Campagna per il NO al referendum di ottobre!

1)Votiamo NO per dire NO al TTIP!

votare NO

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La Parentesi di Elisabetta del 1/6/2016 e podcast

“Kosovo siriano”

Rojava

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Ho sotto gli occhi le foto relative all’operazione di attacco alla città di Raqqa, foto che ritraggono mezzi militari americani e relativi soldati,  e combattenti curdi/e del Rojava.

Mi è tornata alla mente Joyce Lussu che, fervente internazionalista, qui in Italia ha portato alla ribalta e si è spesa per far conoscere la causa del popolo curdo negli anni’60, “un popolo costretto a vivere da straniero nel suo territorio”, come scriverà in Portrait. In un viaggio pieno di traversie aveva raggiunto il Kurdistan e aveva conosciuto i Peshmerga e Mustafa Barzani a cui era riuscita a fare una famosa intervista. Ma Mustafa Barzani fu tanto attivo nel condurre le lotte contro l’Iraq, quanto veloce ad allearsi agli Usa e a diventare addirittura un loro uomo di fiducia.

La memoria assume grande importanza per la comprensione del presente e del futuro, quella memoria storica, autonoma e collettiva dei movimenti antagonisti, tanto diversa da quella neoliberista e patriarcale che concepisce il futuro come un semplice prolungamento dell’adesso e che vorrebbe che ricordassimo solo quello che ci viene proposto come degno di essere ricordato e nel modo in cui vogliono che noi ricordiamo.

E allora mi sono venute in mente tante domande a cui forse sarebbe bene dare una risposta.

Le combattenti curde e i combattenti curdi ci raccontano del Confederalismo Democratico, del tentativo di costruzione di una società dal basso. Le donne curde  ci raccontano di una rivoluzione delle donne, di un cambiamento epocale del ruolo femminile nei loro territori e di una presa di coscienza senza pari nella storia mediorientale.

Ma i curdi siriani hanno permesso agli americani di appropriarsi e di ristrutturare ed ampliare un aeroporto a Rmeilàn al Basha, nel governatorato di Al Hasaka,  e di aprire una seconda  base sempre nella stessa zona. Sono le prime ed uniche basi americane in Siria, finora gli Usa le avevano in tutto il mondo, ma qui no. E come pensano i curdi e le curde di poter dar seguito al progetto del Confederalismo Democratico o alla rivoluzione delle donne con gli americani in casa?

Non pensano che sia una contraddizione molto forte data la superiorità senza confini degli Usa sia dal punto di vista militare che economico che dell’egemonia culturale?

O pensano veramente di poterli mandare via una volta avuta l’indipendenza della Siria del nord come si auspicano? O pensano che possa esistere con gli Stati Uniti un’alleanza solo strumentale?  L’opportunismo politico, il famoso fine che giustifica i mezzi, non paga mai, bensì trasforma chi lo mette in atto in un’altra cosa, molto lontana, se non agli antipodi, dagli ideali di partenza.

Ma se i curdi/e del Rojava e i curdi/e siriani combattono insieme agli americani contro l’Isis non si sono mai chiesti chi ha creato, foraggiato e continua a foraggiare proprio l’Isis e perché?

Ci chiedono di manifestare e di portare fattiva solidarietà alla popolazione curda e ai/alle combattenti curdi/e massacrati dal governo di Erdogan, perché che vengano  massacrati  è un dato di fatto, ma perché non chiedono agli americani con cui combattono insieme, di fermare la Turchia? La Turchia fa parte della Nato e Erdogan non si alza neppure la mattina senza il nulla osta americano.

E il fatto che la lotta di liberazione curda sia uno strumento di destabilizzazione degli Stati Nazione dell’area mediorientale in funzione soprattutto israeliana, non li interessa affatto? E la sorte dei Palestinesi non li interessa affatto?

E quando nei loro documenti parlano di imperialismo, di capitalismo, di solidarietà internazionalista… a cosa si riferiscono? Forse ce lo dovrebbero spiegare.

