Roma-Interrotta conferenza di “solidarietà”!

Roma – Interrotta conferenza in “solidarietà” con le prigioniere di Ponte Galeria

Mercoledì 28 novembre una quindicina di solidali ha scelto di interrompere l’incontro presso la biblioteca “Moby Dick” di Garbatella organizzato dal “Garante delle persone private della libertà”.
All’incontro dal titolo “Migrazioni e ospitalità” partecipavano il direttore della Caritas, una professoressa di filosofia teoretica e il direttore dell’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Dalle loro calde posizioni di potere pretendono di gestire, controllare, analizzare la vita all’interno delle galere, dei cpr, degli hotspot, nonché di tutto il sistema di accoglienza.

Questi luoghi e questo sistema sono irriformabili e hanno il solo scopo di privare della libertà e vanno distrutte.
Le persone che vi sono rinchiuse. All’interno di queste strutture si muore, come è purtroppo accaduto l’11 novembre al CPR di Ponte Galeria, dove Natalia è deceduta ancor prima dell’arrivo dell’ambulanza, e della cui morte si è venuti a conoscenza solo diversi giorni dopo dalla voce delle sue compagne recluse.
Spesso queste storie sono messe sotto silenzio e solo dal contatto diretto con le donne imprigionate si viene a sapere dell’assenza di acqua calda da diversi giorni, delle vessazioni degli operatori sulle recluse, degli sputi alla richiesta di cibo e dei capelli tirati durante le perquisizioni.
Si è deciso di urlare contro queste figure tutta la nostra rabbia e interrompere il loro squallido teatrino, un’inutile vetrina di finta accoglienza e ospitalità.
Nel quartiere sono anche comparsi alcuni manifestini in varie lingue che parlano di quanto è accaduto e accade a Ponte Galeria e nelle altre prigioni.

Nella notte precedente uno striscione con su scritto “Di galera si muore ogni giorno. Natalia è morta nel CPR l’11 novembre. L’indifferenza è complicità” è apparso su via casilina.

Pubblicato in Autorganizzazione, neocolonialismo | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Roma-Interrotta conferenza di “solidarietà”!

Miriam Makeba/Pata Pata

Pubblicato in musica | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Miriam Makeba/Pata Pata

Roma-Di CPR si muore ancora

Roma – Di CPR si muore ancora

https://hurriya.noblogs.org/


ROMA – MORTA UNA DONNA NEL CENTRO DI DETENZIONE PER MIGRANTI DI PONTE GALERIA

L’11 novembre scorso una donna è morta nel CPR di Ponte Galeria (Roma). Siamo venute a saperlo ieri, 24 novembre, durante il presidio davanti le mura di quel lager. Dai racconti delle recluse emerge che Natalia avesse problemi di cuore e nonostante questo, in seguito ad un malore, i soccorsi sono arrivati solo quando lei era già morta.
In generale, da questa e altre storie, sappiamo che all’interno dei centri di permanenza per il rimpatrio le persone che necessitano di cure o medicinali normalmente non le ricevono.
Questa morte ci appare un fatto speciale, ma è in realtà un caso limite di una situazione quotidiana fatta di negazione delle cure, condizioni igieniche indegne e pasti scadenti nella generale privazione di libertà e violenza quotidiana.
Se da un lato la distribuzione dei farmaci richiesti (anche da prescrizione medica) viene negata, dall’altro la medicalizzazione delle recluse avviene attraverso la somministrazione di psicofarmaci nascosti nel cibo.
Complici e responsabili di quanto avviene all’interno del CPR sono la Cooperativa sociale Albatros 1973, la prefettura di Roma e il garante nazionale dei diritti dei detenuti, oltre che tutti coloro che col centro collaborano.

Ancora una volta le uniche che ci raccontano quanto accade nei lager sono le persone recluse. Infatti la notizia della morte di Natalia è uscita solo grazie alle loro voci.
I giornali e le associazioni non si sono occupati di tutto ciò, confermando il loro ruolo di connivenza e continuando a garantire la facciata democratica dei centri.
La sera in cui si è consumata questa infamia le detenute hanno deciso di rifiutare il pasto collettivamente.
Sappiamo inoltre che da almeno tre giorni nel CPR di Ponte Galeria non c’è acqua calda.

