Dopo Chavez/ Come nascono le bandiere/Geraldina Colotti

Domenica 6 maggio alle 18, a Bologna, presso il Circolo Granma di via Ferrarese 2, Geraldina Colotti presenterà il suo libro. Sarà introdotta da Valerio Evangelisti e da Luciano Vasapollo.

Geraldina Colotti, Dopo Chávez. Come nascono le bandiere, ed. Jaca Book, 2018

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La Parentesi di Elisabetta del 1 maggio 2018

“Il lavoro che non c’è e che non ci sarà più”

Il lavoro così come l’abbiamo conosciuto sta sparendo, il lavoro non ci sarà più così come l’ha sempre pensato la società lavorista quella in cui si viveva fino a non molto tempo fa, quella in cui il lavoro rappresentava il titolo normale e pressoché esclusivo di partecipazione alla vita sociale, quello che poteva definire una persona “è un grande lavoratore” oppure ”è uno scioperato, un nullafacente, un ozioso, uno sfaccendato”, quello che faceva, seppure nello sfruttamento capitalistico, l’operaio orgoglioso del proprio lavoro e della propria manualità nella consapevolezza di produrre ricchezza con le proprie mani, quello che smascherato con la teorizzazione del rifiuto del lavoro aveva permesso alla società tutta degli anni ’70 di inseguire desideri e sogni nel tentativo di riprendersi la vita.

Quel lavoro non c’è più e non ci sarà più.

Il lavoro ora è precario, saltuario, a termine, ad incarico, a progetto, addirittura scivola nel volontariato spesso gratuito senza neppure il rimborso spese, quello a tempo indeterminato non esiste più se non in sacche residuali che vanno a sparire oppure con la nuova nozione di tempo indeterminato che mente a se stessa come è solito fare il neoliberismo, la contrattazione è sempre più individuale e, di fatto, si può venire licenziati e licenziate in qualsiasi momento. Ormai i lavoratori/trici perdono quasi tutti i processi intentati contro il datore di lavoro e se avviene la reintegrazione dopo una sentenza del tribunale questa viene bellamente disattesa in mille modi. Gli orari sono molto variabili, i gruppi di lavoro non si conoscono, il rinnovo del contratto è in funzione della disponibilità e della dedizione, non c’è più trasmissione del sapere da una generazione all’altra, quella trasmissione di conoscenze che era anche trasmissione di valori. Il luogo di lavoro non è più momento di socialità, di rapporto, di crescita culturale nello scambio reciproco delle esperienze e di crescita politica.

Ma tutto ciò non è ancora sufficiente a rendere l’idea del cambiamento epocale che è avvenuto sotto i nostri occhi perché la caratteristica attuale del lavoro è di essere sempre più incerto, inafferrabile, volatile. Sono sempre di più le persone che lavorano per poco tempo e passano lunghi periodi alla ricerca affannosa di un altro posto oppure sono tantissime le persone che si sono rassegnate e non cercano più niente ma vivono come possono. Situazione aggravata dal fatto che la società neoliberista ha aggredito e aggredisce con una pervicacia e una determinazione degna di miglior causa le economie marginali attraverso campagne di vera e propria persecuzione: parcheggiatori abusivi, venditori con i loro teli distesi sul marciapiedi, suonatori e artisti di strada, piccoli artigiani che confezionano i loro oggetti ai margini dei mercati. Perfino chi rovista nell’immondizia alla ricerca di oggetti da sistemare e rivendere è demonizzato come gli untori di medioevale memoria. Tutto questo chiaramente in nome dell’igiene, della pericolosità sociale, del mancato pagamento delle tasse, degli oggetti non omologati e via discorrendo.

La robotizzazione e la tecnologizzazione stanno camminando a ritmi serrati, il lavoro viene sostituito sempre più dalla meccanizzazione. Da una parte è controllatissimo e i ritmi sono già dei ritmi robotici applicati agli umani, dall’altra sostituisce anche gli atti della vita quotidiana: i supermercati senza cassiere come sono già le banche, le automobili senza autista, gli sportelli degli uffici pubblici on line. Tutto questo emargina tra l’altro una grossa fetta della popolazione che non ha le capacità tecniche, i mezzi materiali, la preparazione adeguata.

