La Parentesi di Elisabetta del 22/01/2020

“Bambin* del neoliberismo”

“Nella grande fucina dove, attraverso processi sempre più complessi si sta forgiando il nuovo individuo, la <creatura> del capitale, nemmeno la condizione dei bambini sfugge a quest’opera di ingegneria sociale. Anzi, è il capitale, in un certo senso, ad inventare l’infanzia, almeno come la viviamo noi.”

S.Federici e L. Fortunati, Il grande Calibano, Storia del corpo sociale ribelle nella prima fase del capitale, Franco Angeli, 1984

 

C’è un’attenzione spropositata in questa società e in questo periodo storico nei confronti dei bambini e degli adolescenti. Ma facciamo un passo indietro. Nei periodi storici precedenti al capitalismo, attuando chiaramente una semplificazione necessaria, l’adultizzazione dei bambini avveniva precocemente. Nel medioevo adulti e bambini non erano poi così diversi fra loro e il passaggio del bambino dal mondo dei piccoli a quello dei grandi era molto precoce. Lo confermano, ad esempio, varie leggi riguardanti l’età minima per il matrimonio e per l’entrata nel mondo del lavoro. I bambini venivano inseriti nel mondo degli adulti appena potevano fare a meno della madre, cioè verso i sette anni circa e a dieci anni aiutavano già gli adulti in qualsiasi tipo di attività. Praticamente, a questa età, i bambini dovevano guadagnarsi il pane, ma non nel senso di sfruttamento del lavoro minorile come lo intendiamo noi, nel senso proprio che ormai facevano parte della comunità degli adulti. D’altra parte anche il modo di pensare di adulti e bambini non era molto distante, cioè l’infanzia non aveva prerogative particolari né tra i servi né tra i padroni. Infatti gli adulti avevano delle strutture psicologico-emotive e dei comportamenti sociali che noi definiremmo tranquillamente infantili, amavano i giochi che noi abbiamo relegato alla sfera infantile come nascondino, mosca cieca, i giochi con la palla in tutte le varianti, si adornavano di ghirlande di fiori nelle fiere campestri e vestivano allo stesso modo, chiaramente i ricchi come i ricchi, i poveri come i poveri. La “grande rinuncia”, come viene definito l’abbandono della frivolezza nel vestirsi da parte dei maschi adulti nel capitalismo si può ritrovare anche nell’abbandono negli adulti delle caratteristiche del fanciullo. Inoltre, I bambini lasciavano la casa paterna spesso e molto presto.

E’ con l’affermarsi della cultura e del modello socio-economico capitalista che il mondo dei bambini e quello degli adulti si divaricano, e questo vale, seppure in modi diversi, sia per i maschi che per le femmine e vale anche per la differenziazione delle età che è un modo di concepire la vita degli individui peculiare del modo di produzione capitalistico.

Il capitalismo si rende conto molto presto che se l’individuo è libero di vendere le proprie braccia e la propria forza lavoro non è detto che lo faccia e che ritenga giusto e conveniente farlo e si rende, quindi conto, altrettanto presto, che va educato al proprio sfruttamento e che questa “educazione” è un processo molto lungo. Quindi la linea di tendenza che assume il capitale è quella di organizzare il tempo dell’infanzia come tempo sottratto al lavoro e dedicato alla creazione di una persona convinta della giustezza della propria collocazione sociale. Certo questa consapevolezza nel capitale non si afferma subito, anzi passa fasi alterne e contraddittorie, tanto è vero che il tributo dei bambini in morte e disperazione impegnati nel lavoro nelle fabbriche, nelle manifatture, nelle miniere, perseguitati perché vagabondi, gettati negli orfanotrofi e dati in pasto agli sfruttatori, è altissimo e tragico. Ma la linea di tendenza che man mano si è venuta definendo è stata quella di una sempre maggiore sottrazione dell’infanzia e della giovinezza allo sfruttamento diretto in favore di una formazione dell’individuo convinto della giustezza del proprio sfruttamento e della propria collocazione sociale. Un apprendistato di quella che sarà la propria condizione di vita costruita con l’obbligo del rispetto degli orari, dell’autorità, della gerarchia, della necessità della punizione in rapporto alla colpa, del rispetto della legge, della rinuncia ai sogni e alle aspirazioni. Tutto questo per i bambini della classe dirigente avrebbe significato poi il comando, per gli altri sfruttamento e basta.