Leggo testualmente da UIKI Onlus

“L’Operazione Raqqa viene effettuata dalle Forze Democratiche Siriane (QSD). I maggiori costituenti delle QSD sono i combattenti delle YPG e delle YPJ. Ekrar El Raqqa e Liwa Tehrir, che comprendono combattenti di Raqqa che si sono uniti recentemente alle QSD, giocando un ruolo attivo nell’operazione. Anche le forze della coalizione stanno fornendo supporto aereo per l’operazione. I 50 soldati specializzati americani sono stati raggiunti qualche tempo fa da altri. 250 soldati specialisti americani si sono spostati nel Rojava la notte del 23 maggio.”

Il comandante del Centcom americano, generale Joseph Votel, ha fatto una visita alla base aerea costruita all’estremo Nord-Est della Siria per incontrare le forze speciali Usa e gli ufficiali curdi

La comandante delle Forze Siriane Democratiche (QSD) è  Rojda Felat. Un elemento di grande impatto e di grande valore simbolico, come d’altra parte lo sono tutte le combattenti curde dell’YPJ.

Ma come si regoleranno le donne curde quando scopriranno, al di là di una supposta sorellanza, che la lotta delle donne è prepotentemente attraversata dalla lotta di classe? Che ci saranno le donne filo-americane e quelle no? Oppure lo sanno già? E, in un’ipotetica ed auspicata assemblea dal basso, chi convincerà chi?

I curdi e le curde siriani/e hanno venduto l’anima al diavolo e realizzeranno uno staterello che sta alla Siria come il Kosovo alla Jugoslavia.

Il Kosovo è un contenitore della più grande base Nato, eufemismo per dire americana, in Europa, è un crocevia di tutti i traffici più illeciti possibile.

E’ per avere questo che i curdi/e siriani/e hanno voltato le spalle alla causa palestinese, hanno lasciato al loro destino i curdi/ turchi/e, ma soprattutto hanno affossato definitivamente la speranza di un Kurdistan unito, libero e indipendente? Di fatto tutto si risolve nella realizzazione dei progetti e delle mire statunitensi ed israeliane.

Per che cosa sono morte Andrea Wolf e Barbara Kistler?

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Palinsesto del 1/6/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.90 di radio onda rossa

PALINSESTO di mercoledì 1 GIUGNO 2016

ore 20.00 Apertura 

Il 2 giugno del 1946, con un referendum gli italiani hanno scelto la repubblica.
A ottobre del 2016, con un referendum agli italiani sarà chiesto di restaurare la monarchia.
Il risultato della controriforma renziana sarà infatti una monarchia post-democratica truccata da repubblica maggioritaria.(…) Settant’anni dopo, né il fascismo né la monarchia sono cose del passato. Settant’anni dopo, c’è da dire lo stesso NO a entrambe” Alessandra Daniele-Schegge taglienti 29 maggio 2016.

ore 20,10  IL POLITICAMENTE CORRETTO : UN’ARMA DI DISTRUZIONE DI MASSA

armi   ore 20.30 La parentesi di Elisabetta “Kossovo siriano

PARTE SECONDA  ore 20,35  COME SIAMO BUONE/I”dall’orsetto Knut alla piccola Favor

CHIUSURA CON DESMONAUTICA; la rubrica di Denys ogni ultimomercoledì del mese (che eccezionalmente questa volta è diventato il primo!)  ” Crepare è eticamente inaccettabile”


Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.or
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Matteo Re

Matteo Re

di Alessandra Daniele

NOIl 2 giugno del 1946, con un referendum gli italiani hanno scelto la repubblica.
A ottobre del 2016, con un referendum agli italiani sarà chiesto di restaurare la monarchia.
Il risultato della controriforma renziana sarà infatti una monarchia post-democratica truccata da repubblica maggioritaria.
Tutti i deputati saranno in un modo o nell’altro di nomina regia: quelli della Camera verranno scelti dai capi partito attraverso le liste bloccate, quelli del Senato non più elettivo saranno ripescati dalla classe politica più sputtanata d’Italia: quella regionale.
Sarà premier il capo d’un partito votato più o meno da due italiani su dieci, e avrà controllo diretto o indiretto su tutte le altre istituzioni, alla faccia di Montesquieu.
È piuttosto evidente che Matteo Renzi veda se stesso nel ruolo di questo monarca incostituzionale, però a giudicare dai sondaggi gli italiani gli preferirebbero chiunque altro.
Non solo i Gemelli Di versi Di Battista e Di Maio, ma persino il tutt’ora ignoto e forse inesistente Volto Nuovo dell’ipotetica destra unita.
A Renzi sarà quindi necessario inventarsi qualche ulteriore modifica alla sua stessa legge elettorale, il Cazzarum, affinché funzioni come originariamente progettato. E ovviamente non se ne farà scrupolo, in nome del “cambiamento”.
In questi giorni molti commentatori hanno etichettato come obsolete le recenti polemiche sul voto di partigiani e antifascisti, definendo il fascismo “una cosa del passato”.
Passato?