Si sta costituendo il passaggio da una società in cui l’importanza dell’essere umano non era riconosciuta ad una società imperniata sull’inutilità dell’essere umano. L’essere umano è comunque insufficiente e carente, deve essere manipolato, modificato, ristrutturato, ricostruito o anche creato ex novo ad uso e consumo dei nuovi desideri e necessità dell’ attuale fase imperialista del capitale.

L’essere umano così come noi lo conosciamo è superfluo. Continua a leggere

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Puta y feminista: cronica de una trabajadora sexual

Georgina Orellano

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Sul presidio al CPR di Ponte Galeria di sabato 28 aprile

Roma – Sul presidio al CPR di Ponte Galeria e aggiornamenti dalle recluse

https://hurriya.noblogs.org/

Sabato 28 aprile, poco meno di una ventina di solidali sono tornate/i di fronte alle mura del CPR di Ponte Galeria, per portare solidarietà alle donne che, lì rinchiuse, continuano a vivere sulla loro pelle l’oppressione della detenzione e delle deportazioni. All’arrivo in stazione, digos e guardie in accordo con il personale ferroviario, in attesa al binario, non sono però riusciti a impedire al gruppetto di prendere il treno. Anche questa volta abbiamo rotto il silenzio e l’isolamento che continuamente circonda le recluse, disturbando anche la serena giornata dei numerosi visitatori della fiera “Roma incontra il mondo” (e lo rinchiude nei cpr) con cori come “Nella tua città c’è un lager, il silenzio è complicità!”.

Alla presenza delle solite guardie in difesa del lager, sono stati trasmessi musica e interventi di sostegno. Già dopo i primi saluti abbiamo sentito le voci delle donne all’interno che gridavano “libertà”, nonostante gli operatori della prigione minaccino ritorsioni contro le donne che decidono di comunicare con le/i solidali all’esterno. Dalle notizie raccolte sappiamo che le donne recluse sono una trentina di varie nazionalità, per questa ragione i messaggi di solidarietà sono stati letti in diverse lingue.

Tra gli interventi hanno preso spazio inoltre gli aggiornamenti che arrivano dal CPR di Palazzo San Gervasio, vicino Potenza, che raccontano delle condizioni che vivono gli altri uomini lì rinchiusi ma anche la resistenza ai pestaggi della polizia, alle intimidazioni e alle minacce. Speriamo che questi racconti di lotta incoraggino le recluse e le facciano sentire meno sole nella loro resistenza tra quelle mura.

Alcune donne attraverso il telefono ci hanno fatto sapere che riuscivano a sentirci chiaramente, e hanno espresso la loro rabbia per la reclusione e le terribili condizioni di vita all’interno: bagni sporchi, assenza di prodotti per l’igiene personale, cibo immangiabile condito con tranquillanti, tempi lunghissimi per ottenere una visita medica specialistica e poter essere curate adeguatamente, presenza di operatori che le minacciano e offendono, avvocate che fanno man bassa di nomine tra le recluse ma poi trascurano i loro casi, dimenticando magari di portare al giudice documenti che sarebbero stati fondamentali per la loro liberazione. Da quello che si intuisce dall’interno, sembrano anche iniziati i lavori di ricostruzione dell’ala maschile.

Continueremo a batterci perché di ogni gabbia non rimangano che macerie e finché la distruzione di ogni frontiera non lasci tutte le persone libere di muoversi e di vivere dove desiderano.

Tutta la nostra solidarietà alle compagne di Potenza recentemente accusate di aver esposto uno striscione con scritto “Fuoco ai CPR” e a Eleonora, Theo e Bastien, da una settimana in carcere per aver lottato contro le frontiere in solidarietà con le persone migranti che le attraversano.

Tutte e tutti liberi.

Alcune nemiche e nemici delle frontiere

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1 MAGGIO all’orto ins-orto!

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Acidità di Stomaco N°24

La rubrica settimanale di Noemi Fuscà ogni domenica!L’ironia è una grande arma che vi  aiuterà a far passare quell’acidità che prende allo stomaco quando vi sentite sommerse da notizie stupide, pericolose, irritanti, strumentali, false, tendenziose…

#Untaggable

Pubblicità: Scorrono hashtag tra cui ribelle ma si parla di una macchina, che a quanto pare non può essere definibile perché è tutto! È successo mille volte, usano il linguaggio politico per snaturarlo, e poi ci lamentiamo che siete attivisti e non militanti!

