Riceviamo dalla Rete contro la guerra e il Militarismo di Napoli

IL GOVERNO GIALLO-VERDE PROSEGUE E RAFFORZA L’ITALICA CAMPAGNA D’AFRICA AVVIATA DAI SUOI PREDECESSORI
A novembre si è tenuta a Palermo la conferenza internazionale sulla Libia, voluta fortemente dall’Italia, nella quale i vari attori libici e i loro sponsor internazionali, questi ultimi unici responsabili della deflagrazione di questo Paese, dovevano decidere il percorso da intraprendere per mettere fine alle attuali divisioni e contrapposizioni armate. Come c’era da aspettarsi la conferenza si è chiusa con un nulla di fatto.
Al di là di promesse e strette di mano tra i due principali contendenti – il premier riconosciuto internazionalmente al-Sarraj e il capo dell’esercito nazionale libico Haftar -, non è stato preso alcun impegno concreto, riproponendo nelle conclusioni le fantomatiche road map già stabilite in altre occasioni ed in particolare nell’Accordo politico libico del 2015 e nello scorso vertice di Parigi, ma seppellite tutte dal proseguire degli scontri tra le fazioni dell’inferno libico che, solo negli ultimi mesi, hanno visto centinaia di morti.
In sostanza, nella conferenza stampa finale, il premier Conte e l’inviato dell’Onu Ghassan Salamè, hanno rilanciato l’ennesima assemblea nazionale da tenersi nel prossimo mese di gennaio in cui si dovrà provare a mettere a punto, con le parti interessate, i passi necessari a condurre la Libia all’unità: creazione dell’esercito comune, disconoscimento delle milizie, governo transitorio di unità nazionale; pianificazione per primavera delle elezioni parlamentari, in modo da unificare parlamento di Tobruck ed istituzioni della Tripolitania e, solo successivamente, forse nel dicembre 2019, le elezioni presidenziali. Ma, al di là delle chiacchiere, che ci sia poco da essere ottimisti lo dimostrano non solo l’assenza di una “dichiarazione finale” firmata dai partecipanti, ma anche le tensioni in seno al vertice e le dichiarazioni di Haftar.
L’uomo forte della Cirenaica, appena giunto a Palermo ha rilasciato un’intervista in cui diceva: “non parteciperei alla Conferenza nemmeno se dovesse durare cento anni. La mia presenza è limitata agli incontri con i ministri dell’Europa e poi riparto immediatamente“, e che avrebbe incontrato “il primo ministro italiano e gli altri ministri europei“, ma non gli esponenti delle altre delegazioni, con cui “non ho nulla a che fare“. Per partecipare all’incontro allargato ha imposto l’esclusione dalla riunione di Turchia e Qatar, sponsor dei Fratelli Musulmani da lui ritenuti un nemico, determinando così l’abbandono del meeting da parte della delegazione turca, e, infine, come anticipato, ha lasciato la conferenza prima della fine dei lavori.
Qualcuno, però, un piccolo risultato lo ha ottenuto, ed è il governo italiano. Infatti, per quanto fumosa sia stata la conclusione della conferenza, l’Italia porta a casa l’appoggio dell’ONU e degli USA nel definitivo affossamento del Piano Macron (e le ipotizzate elezioni a dicembre di quest’anno), di fatto già fallito per le condizioni sul terreno libico, e, soprattutto, il riavvicinamento al generale Haftar (appoggiato proprio dalla Francia, oltre che da Egitto, Emirati Arabi e Russia) con cui si erano determinate forti tensioni (v. l’espulsione dell’ambasciatore italiano). Tale riavvicinamento, confermato dalla recente visita del generale a Roma, consente all’Italia di tornare a giocare un ruolo da protagonista principale nelle vicende libiche e rintuzzare l’eccessivo attivismo di Parigi. Non solo sul piano diplomatico. Continua a leggere→