale, per andare oltre alla delega e alla patologizzazione, ma soprattutto per riflettere su di sé, sul concetto di cura, su che vuol dire stare bene al di là di cosa è considerato “sano” o “normale”. E’ un invito concreto a liberarci tra di noi e liberare il mondo che ci circonda, perché anche la cura è una questione politica.

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Questo è quanto/Storie di rivoluzionarie e rivoluzionari

Venerdì 7 dicembre in Calusca a Milano alle 20,30

Lidia Martin presenterà con Davide Steccanella, Salvatore Ricciardi, Gino Tedesco, Ottone Ovidi

“Questo è quanto/Storie di rivoluzionarie e rivoluzionari/ SALVATORE RICCIARDI” di Ottone Ovidi

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8 dicembre/Vi aspettiamo a Torino ore 14 in piazza Statuto

http://www.notav.info/post/lassemblea-popolare-8-dicembre-vi-aspettiamo-a-torino-alle-ore-14-in-piazza-statuto/

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8 dicembre a Torino! ora e sempre NoTav!

In piazza l’8 dicembre a Torino! Comunicato NoTav!

http://www.notav.info/post/in-piazza-l8-dicembre-a-torino-comunicato-no-tav/

Il Movimento No Tav da quasi 30 anni promuove le ragioni dell’opposizione alla Torino-Lione, con manifestazioni, azioni di lotta, studi e documentazioni, libri e conferenze pubbliche.

Dal principio si è chiesto un confronto tecnico che, privo di pregiudizi ed interessi di sorta, potesse confrontarsi sui dati e prevedere tra i diversi esiti quello dell’”opzione zero”. Tutto questo non è mai stato permesso dai vari governi che negli ultimi trent’anni si sono susseguiti nel nostro paese, senza alcuna distinzione di bandiera od orientamento. Per contro, laddove le ragioni non venivano ascoltate, si è deciso di imporre l’opera con la forza, sulla testa di decine di migliaia di valsusini.

In queste ultime settimane, partiti, sindacati e lobby industriali e di categoria con l’appoggio sfrontato e interessato di tutti i maggiori media, hanno deciso di attaccare il movimento No Tav, a livello ideologico, negando quelle ragioni documentabili per anni diffuse e pensando di strumentalizzare una vicenda tanto delicata quanto fondamentale per il futuro del nostro territorio e delle nostre vite.

C’è chi cerca di nascondere le proprie responsabilità sul saccheggio e la devastazione dei nostri territori, su una politica dei governi che non ha investito sulla messa in sicurezza e sulla tutela dell’ambiente, sullo sperpero di risorse pubbliche a favore di grandi opere inutili togliendo risorse a sanità, emergenza abitativa, welfare, scuola, ricerca e lavoro.

Mentre in Italia si continua a morire per il maltempo e intere aree del paese vengono messe in ginocchio, c’è ancora chi nega quale siano le vere priorità della collettività, provando a mettere avanti a tutto gli interessi delle grandi aziende e dei profitti di pochi.

Non ci siamo mai fatti ingannare e continueremo a lottare per la nostra terra e per un modello di sviluppo sostenibile per tutti.

Pertanto comunichiamo che l’8 dicembre 2018, data storica per il nostro movimento, scenderemo nuovamente in piazza a Torino per una grande manifestazione No Tav. 

In contemporanea a noi, poiché l’8 dicembre dal 2010 è la Giornata Internazionale contro le Grandi Opere Inutili e Imposte e in difesa del pianeta, molti altri movimenti sul territorio italiano si mobiliteranno per la tutela dei territori e contro lo spreco di risorse pubbliche. 

C’ ERAVAMO, CI SIAMO E CI SAREMO SEMPRE.

Movimento NO TAV

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Roma-Interrotta conferenza di “solidarietà”!

Roma – Interrotta conferenza in “solidarietà” con le prigioniere di Ponte Galeria

Mercoledì 28 novembre una quindicina di solidali ha scelto di interrompere l’incontro presso la biblioteca “Moby Dick” di Garbatella organizzato dal “Garante delle persone private della libertà”.
All’incontro dal titolo “Migrazioni e ospitalità” partecipavano il direttore della Caritas, una professoressa di filosofia teoretica e il direttore dell’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Dalle loro calde posizioni di potere pretendono di gestire, controllare, analizzare la vita all’interno delle galere, dei cpr, degli hotspot, nonché di tutto il sistema di accoglienza.