La violenza sulle donne che lo stato continua a dire di combattere in realtà è strutturale, e viene agita fra gli altri dai tutori dell’ordine sistematicamente in strada e nelle galere, oltre che in casa. Quanto ci raccontano da dentro le mura del CPR e quanto viviamo ogni giorno ne è la prova.
Decidiamo  di recarci lì davanti ogni mese per solidarizzare con le donne che vivono quotidianamente la violenza degli stati colonialisti e patriarcali.

IL MIGLIOR MODO PER SAPERE COSA ACCADE NEI CENTRI È SENTIRE LA VOCE DI CHI È RECLUSA, PER QUESTO È IMPORTANTE ESSERE SOTTO QUELLE MURA.

PORTIAMO IN STRADA LA NOSTRA RABBIA PER QUANTO È ACCADUTO E CONTRO QUESTO SISTEMA SUPREMATISTA E ASSASSINO.

Solidarietà per Trabelsi, condannato a dieci anni di carcere  per la rivolta del Dicembre 2017 a Pian del Lago

Oggi come ieri, l’indifferenza è complicità

Nemiche e nemici delle frontiere

Pubblicato in Cie/CPR, Repressione, Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Roma-Di CPR si muore ancora

Un’intervista a Silvia Federici

Un’intervista con Silvia Federici

Intervista a Silvia Federici pubblicata sul sito https://www.woz.ch/-8cd5 e tradotta in francese dai compagni di edizioni Entremonde. Traduzione dal francese della Coordinamenta. 

“Pensano veramente che siamo stupide?”

Silvia Federici lei è una femminista marxista, Che cosa ha ereditato da Marx?

Non mi definisco una femminista marxista, anche se altri lo fanno. Mi separo da Marx su punti fondamentali benché la sua analisi abbia fortemente influenzato il mio lavoro. Abbiamo bisogno di Marx per capire il nostro mondo attuale e le dinamiche della perpetuazione del capitalismo. Marx apportò un contributo importante alla teoria femminista per esempio con la sua tesi centrale che non esiste “natura umana”, ma che attraverso alcune lotte e in base alle condizioni economiche, le persone sono quello che sono. Ci ha aiutato a rompere l’immagine della femminilità eterna e della sua concezione essenzialista.

E quali sono le sue differenze fondamentali con Marx?

-Nella campagna per il Salario al lavoro Domestico siamo state estremamente critiche nei confronti di Marx e della tradizione politica che lo ha seguito negli anni ’70 secondo la quale il lavoro industriale è quello che contribuisce maggiormente all’accumulazione capitalistica. Questo fa dell’operaio della fabbrica un soggetto rivoluzionario. Che Marx analizzi il capitalismo come un sistema di sfruttamento è centrale- perché <sfruttamento> significa che il lavoro non remunerato è estratto e accumulato. Situandoci dal punto di vista dell’ambito domestico, tuttavia, abbiamo potuto osservare che Marx ignora un’immensa parte del lavoro che è fondamentale per la riproduzione del capitale, vale a dire la riproduzione del lavoro :mangiare, dormire, i rapporti fisici, produrre i lavoratori della prossima generazione. Marx non ha visto che questo altro lavoro era già regolamentato dallo Stato all’epoca.

In che modo?

-Noi sappiamo che lo Stato ha introdotto delle punizioni per controllare la sessualità femminile. Già il reverendo Thomas Malthus era molto preoccupato per la classe operaia  alla fine del XVIII secolo che, secondo lui, si riproduceva troppo. Il suo pensiero politico era per l’abolizione di tutte le forme di assistenza per le famiglie numerose, come era in Inghilterra all’epoca. Malthus era un uomo terribile, ma si è reso conto che c’erano delle lotte per il corpo, la sessualità e la riproduzione e che il numero dei bambini nati nella classe operaia influenzava il mercato in un modo o nell’altro. Marx non vide che la politica demografica faceva parte della politica della classe capitalistica. Continua a leggere

Pubblicato in Capitalismo/ Neoliberismo, Interviste, Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Un’intervista a Silvia Federici

Filastrocca/Oh che bel castello!

