38)Votiamo NO per dire NO alla criminalizzazione della povertà!



“Da una sovrastruttura all’altra: ovvero come girare in tondo senza cambiare di posto” Christine Delphy < Un féminisme materialiste est possible> Agosto 1982

inoltre potete leggere qui di seguito un contributo che ci ha inviato Fabiana dal Messico in relazione alla Marcia de las Catrinas che si è svolta questo mese di novembre e vedere il reportage fotografico in attesa del resoconto che ci farà sul “Congreso Feminista de Chiapas dal 21 al 25 novembre 2016 !”
Fotoreportaje: En día de muertas, una caminata por la vida

Desde el sur este mexicano – San Cristobal de Las Casas – Chiapas
Il grido delle sopravvissute che sfida la geografia capitalista
Quando una piccolo borghese bianca, europea, si trasferisce in un paese del centro/sud America, è facile che si senta privilegiata, come donna. E lo è.
Ma guardando alla condizione della donna in questa parte del mondo, attraverso la lente paternalista di cui l’hanno dotata, la condizione femminile nella “sua” Europa le può apparire “migliore”.
La realtà è che non esiste un solo luogo sulla faccia della terra dove quest’aggettivo possa descrivere la condizione di essere donna; cambiano i termini, i modi, le etichette, le parole, le leggi, anche i costumi, ma non muta l’odio che ci accomuna tutte e tutti e che porta alla morte del nostro genere.
Eppure, bisogna fare attenzione alle differenze per comprendere come si organizza questa mattanza sistemica universale che, con il flusso del suo rosso fiume, attraversa ogni geografia… Continua a leggere
Il nuovo presidente degli Stati Uniti è Donald Trump. E’ stato presentato in campagna elettorale come un pazzo che veniva dal nulla, mentre non rappresenta altro che il ritorno ad una politica isolazionista che ha guidato in svariati periodi gli Usa.
Il precedente storico lo ritroviamo nelle votazioni del 1920, le prime fatte a suffragio universale poiché per la prima volta votarono anche le donne, e anche in quel caso la vittoria andò ad un candidato del partito repubblicano nella persona di Harding. La politica isolazionista guidò gli Stati Uniti fino alla seconda guerra mondiale quando fu abbandonata e gli Usa imboccarono la strada dell’intervento a tutto campo in ogni scacchiere internazionale.
La scelta interventista portò alla partecipazione ad una miriade di guerre e di colpi di Stato, a continue ingerenze e violazioni di sovranità nazionali. E, allo stesso tempo, questa politica ebbe riflessi molto importanti sulle condizioni di vita degli americani, ora accentuati ed esasperati nella stagione neoliberista.
Oggi la popolazione americana vive sotto i ponti in una miseria profonda e senza speranza con un divario sociale molto accentuato. Donald Trump è portatore di questo malessere e degli strati sociali colpiti da una crisi fortissima che non è casuale ma è dovuta alla natura interventista nella stagione neoliberista.
Negli Stati Uniti la delocalizzazione ha chiuso migliaia di industrie, la globalizzazione ha impoverito gli operatori agricoli, la piccola e media borghesia sono state azzerate.
In tutto ciò è da ricercare la ragione della vittoria di Trump. La vittoria di Hillary Clinton sarebbe stata la vittoria delle multinazionali e soprattutto del complesso militare-securitario. Questo gli americani lo hanno capito a pelle e hanno scelto di conseguenza.
La vittoria di Donald Trump segue la vittoria della Brexit, sono due segnali forti che testimoniano il malessere di popolazioni ridotte allo stremo dalle politiche neoliberiste. Secondo Trump la politica dovrebbe essere guidata in economia dai principi del liberalismo che è altro rispetto al neoliberismo e in politica dal conservatorismo.
Una nota a margine ma non per questo meno importante. Il complesso militare-securitario esce indenne dall’avvenuta elezione di Trump e, da tanti anni, in pratica dall’uccisione di J.F.Kennedy, è un corpo autonomo nel paese essendo anche indipendente dalla politica e dall’esecutivo. Questo è un aspetto con cui dovrà fare i conti la presidenza statunitense.
Gli Usa hanno 16 diverse agenzie di Intelligence che solo tra il 2001 e il 2014 hanno speso più di 500 miliardi di dollari.
Quali sono i nostri compiti?
Denunciare con fermezza che le politiche neoliberiste sono state possibili grazie alle forze genericamente di sinistra e più precisamente socialdemocratiche, comunque si chiamino nei rispettivi paesi, che sono state utilizzate come cavallo di Troia per insinuare fra i cittadini/e, i lavoratori/trici tutti e tutte, a qualunque segmento sociale appartengano, principi destrutturanti delle garanzie sociali, veicolando parole tanto belle quanto false: democrazia, antirazzismo, antisessismo, tutela dei diritti delle diversità… mentre producevano una società mostruosa a tre teste: medioevale, ottocentesca e nazista.
Quale la lezione da trarre per noi in Italia?
Siamo di fronte ad una scommessa difficile ma che richiede comunque il nostro impegno: spazzare via le forze socialdemocratiche che vogliono naturalizzare il neoliberismo qui da noi, smascherare i collusi/e e i collaborazionisti/e e, nel nostro ambito femminista, i percorsi SNOQ e Non una di meno. Se non lo facciamo in tempo, e noi per prime con chiarezza, consegneremo anche questo paese ad un Trump locale e soprattutto getteremo nel discredito nobili battaglie come quelle contro il razzismo e il sessismo e provocheremo un’ondata di chiusura, quando non di ripulsa, nei riguardi della parola “sinistra” e delle lotte femministe nel nostro specifico, perché saranno assimilate al linguaggio del politicamente corretto che tanti guasti ha fatto e sviliremo parole come riforme e sicurezza di cui è stato stravolto e capovolto il significato.
La prima serve per far passare le scelte più oscenamente antipopolari e antidemocratiche, la seconda ha tradito la sostanza del termine che intendeva riferirsi alla serena vecchiaia di chi aveva lavorato tutta una vita.
La pletora dei partitini che si collocano, bontà loro, a sinistra del PD, non ha futuro per due motivi: da una parte perché è di pubblico dominio ormai che sono pronti ad allearsi con il PD appena possono e dall’altra perché sono attardati ad una lettura che chiede il ritorno alle politiche keynesiane in questo paese, dimenticando che l’intervento dello Stato non è venuto meno, ma esiste eccome, solo che è a sostegno del complesso militare-securitario.
Il nostro compito è di uscire dal neoliberismo. La nostra preoccupazione non deve riguardare quali forze vogliano uscirne e quali siano gli strati sociali interessati, bensì la nostra scommessa è se saremo in grado di esercitare egemonia culturale.