“Per cambiare un’organizzazione ci vuole un gruppo sufficiente di persone convinte di questo cambiamento, non è necessario sia la maggioranza, basta un manipolo di cambiatori. Poi vanno individuati i gangli di controllo dell’organizzazione che si vuole cambiare e bisogna distruggere fisicamente questi centri di potere. Per farlo, ci vogliono i cambiatori che vanno infilati lì dentro, dando ad essi una visibilità sproorzionata rispetto al loro status aziendale, creando quindi malessere all’interno dell’organizzazione dei gangli che si vuole distruggere. Appena questo malessere diventa sufficientemente manifesto, si colpiscono le persone opposte al cambiamento, e la cosa va fatta nella maniera più plateale e manifesta possibile, sicché da ispirare paura o esempi positivi nel resto dell’organizzazione. Questa cosa va fatta in fretta, con decisione e senza nessuna requie, e dopo pochi mesi l’organizzazione capisce perché alla gente non piace soffrire. Quando capiscono che la strada è un’altra, tutto sommato si convincono miracolosamente e vanno tutti lì. È facile”.
– L’attuale amministratore delegato dell’Enel Francesco Starace, agli studenti della Luiss Business School.

La tecnica padronale illustrata da Starace è esattamente la stessa utilizzata dal governo Renzi, il manipolo di cambiatori mediaticamente sovraesposti (la Boschi ne è un esempio tipico) incaricati dal padronato di colpire e distruggere chiunque si opponga al cambiamento, che siano lavoratori sindacalizzati, giornalisti indipendenti, costituzionalisti antifascisti, o magistrati onesti.

Settant’anni dopo, né il fascismo né la monarchia sono cose del passato.
Settant’anni dopo, c’è da dire lo stesso NO a entrambe.

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La Coordinamenta in Pellicceria Occupata a Genova!

genova 4 giugno

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La Parentesi di Elisabetta del 25/5/2016 e podcast

“Andare ai resti”

precipizio

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Il mondo che noi conosciamo è sull’orlo del precipizio. Le guerre neocoloniali si susseguono ad un ritmo sempre più serrato, la povertà estrema dei popoli del terzo mondo si accompagna ad un impoverimento sempre crescente di vasti strati delle popolazioni occidentali, l’arroganza degli Usa, degli alleati e dei sudditi con il braccio armato della Nato, diventata polizia internazionale, è senza confini.

La strumentalizzazione di ogni sentimento, lotta, diritto, oppressione, disagio….. delle diversità, dei subalterni/e, degli sfruttati/e, delle donne…dei territori …..per il mantenimento del potere, per il controllo e la repressione , è pane quotidiano…il neoliberismo ha fatto strame delle conquiste di tanti anni di lotte, ha stravolto le parole, ha distrutto riferimenti e sogni attraverso l’operato cosciente del riformismo e della socialdemocrazia, principali artefici della sua naturalizzazione nella nostra società.

Il Femminismo annaspa, è basito, muto.

Alcuni gruppi femministi, soggettività, voci, si levano isolate, a denti stretti, contro tutto questo, ma il movimento femminista è nel pantano.

Tante le iniziative, i convegni, gli incontri…tante, svariate, continue e inutili: parlano di femminicidio, della violenza contro di noi, di razzismo, di omofobia, di diritti negati, di patriarcato….. ma è come se tutto fosse sospeso in un limbo.