Pubblicato in musica | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Filastrocca/Oh che bel castello!

25 novembre 2018/ Le Patriarche

“Le Patriarche”  

Non ci si adatta mai a questa società con il suo ordine stabilito fatto di oppressione, di gerarchia, di ingiustizia, di razzismo, di privilegi, tanto intollerabile quanto si constata che è talmente radicato nella nostra cultura che può apparire spesso accettabile e persino naturale.

La società patriarcale nelle modalità in cui viene subita è l’esempio più evidente di questa paradossale sottomissione. Un rapporto sociale particolarmente odioso che ci tocca tutte da vicino, che permea la società, ne è diventato un tratto distintivo conosciuto e riconosciuto da ognuna/o.

Sinora il perpetuarsi di questo rapporto di dominio risiedeva, non esclusivamente, ma per certi versi principalmente, in seno alla famiglia che, giustamente, ha catalizzato l’attenzione del femminismo, così come del resto in altre istanze quali la scuola e le istituzioni. Oggi, nella stagione neoliberista, la nuova frontiera del perpetuarsi della società patriarcale passa anche attraverso la cooptazione di donne che in cambio della loro promozione personale vendono le altre donne e svendono la lotta femminista. Per fare questo spacciano la loro promozione personale per emancipazione.

Non è emancipazione quando si fa il lavoro sporco di licenziare altre donne, quando si reprimono e si condannano, forti di una divisa e di una carica istituzionale, quando si giustificano le guerre umanitarie, non è emancipazione quando si partecipa alla medicalizzazione dell’esistenza delle altre donne, né quando si partecipa da posti di responsabilità negli ospedali, mimetizzate con un camice bianco, alla guerra alla 194. Non sono donne emancipate, sono Patriarche, la versione femminile di quegli odiosi maschi che sono stati e sono il puntello, i protagonisti e i fruitori della società patriarcale e che nel momento che hanno visto la terra tremare sotto i piedi hanno chiamato le loro alter ego al femminile.

I motivi della lotta femminista sono ancora validi ed ancora più urgenti ed oggi abbiamo la consapevolezza che non dobbiamo fare i conti solo con i maschi, ma anche con le Patriarche.

Occorre chiedere ad un’analisi materialista conto dell’economia, del valore d’uso, dei beni simbolici per liberare tutte le forze della rivoluzione femminista, per uscire dalla società androcentrica che vive nei maschi, nelle donne e nelle diversità che si fanno complici.

La memoria delle socialdemocratiche non ricorda, assolve. La memoria di poche, quelle diventate potere, vorrebbe diventare memoria di tutte. E in questo modo disconosce e lascia nel buio le eterne invisibili. E tutto si risolve per le socialdemocratiche nel recitare la sciocca litania della propria bravura che diventa la propria sacralizzazione.

I media.. le accademiche… non aiutano a capire la realtà e a ricostruire la memoria. Incapaci volutamente di riconoscere le proprie origini, proiettano il tempo presente nel futuro come la propria ripetizione. Per loro, domani è un altro oggi. L’organizzazione patriarcale del mondo, cambiato l’abito di scena, come in teatro, rappresenta lo stesso dramma.

E, sempre secondo loro, l’ingiustizia o è una fatalità o è stata rimossa e, pertanto, non si può uscire da questo falso dilemma.

La violenza patriarcale richiede cattiva memoria, amnesia, oblio.

La nostra memoria è nell’aria che respiriamo, a differenza delle Patriarche che mettono nella memoria quello che vogliono trovarci, proprio come fa la polizia durante le perquisizioni.

Non esiste lotta femminista muta, è inutile ingannarla e manipolarla, la memoria femminista rifiuta di lasciarsi imbavagliare. La lotta batte ancora, viva, nelle vene del tempo presente.

Per noi, femministe materialiste, non vuole essere un approdo, ma un porto di partenza, non rinnega la nostalgia, ma preferisce la speranza.

