Vanessa-Mae/Toccata e fuga

Pubblicato in musica | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Vanessa-Mae/Toccata e fuga

Pandemia.Di tecno-assoluzionismo e di come la tecnologia non ci salverà.

Pandemia. Di tecno-assoluzionismo e di come la tecnologia non ci salverà

https://brucerabrucera.noblogs.org/

In questi mesi abbiamo dovuto lavorare molto di più: sembra buffo, visto che eravamo a casa. Nel frattempo tante cose sono successe su internet e, con l’avvicinarsi di un “dopo” incerto, vorremmo dire la nostra sperando che queste riflessioni servano ad aprire una discussione. O almeno chiarire un poco alcune vicende fondamentali di queste lunghe giornate.

Se c’è qualcosa che l’hacking ci ha insegnato è che la tecnologia è un terreno di dominio e come tale va scardinato. Oggi la soluzione tecnica viene sbandierata come panacea, semplice, accessibile, ma è pura propaganda.

La tecnica asservita al potere economico e politico sembra avere il diritto di parlare di tutto, proponendo soluzioni che vanno dalla sanità, alla formazione, alla gestione dei flussi di persone, ma parla sempre da una posizione disincarnata, senza l’esperienza diretta delle problematiche e delle risorse fondamentali da preservare. Questo tipo di approccio alla tecnica è per noi tossico e l’hacking continuerà a voler sollevare queste contraddizioni con i suoi strumenti.

La premessa

Le istituzioni hanno scelto di avere fin da subito un atteggiamento paternalista, con l’obiettivo di scaricare il pesante impatto del virus sulla “popolazione indisciplinata” che non rispetta i dettami della quarantena. Come se la limitatissima capacità di intervento non fosse dovuta alle condizioni critiche della sanità pubblica, stremata da anni di tagli, aziendalizzazioni su base regionale, privatizzazioni, accorpamenti e scelte sbagliate.

Invece di assumersi le responsabilità di una strategia che ha privilegiato i grandi centri nevralgici ospedalieri (grandi centri che da soli sotto pressione non avrebbero retto) a discapito di una sanità diffusa sul territorio, nelle comunicazioni ufficiali abbiamo assistito sgomenti all’elezione quotidiana di nemici pubblici, inviduati in categorie finora impensabili: il runner, il genitore con passeggino, il ciclista.

Si sono lasciate sole le persone anziane nelle RSA o nelle loro case, incrociando le dita perché non si presentassero negli ospedali, nascoste sotto a un grande tappeto mentre il problema del contenimento del virus veniva trasformato, con atteggiamento ottuso e punitivo, nel contenimento/isolamento della popolazione.

In cima a tutto questo spesso si è preferito dar seguito alla volontà di confindustria e di molte aziende di tenere aperti i luoghi di lavoro a tutti i costi, senza procedure di protezione verificate ed efficaci, sviando l’attenzione grazie ad un’insostenibile retorica di guerra (il personale medico-sanitario come “eroi in prima linea”) a giustificazione dell’esistenza della carne da cannone in corsia e nelle fabbriche così come in trincea. Il costo del sacrificio è caduto sulle persone più vulnerabili.

Tecno-buzzword e Covid-19

La prassi sanitaria è stata opportunamente confusa con la norma legislativa, attivando spesso un completo nonsense. Si è operato uno spostamento del problema: dal contenimento del virus si è passati ad un sistema di infrazioni da sanzionare, traslando così l’attenzione su quest’ultimo (il runner come arma di distrazione di massa). Di nuovo, si prende un problema complesso e lo si riduce a uno collegato, ma più semplice, illudendosi e lasciando intendere che il secondo sia equivalente e risolva il primo. Si fa strada il sillogismo per cui contrastare il virus significa sorvegliare le persone che zuzzurellano in qua e in là. A questo si aggiunge la più classica politica delle buzzword (parole tecniche, usate spesso in modo improprio per impressionare/influenzare chi ascolta con termini “alla moda”). Ci troviamo di fronte a un proliferare di “tecno-buzzword”: buzzword che presentano strumenti tecnologici come panacea di tutti i mali. Questa è una forma di tecno-soluzionismo che non risolve realmente i problemi e apre a una serie di ulteriori contraddizioni e criticitá. Continua a leggere

Pubblicato in Autorganizzazione, Capitalismo/ Neoliberismo, Storie | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Pandemia.Di tecno-assoluzionismo e di come la tecnologia non ci salverà.