Non sanno, non vogliono, non possono dire la verità.

Non si capisce da dove vengano le oppressioni, da chi siano esercitate. Il patriarcato è un’entità inafferrabile che sembra vivere di sé.

I conflitti sembrano eventi tragici, apparentemente senza autori, guerre scatenate senza colpe, per autogenesi. Eventi rievocati per suscitare la commozione, ma non la mobilitazione.

Ma il patriarcato affonda le radici nella società in cui viviamo e nel neoliberismo assume i connotati specifici che questa configurazione sociale fornisce, è qui che si esprimono le oppressioni e la violenza, hanno volti, nomi, cognomi, luoghi, mani, menti e armi.

Il femminismo sta andando ai resti, si sta giocando tutto.

Riconoscere l’inscindibile legame fra oppressione di genere e di classe e chiamare le cose con il loro nome sono le uniche strade percorribili.

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Podcast della Trasmissione del 25/5/2016

” I Nomi delle Cose” /Puntata del 25/5/2016

” Riflessioni femministe sulla militanza

militanza 1 militanza 4militanza 3

” Una generazione per anni si è riconosciuta chiamandosi  compagna e la parola sugellava un patto di appartenenza e solidarietà, qualche cosa ben oltre i gruppi politici e i loro programmi, qualcosa di difficilmente verbalizzabile proprio per la ricchezza della sua estensibilità. Compagna e femminista ancora ieri provocavano vibrazioni che penetravano fin dentro gli abissi del disagio e della solitudine che pure c’erano anche allora. Ma, se sono le parole che fanno le cose, disfare quelle parole che sono, allo stesso tempo, categorie di rappresentazione e strumenti di mobilitazione, ha contribuito alla smobilitazione di quello, che un tempo, si chiamava femminismo” Atti “Il personale è politico, il sociale è il privato” Roma 2012/ RIFLESSIONI FEMMINISTE SULLA MILITANZA!”Andare ai resti/CHE COS’E’ PER TE LA MILITANZA?”

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2 giugno-Niente da festeggiare

Il Pigneto è una frontiera /2 giugno- Niente da festeggiare

Sub-Saharan migrants climb over a metallic fence that divides Morocco and the Spanish enclave of Melilla on Friday March 28, 2014. Officials said several hundred African migrants tried to cross barbed-wire border fences to enter the Spanish enclave of Melilla from Morocco but most were turned back by security forces from both sides. An Interior Ministry spokesman in Melilla said the migrants attempted to scale the fences several times early Friday and a handful managed to get across. Thousands of migrants seeking a better life in Europe are living illegally in Morocco, hoping they can enter Melilla and Spain's other north African coastal enclave, Ceuta. (AP Photo/Santi Palacios)

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4 giugno/Presidio al CIE di Ponte Galeria

Sabato 4 giugno – presidio al C.I.E. di Ponte Galeria in solidarietà con le persone recluse 

Il C.I.E. romano continua ad avere un ruolo centrale nella gestione delle espulsioni di massa. Dopo la rivolta di dicembre, sono iniziati i lavori per ristrutturare la sezione maschile con maggiori dispositivi di controllo. La ristrutturazione sarà una vera e propria fortificazione del Lager, con sezioni piccole e l’impossibilità d’incontrarsi, parlarsi ed organizzarsi tra reclusi. 

Le rivolte che distruggono i centri si dimostrano efficaci nell’inceppare la macchina delle espulsioni. Andiamo al C.I.E. e sosteniamo le resistenze.

ore 16 appuntamento in stazione Ostiense per raggiungere il presidio tutt* insieme

4 giugno

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Palinsesto del 25/5/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.90 di radio onda rossa

PALINSESTO di mercoledì 25 maggio 2016

ore 20.00 Apertura 

” Una generazione per anni si è riconosciuta chiamandosi  compagna e la parola sugellava un patto di appartenenza e solidarietà, qualche cosa ben oltre i gruppi politici e i loro programmi, qualcosa di difficilmente verbalizzabile proprio per la ricchezza della sua estensibilità. Compagna e femminista ancora ieri provocavano vibrazioni che penetravano fin dentro gli abissi del disagio e della solitudine che pure c’erano anche allora. Ma, se sono le parole che fanno le cose, disfare quelle parole che sono, allo stesso tempo, categorie di rappresentazione e strumenti di mobilitazione, ha contribuito alla smobilitazione di quello, che un tempo, si chiamava femminismo” Atti “Il personale è politico, il sociale è il privato” Roma 2012

ore 20,10  RIFLESSIONI FEMMINISTE SULLA MILITANZA

nina ore 20.30 La parentesi di Elisabetta “”Andare ai resti”