Automobili

Ormai le automobili non hanno un prezzo totale ma costano SOLO 120 euro al mese per mille mesi. Una volta come eredità si lasciava la casa, ma tranquille che se non potete permettervi un mutuo per una casa potrete ottenere un finanziamento per l’auto! Così lascerete quella ai vostri nipoti.

Hashtag

Le campagne mediatiche, politiche e sociali si combattono a colpi di hashtag. Al massimo si raccolgono firme online, ma solo se ti senti davvero un’attivista. Per chi vuole dirsi militante ancora non hanno inventato niente.

Lo chiede Bruxelles

Bruxelles propone di preparare una scheda vaccinale digitalizzata europea per una copertura ottimizzata. A questo punto gli scenari cyberpunk sono sempre più reali. Continua a leggere

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Sentenza maxi processo NOTAV

(Comunicato)MAXIPROCESSO: LA CROCIATA CONTRO I NOTAV ESCE RIDIMENSIONATA

Comunicato del movimento notav 

 

La sentenza odierna della Corte di Cassazione boccia buona parte dell’impianto accusatorio della procura di Torino, che ha portato in due gradi di giudizio, 53 notav a maxi condanne e maxi risarcimenti.

Lo abbiamo sempre detto che “a processo” era la nostra storia, il nostro essere movimento, e che la feroce campagna accusatoria nei nostri confronti non fosse altro che una vendetta politica, utile a piegarci vista la longevità e la forza del nostro movimento.

La sentenza è articolata e sarà perfettamente comprensibile alla pubblicazione delle motivazioni ma possiamo tranquillamente dire che comporta un’ assoluzione totale , diverse assoluzioni per capi d’imputazione e risarcimenti non confermati sopratutto per i sindacati di polizia.

Per nessuno è stata confermata la sentenza di condanna e questo significa che l’impianto accusatorio della Procura di Torino è crollato (era stato fatto proprio dal tribunale di Torino anche in secondo grado).

Per nessun notav la pena diventa definitiva e per quasi tutti ci dovrà’ essere un nuovo processo in corte d’appello. Tutti i ricorsi fatti dalla procura generale con cui erano state impugnate le sia pur poche assoluzioni intervenute in appello sono stati respinti!

In ulteriore sintesi, la linea della procura di Torino, imbastita da Caselli e Maddalena, ed eseguita dai pm con l’elmetto, subisce una sonora sconfitta, con una sentenza di cassazione che la demolisce con forza!

Ora pretendiamo giustizia ulteriore e vogliamo mettere fine a quest’opera inutile e devastante, sempre più convinti e supportati dalle nostre ragioni.

Un giorno la storia renderà omaggio a quanti si sono spesi per il futuro di tutti noi, partecipando in prima persona, con generosità e passione. Per noi è già tempo di rimetterci in marcia, e il 19 maggio lo faremo con una grande manifestazione popolare da Rosta ad Avigliana!

Si parte e si torna insieme, sempre!
Avanti notav!

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Di tecnologia, patriarcato e dei loro falsi critici

Di tecnologia, patriarcato e dei loro falsi critici

Una recensione critica che invita ad intraprendere un percorso di lotta alle nuove tecnologie che tenga in conto le analisi femministe in tutta la loro potenza.

A cura di un’anarchica femminista contro le tecnologie
melma @ grrlz.net 
Scarica l’opuscolo:

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per-lettura-a4-leggendo-la-riproduzione-artificiale-dell-umano

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Non è abuso, è stupro!!!!

NON E’ ABUSO, E’ STUPRO!!!!

La sentenza che ha derubricato lo stupro di gruppo, avvenuto nel 2016 da parte di cinque uomini di Siviglia, tra cui un poliziotto, nei confronti di una ragazza durante la festa di San Fermino a Pamplona, a semplice abuso perché la ragazza non si è adeguatamente difesa, non è circoscrivibile soltanto ad una mentalità maschilista e patriarcale perché questa è sempre legata all’ideologia che informa lo Stato, in questo caso quello spagnolo, a tutto campo. Lo Stato spagnolo ha scientemente mantenuto senza soluzione di continuità nella magistratura, nella polizia, nell’amministrazione, nei gangli delle Istituzioni le leggi, le strutture e il personale del periodo franchista. E questa scelta è stata di tutti i governi che si sono succeduti, dal Partito Popolare al PSOE, senza soluzione di continuità. Le Istituzioni che hanno emesso la sentenza sono le stesse che torturano le/ i prigioniere/i Baschi, che arrestano le/gli indipendentisti Catalane/i, che varano la “ley mordaza”. Le scelte politiche si traducono sempre in metabolismo sociale, potrebbero mai queste stesse Istituzioni dare una risposta diversa nei riguardi della violenza sulle donne? 