Femminicida, altro che “stella sbagliata”!

Condividiamo!

FEMMINICIDA, ALTRO CHE “STELLA SBAGLIATA”!

http://www.nicolettapoidimani.it/?p=1513

Una compagna a me molto cara facendo un po’ di ricerche ha scoperto che Christian Michele Locatelli, femminicida di Viviana, ha scritto dei libri, principalmente autoprodotti, che sono in vendita nelle maggiori librerie on line.
Propone, quindi, di scrivere a tutte queste librerie perché blocchino la vendita dei suoi libri.

Appoggio questa sua iniziativa, che rompe un preoccupante silenzio.

Qui di seguito i link al libro in vendita. Se ne trovate altri, segnalatemeli.

Amazonil LibraccioUnilibrola FeltrinelliLibreria UniversitariaMondadori StoreIbs.

Per scrivere, poi, alle librerie, occorre utilizzare i singoli contatti che di solito stanno in fondo alla pagina web.

Chi fosse già registrata in una o più di queste librerie, può anche lasciare un commento in coda alla recensione, come qualcuna ha già fatto.

Pubblicato in Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Femminicida, altro che “stella sbagliata”!

Consigli per una donna forte

“Consigli per una donna forte” … (Gioconda Belli)

Se sei una donna forte
proteggiti dalle bestie che vorranno nutrirsi del tuo cuore.
Usano tutti i travestimenti del carnevale della terra:
si vestono da sensi di colpa, da opportunità,
da prezzi che si devono pagare.
Non per illuminarsi con il tuo fuoco
ma per spegnere la passione
l’erudizione delle tue fantasie
Non perdere l’empatia, ma temi ciò che ti porta a negarti la parola,
a nascondere chi sei,
ciò che ti obbliga a essere remissiva
e ti promette un regno terrestre in cambio
di un sorriso compiacente.

Se sei una donna forte
preparati alla battaglia:
imparare a stare sola
a dormire nella più assoluta oscurità senza paura
che nessuno ti tiri una fune quando ruggisce la tormenta
a nuotare contro corrente.
Educati all’occupazione della riflessione e dell’intelletto.
Leggi, fai l’amore con te stessa, costruisci il tuo castello, circondalo di fossi profondi però fagli ampie porte e finestre.
E’ necessario che coltivi grandi amicizie
che coloro che ti circondano e ti amano sappiano chi sei,
che tu faccia un circolo di roghi e accenda al centro della tua stanza
una stufa sempre accesa dove si mantenga l’ardore dei tuoi sogni.

Se sei una donna forte proteggiti con parole e alberi
e invoca la memoria di donne antiche.
Fai sapere che sei un campo magnetico.
Proteggiti, però proteggiti per prima.
Costruisciti. Prenditi cura di te.
Apprezza il tuo potere.
Difendilo.
Fallo per te:
Te lo chiedo in nome di tutte noi.

Pubblicato in Poesie, Violenza di genere | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Consigli per una donna forte

Similitudini

Riceviamo da una compagna di Trento

“CRONACHE DALLO STATO DI EMERGENZA”

Similitudini

Catturare attraverso il Diritto tutte le espressioni della vita umana è un’utopia totalitaria. Totalitaria, perché la sua realizzazione renderebbe gli esseri umani simili alle macchine; utopia, perché lo Stato non potrà mai controllare tutto quello che facciamo. Vi si può avvicinare, però, e parecchio, sfruttando le occasioni più propizie. Cos’hanno di particolare i Decreti emanati in nome dell’emergenza Coronavirus rispetto alle innumerevoli leggi liberticide che hanno costellato la storia di questo Paese? Non solo e non tanto l’estensione di massa delle restrizioni, ma il fatto che – capovolgendo le basi dell’ideologia liberale – questi Decreti definiscono come consentito non ciò che non è espressamente vietato, ma ciò che è espressamente permesso. Ebbene, qual è l’unico luogo in cui le attività si
dividono tra quelle espressamente permesse e quelle espressamente vietate? Il carcere.
Mentre non incassa ancora il consenso necessario a introdurre l’applicazione “Immuni” per il tracciamento digitale dei contatti sociali, lo Stato ha iniziato a prevedere per alcuni detenuti semi-liberi l’obbligo di possedere uno smartphone per la geolocalizzazione. In sostituzione di cosa? Dei braccialetti elettronici, la cui costruzione è affidata a una delle compagnie di telefonia mobile (Fastweb).
L’avanzata della tecnologia digitale permette ciò che i regimi totalitari del passato non hanno nemmeno osato immaginare.

