Gilets Jaunes Acte XX

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2 aprile atto primo: prima udienza del processo Robin Hood

Siamo tutt* Robin Hood!!!!

+++ Per questo invitiamo tutti, il 2 aprile alle 9:00, AL  PRESIDIO DI FRONTE AL TRIBUNALE: perché un’operazione come questa non riguarda solo il Giambellino

A essere chiamata in causa è ogni comunità e forma di vita resistente!

Che il 13 dicembre all’alba quasi 200 carabinieri, corredati di elicottero, hanno militarizzato un quartiere popolare per arrestare dei componenti del Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio è ormai storia nota. 

Come nota è stata la serrata sequenza repressiva che ha colpito nord e sud Italia in poco più di un mese, attaccando i volti diversi di una stessa realtà: quella che si oppone ad ogni forma di abuso e di imposizione di diseguaglianza.

Passata la sventolata stampa degna dell’arresto del capo dei narcos, sciorinando con inesattezze e titoloni i dettagli della vita di nove persone tra ragazze, ragazzi, una mamma e un signore di 50 anni, rimangono sul capo dei “RobinHood” le acrobatiche accuse di associazione a delinquere ma senza fini di lucro (!) e resistenze aggravate, per cui sono previste pene tutt’altro che leggere.

Il 2 Aprile si terrà la prima udienza del #processo annunciato a tempo record qualche settimana dopo gli arresti.

Il Giambellino è un quartiere profondamente segnato da una realtà complessa, non estranea alle difficoltà della vita più dura, che scivolano spesso in una scala di guerre intestine verso il basso. Non è estraneo nemmeno al fiorire di legami che nascono dai più genuini sentimenti di solidarietà. 

Abbiamo guardato in faccia le contraddizioni che nutrono questo angolo dimenticato della metropoli, e abbiamo comunque deciso di affrontarle e comprenderle, perché fanno parte del mondo che abitiamo e che vogliamo cambiare.

Abbiamo toccato con mano la condizione di isolamento a cui si viene intenzionalmente abbandonati quando le vite che abitano un luogo sono considerate di valore inferiore, perché incapaci di contribuire alla circolazione della ricchezza, e l’unica attenzione che si rivolge loro è quella necessaria a spingerle sempre più al di fuori, man mano che si allargano i confini della città per bene.

Il Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio, attraverso il suo ambulatorio, la sua mensa, il suo doposcuola, la scuola di italiano, i suoi luoghi di scambio di progetti comuni, ha cercato di costruire strutture solidali insieme agli abitanti del quartiere, tra le fratture provocate dalla non-cura dello stesso Stato che oggi ci attacca.

Ciò che si vuole attaccare, sotto la coltre dello scandalo criminale, sono le forme di auto-organizzazione dal basso, la possibilità di smarcarsi da un imperativo istituzionale attraverso la solidarietà. Si può agire nei quartieri, nelle città, nelle metropoli solamente nelle modalità già stabilite, qualsiasi forma di alternativa viene repressa brutalmente.

+++ Per questo invitiamo tutti, il 2 aprile alle 9:00, AL  PRESIDIO DI FRONTE AL TRIBUNALE: perché un’operazione come questa non riguarda solo il Giambellino. 

A essere chiamata in causa è ogni comunità e forma di vita resistente.

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Oggi

Oggi, / il mio corpo tornato normale, / siedo e imparo / il mio corpo di donna / come il tuo /bersagliato per strada, / rubatomi a dodici anni / come il petrolio venezuelano / con la stessa spiegazione. / Sei ignorante / ti insegno io / poi ridatomi indietro goccia a goccia… / Guardo una donna osare / oso guardare una donna / osiamo alzare la voce / rompere le bottiglie / imparare…  (Jean Tepperman)

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Opuscologame/ Presto che è tardi

Autoproduzione Laurentino/ L38squat

PRESTO CHE E’ TARDI/Contributo sulla violenza di genere all’interno degli spazi occupati

Dopo numerosi confronti, ognun* è partit* da sé e dal proprio vissuto per scrivere una storia che ha coinvolto qualcun* o tutt* gli/le occupanti dello Squat, successivamente abbiamo contaminato le storie con gli spunti che saltavano fuori dalla lettura di gruppo.

