Autovalorizzazione, etica della devozione, profilazione.

Autovalorizzazione, etica della devozione, profilazione.*

Margherita Croce

*Intervento alla presentazione di “Quattro passi” del 5 ottobre 2019 al Nido di Vespe. 

Uno dei nodi che abbiamo voluto mettere a fuoco con questo libro riguarda il processo in atto di femminilizzazione di tutta la società. Con questo termine intendo riferirmi al fatto che i meccanismi di oppressione specificamente patriarcali informano oggi le dinamiche relazionali tra individui e tra individui e istituzioni e sono usati per disciplinare tutto il corpo sociale, a prescindere dalle differenze di genere.

Per affrontare i vari singoli aspetti di questo processo occorre partire da una domanda e chiedersi cosa sia il patriarcato e in che rapporti esso sia con il capitalismo neoliberista.

Molto sinteticamente, il patriarcato, per come è stato definito negli anni ’70 del Novecento – quando anche le femministe hanno impostato l’analisi dell’esistente in prospettiva materialista, cioè guardando all’effettivo funzionamento dei rapporti di produzione e riproduzione che strutturano l’economia e la società – è un modello economico che prevede un nucleo produttivo gerarchizzato, in cui il maschile e il femminile vengono definiti e ordinati in vista di una produttività ottimale. Con la nascita del capitalismo si può parlare di una accumulazione della differenza sessuale come selezione della capacità lavorativa interna al corpo sociale tale per cui si separa la forza lavoro adatta e destinata alla produzione di merci dalla forza lavoro adatta e destinata alla riproduzione di forza lavoro (lavoro di cura complessivamente inteso). Così vengono attribuite una serie di qualità e caratteri al maschile e una serie di altre qualità e caratteri al femminile (su questo processo di accumulazione primaria è sempre fondamentale la lettura di “Calibano e la strega”).

Su questa configurazione di base, il neoliberismo ha innestato delle variazioni.

Di uno di questi cambiamenti abbiamo già parlato stasera ripercorrendo le tappe del percorso di emancipazione che nel Novecento ha portato le donne a conquistare alcuni diritti civili e politici nonché l’ambito del lavoro produttivo e salariato (anche se questo non le ha sgravate dal lavoro riproduttivo e di cura).

Io vorrei invece tentare di analizzare un’altra trasformazione connessa al fatto che, nella fase neoliberista, il potere del capitale ha fortemente esteso il suo ambito di azione: lo sfruttamento della forza lavoro che prima occupava prevalentemente la sfera della produzione, ora occupa tutta la sfera del vivere. Il conflitto capitale/lavoro – che già negli anni ’70 non era confinato alla fabbrica ma anche ai territori etc. – è oggi un conflitto capitale/vita.

E ciò è accaduto perché, con grande reciprocità di intenti e di azione, neoliberismo e patriarcato sono riusciti a imporsi come metabolismo sociale. Continua a leggere

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Differenza e dominazione.

Differenza e dominazione.*

Noemi Fuscà     

*Intervento alla presentazione di “Quattro passi” del 5 ottobre 2019 al Nido di Vespe

Colette Guillaumin, femminista materialista francese, già nel 1980 scriveva che dietro l’idea di differenza si cela la dominazione. Chi è infatti che stabilisce le differenze che siano sessuali o culturali? Chi è l’Altro-a? E poi quali sono le regole per essere integrata/o? Un discorso mascherato da altruista ha occupato tutto il discorso mediatico e sociale diventando parte del pensiero comune. Questo pensiero politicamente corretto ha stravolto non solo l’uso del nostro linguaggio ma le nostre pratiche e il modo con cui guardiamo il mondo. Ha cambiato, appunto, il nostro senso comune. Un esempio per tutti: il concetto di legalità/illegalità è diventato un cappio soffocante e la sua ridefinizione ha agito pesantemente proprio in contesti quali quello dell’integrazione e dell’emancipazione. Se rispetti le regole SEI UNA-O DI NOI. Il ricatto della cittadinanza è uno strumento abbastanza logoro del potere ma che con le dovute modifiche ancora funziona proprio perché ridefinendo il senso comune sono stati ridefiniti i ruoli, i rapporti di forza e soprattutto cosa è lecito e cosa non lo è. La consuetudine finisce per superare la legge e così siamo libere con il guinzaglio a strozzo, se tiri non respiri quindi, se non respiri, è colpa tua. Il sistema ti ha solo messo un guinzaglio, se non lo sai gestire non sai usare il tuo pezzetto di libertà. E così tutte/i vogliono essere integrate/i. E chi tenta di sottrarsi soffre pesantemente l’esclusione perché non ci sono più spazi di mediazione, di contrattazione o di manovra. Una specie di American dream pervade la società, devi dimostrare di meritartelo questo sogno e il merito è peggio della prostituzione perché non c’è neanche remunerazione. Forse prima ancora pagava qualcosa, ora non c’è più un vero scambio c’è solo il miraggio di far parte dei Primi o dei più Saggi. È il paternalismo del genitore che pretende che il figlio gli dimostri il suo valore, che si dia da fare, per il suo bene naturalmente. E chiaramente il valore è anche affossare gli altri che non ce la fanno.