Continuate a leggere tanto altro qui  https://ilrovescio.info/wp-content/uploads/2020/05/Cronache7.pdf

e qui  https://ilrovescio.info/

Pubblicato in Autorganizzazione, Capitalismo/ Neoliberismo | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Similitudini

Il nemico interno

IL NEMICO INTERNO/4

di Alexik

carmillaonline.com

Finalmente è arrivata la fase due, e come promesso appaiono i primi timidi segnali di ritorno alla normalità.
Nella classifica dei ‘nemici pubblici della nazione’ cominciano a scendere verso il fondo della graduatoria i frequentatori di spiagge e giardinetti, gli appassionati di jogging e quelli che portano a spasso il cane, categorie che hanno calamitato negli ultimi due mesi gran parte dell’odio sociale e dell’arbitrio poliziesco.

Al loro posto in compenso ritorna in pole position un evergreen: gli anarchici sovversivi.
Una scelta che sa di tradizione, di un ritorno ai classici ed alle vecchie abitudini consolidate.
E questo non solo in tema di montature contro gli anarchici, di cui la storia offre esempi a piene mani, da Sole e Baleno a Valpreda, e ancor più a ritroso fino a  Sacco e Vanzetti.
Ma anche per la riedizione aggiornata del vecchio arnese dei reati associativi e dello spauracchio del terrorismo.
Che è un po’ come dire:

È vero, abbiamo prodotto innovazioni impensabili fino a pochi mesi fa.
A colpi di decreto abbiamo costretto metà del paese agli arresti domiciliari e l’altra metà al lavoro forzato.
Abbiamo trasformato le italiche strade in un’immensa fiera dello sbirro dove, in assenza di testimoni, ogni abuso è diventato lecito .
Abbiamo istigato milioni di persone (per la verità già predisposte) alla delazione, all’odio e all’aggressione contro il “folk devil” di turno, nascosto nei panni di ogni ignaro passante, potenziale untore in base alla mera appartenenza al genere umano.
Abbiamo sviluppato sistemi di tracciamento che permetteranno di immagazzinare su server gestiti da noi, o dai nostri appaltatori, i dati decriptabili sulle persone che ogni singolo abitante della penisola incontra durante il giorno. Sistemi che verranno accolti col plauso del Belpaese in nome della sicurezza sanitaria.
Abbiamo sospeso il diritto di sciopero.
Abbiamo ostacolato e represso con nuovi efficaci strumenti ogni forma di protesta di piazza, proibito ogni riunione in luogo pubblico o privato che potesse agevolarne l’organizzazione, additando le trasgressioni come un pericolo per la salute pubblica.

E lo abbiamo fatto [Geniale!] sventolando a giustificazione i dati sui morti che noi stessi abbiamo prodotto, dopo aver tagliato per 30 anni la sanità, dopo aver trasformato gli ospedali e le case di riposo in epicentri di contagio, e costretto milioni di persone ad assembrarsi ogni giorno sui luoghi di lavoro e di trasporto al lavoro.

In linea con quanto succedeva nel resto del mondo, abbiamo approfittato di una terribile epidemia per trasformare la penisola in un immenso esperimento di controllo sociale, dei cui risultati godremo in maniera permanente.
Ma non pensiate che  tutto questo abbia soppiantato l’eredità teorica e pratica, la varietà dei dispositivi e la ricca strumentazione giuridica accumulata durante secoli di sviluppo del potere poliziale1.

Continua a leggere

Pubblicato in Capitalismo/ Neoliberismo, Carcere, Cie/CPR, Repressione | Contrassegnato , , , , , | Commenti disabilitati su Il nemico interno

12 maggio 2020 a Ponte Garibaldi.

Pubblicato in memoria, Storia | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su 12 maggio 2020 a Ponte Garibaldi.

12 maggio per sempre!