 Scarica l’opuscolo in formato PDF

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Gilets Jaunes Acte XIX

Acte XIX

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24 marzo 1999/noi non dimentichiamo.

“24 Marzo”

 Il 24 marzo 1999 è una data da non dimenticare. E’ la data in cui  l ‘Alleanza Atlantica, guidata dagli Stati Uniti, Bill Clinton presidente e Madeleine Albright Segretario di Stato, senza alcun mandato delle Nazioni Unite, avviava la campagna militare “Allied Force”, che, avrebbe determinato in breve tempo il completo collasso della Repubblica Federale della Jugoslavia. La lunga strada verso Damasco è cominciata da Belgrado. Questo è stato possibile perché in Europa erano al governo i socialdemocratici, comunque si chiamassero, in Germania era Cancelliere Gerhard Schroder dell’SPD, in Francia  primo ministro Lionel Jospin del Partito Socialista ,in Inghilterra  primo ministro Tony Blair del Partito Laburista e in Italia primo ministro D’Alema, con il PdCI che faceva parte dell’esecutivo, e segretario generale della Nato era un alto dirigente del PSOE ,Javier Solana.

Il neoliberismo, per potersi realizzare, ha potuto utilizzare e ha potuto contare sulla socialdemocrazia che, diventata destra moderna, ha trasformato i partiti locali in agenzie territoriali delle multinazionali e i suoi dirigenti in funzionari delle stesse.

Ed abbiamo assistito al ritorno della guerra in Europa, sia pure in forma di aggressione unidirezionale.

Il secondo governo D’Alema fu costituito proprio per poter aderire e partecipare all’aggressione alla Jugoslavia. Furono imbarcati anche noti fascisti e il PdCI era nell’esecutivo con il suo segretario ministro della giustizia. Non passando attraverso l’autorizzazione del Parlamento e violando gravemente l’articolo 11 della Costituzione, l’Italia partecipò ad una campagna di aggressione militare condotta unicamente dal cielo, costellata di bombardamenti che non risparmiarono le strutture civili come case, ospedali, scuole, fabbriche. Fu bombardata la sede della televisione jugoslava e la sede dell’ambasciata cinese a Belgrado. Ogni crimine venne perpetrato. Furono usate anche bombe all’uranio impoverito.

Il governo rimase indifferente a milioni di italiani/e che scendevano in piazza contro la guerra. Le scritte sui muri che denunciavano la responsabilità del governo D’Alema e l’aggressione venivano sollecitamente cancellate dai sindaci del PD che mobilitavano le squadre per il decoro urbano.

Ancora oggi non sappiamo quanti operai siano morti sotto le macerie dei bombardamenti delle fabbriche. Quanti i civili uccisi. Ma sappiamo con certezza che ancora adesso nei territori dell’ormai ex Jugoslavia si muore per effetto delle conseguenze dell’uranio impoverito, che anche militari italiani sono morti per questo e che le acque del mare Adriatico sono inquinate pesantemente, come del resto le acque del Mediterraneo, perché gli aerei che hanno partecipato all’aggressione alla Jugoslavia come del resto anche a quella libica, avevano l’ordine di sganciare in mare nel viaggio di ritorno gli ordigni inutilizzati, con buona pace dei Verdi sponsor di tutte le aggressioni Nato.

Vi furono molti esposti a molte Procure, tutti respinti o fatti decadere, mentre centinaia di militanti e pacifisti/e furono denunciati, processati e condannati.

Ricordare il 24 marzo serve per poter ricominciare perché i 600 raid aerei giornalieri fatti contro la Jugoslavia non solo hanno raso al suolo quel territorio ma hanno anche distrutto la credibilità del termine “sinistra” di cui la socialdemocrazia ha fatto strame.

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A Roma è invasione NOTAV!

A Roma è invasione NOTAV!

La giornata di oggi si conclude con un successo che va oltre ogni aspettativa.