Le Patriarche, volutamente prive di qualsiasi legame con la realtà, adepte della cultura neoliberista, ne hanno abbracciato i principi e i valori e hanno i loro punti di riferimento esclusivamente nel presente così come si è imposto e pretendono di sapere tutto e citano, citano….a conferma che dimmi chi citi e ti dirò chi sei.

Le Patriarche hanno interiorizzato i valori di questa società e scelgono con gran cura i propri maestri e professori. Se una è fuori dal serraglio e dal clan sarà sistematicamente negata, mentre verrà elevato al rango di guida chiunque appartenga a quel mondo di manipolazione e di occultamento che si può definire il trionfo dell’ideologia neoliberista nella società in tutte le sue articolazioni.

Questo comincia dal momento in cui si adotta il metodo graduale e felpato delle regole del consenso, il rispetto per le presunte autorità e per le istituzioni riconosciute ed ancora la conformità a tutte le loro azioni nonché ai loro elaborati, magari in sintonia con l’opinione dominante che coincide con quella riformista e socialdemocratica, con la stessa operazione per cui, per comunità internazionale, si intende quella occidentale.

Le Patriarche vivono soltanto nel presente, attente alle mode passeggere, soggette alle loro regole e norme in conformità al loro ruolo teso a rendere redditizio il loro addestramento, come del resto l’animale che riceve il premio dal padrone quando fa la cosa giusta.

Non sono le nostre amate streghe, ma lo stregone che presenta le sue conclusioni rivestite da una fraseologia apparentemente ragionevole e per risultare convincenti devono dire ogni tanto un minimo di cose accattivanti e plausibili. Continua a leggere

Pubblicato in 25 novembre, Capitalismo/ Neoliberismo, I "nostri" libri, Violenza di genere | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su 25 novembre 2018/ Le Patriarche

25 novembre 2018/ Contro la violenza maschile sulle donne

Pubblicato in 25 novembre, Autodifesa femminista, Autorganizzazione, Iniziative ed Eventi, Violenza di genere | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su 25 novembre 2018/ Contro la violenza maschile sulle donne

Pubblicato in 25 novembre, Autodifesa femminista, Autorganizzazione, Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su

23 marzo 2019 Manifestazione nazionale NOTAV a Roma!

Dall’assemblea nazionale: il 23 marzo tutti a Roma!

  Si è conclusa dopo diverse ore l’assemblea nazionale contro le grandi opere inutili e imposte tenutasi a Venaus, nella borgata 8 dicembre, luogo simbolico per i notav perchè sorta al posto del primo cantiere Tav, liberato dalla popolazione l’8 dicembre 2005.

Quale luogo migliore per accogliere oltre 40 comitati territoriali provenienti da tutta Italia, da Venezia alla Sicilia, per discutere di come proseguire insieme un percorso iniziato da molto tempo che ha visto a Venezia, la sua prima tappa.

Ore di interventi aperti dalla Valle di Susa, proiettata verso l’8 dicembre e proseguita in un crescendo di analisi ed idee per attrezzare i movimenti alle sfide future, partendo da specificità singole per confluire in una grande mobilitazione nazionale che sappia parlare il linguaggio della sfida ad una visione del mondo obsoleta e pericolosa per tutti.

I cambiamenti climatici e le azioni da intraprendere per fermare l’avanzata della devastazione dei nostri territori sono stati gli argomenti di molti interventi, individuando da subito, nelle vertenze territoriali la risposta più moderna ed efficace per gettare le basi di una campagna di mobilitazione che vedrà confluire tutti e tutte in una grande manifestazione nazionale a Roma il 23 di marzo prossimo.

Sarà il luogo di ritrovo per tutte le lotte territoriali per rimettere al centro dell’azione la difesa e la messa in sicurezza dei territori, lo stop alle grandi opere inutili e la redistribuzione dei fondi pubblici, sprecati ad oggi per questi progetti, verso le priorità del Paese e del pianeta.
 