12 maggio per sempre/ Per Giorgiana e per noi.

Giorgiana/Materiali

Pubblicato in memoria, Storia | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su 12 maggio per sempre!

Ammalarsi di paura

AMMALARSI DI PAURA

di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni

https://www.wumingfoundation.com/giap/

0. Il Covid-19 come macchina di visione

La migliore filosofia della nostra epoca lo insegna da anni: la grande partizione fra natura e cultura, fra regno dell’oggettività e regno dei desideri, non è che un costrutto moderno. Nell’impero del rilevamento e dei big data lo abbiamo (ri)scoperto a nostro danno: i fatti neutri non esistono; nessun dato è semplicemente “dato”, ogni dato è l’esito di una scelta osservativa, di un’interpretazione, di un’intenzione, di una politica. Non c’è visione del mondo che non sia frutto del convenire degli sguardi, delle attitudini, delle scelte consapevoli e inconsapevoli di una comunità; e non c’è cultura condivisa da un gruppo che non operi delle semplificazioni perché, come insegnano le scienze fisiche, il reale è troppo complesso per essere afferrato a partire da una sola prospettiva.

Finché tali semplificazioni non sono eccessive, quel mondo resta vivibile; se lo diventano, e non sono più in grado di “reggere” all’impatto dell’esperienza, si arriva a quella che Ernesto de Martino chiamava «apocalisse culturale», un soprassalto del reale che scompagina il quadro condiviso e mette a rischio la tenuta di quel mondo. Quando ciò accade, quel che si rivela non è il reale nella sua oggettività primigenia, ma una sorta di “buio epistemologico”, nel quale occorre navigare a vista con strumenti antichi.

È quanto possiamo osservare nell’emergenza Covid-19, vera e propria “macchina di visione” in grado di strapparci al sonno delle nostre convinzioni e rimetterci di fronte alla complessità del reale. Nella più grande crisi pandemica del dopoguerra, non abbiamo dati affidabili né sul numero di infettati, né sul numero di morti, né sugli effetti delle diverse misure di contenimento, né su quel che si prospetta per il prossimo futuro.

Prevedibile, in circostanze siffatte, una sorta di «nostalgia del semplice», il tentativo di spiegare un universo complesso in base a poche ipotesi elementari. Complottismo e letture paranoiche trovano qui la loro radice, come anche i richiami alla Scienza – e cioè allo scientismo – di raffinati intellettuali che, fino a ieri, si atteggiavano a pensatori critici. Hic Rhodus, hic salta: ora più che mai bisogna riaffermare che la realtà è enormemente complessa e può essere – parzialmente – afferrata solo attraverso un pensiero complesso. Attorno a questo nodo si giocheranno le possibilità di uscita intelligente dalla crisi; e, d’altro canto, la semplificazione della complessità è, da sempre, operazione reazionaria di dominio sulle coscienze. Continua a leggere

Pubblicato in Capitalismo/ Neoliberismo | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Ammalarsi di paura

Cannibalismo coloniale

CANNIBALISMO COLONIALE 

di Nicoletta Poidimani

http://www.nicolettapoidimani.it/?p=1501

Non c’è nessun su o giù nello spazio esteriore della terra, dunque il nord come “su” e il sud come “giù” sono definizioni puramente arbitrarie. La rappresentazione dell’Europa e dell’America che stanno in alto sulle carte geografiche e sui mappamondi, e che è universalmente familiare, è solo un espediente visuale per rafforzare l’idea che è giusto e appropriato che la gente bianca stia sopra, domini il mondo. Per ri-orientarvi, ruotate le carte geografiche e i mappamondi di 180 gradi. Amoja Three Rivers

L’altro giorno al supermercato volevo comprare gli agretti, gustosissimi e fondamentali per il loro apporto di minerali e vitamine.

Conoscevo da decenni il loro nome popolare: le ‘barbe di frate’.
Ma non ne conoscevo la versione coloniale e proprio in quella mi sono imbattuta: Erbette Negus!

Sorpresa e disgustata dall’ennesimo riscontro dell’italica incapacità di fare i conti coi nostri trascorsi coloniali, una volta tornata a casa ho cercato in rete se quel nome fosse diffuso.
Et voilà:
La Barba del Negus (o Agretti)
La Barba del Negus (Negus è un titolo nobiliare etiope corrispondente a quello di re) è le piantina giovane della Salsola soda e a seconda delle varie regioni d’Italia è detta anche  Barba dei Frati , Agretti, Lischi, ecc..