Contemporaneamente vengono costruite le figure dei genitori, anche la genitorialità è un prodotto borghese come la famiglia mononucleare. I genitori rispondono dell’operato e dell’agire dei figli. Man mano la responsabilità dell’educazione, del mantenimento, del comportamento e dei risultati dei figli ricade sulla famiglia e in particolare sul padre che ha ottenuto, sì, dal capitale una posizione particolarmente forte e gerarchicamente dominante all’interno della famiglia, ma ne ha assunto anche la responsabilità civile e penale nei confronti dello Stato. Quindi il costo della riproduzione dei figli viene addossato al padre e alla madre che saranno costretti ad usare sempre più una larga parte del salario per il loro mantenimento e la loro educazione.

E’ importante, comunque, ricordare che questa configurazione si accompagna alla individuazione estremamente definita anche di altri ambiti specifici oltre a quello dell’infanzia, come la vecchiaia e la femminilità per arrivare nel corso del tempo capitalista fino alle diversità sessuali o etniche, con una specializzazione sempre più forte delle norme e delle ”attenzioni” di ogni tipo dello Stato nei confronti di questi settori.

Una simile impostazione, creata ad uso precipuo dello sfruttamento e dell’estrazione di plusvalore, apre contemporaneamente a possibilità molto fruttuose di mercificazione specifica.

Il bambino diventa merce. L’infanzia e la fanciullezza da una parte sono quindi il tempo dell’”educazione “ allo sfruttamento o al comando a seconda della classe sociale di appartenenza e dall’altra diventano merce con possibilità di mercato impensabili. Pannolini, pappe, giocattoli, carrozzine, vestiti, ma anche fumetti, letteratura per l’infanzia, cartoni animati, film, ma anche corsi di addestramento per i genitori, specialisti del comportamento, pediatri…non saprei da dove cominciare e dove finire.

Ora, tutto questo con il neoliberismo ha assunto degli ulteriori e particolarmente inquietanti aspetti come in effetti è inquietante l’approccio a tutto il sociale della fase attuale del capitalismo, un misto di Inghilterra vittoriana, nazismo e servaggio.

E’ utile, quindi, indagare questo specifico approccio dell’ideologia neoliberista all’infanzia.

Il bambin* è usato per la sperimentazione della nuova costruzione dell’individuo. Non solo, come un tempo, per abituarlo con orari, rispetto della gerarchia, obbedienza e naturalizzazione della collocazione sociale al ruolo che gli è stato destinato, ma come individuo che trova naturale essere monitorato, schedato, radiografato, registrato…in ogni momento della sua vita. Un individuo che trovi normale essere un animale in cattività.

Il bambin* è strumento di controllo, manipolazione e condizionamento delle coscienze. I servizi sociali hanno assunto connotati di tipo poliziesco. I bambini sono attorniati da una pletora di esperti, assistenti sociali, psicologi…tutti intenti a monitorare i loro comportamenti nella scuola, negli asili, con i compagni, con i genitori con la motivazione sempre nobile che possono essere vittime di abusi sessuali, di pedofilia, di bullismo, che possono assistere a comportamenti violenti in famiglia…vengono con molta facilità tolti ai genitori  che per svariate ragioni non sarebbero in grado di accudirli efficacemente perché non hanno la casa, o, peggio ancora, l’hanno occupata, hanno il reddito troppo basso, magari sono in carcere. Ma fornire ai genitori le possibilità economiche giammai, sarebbe diseducativo perché la povertà per l’ideologia imperante è una colpa. Accadimenti come quello di Bibbiano sono la cartina di tornasole. Non ha importanza se poi sia vero, non sia vero, quanto sia vero, è però l’emblema della progettualità che informa i servizi sociali.

Attraverso quindi l’attenzione sempre “nobile” ai bambini vengono accentuati tutti i momenti di controllo, telecamere dentro e fuori dalle scuole, polizia e varianti onnipresenti, educazione alla legalità, educazione alla diversità e infine alla convivenza civile, pilastri della spoliticizzazione con il corollario del tentativo di eliminare l’insegnamento della storia dalla scuola. Vengono tendenzialmente espunti dall’infanzia tutti i momenti di conflitto. I bambini devono imparare a non litigare, a non picchiarsi, a non prevaricare compagni e compagne…il problema non sarebbe, quindi, chi ha torto o chi ha ragione, la ragione starebbe sempre nel mezzo, sarebbe sempre mediazione tra le parti. Allo stesso tempo però i bambini devono essere bravissimi, devono imparare le lingue da piccolissimi, devono fare sport, imparare ad usare i nuovi strumenti di comunicazione, devono dimostrare di essere intelligenti e sempre più precoci, la meritocrazia e la competitività sono mascherate ma sempre dietro l’angolo. Allo stesso tempo quelli che non sanno stare fermi, i così detti iperattivi, quelli con deficit di attenzione, vengono imbottiti di Ritalin. Contemporaneamente alla distruzione delle garanzie sociali aumentano a dismisura i bambini che hanno bisogno del così detto “sostegno”.