E’ stato deciso un prossimo incontro a Napoli probabilmente nel mese di febbraio, nel frattempo l’8 dicembre sarà una giornata di mobilitazione diffusa nei territori e a Torino, per la marcia organizzata dal movimento notav.
 
Pubblicato in Autorganizzazione, NoTav, Territorio | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su 23 marzo 2019 Manifestazione nazionale NOTAV a Roma!

La trama di un percorso di uscita

La Coordinamenta verso il 25 novembre/Materiali

“Tramare percorsi di uscita da questa società”

25 novembre 2011 DONNE NON SI NASCE, SI DIVENTA

25 novembre 2012 IL PERSONALE E’ POLITICO, IL SOCIALE E’ IL PRIVATO

25 novembre 2013 ILFEMMINISMO E’ ROMPERE LA LEGALITA’ IN CUI CI VOGLIONO IMBRIGLIARE!

25 novembre 2014 Normalità/Immaginario/ Sabotaggio/ Ritualità e Controritualità/ Egemonia culturale/ Pratiche di lotta

25 novembre 2015 SPEZZARE LA NORMALITA’ DELL’ESISTENTE

25 novembre 2016 NESSUNA DELEGA!

 25 novembre 2017 RICONOSCERE IL NEMICO/ RIFIUTARE IL COLLABORAZIONISMO

Pubblicato in 25 novembre, Autorganizzazione, Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su La trama di un percorso di uscita

24 novembre/Presidio contro il CPR di Ponte Galeria!

Roma – Sabato 24 novembre presidio al CPR di Ponte Galeria

riceviamo e con molto piacere pubblichiamo e diffondiamo

Da molti anni la propaganda mediatica dei governi dei paesi occidentali proclama che “le nostre donne” sono libere perché hanno gli stessi diritti degli uomini. Tale rivendicazione viene portata avanti in contrapposizione alla presunta condizione delle donne nei paesi colonizzati, che vivono, nell’immaginario occidentale, una situazione di passività e sottomissione.

Si riafferma ancora una volta il discorso razzista che assegna a noi brave europee il compito di salvare queste “vittime” dalla  barbarie, specialmente se donne, ancor più migranti e/o sex workers.

Di fatto, a braccetto con questa vocazione salvifica della narrazione imperialista, ci passeggia un sistema eteropatriarcale che dalla vittimizzazione della donna accresce il proprio potere e le proprie forme di dominio e controllo sui corpi, dipingendoli come non in grado di autodeterminarsi e incapaci di assumere il controllo della propria esistenza, e pertanto giustificandone la privazione di libertà in nome della “loro” sicurezza.

Come se un’emancipazione dalla condizione di vittime non fosse neppure immaginabile. Come se non esistessero esperienze di autodifesa collettive e individuali, e ci si potesse soltanto rassegnare alla propria condizione assoggettata.

La riduzione delle donne a vittime, deboli, incoscienti e irrazionali è uno dei presupposti che legittima il patriarcato e funge da spiegazione oggettiva alla sua esistenza. Fondamenta la teoria che le donne siano biologicamente inferiori e dunque le rende soggetti facilmente controllabili e strumentalizzabili.

Se gli stupri e i femminicidi quotidiani sono entrati a far parte della cronaca nera giornalistica senza destare particolare attenzione, diverso è ciò che accade quando a commettere violenza è un uomo non europeo: qui scatta il caso mediatico e il corpo della donna diventa mero strumento per portare avanti i decreti anti-immigrazione e le strette securitarie che si susseguono anno dopo anno, governo dopo governo, nascondendo da un lato la strutturalità dell’oppressione maschile sulle donne e dall’altro gli interessi economici delle guerre imperialiste.

Personalizzare le esperienze di violenza è una strategia che divide le donne e fa percepire loro le esperienze come atipiche e slegate da quelle delle loro simili. Quindi mina una visione complessiva del fenomeno e di conseguenza una possibile soluzione.

La narrazione delle esistenze individuali delle donne migranti da parte dei media rientra in questa stessa ottica: leggiamo spesso storie di donne recuperate in mare, liberate dalla schiavitù della tratta, integrate nella società, dipinte come povere vittime da compatire, da salvare dalla vita crudele dalla quale sono scappate, e da accogliere pietisticamente.