100.000 persone hanno riempito una Roma soleggiata di entusiasmo e parole d’ordine chiare: fermare subito le grandi opere inutili e imposte, mettere al centro dell’agenda del paese una giustizia ambientale capace di indicare responsabilità e soluzioni immediatamente percorribili per salvare il pianeta.

“Serve un cambiamento radicale e non un governo del cambiamento”, questo il filo conduttore di una grande manifestazione che ha visto la partecipazione di comitati e collettivi da ogni parte d’Italia rivendicare un futuro diverso da conquistare insieme, ora, senza più aspettare oltre.

Abbiamo visto le nostre bandiere ovunque, portate da tanti notav del nostro Paese e abbiamo capito quanto la nostra lotta sia sempre più un patrimonio collettivo da far crescere per puntare una volta per tutte alla vittoria. Il TAV è inutile e ecologicamente non sostenibile, come la maggioranza delle grandi opere pensate a tavolino dai soliti gruppi di potere che hanno fame di arricchirsi dai finanziamenti pubblici, inquinando e sfruttando ogni risorsa naturale possibile.

Anche dalla Valle siamo partiti in tantissimi e i giovani notav hanno arricchito il viaggio con la dimostrazione di come un movimento per durare si debba dotare di un ottimo vivaio, e noi ce l’abbiamo.

Il cuore ci si riempie di gioia e di rinnovato entusiasmo, siamo convinti che la battaglia è ancora lunga ma oggi abbiamo visto che c’è una parte di questo paese sempre più grande che non si fa più imbambolare dalle solite bugie sul Progresso e lo Sviluppo. Siamo ancora in tempo ma il tempo è ora. Come al solito proveranno a ignorare questa giornata storica ma la verità è che il modello si sviluppo del cemento e delle grandi opere è arrivato al termine. Questo è solo un assaggio, hanno provato a seppellirci ma oggi si sono accorti che siamo semi. Ci vediamo presto in valle, avanti notav!

http://www.notav.info/post/a-roma-e-invasione-notav/

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Sabato 23 marzo 2019 a Roma

ore 14.00, piazza della Repubblica

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Il corpo: innatismo e materialismo

Il corpo: innatismo e materialismo

Elisabetta Teghil

“E’ maschio o femmina? lo deciderà lo Stato!”
( dal film Louise Michel- Francia 2009)

Che la lettura di classe, da sola, non sia sufficiente a leggere la società e, in particolare, la specificità delle questioni di genere, la cui caratteristica precipua è la trasversalità, non solo è condivisibile, ma è patrimonio del movimento femminista.
Ma è importante partire da questo dato perché, intorno al tema, c’è molta confusione e sottovalutandolo, non solo ci neghiamo una chiave di lettura, ma, anche e soprattutto è imprescindibile nell’odierna agenda politica delle nostre lotte.

L’uso dell’emancipazione come fine e non come mezzo, nella visione femminista socialdemocratica, ha annullato l’orizzonte della libertà, la strumentalizzazione delle diversità è stata uno dei veicoli attraverso i quali  sono state promosse le guerre umanitarie, la tutela delle differenze sessuali, con una lettura asimmetrica, viene “scoperta” solo in paesi non allineati all’occidente, per cui si è arrivati al paradosso tragico, che se circola in rete il blog di una lesbica di un certo paese che denuncia persecuzione, siamo sicure che quel paese è nell’elenco dei paesi da invadere.
La generalizzazione del principio della cooptazione di persone provenienti da ceti, etnie, ambienti oppressi che, in cambio della loro personale promozione sociale, contribuiscono all’oppressione dei gruppi di provenienza e degli oppressi/e tutti/e, ha avuto la sua manifestazione più eclatante nella nomina di un presidente nero negli Stati Uniti, tra l’altro già decisa a tavolino nel 2002, mentre i neri/e d’America che sono il 12% degli americani tutti, in carcere rappresentano il 50% dei detenuti/e.
In questo quadro il pinkwashing è l’emblema delle democrazie sessuali occidentali.