A questo segue perfino una ricetta per preparare la Barba del Negus in padella! Continua a leggere

Pubblicato in Antimperialismo, neocolonialismo | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Cannibalismo coloniale

Un filo rosso/Rosa Luxemburg e Ulrike Meinhof

Un filo rosso: Rosa Luxemburg e Ulrike Meinhof

di Elisabetta Teghil

<…I socialdemocratici degli anni ’70 con il Cancelliere Helmut Schmidt, stanno ai socialdemocratici degli anni ’20 con il Cancelliere Friedrich Ebert, come la RAF sta alla lega di Spartaco e Ulrike Meinhof sta a Rosa Luxemburg. Non dobbiamo permettere che Ulrike sia calunniata e poi fra quarant’anni riletta e manipolata così come è stato fatto con Rosa Luxemburg, magari dagli accademici di scuola socialdemocratica.
Questo scritto è dedicato con affetto a Petra Schelm .>

Un filo rosso: Rosa Luxemburg e Ulrike Meinhof

Pubblicato in Lotta armata, memoria, Storia | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Un filo rosso/Rosa Luxemburg e Ulrike Meinhof

Ulrike Meinhof, nostra sorella.

Pubblicato in Lotta armata, memoria, Storia | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Ulrike Meinhof, nostra sorella.

9 maggio 1976/ In ricordo di Ulrike Meinhof

In ricordo di Ulrike Meinhof, militante della RAF, assassinata dallo Stato socialdemocratico tedesco il 9 maggio 1976.

<Pesante come una montagna è la mia morte… centomila e centomila e centomila braccia di donne l’hanno sollevata questa immensa montagna e addosso ve la faranno franare con una terribile risata!  >

Stralcio dal testo “Io,Ulrike, grido” di Dario Fo e Franca Rame in Tutta casa, letto e chiesa, Edizioni F.R. La Comune, Milano, 1981 

Qui potete ascoltare il monologo di Martina Giusti su Ulrike Meinhof

Nome: Ulrike. Cognome: Meinhof. Di sesso femminile. Età: 41 anni. Sì, sono sposata. Due figli, nati con parto cesareo.

Si, divisa dal marito. Professione: giornalista. Nazionalità: tedesca. Sono qui rinchiusa da quattro anni in un carcere moderno di uno Stato moderno. Reato?

Attentato alla proprietà privata e alle leggi che difendono la suddetta proprietà e il conseguente diritto dei proprietari ad allargare a dismisura la proprietà di tutto.

Tutto: compreso il nostro cervello, i nostri pensieri, le nostre parole, i nostri gesti, i nostri sentimenti e il nostro lavoro e il nostro amore. Tutta la nostra vita insomma.

Per questo avete deciso di eliminarmi, padroni dello Stato di Diritto. La vostra legge è davvero uguale per tutti, meno per quelli che non sono d’accordo con le vostre sacre leggi. Voi avete sollevato alla massima emancipazione la donna; infatti, pur essendo una femmina, mi punite proprio come un uomo.

Vi ringrazio. Mi avete gratificata del più duro carcere: gelido, asettico, da obitorio e mi sottoponete alla più criminale delle torture, cioè “la privazione del sensoriale”.

Che espressione elegante per dire che mi avete seppellita in un sepolcro di silenzio. Un silenzio bianco; bianca è la cella, bianche le pareti, bianchi gli infissi, di smalto bianco perfino la porta, il tavolo, la sedia e il letto, per non parlare del cesso.