Esiste però un’enorme contraddizione insita in queste parole, che rivela due realtà che sembrano opposte, ma che in fondo sono simmetriche e rappresentano le due facce di una stessa medaglia. Queste donne, infatti, una volta arrivate in Italia, vengono istantaneamente oppresse da un meccanismo perverso che le categorizza, le classifica e le rende più facilmente controllabili. Chi decide in quale categoria inserirle e muoverle come pedine da una all’altra è sempre lo stesso potere centrale che le compatisce e che vuole salvarle.

Qualcuna viene inclusa in quella che viene chiamata “accoglienza”: un sistema infantilizzante che le rende dipendenti da tutto e per tutto. Le donne che entrano in questo circuito e in questo limbo, in attesa di un asilo politico o una sorta di protezione legale, nel “migliore” dei casi sono sottoposte a rigide regole che limitano la loro libertà e la loro iniziativa personale.

Se si decide di infrangere queste regole o se chi comanda il “gioco” decide di cambiarle, allora si passa dalla categoria “inclusa” o “includibile” a quella di indesiderabile, ed ecco che la medaglia si gira ed appaiono i lager di stato chiamati Centri Per il Rimpatrio, prigioni per persone senza documenti, e chi diceva di voler salvare quelle donne ne diventa l’aguzzino.

Lì dentro sovraffollamento, cibo avariato, assenza di cure mediche, tranquillanti e pestaggi rappresentano la quotidianità. Ma sono quotidiane anche le proteste e le resistenze che ognuna di loro mette in atto per non farsi schiacciare da questo sistema repressivo.

Le donne che finiscono nel Cpr spesso provengono dalle questure, alle quali si rivolgono per denunciare un partner violento, o semplicemente per rinnovare il permesso di soggiorno.

Le mura dei Cpr, come le frontiere tra gli Stati, sono strumenti costruiti per ostacolare quell’unione e quella solidarietà necessarie a una vera e forte lotta contro la cultura della sopraffazione e del controllo patriarcale.

All’isolamento e al silenzio ai quali lo Stato condanna le migranti recluse a Ponte Galeria, è necessario continuare a contrapporre con forza la solidarietà e la voce di chi vi si oppone, tornando ancora sotto quelle mura.

Non deleghiamo allo stato la soluzione a un problema di cui è artefice.

Contrastiamo la logica dell’accoglienza e dei centri di detenzione, non rendiamoci complici della violenza e del razzismo di stato.

Solidarizziamo con chi sabota e lotta contro le frontiere e le galere.

SABATO 24 NOVEMBRE PRESIDIO AL CPR DI PONTE GALERIA

APPUNTAMENTO DAVANTI AL CPR ALLE ORE 11 (FERMATA FIERA DI ROMA)

Pubblicato in 25 novembre, Autorganizzazione, Cie/CPR, Violenza di genere | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su 24 novembre/Presidio contro il CPR di Ponte Galeria!

Serata Immakolata!!!!

Pubblicato in Autodifesa femminista, Autorganizzazione, Iniziative ed Eventi | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Serata Immakolata!!!!

Ora e sempre NOTAV!

Manifestazione sitav: è andata come previsto, ma sappiate che state giocando in difesa

http://www.notav.info/

La manifestazione sitav è andata come doveva andare: numeri alti come annunciato, cronache giornalistiche cotonate, un’ora di discorsi mirabolanti e tutto nei tempi prestabiliti, dalle 11 alle 12 e poi tutti a casa belli soddisfatti.

Dal Pd a Forza Italia, passando dai sindacati a Forza Nuova, con lo sponsor esplicito di tutti i quotidiani (Repubblica menzione speciale) e di associazioni di imprenditori della torino bene hanno riempito la piazza dei tanti capelli bianchi, dei giubbotti firmati, dei tanti che non possono accettare che le cose vadano in maniera diversa di come sono sempre andate.