Domani mattina a partire dalle ore 11:30 invitiamo tutti e tutte ad un presidio solidale sotto il carcere di Regina Coeli, dove si terrà l’interrogatorio di garanzia per i 10 compagni e compagne arrestati/e a seguito dei fatti dello scorso 5 novembre nel quartiere Magliana.

https://youtu.be/BJIzPdhLuTk


di Alessandra Daniele
– Posa i carciofini sottolio.
– Perché?
– Perché l’onorevole ci ha mandato in questo discount per dimostrare che una famiglia di 3 persone con un bonus di 80€ può mangiarci una settimana. Per il referendum bisogna provarle tutte – Indica il barattolo – Ma se tu cominci a prendere i carciofini a 20€ al chilo…
L’altro sgrana gli occhi.
– 20€?
– 4€ per 200 grammi. Al chilo quanto fa?
L’altro socchiude gli occhi, poi mormora
– Cazzo.
Posa il barattolo. Il collega gli indica lo scaffale di fronte.
– Prendi il minestrone in scatola.
– Ma è una poltiglia immonda.
– Costa 1€ al.pezzo.
– Lo conosco, è solo fecola che sa di terra. Fagioli ce ne saranno cinque in tutto.
– Prendilo – taglia corto l’altro. Poi pesca una confezione di biscotti dal carrello.
– Cosa sono questi?
– Farciti al cacao, s’era detto di metterci anche qualcosa di goloso per fare scena.
– Ce ne sono 22, che fanno i nostri tre pezzenti, se ne mangiano uno ciascuno al giorno? Cos’è, 7 chili in 7 giorni?
– Uno ciascuno? – Chiede l’altro, perplesso.
– 22 diviso 7 quanto fa?
L’altro aggrotta la fronte.
– Vabbè, ciao. Posa questi biscotti e prendi quelli secchi per il latte.
L’altro dà un’occhiata al carrello.
– Questo latte sarà abbastanza?
– Non possiamo prendere di più, altrimenti sforiamo. E poi il latte fa male alle ossa.
– Male?
– Non le hai sentite le ultime scoperte? I latticini decalcificano le ossa.
– Ma sarà vero?
– Non fare il complottista.
– Anche il latte di soia fa male?
– Quello di soia non è mica latte, è olio. Lo chiamano latte perché nessuno comprerebbe olio zuccherato.
L’altro ne prende un brik dallo scaffale Bio.
– “30% di zuccheri in meno” – legge – Meno zucchero, e costa di più?
– La dieta deve costare, sennò non funziona. Come la psicanalisi. Posa il latte finto, i nostri pezzenti non possono permettersi la dieta. Devono accontentarsi della fame.
L’altro controlla il carrello.
– Manca anche il caffè.
– Il caffè se lo prendono al bar. Extra bonus.
– Succo di frutta?
– Quello in offerta.
L’altro legge l’etichetta.
– “Succo d’arancia 20%. Sciroppo di glucosio, conservanti, addensanti, stabilizzanti, antiossidanti, coloranti, aromi. Acidificanti: acido citrico, acido ascorbico, acido tartarico”. Manca niente?
– Il carbonato acido di ammonio – risponde il collega, indicando i biscotti secchi.
– Prendiamo anche un po’ di carne? “Noodles al pollo – legge – 90% farina, 0,5% pollo”.
– Lascia perdere quelli, prendi le cotolette da 1€.
– “Carne separata meccanicamente”. Che vuol dire?
– Carcasse macinate.
L’altro butta le cotolette surgelate nel carrello, con aria di vago orrore.
Il suo telefono emette un blip.
– Dice l’onorevole di sbrigarci – legge – che fra un’ora ha la diretta, e le serve lo scontrino.
– Abbiamo quasi finito. Peccato che non abbiano ancora firmato il TTIP, i prodotti americani costeranno ancora meno.
– E una famiglia potrà camparci una settimana?
– Mangiarci si, camparci non credo.
Spinge il carrello verso la cassa.