Ma l’assunto delle democrazie sessuali e delle guerre “umanitarie”, partendo dal presupposto di una nostra presunta civiltà, veicola il razzismo in maniera prepotente, per cui ci sono i corpi che vengono percepiti come” non bianchi”, comprendendo in questo non solo i corpi “non bianchi” in senso stretto ma , in una lettura allargata, i corpi che manifestamente sono percepiti come inferiori e schiavizzabili dai vincitori e, per un naturale trascinamento, anche i corpi che nelle nostre democrazie occidentali  vengono, comunque, percepiti come più deboli e/o diversi.

Da qui il passaggio dalla detenzione per condizione dei corpi migranti alla detenzione per condizione dei corpi “altri” in senso lato è breve e da qui la diffusione della violenza come regolatrice dei rapporti tra oppressi.
Il razzismo, sotto mentite e negate spoglie, attraversa e intride le nostre società occidentali in profondità.

Da qui la necessità di rigettare, con forza, ogni forma di definizione e catalogazione dei corpi, delle menti e dei comportamenti attraverso gli esperti perché chiedere  l’annullamento di questa o quella patologia comportamentale, che, magari, ci è più vicina, non fa altro che accettare e rafforzare il principio della catalogazione degli esseri umani.
La definizione dell’essere umano e del suo stesso corpo passa,  prima ancora, attraverso l’impostazione delle menti, volta a tradurre tutto in merce, anche i sentimenti, i costumi, la cultura. Continua a leggere

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Bus Per Roma: dacci una mano!

Sabato 23 partiremo in tanti per andare a Roma alla marcia per il Clima e contro le grandi opere inutili.Abbiamo già organizzato alcuni bus ma vorremmo dare la possibilità a tutti e tutte di partecipare alla manifestazione, senza che il prezzo del viaggio sia un ostacolo insormontabile per gli studenti e per chi non lavora.

Abbiamo fatto già diverse iniziative per raccogliere fondi e il movimento non ha fatto mancare il suo appoggio dalla nostra cassa di resistenza.

In Valle sopratutto i notav che non posso partecipare hanno comprato un biglietto simbolico.

Visto l’entusiasmo crescente, abbiamo prenotato altri bus, ma abbiamo bisogno di una mano per far fronte alle spese, non lasciando nessuno indietro, neanche questa volta!

Per questo chiediamo di fare lo stesso e prendere un biglietto simbolico tramite una donazione con il pulsante qui sotto.

http://www.notav.info/post/bus-per-roma-dacci-una-mano/

Grazie! Avanti notav!

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L’autodeterminazione di una Valle/ verso il 23 marzo

“L’autodeterminazione di una Valle e la nostra autodeterminazione”

(gilets jaunes XVIII)

Un contributo di una compagna NoTav  ai tempi del decreto femminicidio assolutamente da risentire

clicca qui

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Femministe contro il TAV/ verso il 23 marzo

Femministe contro il Tav/ L‘autodeterminazione unisce

La Val di Susa si oppone da più di 20 anni all’ennesima insensata devastazione ambientale, il Tav è un’opera inutile, dannosa e costosissima e la popolazione rivendica il diritto di decidere del proprio destino.

Ma è proprio questo  che il sistema non intende permettere, nessuna/o può osare decidere di sé e della propria vita.

La repressione della lotta No Tav è un monito per tutte e tutti: chi rifiuta lo stato presente con tutte le sue iniquità e ingiustizie, chi organizza il proprio rifiuto e propone un immaginario diverso, chi oppone la solidarietà all’individualismo, la lotta alla passiva rassegnazione viene demonizzata/o, perseguitata/o, criminalizzata/o, tacciata/o di terrorismo parola magica che etichetta qualsiasi dissenso sociale.

Ma noi non ci facciamo paralizzare dalla paura, perché è molto più pauroso sopportare le costanti barbarie quotidiane che combattere per una vita che valga la pena di essere vissuta!

Proprio perché siamo femministe

-rifiutiamo il concetto di legalità: le leggi non sono asettiche e tanto meno neutrali.Sono fatte dai più forti e destinate ai più deboli. Sono la sanzione formale di un rapporto di forza: garantiscono il diritto di proprietà sopra ogni cosa e permettono al ricco e al potente di sfruttare  in modo efficiente e sicuro tutte e tutti gli altre/i.