Trovarsi di colpo a veder sottratto quel gioco, composto da politica/affari/favori/conoscenze, che ha foraggiato la crescita del “Sistema Torino” in tutti questi anni meritava una difesa bella compatta, veloce ed esplicita.

A questo, si somma il livore verso i 5 stelle ed ecco il capolavoro odierno: SITAV per non far affondare la città, SITAV per far andare Torino avanti.

Un racconto di parte, in una posizione di difesa che poche volte avevamo visto. Si perché di difesa stiamo parlando, di rimessa come si direbbe in gergo calcistico, perchè questa volta, cari e care, siamo noi a giocare in attacco!

Penserete mica che ci spaventiamo o ci deprimiamo per piazza Castello piena? L’abbiamo riempita così tante volte che non ci stupisce nemmeno un pò, anche perchè lo abbiamo fatto sempre con tutti contro, con cronache giornalistiche tese solo a disincentivare la partecipazione e poi a ridimensionarla appena terminata.

E c’è una cosa in più diversa dal solito: questa è la manifestazione di una piccola parte di persone che difende un suo interesse particolare, parziale ed esplicito. Sì perchè il nostro NOTAV parla un linguaggio comune, non difende interessi di categoria, non cerca nuove garanzie.

Il NOTAV parla di futuro per tutti e tutte, di denaro pubblico da ri-distribuire, di possibilità di lavoro diffuse, di sicurezza quotidiana per tutti, da Torino a Palermo.

Per questo non siamo preoccupati, anzi siamo ancora più positivi perchè ci piace il fermento che avvertiamo e avremo più occasioni per dire la nostra, e da qui all’8 dicembre, anche senza il favore dei nostri giornali, state tranquilli, lo faremo con un sorriso.

Pubblicato in NoTav | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Ora e sempre NOTAV!

Per una genealogia del razzismo italiano

Per una genealogia del razzismo italiano

http://www.nicolettapoidimani.it/

Punto 7 del "Manifesto del Razzismo Italiano" (1938)

Punto 7 del “Manifesto del Razzismo Italiano” (1938)

In seguito alla recentissima ripubblicazione di Difendere la “razza”, ho ricevuto svariati inviti a presentare il libro in giro per l’Italia.
Sicuramente una presentazione con commento dal vivo delle immagini d’epoca – come uso fare –  è molto efficace, ma siccome non sarà possibile andare ovunque, ho pensato che fosse il momento giusto per pubblicare in video questo percorso iconografico sulla costruzione della “razza italiana” nell’epoca coloniale – liberale e fascista – e sulle intersezioni tra genere e “razza” nella storia del razzismo italiano, nonché dei loro effetti sul presente.

Da tempo avevo in cantiere questo progetto e mi fa piacere poter dare l’opportunità di approfondire tali tematiche a tutte/i coloro che hanno letto  e apprezzato il mio lavoro di ricerca – dato che nel libro manca questa parte iconografica –  così come a chi non l’ha ancora letto.

Ringrazio la Libreria Calusca, l’Archivio Primo Moroni e il Centro sociale Cox18 di Milano per averne organizzata (e registrata!) la presentazione il 21 ottobre scorso.
Un ringraziamento particolare va, poi, a Miriam Canzi, che è intervenuta all’iniziativa presentando il percorso curato da Alessandra Ferrini Archive as Method (Resistant Archives) (2018), di cui ha fatto parte come studente, relativo ai materiali del disperso Centro di Documentazione Frantz Fanon, e il più ampio progetto AMNISTIA. Colonialità italiana tra cinema, critica e arte contemporanea.
Gli audio del contributo di Miriam e del dibattito seguito alla presentazione si possono trovare nel sito web di Cox18.

Mi scuso per eventuali imperfezioni nel montaggio, ma era prima volta che usavo questo tipo di programmi. Sono comunque certa che tali imperfezioni non penalizzeranno l’originalità della mia lettura  e l’attualità dei contenuti.

Buona visione!