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Gli anni della lotta armata

Gli anni della lotta armata 

di Barbara Balzerani

https://www.facebook.com/barbara.balzerani

Per la casa editrice Bietti è uscita, dopo cinque anni dalla prima, l’edizione aggiornata de “Gli anni della lotta armata. Cronaca di una rivoluzione mancata” di Davide Steccanella. Davide è nato nel ’62, quindi nel ’68 andava in prima elementare e nel ’78 era un giovincello carino con la testa piena di riccioli. Come è riuscito a mettere insieme più di 500 pagine senza avere memoria diretta dei fatti? Semplice. Si è documentato e ci ha fornito una cronaca dettagliata degli avvenimenti dal ’69 al 2017, nonché una generosa offerta delle fonti di cui si è servito. Sembra banale ma non lo è affatto, in un epoca come questa in cui gli addetti ai lavori non sembrano obbligati a dimostrare quello che sostengono. In un’epoca di verità irrelate che esulano dall’accertamento dei fatti per approdare al sempre efficace adagio: “Calunnia calunnia, qualcosa resterà”. 
Qualcuno ha sostenuto che il libro esula dal giudizio dell’autore essendo privo di commenti, come se fosse possibile un’operazione neutra nella narrazione di fatti sociali. A mio parere, e qui sta uno dei meriti maggiori del testo, lo sguardo e le suggestioni dell’autore sono ben presenti nella scelta narrativa. In pieno quarantennale del sequestro Moro, nelle celebrazioni dell’unica verità ammessa, infarcita di dietrologia e pubblica morale prescrittiva, Davide è interessato a ricostruire il contesto storico, la realtà politica e sociale, il succedersi degli avvenimenti che possano aiutare a capire l’insorgere della lotta armata che ha coinvolto migliaia di comunisti combattenti per più di dieci anni. Che possano liberare il 16 marzo ’78 dalla narrazione alienata di un fatto inspiegabile, misterioso e come proveniente da Marte, per restituirlo a un passaggio, per quanto più importante di altri, della lunga storia del conflitto di classe di quegli anni. Infatti il libro si apre con delle cifre: 269 gruppi armati, 36.000 inquisiti di cui 6.000 condannati. Eppure la vulgata ufficiale parla di un pugno di psicopatici, assetati di sangue, eterodiretti e, soprattutto estranei alle dinamiche di classe a cui dicevano di riferirsi. 
Ma nessuna guerriglia comunista in un paese nel centro dell’Europa avrebbe vissuto più di un giorno nè si sarebbe diffusa tanto se non avesse avuto le sue radici proprio nel cuore dello scontro di classe più significativo dal dopoguerra. E Davide da qui parte. Dal ’69 operaio e dai suoi alleati naturali: il movimento degli studenti e i proletari delle periferie urbane. Uno smottamento, una corrente d’aria nello scenario stagnante voluto dall’abbraccio tra DC e PCI, che chiudeva in un blocco mortale ogni spazio all’opposizione, per relegare la dinamica politica del paese alle dispute istituzionali. Questo succedeva in anni di esplosione di protagonismo di ampi settori sociali che sperimentavano sul campo quanto l’organizzazione e le lotte, fuori dai limiti imposti da partiti e sindacati, fossero in grado di contrastare lo sfruttamento, la fatica e il bastone dei padroni. In anni di scontri di piazza, inventiva creatrice di obiettivi, strumenti di lotta e forme organizzate. E conquiste, in ogni ambito del vivere associato. 