PARTE SECONDA
ore 20,35  “CHE COS’E’ PER TE LA MILITANZA?”

nina 4

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Funeral Party della Sala da The Fronte del Porto!

Il gruppo che autogestisce la Sala da The Fronte del Porto Fluviale si scioglie. Diverse ragioni non rendono più possibile portare avanti lo spazio. Nel salutare tutti quelli che sono passati, quelle che ci hanno proposto iniziative, quelli che hanno cucinato con noi, quelle con cui abbiamo condiviso idee e serate, ci teniamo a ricordare che questi anni
passati all’interno della Sala sono stati caratterizzati dall’autogestione. Questa pratica per noi ha significato tra le tante cose resistere alla logica della utilità sociale e del profitto, anche attraverso il rifiuto dell’autoreddito. La tanta partecipazione, da parte di compagn* e non, ci ha sempre fatto pensare che fossimo sulla strada giusta e che la Sala da The fosse un luogo di incontro e scambio reale per molti e molte. Speriamo che nel futuro lo spazio continui ad essere vissuto sotto il segno dell’autogestione.

Vi invitiamo per un’ultima giornata insieme DOMENICA 29 MAGGIO dalle 17,
in Via del Porto Fluviale 18. Ci sarà infatti il “Funeral Party” della Sala, con concerti, aperitivo e beveraggi a sostegno dei compagni e delle compagne di Roma imputati nei processi NO TAV. Dopo i concerti, alle 21, lo spettacolo teatrale “La notte dei pagliacci”.

porto fluviale

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Per la libertà di dissenso!

Per la libertà di dissenso

OcOCGimntAyfcVE 800x450 noPadNella città di Torino, 28 ragazzi e ragazze sono, da molti mesi, sottoposti a misure cautelari preventive molto dure.

Non hanno rubato soldi pubblici, non hanno corrotto e non sono stati corrotti, non hanno cercato di trarre illeciti profitti personali, non hanno avvelenato l’aria con la polvere di amianto.

Hanno manifestato contro quel treno ad alta velocità Torino-Lione che saccheggia le risorse pubbliche per costruire un’opera utile solo ai suoi costruttori; hanno difeso le aule dell’università che frequentano dalla lugubre e incostituzionale presenza di fascisti torinesi, estranei – tra l’altro – a quelle aule; hanno tentato di sfilare in corteo per ricordare che una città medaglia d’oro alla Resistenza non può assistere in silenzio alla presenza arrogante di un partito xenofobo e razzista; hanno tentato di difendere il diritto all’abitare di famiglie travolte dalla crisi.

Non erano soli, a farlo. Nelle strade della Val di Susa come in quelle torinesi, nei quartieri popolari come nelle aule universitarie si è espresso un movimento vasto, multiforme e articolato, partecipato da migliaia di cittadini, che ha utilizzato, nell’espressione del dissenso, gli strumenti propri dei movimenti sociali: cortei, presidi, comunicazione.

Questi ragazzi e ragazze, parte di quel movimento, sono conosciuti per il loro impegno sociale che li porta a rivendicare diritti per tutti in una città, e in un Paese, dove sempre più sono garantiti privilegi per pochi e dove sempre meno è tollerato il dissenso.

Ebbene, questi ragazzi e queste ragazze sono stati sottoposti a misure molto dure: c’è chi non può più vivere a Torino, sua città di residenza, e chi non può uscire da Torino, neanche per andare a trovare i genitori; c’è chi deve recarsi quotidianamente a firmare in caserma e chi deve restare chiuso in casa dalla sera all’alba; infine ci sono gli “incarcerati in casa”, in stretto isolamento, costretti quindi alla perdita del lavoro, allontanati dalla frequentazione dei corsi universitari e impediti nel vivere i loro affetti.