C’è un reciproco rimando all’interno del concetto d’integrazione tra l’oppressione di razza e quella di genere. In tutti e due i casi viene richiesta la partecipazione e l’adesione al pensiero dominante e alla filiera gerarchica, adesione e partecipazione che possiamo quindi definire auto-addomesticamento. Questa sudditanza mascherata da partecipazione è, quindi, una concessione del potere e non una vittoria della controparte. È mangiare dalle mani del padrone e scodinzolare. Questo meccanismo non viene minimamente incrinato nelle contrattazioni, nei tavoli di confronto… integrazione ed emancipazione dovrebbero essere uno strumento non il fine. Cercare accordi non significa solo accettare briciole, perché solo queste si ottengono in un contesto come quello neoliberista in cui unilateralmente il potere ha chiuso gli spazi di contrattazione, ma fondamentalmente riconoscere al sistema nelle sue varie articolazioni la dignità di interlocutore.

La ragione rivoluzionaria dovrebbe smascherare questi meccanismi, non assecondarli. Continua a leggere

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Resoconto della presentazione di “Quattro Passi” al Nido di Vespe!

“ Resoconto della presentazione di sabato 5 ottobre 2019 di “Quattro passi/Note sul femminismo nella fase neoliberista del capitale” al Nido di Vespe.

Per problemi tecnici la registrazione della presentazione e della discussione al Nido di Vespe del 5 ottobre non è riuscita, quindi non possiamo caricare il podcast come facciamo di solito. Pubblichiamo allora a seguire due post con due interventi introduttivi.

Differenza e dominazione.

Autovalorizzazione, etica della devozione, profilazione.

 

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In ricordo di Gudrun Ensslin /17 ottobre 1977/I “suicidi” di Stammheim

In ricordo di Gudrun Ensslin, Andreas Baader, Jan Carl Raspe assassinati dalla socialdemocrazia tedesca il 17 ottobre 1977.

La notte tra il 17 e il 18 ottobre 1977  questi compagni della RAF furono ritrovati senza vita nel carcere tedesco di Stammheim. Si salvò soltanto Irmagard Moller, altra militante della RAF, nonostante le gravissime ferite.

Come Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht sono stati uccisi dalla socialdemocrazia tedesca e a questo proposito leggete qui

Un filo rosso: Rosa Luxemburg Ulrike Meinhof

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La nostra sentència: Indipendència!!!!

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Spunti di riflessione

Spunti, domande, riflessioni su esclusione, inclusione, comunità e altro…da anarcoqueer.wordpress.com

“La società giustifica in se stessa, nella possibilità della
sua perpetuazione, ogni aberrazione ed è sempre per
adeguarsi ed essere accettatx dalla società che veniamo
plasmatx. Il gruppo di amicx, la classe, la squadra di
calcio, la famiglia, la coppia.”

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Cosa sta succedendo in Spagna?/CATALUNYA LLIURE!!!!!!

Condannati 12 indipendentisti/e catalani/e dai 9 ai 13 anni di carcere.

La Corte Suprema spagnola oggi 14 ottobre ha condannato l’ex vice presidente della Generalitat, il governo catalano, Oriol Junqueras, a 13 anni di carcere. Junqueras è il leader del partito Esquerra Republicana ed era il vice del presidente catalano. Con lui sono stati condannati altri 11 indipendentisti/e. Carles Puigdemont il presidente catalano è in esilio in Belgio, contro di lui è stato spiccato un nuovo mandato di cattura internazionale. 