La luce al neon è bianca, accesa sempre: giorno e notte.                    Continua a leggere

Pubblicato in Lotta armata, memoria, Storia | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su 9 maggio 1976/ In ricordo di Ulrike Meinhof

La morte nella società del capitale

LA MORTE NELLA SOCIETA’ DEL CAPITALE

Uno dei leitmotiv ricorrenti  in questo momento di così detta emergenza da coronavirus per tacitare chiunque si ponga il problema di innescare dei meccanismi di rivolta, di alterità, di rifiuto del modello autoritario di controllo sociale messo in atto  è quello del <ma qui si muore> tutto teso a colpevolizzare quelle e quelli che provano a smascherare la vera natura dei provvedimenti vigenti con il ricatto del rispetto nei confronti della paura che hanno le persone per la malattia e la morte come se non fosse invece il sistema di potere a mettere in atto questo ricatto nei confronti della gente per poter attuare e sperimentare quello che meglio aggrada. Ci siamo quindi poste il problema di affrontare il tema  della morte nella società del capitale e della morte nello specifico della nostra condizione di compagne e femministe perchè  trasformare il privato in politico, quale in effetti è, rimane imprescindibile  elemento rivoluzionario. 

Vi proponiamo quindi, come primo momento di riflessione, dei materiali da leggere e un podcast da ascoltare che abbiamo registrato tempo fa e che ci sembrano quanto mai attuali. 

per ascoltare clicca qui

Materiali estratti da:

DIETRO IL PARAVENTO
“Aspetti sociali, psicodinamici e relazionali dell’assistenza ai morenti”
 di Antonella Bonucci

contatti: antobon06@libero.it

(…….)In passato, nella sua quasi totale impotenza, il medico svolgeva soprattutto il compito di nuntius mortis; ora assume la fisionomia di quello che può contrapporsi, a volte con successo, a una morte data fino ad allora per ineluttabile e che comincia a spostarsi , impercettibilmente forse, ma in modo continuo, sempre più in avanti; la malattia si sostituisce ad essa, iniziando quel lento mutamento che porterà il medico ad essere non un soccorritore, colui che allevia la sofferenza, ma lo strenuo oppositore della morte, costi quel che costi; contemporaneamente “… ha rinunciato al ruolo che fu per lungo tempo il suo, senza dubbio nel XVIII secolo. Nel XIX, parla solo se lo si interroga, e già con qualche riserva.” (Ariés, 1975).
Si fa strada e si manifesta (ma come abbiamo visto viene da lontano) la paura che vengano dichiarate morte persone che non lo sono affatto: è il primo segno, probabilmente, di quella scarsa fiducia che, a fronte di conquiste sempre più importanti, aprirà un solco tra i medici e tutti gli “altri”, unita a una paura ancestrale (forse una sorta di incredulità?), che si abbevera al “fiume dell’angoscia che trae origine dalla notte dei tempi ”. (Ziegler, 1975).
Agli antichi luoghi della morte (la casa, la chiesa, il cimitero) si affianca, lentamente, l’ospedale; alla famiglia, che proprio ora raggiunge il massimo della sua coesione e partecipazione, si affianca la classe medica, che man mano, ma inesorabilmente, la sostituirà negli ultimi istanti di vita dei suoi cari.
Il rituale stesso della morte comincia lentamente a cambiare intorno alla metà del secolo: al capezzale del moribondo non vanno e vengono più tutti i componenti della sua rete sociale, che si riducono via via alla famiglia, fino a limitarsi, nel secolo successivo, a pochi componenti della stessa. La figura del prete si ridimensiona; lungi dal voler rinunciare al suo secolare ruolo di amministratore della buona morte, comincia malvolentieri ad arretrare nei confronti del medico, e spesso viene chiamato al capezzale del morente quando ormai questi non è più in grado di rendersi conto della sua presenza. Non possiamo però certamente parlare di “scristianizzazione” della morte; piuttosto diremo che essa abbandona i toni terroristici per privilegiare quelli consolatori.
Il Romanticismo però, per certi versi, celebra la morte, se pure nei toni eroici e sentimentali che gli sono propri, anche arrivando a descrizioni particolareggiate e a rievocazioni o premonizioni che sfociano, per noi contemporanei, decisamente nel macabro. Essa inoltre, pur allontanandosi dall’ineluttabilità che le era stata propria nei secoli precedenti, acquista anche un carattere di possibilità individuale, di consapevole scelta. Nel secolo caratterizzato dalle grandi rivoluzioni borghesi e dal socialismo scientifico, si afferma una visione che, ponendo come irrinunciabile l’affermazione dei propri diritti, pone l’uomo di fronte al primato di una vita degna di essere vissuta, della possibilità in altre parole di conquistare in terra quel paradiso che sempre era precedentemente prefigurato come premio successivo alla morte. Questa appare ora come possibilità, se pure non cercata e celebrata come in un certo romanticismo, per affrancarsi dalla schiavitù e dallo sfruttamento.
I vivi, o meglio coloro la cui morte è ancora presumibilmente lontana, cominciano a nascondere al moribondo il suo stato. Sia in ambito cattolico, che riformato, la veglia funebre si trasforma e, per così dire, si impoverisce: comincia ad essere non più tollerata quella commistione tra vita e morte che l’aveva caratterizzata; dicevamo che diminuiscono le visite, ma cambia anche l’abitudine di mangiare, di riunirsi, di celebrare in fondo la vita proprio in presenza della morte, affermandone la quotidianeità e la familiarità.
Prende piede l’abitudine di far soggiornare i morti negli obitori, sancita da leggi che si oppongono alla forte resistenza del pensare comune e si allunga l’intervallo di tempo tra morte e sepoltura: “… la famiglia viene progressivamente espropriata del suo controllo sul corpo morto ” (Vovelle, 1983). Il cadavere, fino ad alra seppellito avvolto in un sudario, viene ora sempre più spesso rinchiuso il prima possibile in una bara, per sottrarlo in fretta alla vista dei vivi. Il rituale che nei secoli precedenti aveva privilegiato gli ultimi momenti di vita riservando poco tempo alle esequie (con l’eccezione ovviamente dei ricchi e dei potenti, che anche in questo caso davano un segnale della loro forza) si capovolge, tralasciando l’attenzione verso l’agonia a favore di regole, scritte o meno, sempre più minuziose nei confronti delle cerimonie funebri.
E il morente, che per secoli era stato l’incontrastato protagonista della propria morte, comincia a cedere la scena alla sua famiglia e al medico; inizia un processo che continuerà impetuoso per tutto il secolo scorso e porterà alla cancellazione della morte nella coscienza dei vivi; essa, ovviamente è pur sempre un’amara realtà, ma l’uomo comincia a scegliere di vivere come se non ci fosse: “… il morire è diventato in Occidente un fatto osceno ”. (Urbain, 1980).