Tutti privati, o fortemente limitati, nella loro libertà.

A questi ragazzi e a queste ragazze viene negato il diritto a studiare, il diritto a lavorare, il diritto a vivere una vita dignitosa insieme alle persone che amano, il diritto alla libertà personale: e tutto questo senza essere ancora stati sottoposti a giudizio. Puniti duramente, a dispetto della presunzione di innocenza, per intimorire loro e tutti quelli che potrebbero pensarla come loro. Puniti duramente per aver praticato il diritto a dissentire.

Come genitori, amici, cittadini ci chiediamo se non si sia creato, nella città di Torino, un corto circuito pericoloso volto, di fatto, a limitare libertà fondamentali dei cittadini, quali il diritto costituzionalmente garantito a manifestare.

Un corto circuito che ha come presupposto la pesante militarizzazione di piazze e spazi, quali ad esempio quelli universitari, in occasione di manifestazioni pubblicamente convocate; che prosegue poi in indagini che appaiono pilotate per sfociare in imputazioni sempre molto più gravi del necessario, formulate proprio per rendere possibile – non obbligatoria comunque – la detenzione preventiva e indirizzare la strada verso potenziali condanne. Un corto circuito che si nutre della “apparente” decontestualizzazione degli eventi per ridurre le tensioni e le rivendicazioni sociali a fattispecie criminali da perseguire: “apparente” perché non può non sorgere il dubbio che la volontà di vessare e punire sia correlata proprio alle ragioni politiche e sociali che motivano l’agire di questi ragazzi e ragazze. Da cui la scelta di forzare le norme e attuare la massima possibile punizione preventiva: ci troviamo davanti al paradosso di detenzioni preventive che equivalgono o superano le abituali condanne, laddove ci fossero, normalmente comminate per quel tipo di reati.

Come genitori, amici, cittadini riteniamo che il ritiro delle misure cautelari preventive per tutte e tutti sia il primo, indispensabile passo per interrompere questo corto circuito e ristabilire il diritto al dissenso.

Mamme in piazza per la libertà di dissenso

***

Firma la petizione su change.org

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La trappola dell’accoglienza

La trappola dell’accoglienza

https://hurriya.noblogs.org/post/2016/05/18/la-trappola-dellaccoglienza/

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Biodiversità: la grande bellezza

Biodiversità: la grande bellezza

https://dumbles.noblogs.org/2016/05/15/biodiversita-la-grande-bellezza/

ecofemminismo20

Sull’ultimo numero di “Germinal – giornale anarchico e libertario di Trieste, Friuli, Veneto e …” c’era un nostro scritto intorno alla biodiversità.

Lo riproponiamo qui di seguito con un parzialissimo, breve (e triste) aggiornamento:

la scomparsa di cinque atolli corallini presso le Isole Salomone; sommerse ed irrimediabilmente perdute per l’innalzamento del mare dovuto al riscaldamento globale.

Il termine “biodiversità” ha si e no trent’anni, ma già da cinquanta, è iniziata la distruzione di ciò che il termine rappresenta.

Con l’attacco agli ecosistemi e quindi l’impoverimento del paesaggio è iniziata la perdita di biodiversità per sottrazione della base sulla quale questa si sviluppa; come un liquido al quale viene meno il proprio contenitore.

Il paesaggio è ciò che raccoglie la comunità, è il suo ambiente fisico, è sistema di ecosistemi con tutti i suoi livelli di organizzazione; la sterminata rete di relazioni che si fanno e si disfano in un divenire continuo: dalla diversità genetica, molecolare, di individuo, di specie, di popolazione, di comunità su di un supporto fisico… di paesaggio appunto.

La vita va così: diversifica forme, funzioni, adattamenti… in continuo. Perchè? Potevamo rimanere tutt* ammoniti o trilobiti o qualsiasi altra cosa fatta e funzionante… invece la diversità è la cifra della vita… perchè? Continua a leggere

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Oggi a Roma/Manifestazione femminista

bis   IMG_1540IMG_153520 maggio 120 maggio 2

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