Per rendervi conto, se non fosse abbastanza chiaro, di cosa sia la Spagna, rileggetevi questo testo che abbiamo scritto qualche tempo fa:

Una lunga storia

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BruceràBrucerà/ 18 ottobre a piazzale del Verano

E’ nato un nuovo blog per le lotte, gli aggiornamenti,i testi, gli scritti, i contributi… contro il CPR di Ponte Galeria! Eccolo qui!

https://brucerabrucera.noblogs.org/

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In una tenace ricerca dell’orizzonte

da nobordersard

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Ernesto Guevara e Hilda Gadea

  Il 9 ottobre 1967 veniva ucciso in Bolivia Che Guevara. Nel ricordarlo  ci sembra importante parlare di Hilda Gadea. Si conobbero in Guatemala nel 1954. Hilda era un’intellettuale e un’economista, dirigente peruviana dell’APRA ( Alleanza Popolare Rivoluzionaria Americana) e per questo costretta all’esilio dalla dittatura di Manuel A. Odrìa. Ernesto aveva una  grande sensibilità verso i problemi sociali e i suoi viaggi in giro per l’America Latina avevano rafforzato questo sentire, ma fu Hilda a fornirgli strumenti e coordinate politiche. E introdusse Ernesto negli ambienti rivoluzionari ed intellettuali. La passione per la letteratura e le discussioni sul marxismo fortificarono i rapporti fra loro tanto che Ernesto le chiese di sposarlo, ma lei non era convinta politicamente riguardo al matrimonio. La situazione economica di Ernesto era piuttosto precaria e fu costretto a dare in pegno alcuni gioielli di Hilda. Nel maggio del 1954 il governo guatemalteco di Arbenz, di stampo populista e che cercava di portare avanti riforme soprattutto fondiarie, fu deposto da un golpe militare foraggiato dalla CIA. Guevara partecipò ad una sorta di resistenza e Gadea venne arrestata per alcuni giorni. Si sposarono in Messico nel 1955 e divorziarono nel 1959.  Hilda Gadea, dopo la rivoluzione cubana, ricoprì molti incarichi a Cuba dove si era definitivamente trasferita e scrisse un libro sul Che dal titolo Che Guevara: los años decisivos. Morì a L’Avana nel 1974.

Il contributo di Hilda alla costruzione del pensiero e della persona del Che è stato molto importante.  

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Che sta succedendo in Ecuador?

Quello che succede in campo internazionale è sempre strettamente legato alle vicende di casa nostra. Il neoliberismo è una macchina infernale di povertà, miseria, guerre e devastazione, gli Stati Uniti sono un cancro e l’America Latina è da sempre considerata dagli USA terreno di conquista e predazione. Gli Stati che osano sottrarsi vengono perseguitati in tutti i modi come il Venezuela e negli Stati asserviti i governi neoliberisti reprimono duramente e selvaggiamente la popolazione come sta succedendo in Ecuador.

E’ tempo di riflettere sulla situazione internazionale a tutto campo. 

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Nessuna pace per chi vive di guerra!

LOTTA&SOLIDARIETA’ – prossimi appuntamenti

Venerdì 4 Ottobre, piazza san Domenico (quella con la palma di fronte alla chiesa) – quartiere Villanova, Cagliari. Dalle 18 assemblea di aggiornamento sull’indagine di 270bis a seguire dibattito sulle lotte antimilitariste in vista del corteo del 12 ottobre e presentazione dello stesso. Durante la serata sarà anche possibile prenotare i posti sui pullman per il 12. A seguire cena in piazza benefit “operazione Lince”.

PIATTO E POSATE

Sabato 12 Ottobre, ore 15 corteo al poligono di Capo Frasca.

In aggiornamento, per segnalare eventuali altri appuntamenti scriveteci alla nostra mail.

NESSUNA PACE PER CHI VIVE DI GUERRA

 

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12 ottobre a Capo Frasca!

https://www.facebook.com/aforas2016/

PIU’ DI 20 MORTI SOSPETTE A CAPO FRASCA SU 70 DIPENDENTI, MA MAI NESSUNA INDAGINE. “RACCOGLIEVAMO BOMBE SENZA PROTEZIONE, NESSUNA BONIFICA PER DECENNI E L’ACQUA DELLE FALDE ERA INQUINATA”