Il bambin* è terreno di sperimentazione scientifica e medica…vaccini, manipolazioni genetiche, fecondazioni in vitro, banche degli ovuli, banche dello sperma, un’attenzione allarmante nei riguardi degli aspetti psichici, fisici, intellettivi, affettivi e la preparazione ad una vita costruita tutta a tavolino. Chiaramente gli intenti sono spacciati anche qui e sempre per “nobili” ma la verità è che verranno fatti nascere bambini ad uso e consumo del capitale. I bambini di domani verranno creati ad hoc, programmati e fatti morire da adulti quando servirà.

Il bambin* è usato come strumento di ricatto nei confronti dei genitori e della società tutta. I figli sono sempre più pochi nelle società occidentali e la loro perdita diventa così molto più importante, I genitori vengono colpevolizzati continuamente, vengono fatti sentire inadeguati, ignoranti, bisognosi della guida degli specialisti e quindi diventano recettivi ad ogni sollecitazione di mercato e di disciplinamento. Un esempio per tutti: la morte di alcuni bambini dimenticati in macchina da genitori più preoccupati del lavoro che del pensiero dei figli da portare all’asilo, ha fatto sì che venisse varata una legge sui seggiolini con dispositivi antiabbandono obbligatori nel plauso generale. Non mi risulta che ci sia stata una levata di scudi indignata da parte dei genitori per rivendicare un tempo della vita diverso, libero dall’ossessione della produttività e del rendimento, del controllo e della gerarchia, perché è questo che ha ucciso quei bambini dimenticati in macchina.

Per rendersi conto di quanto quest’attenzione sopra le righe, al limite del morboso, del sistema di potere per l’infanzia e l’adolescenza sia strumentale e pericolosa basta vedere quanto stride con l’interesse praticamente nullo alla vita di quest* bambin* appena diventano adulti. Per il neoliberismo possono, infatti, tranquillamente vivere nella povertà più nera, essere sfrattati, dormire sotto i ponti, suicidarsi, fare lavori al limite della schiavitù, essere privati di qualsiasi supporto sociale, essere sbattuti nelle patrie galere per futili motivi o al primo accenno di ribellione e di rivolta. D’altra parte, a conferma che fronte interno e fronte esterno hanno trattamenti e destini molto simili, tutto questo fa pendant con l’attenzione martellante e pelosa ai bambini del terzo mondo che muoiono di fame e di guerra come mosche ma per i quali vengono fatte campagne di sensibilizzazione ad ogni piè sospinto da quelli stessi che sono la colpa e la causa di tutto ciò.

Mai tanta attenzione è stata manifestata nei riguardi dei bambin*, mai tanto disprezzo per la loro vita futura e quindi degli adult* che saranno.

Il capitalismo sta superando se stesso, non più semplicemente sfruttamento degli esseri umani, ma creazione degli sfruttati nella culla, anzi no, direttamente dal concepimento, anzi no, ancora prima del loro concepimento possibilmente in provetta o in incubatrice.

Il neoliberismo è un’ideologia e, pertanto, metabolismo sociale ed entra in ogni anfratto e interstizio della vita della gente e, al di là delle ingiustizie e della violenza, è connotato da una sua assurdità e di una mancanza di senso nel voler rimuovere gli sforzi concomitanti per sfuggire a questa realtà che è il verdetto di condanna che ha pronunciato su se stesso. La storia è un susseguirsi di sottomissioni e, nel corso dei secoli, sono stati messi a punto testi e grammatiche culturali e repressive, ma contemporaneamente è stata sempre tentata la sottrazione e sono sicura che tant* di quest* bambin* tenteranno la fuga e sapranno raccogliere il filo della consapevolezza e della ribellione che si dipana attraverso i secoli e i continenti e che non è stato mai tagliato.

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