LA MORTE IN OSPEDALE

L’allungarsi della speranza di vita e la convinzione che, almeno per noi stessi, una morte violenta sia solo una remota possibilità, ci indurrebbero a ritenere il morire un evento naturale e non un’anticipata aggressione, ma l’atteggiamento medico e sociale nei confronti della malattia testimonia, a mio parere, esattamente il contrario, ascrivendo anch’essa ad un livello di violenza che, con gli opportuni accorgimenti, è possibile, perlomeno in una società come la nostra, evitare. E se pur sono innegabili e tantomeno irrinunciabili le conquiste mediche che ci conducono a sconfiggere infezioni che solo un secolo fa avrebbero portato alla morte non solo i più deboli, è evidente che questo ha comportato l’aumento della vita media insieme però anche a un aumento dell’agonia media, se così possiamo esprimerci, ovvero a un prolungarsi di situazioni di estrema sofferenza, fisica e morale (ma qual’è il confine?) in attesa di una morte comunque inevitabile, e che ha reso ingestibile da parte della famiglia il periodo, ormai sempre più lungo, che la precede.
Uno dei primi aspetti che questa situazione ha determinato è stato lo spostamento dell’agonia dalla casa all’ospedale…
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
E in ospedale si muore, inoltre, anche per atto formale. Nella cosiddetta “Dichiarazione di Harvard” pubblicata il 5 agosto 1968 sul Journal of the American Medical Association, vengono ridefiniti, ad opera di un “Ad hoc Committee to examine the Definition, of Brain Death” i “criteri ormai superati della definizione della morte” a causa dell’onere che persone in condizioni disperate “rappresentano per le famiglie e gli ospedali” e per le “controversie quando si presenta il problema del prelievo di organi destinati al trapianto”. Non più evento naturale (cessazione della respirazione e del battito cardiaco) semplicemente constatati dal medico, ma valutazione di “segni” che, pur in presenza di respirazione e quindi attività cardiaca artificialmente indotte, ratificano lo status di cadavere per un corpo, tutto sommato, ancora a cuore battente. Ricordiamo del resto che pochi mesi prima, esattamente il 3 dicembre 1967, a Città del Capo il prof. Christian Barnard aveva effettuato il primo trapianto cardiaco.

