“Bambin* del neoliberismo”

“Nella grande fucina dove, attraverso processi sempre più complessi si sta forgiando il nuovo individuo, la <creatura> del capitale, nemmeno la condizione dei bambini sfugge a quest’opera di ingegneria sociale. Anzi, è il capitale, in un certo senso, ad inventare l’infanzia, almeno come la viviamo noi.”
S.Federici e L. Fortunati, Il grande Calibano, Storia del corpo sociale ribelle nella prima fase del capitale, Franco Angeli, 1984
C’è un’attenzione spropositata in questa società e in questo periodo storico nei confronti dei bambini e degli adolescenti. Ma facciamo un passo indietro. Nei periodi storici precedenti al capitalismo, attuando chiaramente una semplificazione necessaria, l’adultizzazione dei bambini avveniva precocemente. Nel medioevo adulti e bambini non erano poi così diversi fra loro e il passaggio del bambino dal mondo dei piccoli a quello dei grandi era molto precoce. Lo confermano, ad esempio, varie leggi riguardanti l’età minima per il matrimonio e per l’entrata nel mondo del lavoro. I bambini venivano inseriti nel mondo degli adulti appena potevano fare a meno della madre, cioè verso i sette anni circa e a dieci anni aiutavano già gli adulti in qualsiasi tipo di attività. Praticamente, a questa età, i bambini dovevano guadagnarsi il pane, ma non nel senso di sfruttamento del lavoro minorile come lo intendiamo noi, nel senso proprio che ormai facevano parte della comunità degli adulti. D’altra parte anche il modo di pensare di adulti e bambini non era molto distante, cioè l’infanzia non aveva prerogative particolari né tra i servi né tra i padroni. Infatti gli adulti avevano delle strutture psicologico-emotive e dei comportamenti sociali che noi definiremmo tranquillamente infantili, amavano i giochi che noi abbiamo relegato alla sfera infantile come nascondino, mosca cieca, i giochi con la palla in tutte le varianti, si adornavano di ghirlande di fiori nelle fiere campestri e vestivano allo stesso modo, chiaramente i ricchi come i ricchi, i poveri come i poveri. La “grande rinuncia”, come viene definito l’abbandono della frivolezza nel vestirsi da parte dei maschi adulti nel capitalismo si può ritrovare anche nell’abbandono negli adulti delle caratteristiche del fanciullo. Inoltre, I bambini lasciavano la casa paterna spesso e molto presto.
E’ con l’affermarsi della cultura e del modello socio-economico capitalista che il mondo dei bambini e quello degli adulti si divaricano, e questo vale, seppure in modi diversi, sia per i maschi che per le femmine e vale anche per la differenziazione delle età che è un modo di concepire la vita degli individui peculiare del modo di produzione capitalistico.
Il capitalismo si rende conto molto presto che se l’individuo è libero di vendere le proprie braccia e la propria forza lavoro non è detto che lo faccia e che ritenga giusto e conveniente farlo e si rende, quindi conto, altrettanto presto, che va educato al proprio sfruttamento e che questa “educazione” è un processo molto lungo. Quindi la linea di tendenza che assume il capitale è quella di organizzare il tempo dell’infanzia come tempo sottratto al lavoro e dedicato alla creazione di una persona convinta della giustezza della propria collocazione sociale. Certo questa consapevolezza nel capitale non si afferma subito, anzi passa fasi alterne e contraddittorie, tanto è vero che il tributo dei bambini in morte e disperazione impegnati nel lavoro nelle fabbriche, nelle manifatture, nelle miniere, perseguitati perché vagabondi, gettati negli orfanotrofi e dati in pasto agli sfruttatori, è altissimo e tragico. Ma la linea di tendenza che man mano si è venuta definendo è stata quella di una sempre maggiore sottrazione dell’infanzia e della giovinezza allo sfruttamento diretto in favore di una formazione dell’individuo convinto della giustezza del proprio sfruttamento e della propria collocazione sociale. Un apprendistato di quella che sarà la propria condizione di vita costruita con l’obbligo del rispetto degli orari, dell’autorità, della gerarchia, della necessità della punizione in rapporto alla colpa, del rispetto della legge, della rinuncia ai sogni e alle aspirazioni. Tutto questo per i bambini della classe dirigente avrebbe significato poi il comando, per gli altri sfruttamento e basta.
Contemporaneamente vengono costruite le figure dei genitori, anche la genitorialità è un prodotto borghese come la famiglia mononucleare. I genitori rispondono dell’operato e dell’agire dei figli. Man mano la responsabilità dell’educazione, del mantenimento, del comportamento e dei risultati dei figli ricade sulla famiglia e in particolare sul padre che ha ottenuto, sì, dal capitale una posizione particolarmente forte e gerarchicamente dominante all’interno della famiglia, ma ne ha assunto anche la responsabilità civile e penale nei confronti dello Stato. Quindi il costo della riproduzione dei figli viene addossato al padre e alla madre che saranno costretti ad usare sempre più una larga parte del salario per il loro mantenimento e la loro educazione.
E’ importante, comunque, ricordare che questa configurazione si accompagna alla individuazione estremamente definita anche di altri ambiti specifici oltre a quello dell’infanzia, come la vecchiaia e la femminilità per arrivare nel corso del tempo capitalista fino alle diversità sessuali o etniche, con una specializzazione sempre più forte delle norme e delle ”attenzioni” di ogni tipo dello Stato nei confronti di questi settori.
Una simile impostazione, creata ad uso precipuo dello sfruttamento e dell’estrazione di plusvalore, apre contemporaneamente a possibilità molto fruttuose di mercificazione specifica.
Il bambino diventa merce. L’infanzia e la fanciullezza da una parte sono quindi il tempo dell’”educazione “ allo sfruttamento o al comando a seconda della classe sociale di appartenenza e dall’altra diventano merce con possibilità di mercato impensabili. Pannolini, pappe, giocattoli, carrozzine, vestiti, ma anche fumetti, letteratura per l’infanzia, cartoni animati, film, ma anche corsi di addestramento per i genitori, specialisti del comportamento, pediatri…non saprei da dove cominciare e dove finire.
Ora, tutto questo con il neoliberismo ha assunto degli ulteriori e particolarmente inquietanti aspetti come in effetti è inquietante l’approccio a tutto il sociale della fase attuale del capitalismo, un misto di Inghilterra vittoriana, nazismo e servaggio.
E’ utile, quindi, indagare questo specifico approccio dell’ideologia neoliberista all’infanzia. Continua a leggere→