Questi luoghi e questo sistema sono irriformabili e hanno il solo scopo di privare della libertà e vanno distrutte.
Le persone che vi sono rinchiuse. All’interno di queste strutture si muore, come è purtroppo accaduto l’11 novembre al CPR di Ponte Galeria, dove Natalia è deceduta ancor prima dell’arrivo dell’ambulanza, e della cui morte si è venuti a conoscenza solo diversi giorni dopo dalla voce delle sue compagne recluse.
Spesso queste storie sono messe sotto silenzio e solo dal contatto diretto con le donne imprigionate si viene a sapere dell’assenza di acqua calda da diversi giorni, delle vessazioni degli operatori sulle recluse, degli sputi alla richiesta di cibo e dei capelli tirati durante le perquisizioni.
Si è deciso di urlare contro queste figure tutta la nostra rabbia e interrompere il loro squallido teatrino, un’inutile vetrina di finta accoglienza e ospitalità.
Nel quartiere sono anche comparsi alcuni manifestini in varie lingue che parlano di quanto è accaduto e accade a Ponte Galeria e nelle altre prigioni.

Nella notte precedente uno striscione con su scritto “Di galera si muore ogni giorno. Natalia è morta nel CPR l’11 novembre. L’indifferenza è complicità” è apparso su via casilina.

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Miriam Makeba/Pata Pata

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Roma-Di CPR si muore ancora

Roma – Di CPR si muore ancora

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ROMA – MORTA UNA DONNA NEL CENTRO DI DETENZIONE PER MIGRANTI DI PONTE GALERIA

L’11 novembre scorso una donna è morta nel CPR di Ponte Galeria (Roma). Siamo venute a saperlo ieri, 24 novembre, durante il presidio davanti le mura di quel lager. Dai racconti delle recluse emerge che Natalia avesse problemi di cuore e nonostante questo, in seguito ad un malore, i soccorsi sono arrivati solo quando lei era già morta.
In generale, da questa e altre storie, sappiamo che all’interno dei centri di permanenza per il rimpatrio le persone che necessitano di cure o medicinali normalmente non le ricevono.
Questa morte ci appare un fatto speciale, ma è in realtà un caso limite di una situazione quotidiana fatta di negazione delle cure, condizioni igieniche indegne e pasti scadenti nella generale privazione di libertà e violenza quotidiana.
Se da un lato la distribuzione dei farmaci richiesti (anche da prescrizione medica) viene negata, dall’altro la medicalizzazione delle recluse avviene attraverso la somministrazione di psicofarmaci nascosti nel cibo.
Complici e responsabili di quanto avviene all’interno del CPR sono la Cooperativa sociale Albatros 1973, la prefettura di Roma e il garante nazionale dei diritti dei detenuti, oltre che tutti coloro che col centro collaborano.

Ancora una volta le uniche che ci raccontano quanto accade nei lager sono le persone recluse. Infatti la notizia della morte di Natalia è uscita solo grazie alle loro voci.
I giornali e le associazioni non si sono occupati di tutto ciò, confermando il loro ruolo di connivenza e continuando a garantire la facciata democratica dei centri.
La sera in cui si è consumata questa infamia le detenute hanno deciso di rifiutare il pasto collettivamente.
Sappiamo inoltre che da almeno tre giorni nel CPR di Ponte Galeria non c’è acqua calda.

La violenza sulle donne che lo stato continua a dire di combattere in realtà è strutturale, e viene agita fra gli altri dai tutori dell’ordine sistematicamente in strada e nelle galere, oltre che in casa. Quanto ci raccontano da dentro le mura del CPR e quanto viviamo ogni giorno ne è la prova.
Decidiamo  di recarci lì davanti ogni mese per solidarizzare con le donne che vivono quotidianamente la violenza degli stati colonialisti e patriarcali.

IL MIGLIOR MODO PER SAPERE COSA ACCADE NEI CENTRI È SENTIRE LA VOCE DI CHI È RECLUSA, PER QUESTO È IMPORTANTE ESSERE SOTTO QUELLE MURA.

PORTIAMO IN STRADA LA NOSTRA RABBIA PER QUANTO È ACCADUTO E CONTRO QUESTO SISTEMA SUPREMATISTA E ASSASSINO.

Solidarietà per Trabelsi, condannato a dieci anni di carcere  per la rivolta del Dicembre 2017 a Pian del Lago

Oggi come ieri, l’indifferenza è complicità

Nemiche e nemici delle frontiere

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