https://www.facebook.com/Primer-Congreso-Feminista-de-Chiapas-2016-1092463487474886/?fref=ts

Questa mattina degli agenti in borghese hanno arrestato la sindaca indipendentista del Comune catalano di Berga, Montse Venturòs, per aver messo in atto diverse pratiche di disobbedienza civile, tra le quali l’aver esposto la “estelada”, la bandiera indipendentista catalana, sul balcone del suo municipio e di essersi rifiutata di toglierla dopo l’ingiunzione del tribunale spagnolo.
La sindaca che è militante del CUP , Candidature di Unità Popolare-Sinistra anticapitalista, ha dichiarato che non ha fatto altro che esprimere la volontà popolare.
Lo Stato spagnolo è sempre fascista e la polizia locale sempre collaborazionista.
https://www.facebook.com/collettivo.montessori/?hc_ref=PAGES_TIMELINE&fref=nf
Qui l’intervista con una studentessa che ci racconta motivazioni, obiettivi e programmi
Comunicato
Oggi, 3 novembre 2016 gli studenti e le studentesse della sede centrale (via livenza) del Montessori hanno occupato il proprio edificio scolastico, si sono ripresi a pieno quello spazio che a dovrebbe appartenere loro quotidianamente.
Questa occupazione non è un atto di forza da parte di una minoranza violenta, bensì la presa di coscienza concreta della collettività studentesca che ha sentito la necessità di reagire, di non accettare passivamente una situazione che da troppo tempo le grava addosso.
Dopo settimane di dibattito e mobilitazioni gli studenti hanno deciso di arrivare a questa conclusione, di compiere questa azione che risulta essere l’unica possibile e davvero efficace per farsi sentire, per dimostrare che anche noi vogliamo poter dire la nostra, anche se per farlo dobbiamo alzare la voce.
Gli studenti partendo da un’analisi del clima che vivono dentro scuola ogni giorno si sono resi conto di quanto questo sia direttamente imposto dall’esterno, da un ministero che dà ordini, attraverso l’attuale riforma della Buona Scuola.
Nel nostro istituto, ogni giorno di più viene limitata la vivibilità e con questa l’autonomia degli studenti, a cui secondo le circolari fatte girare dal preside è “severamente vietato di alzarsi dalla sedie prima del suono della campanella”, è “categoricamente proibito uscire dalla propria aula al cambio dell’ora”, è “negata la possibilità di andare in bagno se non durante la ricreazione”. Dopo aver chiesto di aprire gli spazi della scuola in orario scolastico per poter avere dei luoghi di aggregazione, dopo aver rivendicato con forza una didattica che ci possa dare gli strumenti per comprendere i fenomeni che attraversano la nostra società, dopo che per farci concedere un momento di assembleare sul referendum abbiamo dovuto aspettare mesi e quando siamo riusciti ad ottenerla non è stata realizzata nelle modalità che ci aspettavamo, dopo continui episodi di questo tipo abbiamo deciso di riprenderci tutti ciò che continuano a toglierci.
Nella scuola italiana oggi gli studenti non decidono nulla sulla propria vita scolastica, ed è questo che faremo in questi giorni: decidere, mettere in campo il modello di scuola che vogliamo con la convinzione che quel luogo sia nostro e non di chi lo amministra.