“Porca miseria! A Capo Frasca, tra militari e civili, ce ne sono una ventina, gente, purtroppo, ammalata, gente che è morta, però nessuno mai ha fatto un’indagine”. Sono parole pesanti, quelle del Maresciallo dell’Aeronautica Militare, Francesco Palombo, pronunciate il 27 settembre 2018 di fronte alla Commissione di inchiesta parlamentare sull’uranio impoverito. Parole che non hanno avuto grande eco, ma che aprono degli scenari tremendi su quanto accaduto in passato nel poligono militare sito nel comune di Arbus. Una ventina, tra malati e morti di tumore, sia civili che militari: numeri altissimi, se si pensa che a Capo Frasca non ci sono mai stati molti dipendenti, una settantina circa. “A Capo Frasca facevo le bonifiche del poligono, tutto quello che c’era da bonificare. Per lungo tempo senza protezione e senza niente” spiega Palombo rispondendo alle domande di Giampiero Scanu, allora presidente della Commissione e del deputato Mauro Pili. “Io non sto cercando niente, non sto cercando soldi, come tante persone. Io voglio soltanto che si curi il personale, le famiglie che hanno subito, la gente ammalata. A Capo Frasca non è mai stata fatta un’indagine di questo tipo. Anche il personale civile che lavorava con me, che raccoglieva bombe, non sa perché è malato”. Non solo la raccolta delle bombe, l’alto numero di morti e malattie potrebbe essere legato anche all’acqua: “Perché in tutti questi anni ci hanno fornito acqua da non usare per usi umani? Perché?”. Quell’acqua Palombo non la beveva, ma “finiva nel caffé, nel minestrone, nella minestrina, nel brodo, nella frutta, dapeprtutto!”.

Quello dell’acqua è un problema che non cita solo Palombo. A novembre del 2014 le denunce arrivarono dal deputato di Sel Michele Piras: “23 lavoratori su 70 hanno contratto il cancro a Capo Frasca: 12 sono deceduti, 7 sono invalidi permanenti, a nessuno è stato riconosciuto l’indennizzo”. Per decenni l’approvvigionamento idrico del poligono è stato dato da pozzi artesiani, spiega Piras, nonostante si fosse stabilito già dal ’94 che quell’acqua non era potabile. Cosa c’era in quell’acqua, ci chiediamo noi? Sicuramente batteri, ma le falde sono soggette all’inquinamento dovuto all’azione delle piogge: se la terra di Capo Frasca era inquinata dalle esercitazioni, quell’inquinamento negli anni sarebbe finito dentro la falda. Lo dice anche Giovanni Madeddu, armiere a Capo Frasca tra il 1968 e il 1987: “Un fatto è certo, anche a Capo Frasca non è mai stata effettuata una vera bonifica del territorio, sono stati lasciati per venti-trent’anni i residui delle esercitazioni delle Forze armate di tutto il mondo. Ricordo soprattutto una radura, dove si accumulavano i proiettili. Quando pioveva si creavano dei pantani e l’acqua poi filtrava nel terreno. La stessa acqua che poi – attraverso un sistema di pozzi artesiani – veniva utilizzata per ogni uso nel poligono o nei vicini poderi. E in diversi casi l’Asl ha rilevato anomalie e impedito che venisse utilizzata per scopi alimentari”.

Di casi ce ne sono tanti altri. C’è per esempio la storia raccontata dall’ex aviere Angelo Piras. “Ho svolto il servizio militare nel poligono di Capo Frasca nel 1997, due miei compagni d’armi sono morti giovanissimi, per colpa di due tumori rarissimi. Sarebbe potuto succedere anche a me, ringrazio la fortuna e il cielo se io adesso posso raccontarlo. Lo faccio per i miei amici che non ci sono più” raccontava Piras a Paolo Carta, giornalista dell’Unione Sarda. I due commilitoni si chiamavano Gianni Faedda e Maurizio Serra, colpiti da tumori alle parti genitali e al cervello: morti subito dopo la leva. C’è la storia di Ignazio Porcedda, cagliaritano ammalatosi di leucemia linfatica cronica: “Ero di leva a Capo Frasca tra il 1975 e il 1976, bonificavamo senza alcuna protezione”.

C’è soprattutto una richiesta, negli anni passati, da parte della Provincia di Oristano di estendere l’analisi epidemiologica realizzata a Quirra anche al territorio intorno a Capo Frasca. Richiesta mai messa in pratica. Qualcuno ha qualcosa da nascondere?

#12ottobre
#manifestadacapofrasca
#stopesercitazioni

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Sabato 28 settembre!