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Degenerando si lessica

Degenerando si lessica: sull’ultima crociata dell’integralismo cattolico

Nicoletta Poidimani su Radiocane http://www.radiocane.info/

Da oltre vent’anni uno strumento concettuale di analisi – la categoria di genere – è tra le principali ossessioni dei pii sostenitori del binarismo sessuale. con l’immancabile corollario di streghe da mettere su rinnovati roghi: femministe, lesbiche, gay e trans. Con questo avventuroso viaggio tra surreali manipolazioni ideologiche e rievangelizzazioni lessicali criptofasciste, Nicoletta ripercorre il filo nero che lega gli ‘intellettuali organici’ dell’Opus dei ai nostrani organizzatori dei Family day, passando attraverso gli ultimi tre pontificati della chiesa cattolica, senza soluzione di continuità, incluso Bergoglio, tanto osannato da certa sinistra…

ascolta qui

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Venerdì 27 aprile sentenza del maxi processo

Venerdì 27/04, apericena a Chiomonte per sentenza di cassazione

http://www.notav.info/agenda/venerdi-27-04-apericena-a-chiomonte-per-sentenza-di-cassazione/

Lo scorso 11 aprile la corte di cassazione ha rimandato la sentenza del maxi processo per i fatti del 27 giugno e del 3 luglio 2011.

La sentenza definitiva avrà luogo il 27 di aprile, per molti degli imputati si apriranno le porte del carcere a causa di un processo che ha voluto tentare di criminalizzare un movimento intero.
Durante questi anni non ci siamo mai arresi e abbiamo lottato a fianco di tutti gli imputati implicati in questo procedimento costruito ad hoc da magistratura e procura per tentare di dividere il movimento.
Per questo motivo il 27 di aprile saremo ancora una volta in quei luoghi protagonisti della nostra resistenza per portare loro tutta la nostra solidarietà.

L’appuntamento è alle 19.00 per un apericena resistente ai cancelli della centrale di Chiomonte.

Si parte e si torna insieme!

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No al Pentagono a Centocelle!/ assemblea il 26 aprile

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25 aprile 2018/La resistenza è possibile!/Resoconto dell’iniziativa del 14 aprile 2018/ROTE ZORA

Un augurio di lotta per il 25 aprile 2018/LA RESISTENZA è POSSIBILE!

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Ciclo “Femminismo: paradigma della Violenza/Non Violenza”

Sezione Storia e Memoria: gruppi femministi che negli anni ’70 hanno agito violenza politica e gruppi di donne che hanno scelto azioni armate

In attesa del nulla osta da parte delle Editrici Femministe Appassionate per la pubblicazione del podcast dell’iniziativa di presentazione del libro

“ROTE ZORA-Guerriglia urbana femminista” 

vi facciamo partecipi, attraverso alcuni stralci del libro, di alcuni punti emersi dalle riflessioni sull’esperienza delle Rote Zora che riteniamo particolarmente importanti  e che rendono evidente lo spessore di quel percorso politico e la sua attualità

Il corsivo tra virgolette sono parole delle Rote Zora riportate dai loro documenti, le parti tra virgolette ma non in corsivo sono parole delle autrici del libro, il numero di pagina riportato è il numero di pagina del libro in cui si trova lo stralcio

“Rote Zora è una rete di gruppi di donne e lesbiche che ha portato avanti azioni femministe di guerriglia urbana nella Repubblica Federale Tedesca dagli anni ’70 agli anni ’90”( dalla quarta di copertina)

“[…]siamo donne tra i 20 e i 51 anni, alcune di noi vendono la propria forza lavoro dove possono, altre si prendono ciò di cui hanno bisogno e altre ricevono il sussidio dallo stato sociale. Alcune di noi hanno figli, molte altre no. Alcune sono lesbiche, altre amano gli uomini. Facciamo la spesa in schifosi supermercati, abitiamo in brutte case, andiamo volentieri a passeggiare, al cinema, a teatro, in discoteca, facciamo festa e coltiviamo il dolce far niente.

Chiaramente viviamo la contraddizione che tante cose che vogliamo fare non sono possibili. Però quando ci riesce bene un’azione, siamo veramente felici”[La resistenza è possibile, intervista alle Rote Zora, 1984] pag.51