Per noi femministe il privato è politico ed ancora di più non si può distinguere il politico dal sociale. La libertà e la giustizia sociale sono legate in maniera assoluta e questo vale tanto di più oggi nella stagione neoliberista che ha posto sotto il dominio del capitale tutta la società ed ha elevato il mercato a natura mercificando la vita in tutti i suoi aspetti.
Oggi come non mai va messo al primo posto l’antagonismo in tutte le sue forme perché costituisce l’affermazione della libertà.
Il femminismo non è stata una scoperta dei/delle socialdemocratici/che, ma un’affermazione della lotta di genere nel momento che ha fatta sua la consapevolezza che la lotta di classe è produttrice di ogni trasformazione dell’orizzonte sociale.
Pertanto ha promosso un’innovazione della politica, profonda e a tutto campo. L’impegno femminista si è presentato come un insieme di connessioni linguistiche, ma partecipe di un’unica sintassi : la sconfitta del patriarcato e della società divisa in classi.
Oggi sappiamo che questo processo è stato interrotto ed è bloccato dalla pesantezza della scelta neoliberista e della conseguente così detta crisi, che non è casuale o non prevista, ma ne è un’articolazione fondante, e dalla convergente pressione delle patriarche. Tramite loro il femminismo è divenuto oggetto di appropriazione da parte del capitalismo e dello Stato.
Da qui il problema di come si possano definire e formare concretamente nuove pratiche di militanza femminista recuperando la polifonia di voci ma anche l’unità di intenti, chiarendo, quindi, chi sta da una parte e chi sta dall’altra.
Costruire un nuovo lessico, estendere e distendere in maniera piena le istanze di rottura che il movimento femminista costruisce contro l’ordine patriarcale e, come gli operai in fabbrica, sabotare la catena di montaggio.
La necessità è spezzare la catena di riproduzione del pensiero e della pratica patriarcale e neoliberista.
E’ necessario sabotare la meritocrazia, la gerarchia, la disciplina, il controllo, le guerre umanitarie, la chiusura delle frontiere, la legalità…… opponendo differenza, singolarità, autorganizzazione, libertà, autorealizzazione, ricerca della felicità, quindi dare vita alla vita attraverso uno sciame di resistenze e di ribellioni in ogni istante della nostra quotidianità…sul posto di lavoro…a scuola…per la strada… negli uffici o nei negozi….negli stadi o nelle case… costruire un tessuto di disobbedienza e rifiutare di vivere alienate dalla nostra identità, di essere fantasmi di noi stesse.
Non cerchiamo fughe, paradisi lontani o comunità protette, non servirebbe a niente, noi siamo qui nel ventre della bestia, nel centro del neoliberismo ed è qui che dobbiamo trovare la forza, la voglia, la capacità di opporci.
Il femminismo è una molteplicità di singolarità che si presenta come motore attivo del processo di libertà per noi e per tutti e per tutte.
Non c’è più spazio per confondere partecipazione, quote rosa, emancipazione, ragion pratiche, realismo con la resistenza, la ribellione, la ragione rivoluzionaria.
Il patriarcato investe la totalità dei rapporti sociali, dunque è costruzione delle relazioni sociali nel tempo e nello spazio, è dominio sulla vita, è riproduzione in ogni segmento dell’esistente e a fianco al tradizionale disciplinamento ha posto un sempre più invasivo controllo attraverso addirittura la produzione di soggettività a lui utili. Questo è il ruolo delle patriarche, delle socialdemocratiche.
Il presente accomuna difensori e detrattori delle quote rosa, così come americani e integralisti islamici. Gli uni e gli altri rinserrano la totalità della vita dentro il potere e consegnano allo stesso le chiavi di questo mondo ridotto a sistema.
Oggi la scommessa è la libertà ed essa è lavoro vivo, produzione di soggettività, è lì alla nostra portata come l’hanno creata la lotta femminista e le lotte antagoniste. E’ ricomposizione delle passioni delle singolarità, è manifestazione e realizzazione del desiderio. E le gambe con cui può camminare sono quelle del femminismo materialista che parte dal considerare la nostra condizione esistenziale non come innata, ma come prodotto sociale.
Noi viviamo nella solitudine, nella miseria, nella paura non perché sia un dato naturale, ma perché con la violenza fisica e con quella del pensiero siamo state ridotte a questa condizione che è comune a gran parte dell’umanità. Solo che a noi si aggiunge l’ulteriore giogo dell’oppressione di genere.
La libertà è un’esigenza, è l’unica strada percorribile. Non è entità metafisica ma potenza materiale.