Parte I

Parte II

Parte III

Pubblicato in Antifascismo, Antimperialismo, memoria, neocolonialismo, Storia | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Per una genealogia del razzismo italiano

La Parentesi di Elisabetta del 7/11/2018

 La Coordinamenta verso il 25 novembre/Materiali

“Nodi irrisolti”

2007-2017/ dieci anni di femminismo ovvero come il femminismo si è consegnato nelle mani del nemico.

Il femminismo è di gran moda. Se ne fa un gran parlare, non c’è canale televisivo, quotidiano, rivista, sede istituzionale o paraistituzionale che non parli di femminicidio, che non nomini la violenza sulle donne, da quella sessuale agli abusi sul lavoro, dalla necessità delle quote di rappresentanza femminili, di qua o di là, alla disparità di trattamento economico e via discorrendo. Si vendono le cuffie con le orecchie rosa, le borse con il simbolo di genere perfino nei mercatini rionali. Detto così sembrerebbe un gran bene. Invece il “femminismo” che va per la maggiore, svuotato di ogni valenza antagonista e liberatoria, diventato merce e strumento delle logiche di dominio, sta portando ai resti il femminismo tutto.

E’ stato un lungo percorso che si è dipanato dalla fine degli anni’70 fino ad oggi e nella deriva a cui siamo giunte ha una parte importantissima la scelta politica di non affrontare e risolvere alcuni nodi fondanti: la sorellanza, l’emancipazione, la trasversalità, l’interclassismo, il conflitto.

Tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70 le donne hanno scoperto di essere tutte sorelle nella consapevolezza della comune oppressione. Non più un problema femminile, dunque, di cui tutti quelli che avevano a cuore una società migliore avrebbero dovuto e voluto occuparsi, non più una carenza di attenzione e di diritti a cui la società avrebbe dovuto porre rimedio, bensì una questione strettamente legata ad un modello socio-economico, il patriarcato, assunto e affinato dalla società del capitale, che prevedeva ruoli sessuati precisi, gerarchicamente impostati, in cui il maschile veniva costruito come dominante e il femminile dominato per una resa ottimale degli individui messi al lavoro in una divisione precisa dei compiti e con uno sfruttamento differenziato e gerarchico. Tutte le donne, quindi, avevano un nemico comune, gli uomini, perché erano quelli a cui era stato affidato il compito di pretendere e far assolvere alle donne il compito sociale per loro costruito. L’asservimento del genere femminile era ed è trasversale alle classi sociali, seppure declinato in maniera diversa per ogni classe o frazione di classe.

La consapevolezza politica di cosa fosse il patriarcato e la presa di coscienza della sua natura strutturale aveva portato anche al separatismo. E qui dobbiamo aprire una piccola parentesi su cosa si intenda per strutturale, una parola di cui il femminismo riformista continua a riempirsi la bocca dicendo che l’oppressione sulle donne è strutturale perché si riconosce e si ritrova in ogni ambito della società. Invece è proprio il contrario. L’oppressione sulle donne si ritrova in ogni ambito della società perché è strutturale. E, quindi, la risposta a cosa significhi strutturale viene mistificata e non viene data. Dovrebbero svelare che il patriarcato è un modello economico che il capitalismo ha assunto e di cui l’aspetto culturale è solo la conseguenza, che il patriarcato è un modello organizzato per un ottimale sfruttamento e che per questo i ruoli sessuati maschili e femminili sono estremamente specializzati, che è un modello impostato sulla gerarchia, sul possesso, sul dominio e che quindi è impensabile destrutturare il concetto di proprietà fisica, affettiva, economica nello specifico del nostro sfruttamento senza porsi il problema di destrutturarlo nella società tutta. E questo vale, naturalmente, anche per la gerarchia e per il dominio che si basano sulla filiera meritocratica tanto cara al neoliberismo.

Ma l’assunzione del principio di sorellanza avulsa dall’analisi di come si muove questa società ha condotto a risultati perversi e ha perpetuato equivoci. Continua a leggere

Pubblicato in 25 novembre, Autodifesa femminista, Autorganizzazione, La Parentesi di Elisabetta, La Parentesi di Elisabetta, Violenza di genere | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su La Parentesi di Elisabetta del 7/11/2018