-Lo sguardo femminista su ogni aspetto dell’esistente

“Abbiamo creato il nostro gruppo autonomo di donne  all’interno delle Cellule Rivoluzionarie nel 1977, in un momento storico in cui nella RFT si registrava una presa di distanza dalla politica armata/militante e il movimento delle donne lesbiche si divideva su questi temi. La carica iniziale del nuovo movimento delle donne-con le azioni contro il sessismo e la radicale messa in discussione dei rapporti personali-verso la fine degli anni’70 si era ormai esaurita L’esperienza dell’autunno tedesco del ’77 allontanava la possibilità di una resistenza militante più ampia, sia nel movimento delle donne-lesbiche che nell’ambito misto della sinistra extraparlamentare[…]Noi abbiamo contribuito a tener viva l’idea e la prassi  della resistenza militante contro ogni misura di integrazione e repressione dello Stato, in un momento in cui il sistema ha scaltramente tentato di assimilare la protesta, utilizzando la spinta all’innovazione per trarre vantaggio dalla creatività politica extraparlamentare e contemporaneamente reprimendo duramente la resistenza. Per questo motivo la contrapposizione al sistema deve essere radicale, non controllabile e non deve fermarsi ai limiti posti dallo Stato. Noi abbiamo scelto, anche in un periodo di immobilismo politico, di continuare a dare fastidio e minacciare la tranquillità nel cuore della bestia, lasciando aperta la possibilità di attaccare il sistema dominante” (pagg. 32-33)

“Alla base della prassi delle Rote Zora, accanto all’importanza di essere collegate al movimento, c’è l’esigenza di dare un ampio respiro alla propria politica, avendo ben chiaro che una lotta femminista comprende necessariamente un’analisi che articoli le dinamiche di tutte le oppressioni. Scrivono infatti che : <non c’è una lotta delle donne unica e pura, ma più forme di lotta delle donne e, all’interno di ognuna, ci sono sempre più elementi in movimento: oltre ai rapporti di genere, ci sono i rapporti di classe, la nazionalità, la condizione materiale>”[Ogni cuore è una bomba a orologeria, in Rabbia rivoluzionaria, n°6, gennaio 1981]pag.36 e pag.62

“Con questi presupposti la loro attenzione si rivolge a moltissime tematiche anche a quelle che, tradizionalmente ma erroneamente, non vengono definite <delle donne>. Così accanto alla questione dell’aborto, dell’industria pornografica, dello sfruttamento del lavoro delle donne si affianca la critica alla logica di guerra della NATO, alle tecnologie militari, genetiche, riproduttive  e alle politiche demografiche.”pag.36

-la violenza politica e l’illegalità

“<Rote Zora e la sua banda> è la storia di una ragazzina terribile che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Fino ad oggi sembrava un privilegio degli uomini formare gruppi che agiscono al di fuori della legge. ma proprio per questo, le mille catene private e politiche con cui veniamo soffocate come ragazze e come donne, dovrebbero renderci in massa <bandite> per la conquista della nostra libertà, dignità e del nostro essere umane. Le leggi, il diritto e l’ordine sono fondamentalmente contro di noi, anche se combattendo duramente abbiamo strappato un paio di diritti che, comunque, dobbiamo difendere continuando a lottare quotidianamente. La lotta radicale  delle donne e l’obbedienza alle leggi sono due cose incompatibili!”[La resistenza è possibile,intervista alle Rote Zora, 1984] pag.51 

“Siamo stufe di chiedere sempre e di vivere esperienze che ci frenano e finiscono sempre con il contrario di quello che vorremmo. Se chi occupa le case avesse aspettato il <buonsenso> della politica delle abitazioni, sarebbe ancora per strada. Se nel tema delle centrali nucleari avessimo puntato alla democrazia sociale, oggi probabilmente  ci sarebbero il doppio delle centrali nucleari in funzione.

La distribuzione dei biglietti di lunedì non è la prima azione di questo tipo, alcuni anni fa le CR ne fecero una a Berlino e non sarà l’ultima. abbiamo  ancora circa 4000 biglietti a nostra disposizione che distribuiremo senza preavviso, in diversi modi, di volta in volta.

Approfittate della tariffa zero! Saluti e baci Rote Zora”[Distribuzione di biglietti falsi per i mezzi pubblici, 30 marzo 1981, regione della Ruhr] pagg. 94,95

-L’internazionalismo e l’antimperialismo

“In piena guerra fredda diverse azioni delle Rote Zora sono tese a sabotare la logica militarista e imperialista colpendo l’industria bellica tedesca e statunitense. Nel 1982, insieme alle Celluile Rivoluzionarie, attaccano vari obiettivi in concomitanza con il Summit della NATO portando solidarietà anche alla resistenza palestinese. Azioni seguite l’anno dopo da un attacco alla Siemens, seconda ditta di armamenti più grande del paese, attiva nella ricerca sulle tecnologie militari e tristemente nota per la stretta collaborazione con il regime nazista.” pag.123