Oggi assistiamo ad un proliferare  di leggi, leggine, ordinanze varie-anche comunali- che hanno la pretesa di normare ogni aspetto della nostra vita fino alle sfere più intime: dallo Stato di diritto siamo trascinate in uno Stato etico;

-abbiamo la memoria lunga, sappiamo quanto dolore il feticcio della legalità e della norma ha portato nelle nostre vite, quando una donna finiva in galera per aver abortito, per adulterio o per il rifiuto di rimanere nel ruolo di cura che le è assegnato. E tuttora siamo in libertà vigilata, niente di quel poco che abbiamo conquistato con le nostre lotte è sicuro, niente è definitivo e quel che sta succedendo ne è una nefanda prova.

-denunciamo l’uso strumentale della nostra oppressione: negli ultimi anni sono state emanate una serie di leggi razziste, securitarie, di controllo sociale in nome della presunta lotta alla violenza di genere, compreso tempo fa il decreto contro il femminicidio fatto apposta per introdurre norme repressive contro la lotta No Tav.

-rivendichiamo autonomia e autodeterminazione: il femminismo lotta per costruire una società diversa e diversi rapporti economici: combatte contro la divisione sessuata del lavoro e della società tutta, contro i rapporti di subordinazione e la mercificazione della vita e delle relazioni. La lotta delle donne è inscindibile da una critica radicale al capitalismo e alla sua attuale versione neoliberista.

ROMPERE LE REGOLE DEL PENSIERO UNICO E DOMINANTE

RIFIUTARE IL CONTROLLO

NON CHIEDERE MAI NULLA MA PRENDERE QUELLO CHE CI SPETTA

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Verso il 23 marzo!

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Sottovalutazione

Sottovalutazione

[Per ricordare sempre che il decreto legge Salvini su immigrazione e sicurezza non è altro che l’ultimo atto]

Tutti i giorni ci sono cariche e fermi contro chi lotta per la casa, contro chi si oppone ai licenziamenti, contro chi lotta in difesa dei territori…

Chi si espone e si batte per una vita che valga la pena di essere vissuta paga un prezzo molto alto anche per espressioni di dissenso che possono essere catalogate di minima come entrare con i cartelli in un ufficio pubblico, sedersi per terra in mezzo alla strada e fermare il traffico, salire a dare i volantini sull’autobus, scrivere slogan sui muri o attacchinare fuori dagli “spazi consentiti”, interrompere un comizio o tentare di parlare ad un convegno…

Se fino a pochi anni fa chi manifestava poteva succedere che pagasse con il fermo, con le denunce, con l’arresto fino a farsi anni di carcere, ora tutta questa impalcatura è rimasta ma si è rafforzata nelle modalità, ha istituito dei meccanismi repressivi di nuovo conio e ha allargato a macchia d’olio la platea dei destinatari/e. Tra i nuovi e svariati meccanismi di controllo del dissenso, il sistema neoliberista ha messo in atto una modalità molto subdola e pericolosa di repressione e di contrasto che i recenti decreti Minniti hanno ulteriormente accentuato Sono le così dette “sanzioni economiche”.

Le sanzioni economiche possono consistere nella condanna ad un pagamento in denaro comminato in via amministrativa, senza il passaggio per un iter processuale e quindi velocissimo e/o possono essere inflitte come risultato di un procedimento giudiziario. E sono destinate sempre più, con un’accelerazione esponenziale nei confronti del dissenso politico. Possono essere inflitte per svariatissimi motivi: dall’ interruzione di pubblico servizio ai “danni” alla cittadinanza, dall’ addebito di spese per ripulire muri o manufatti distrutti durante le manifestazioni al risarcimento di danni d’immagine… fino al così detto “mancato ricavo” tanto che le ditte o le istituzioni che si ritengono “danneggiate” si possono costituire parte civile in eventuali procedimenti giudiziari. Continua a leggere

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Sabato 16 marzo a Ponte Galeria!

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