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28 settembre/presidio sotto le mura del CPR di Ponte Galeria

SOLIDARIETA’ AI RIVOLTOSI NEL CPR DI PONTE GALERIA – 28 SETTEMBRE PRESIDIO SOTTO LE MURA

I Centri di Permanenza per il Rimpatrio sono l’ultima catena del sistema di gestione dell’immigrazione, quell’anello che imprigiona le persone migranti in attesa del rimpatrio o dell’esito della domanda d’asilo. Sono luoghi di detenzione sparsi sul territorio italiano il cui numero, secondo i governi che si susseguono al potere, dovrebbe aumentare fino ad un CPR per regione italiana. Lo scopo sarebbe quello di rimpatriare le/i migranti clandestin* nei loro paesi d’origine, ma questo avviene in percentuali piuttosto basse per la mancanza di accordi bilaterali con le nazioni di destinazione e la difficoltà di identificazione della loro reale provenienza. Scopo principale del CPR rimane quindi quello di minaccia per le/i migranti senza regolare permesso di soggiorno, che possono essere sfruttatx nelle campagne, nelle fabbriche e nella logistica con la paura – se non rispettano gli estenuanti turni e la misera paga di lavoro – di vedersi rinchiusi nel CPR per un periodo che si è esteso fino a 180 giorni.
Questo è lo scopo che le politiche di immigrazione dello Stato intendono ottenere, gestire e selezionare solo i lavoratori e le lavoratrici più ricattabili per mantenere a zero il costo del lavoro e, di fatto, reintrodurre la schiavitù nel mercato economico. La lotta sovranista per il controllo delle frontiere nasconde l’intenzione di selezionare la mano d’opera gestendo le frontiere, del mare a sud o di terra a nord, aprendole o chiudendole in base alle esigenze di mercato.

L’estate è sempre un momento caldo di rabbia e resistenze. Le condizioni di vita all’interno dei centri sono sempre più dure così come la repressione di ogni forma di resistenza e organizzazione; nonostante ciò sono quotidiane le lotte delle persone rinchiuse. Tentativi e successi di fughe hanno costellato gli ultimi mesi, da Tenerife a Torino, da Plaisir a Roma, dove la riapertura della sezione maschile nel mese di giugno è stata inaugurata da una rivolta e dall’evasione di dodici persone. E ancora ieri 20 settembre gli uomini reclusi a Ponte Galeria hanno dato vita a una rivolta per protestare contro il rimpatrio di alcuni prigionieri; sono stati bruciati materassi e le fiamme hanno coinvolto 4 delle 6 aree in cui è suddiviso il lager. Alcune zone sono state probabilmente rese inagibili tanto da costringere chi gestisce il centro di detenzione a trasferire una decina di persone all’interno della sezione femminile del CPR.  E’ emersa subito forte e determinata la richiesta da parte dei rivoltosi di diffondere il più possibile quanto stava accadendo tra le mura del lager: all’interno dei CPR i contatti con l’esterno vengono sistematicamente ostacolati e, da quando è stato vietato l’utilizzo dei telefoni cellulari, far sapere a chi è fuori cosa avviene tra le sbarre di questa prigione per persone senza documenti è diventato ancora più difficile.

Crediamo che tutto questo sia funzionale a rimarcare l’isolamento delle persone recluse, a zittire le loro voci e a spezzare i legami di solidarietà tra chi è dentro e chi è fuori.

Crediamo anche che proprio per questo sia necessario continuare a sostenere chi resiste ogni giorno e si ribella contro le disperate condizioni di vita di questi lager, cercando di spezzare l’indifferenza e il silenzio che lo Stato vorrebbe calare su queste prigioni, comunicando con chi è reclus* e facendo uscire la voce di chi ha il coraggio di raccontare cosa succede nei CPR. Voci che raccontano i soprusi e le  sopraffazioni agite dalle forze dell’ordine e da operatori e operatrici, soprattutto se ci si oppone all’assurda quotidianità di quel luogo di cui la maggior parte delle persone non conosce l’esistenza, ma anche le più disparate forme di rivolta e resistenza.

In un momento in cui lo Stato, complice delle morti in mare, delle torture in Libia e responsabile della detenzione ed espulsione di migliaia di persone, reprime ogni forma di opposizione e solidarietà, non smettiamo di lottare contro questo sistema e continuiamo a tornare sotto quelle odiate mura.

SOLIDARIETA’ A TUTT* RIVOLTOS*
SOLIDARIETA’ ALLE PERSONE COLPITE DALLA REPRESSIONE DELLO STATO

CONTRO TUTTE LE GABBIE

SABATO 28 SETTEMBRE
ORE 16
FERMATA FIERA DI ROMA

NEMICHE E NEMICI DELLE FRONTIERE

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