“Nel 1983 le Rote Zora compiono tre azioni contro quello che definiscono <commercio di donne> dalle Filippine alla RFT, cioè il lavoro sessuale di donne filippine mediato da uomini tedeschi attraverso agenzie turistiche o di matrimonio” pag. 130

“CONTRO LA CONDIZIONE DI NORMALITA’ IMPERIALISTA  SERVE SOLO LA NOSTRA RABBIA! “[Azioni esplosive alle fabbriche Siemens, 6 novembre 1983] pagg.125,126,127

-Il separatismo

“Vivevamo l’esperienza della <doppia militanza>. La lotta intorno ai temi <politici generali>, per esempio la lotta per la casa, contro il carcere, per la pace, contro gli interventi imperialisti ecc. non la portavamo avanti sulla base delle nostre analisi dei rapporti patriarcali.[…] le nuove donne-lesbiche  sopraggiunte, che volevano consapevolmente organizzarsi solo tra donne, non capivano perchè mettessimo tante energie nelle discussioni con gli uomini. Tutto ciò alla fine condusse alla separazione organizzativa[…] Abbiamo capito che l’organizzazione autonoma delle donne-lesbiche è, qui e oggi-anche nella militanza- una necessità politica fondamentale.[…]L’organizzazione comune con gli uomini ci blocca nel nostro pensiero e nel nostro sviluppo e intralcia continuamente la definizione di una prospettiva femminista rivoluzionaria”[Militanza come danza sul ghiaccio,1993] pagg.189,190,191

-L’eugenetica

“La vita è una donna/i suoi occhi/ora furenti ora sereni/lei prende l’arma/che le piace/e ti dice/la lotta continua/Rote Zora” pag.100

“Il 5 agosto 1986 siamo entrate nell’Istituto di genetica umana di Munster per appropriarci del maggior numero possibile di documenti e distruggerli col fuoco.[…] A Munster la ricerca ha diversi scopi.Si lavora sulla localizzazione dei geni e dei cromosomi(schedatura genetica), sul rilevamento più ricco possibile dei caratteri genetici, sullo sviluppo dei procedimenti tecnici riguardanti il rilevamento e la manipolazione  dei difetti ereditari, sulla costruzione del rapporto fra anomalia genetica e struttura sociale e sulla corretta elaborazione elettronica dei dati del materiale raccolto. Inoltre il materiale raccolto affluisce in diversi registri centrali e viene ulteriormente coordinato con l’apparato di controllo sanitario già esistente.[…] Tutto ciò viene propagandato come interesse per la vita e la salute.. Le donne , per soddisfare le norme indotte dalla pressione interiorizzata e dalla paura instillata coscientemente dall’alkto, o per la speranza di una felice vita individuale vanno in cerca di assistenza offrendo così materiale per una ricerca che in sé è contro le donne[…] Con la classificazione genetica  degli esseri umani  i dominanti si procurano uno strumento per osservare e controllare le persone nei loro rapporti sociali, per sottometterle a condizioni di sfruttamento e mercificazione, al fine di consolidare un’altra volta il dominio di classe patriarcale.[…]”[Distruzione dell’archivio dell’Istituto di Genetica Umana-primo comunicato-agosto 1986] pagg.105,106,107

-Formate le vostre bande!

“Il nostro sogno è che ovunque ci siano piccole bande di donne, che, in ogni città ogni stupratore, ogni commerciante di donne, ogni marito che picchia, ogni editore misogino, ogni commerciante di roba porno, ogni porco ginecologo debba temere che una banda di donne lo trovi per attaccarlo e ridicolizzarlo in pubblico. Per esempio si aspetti che verrà scritto sul muro di casa sua, sulla sua macchina, al posto di lavoro chi è e cosa ha fatto. Frauenpower uberall!” [La resistenza è possibile, intervista alle ROTE ZORA, Emma, n°6, 1984] pag. 33