La “pornografia della morte”

…. Un esempio lampante di come massicciamente la morte sia stata allontanata dalla nostra società è stato dato, negli anni ’60, dal sociologo inglese Geoffrey Gorer, che nel suo ormai classico lavoro, The Pornografy of Death (1963) ripercorre, anche sulla scorta di esperienze personali (la morte del padre, nel 1915, e del fratello nel 1932) il progressivo perdersi dei riti del lutto nella società borghese di cui fa parte. Alla fobia vittoriana nei confronti del sesso si sovrappone prima, e la rimpiazza poi, una pornografia della morte che tende a cancellarne ogni riferimento, fino a negare ai sopravvissuti anche il conforto della partecipazione sociale al loro dolore. Lo stesso Gorer racconta che in seguito alla morte del fratello, tenuto all’oscuro del suo cancro fino alla fine (nonostante fosse un medico), non fu allestita la veglia funebre nè fu esposta la salma. Per la preparazione del cadavere furono chiamate due ex infermiere che, al loro arrivo, chiesero: “Dov’è il malato?”, e dopo averlo sistemato esclamarono: “Il paziente ha un aspetto incantevole adesso”.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Continua a leggere

Pubblicato in Autodifesa femminista, Autorganizzazione, Podcast | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su La morte nella società del capitale

Profezia dell’eretica

 PROFEZIA DELL’ERETICA

AUTODIFESA FEMMINISTA GENOVA

 Ci hanno chiamato streghe. Lesbiche pazze emarginate. Con tutti i nomi disponibili ci hanno ricondotto al confine della comunità, pronti a buttarci giù dalla passerella dei normali. Ci hanno rinominato, ridefinito, creato a immagine e somiglianza delle loro paure e dei loro desideri repressi e innominati.

Noi ci siamo riprese i nomi: ci siamo richiamate streghe, per rivendicare il nostro sapere; eretiche, per resuscitare la nostra ribellione; pazze, perché attorno a noi abbiamo riconosciuto altre sognatrici .

Oggi che i nomi sono nostri, e non hanno più a loro disposizione né la forza repressiva, né l’immaginario colonizzato di un tempo, sono ridotti al silenzio. Fingono austerità perché le loro voci sono deboli, fingono serenità perché i loro diavoli son demoni tristi e non spiriti ribelli come i nostri, che possono danzare e lottare nelle strade.

Questi paladini contemporanei sono davvero gli eredi di quei difensori di una cristianità ardente, che bruciava del fuoco di donne, lesbiche e tutti i marginali. Rimpiangono quei tempi, e resteranno incatenati a un passato che non esisterà più.

Hanno cercato di cancellare dalla memoria i carnevali, il medioevo folle e sessualmente creativo, le mille identità che si intrecciavano, le resistenze a tutti i tentativi della Chiesa e dello Stato nascente di ricondurci a una triste identità monogamica e produttiva.

Hanno cercato di creare delle identità preformate, in cui l’individuo “normale” esiste solo in contrapposizione al suo opposto, il “diverso”. Ignorando le potenzialità e i desideri di ognuna di noi, mille e ancora mille desideri, che ribollono in ogni corpo e in ogni mente.

Ci vogliono imprigionare dentro un’immagine di famiglia rigida, che nulla ha a che fare con l’amore e la libertà; vogliono legare i nostri corpi dentro regole che li piegano e li piagano, che impediscono di essere chi siamo e di amare chi vogliamo; vogliono rubarci non solo la fantasia, ma anche il corpo: diventare padroni del desiderio e dell’utero. Ricondurci alla schiavitù di chi non può scegliere se e come riprodursi – no all’aborto! –, per poi decretare, allo stesso tempo, chi e come deve riprodursi – famiglie eterosessuali con due genitori!

Noi oggi profetizziamo:

Che i nuovi santi resteranno soli e tristi, tormentati da diavoli di loro stessa creazione.

Che il loro desiderio di controllo, potere e morte si schianterà contro la vita nelle sue mille forme.

Che non esiste un limite alla libertà dell’individuo, e che nulla può fermare il desiderio.

Autodifesa femminista Genova

coordinamenta.noblogs.org

Pubblicato in Autodifesa femminista, Autorganizzazione | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Profezia dell’eretica