“<Create le vostre bande> è stata una delle nostre prime parole d’ordine ed è servita a diffondere la  nostra idea di organizzazione militante. Anche il nome Rote Zora è stato scelto per rafforzare quell’idea. Portavamo a termine la azioni con mezzi semplici e accessibili, iscrivendole all’interno delle tematiche di donne-lesbiche(art.218 e violenza contro le donne). E’ stato importante prendere coscienza del fatto che l’ingiustizia e la violenza non sono soltanto strutturali ma hanno un nome e un volto e possono essere attaccate:>i porci hanno un nome, donne, cercate i loro indirizzi!(Azione contro la Camera Federale dei Medici a Colonia,aprile 1977). Nelle diverse forme d’azione non c’era una gerarchia: distribuzione di volantini, occupazioni, scritte, incollare serrature, lanciare sassi, collocare esplosivo, appiccare il fuoco-tutto era importante perchè parte di una stessa strategia”[Militanza come danza sul ghiaccio, 1993] pag. 35

-Militanza 

“Militanza come danza sul ghiaccio, fra piroette, giravolte, cadute, doppi salti e il tentativo di mettere i piedi per terra, 1993. […]Era ed è necessaria una riflessione su un nuovo immaginario del mondo e delle donne, a cui deve collegarsi una discussione sulla nostra forma di organizzazione e sui nostri strumenti politici come elemento costitutivo di una lotta radicale femminista. Ciò implica, fra ‘altro, la messa in discussione di concetti vuoti che vanno ripresi e risignificati.[…]Ripercorrendo la nostra storia vogliamo rendere trasparente il nostro percorso, gli obiettivi, le contraddizioni e la pratica di liberazione delle donne, traendo da queste riflessioni le basi della politica futura.”[Militanza come danza sul ghiaccio,1993] pagg.181,182,183

 

e tanto, tanto altro ancora!

Inoltre vorremmo ricordare che anche in Italia in quegli anni ci sono stati dei gruppi femministi molto vicini alle posizioni delle Rote Zora, ma sono stati silenziati dallo Stato e dal femminismo che potremmo definire vincente, quello che dallo Stato è stato supportato e con cui  ha collaborato. E’ anche questa una storia che varrebbe la pena di raccontare.

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Bridge over troubled water

di Alessandra Daniele

Sono fattorini di Foodora. Li chiamano rider. Li trattano da schiavi. A cottimo, in bicicletta sotto la pioggia e sotto controllo via GPS, come droni telecomandati della Gig Economy. Gig Robot. Hanno chiesto il diritto di essere riconosciuti come lavoratori dipendenti.
Il tribunale gli ha dato torto.
Erano operai dell’Olivetti. Respiravano amianto. Senza sapere che ciò che gli dava da vivere li stava uccidendo. Sono morti di mesotelioma. Le loro famiglie hanno chiesto giustizia.
Il tribunale gli ha dato torto.
E c’è chi ancora promette la via giudiziaria al Cambiamento. Come se la sola causa delle mostruosità del capitalismo fosse la corruzione, e quindi potesse esistere un capitalismo buono perché “sano”.
La mostruosità è connaturata al capitalismo, che produce solo “giustizia” classista.
Fra una settimana ritorna il Primo Maggio, ma i lavoratori non hanno niente da festeggiare.
Questa settimana ritorna il 25 Aprile, ma la guerra continua.
La lotta di classe è una guerra, che il Capitale sta vincendo con la sistematica disumanizzazione dell’avversario da sfruttare.
È una guerra che devasta i territori e deporta i popoli, che mette le sue vittime l’una contro l’altra per annientarle entrambe.
È una guerra di dominio e di sterminio, che fa milioni di morti più o meno “bianche”, e distrugge speranze e dignità di intere generazioni.
È una guerra nella quale è consentito l’uso di qualsiasi arma chimica, dai lacrimogeni ai cancerogeni, e dalla quale non c’è rifugio, perché se scappi dalla fame sei un “migrante economico”, cioè un clandestino. E uno schiavo.
È la madre di tutte le invasioni coloniali, e di tutti i regimi fascisti, torvi, farseschi, o entrambe le cose, più o meno camuffati da democrazie.
La lotta di classe è la guerra, e si combatte ogni giorno in ogni angolo del mondo.
La guerra per il predominio delle cose sulle persone.

Per chi potrà permetterselo, il ponte fra il 25 Aprile e il Primo Maggio s’avvicina. La liberazione dei lavoratori però è ancora lontana.

Pubblicato in 1 maggio, 25 aprile, Capitalismo/ Neoliberismo | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Bridge over troubled water