
“TIFO” / Intervista a Lidia Martin

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Abbiamo deciso di intervistare Lidia Martin perché da poco è uscito il numero 48 della rivista Zapruder “Storie in movimento”, che potete trovare qui http://storieinmovimento.org/2019/06/18/quarantottesimo-numero/, dedicato allo sport o meglio non proprio allo sport ma al Tifo, un argomento che a noi come coordinamenta interessa molto e a cui vorremmo dedicare degli approfondimenti e delle iniziative. Dato, poi, che Lidia oltre ad essere una storica è anche una femminista, a noi fa molto piacere discutere con lei ed è proprio lei che insieme ad Alice Corte e Alessandro Stoppoloni ha curato questo numero 48.
Quindi, Lidia, ci farebbe piacere prima di tutto farti una domanda che ci siamo poste subito appena abbiamo visto il numero perché siamo state colpite piacevolmente e anche attratte dal titolo che avete scelto, cioè “Tifo”, non un generico titolo sullo sport ma un titolo che ci ha trasportate in un ambito che apre tantissimi scenari e quindi vorremmo chiederti la ragione di questo titolo e gli obiettivi che voi come curatori vi eravate ripromessi.
Lidia: Rispondere a questa domanda mi fa molto ridere e adesso capirai perché. Faccio un piccolissimo passo indietro su come funziona Zapruder. E’ una rivista di storia della conflittualità sociale che nasce all’interno di un progetto che è quello dell’Associazione Storie in movimento che è una delle tante eredità che ha lasciato il movimento dei movimenti di Genova 2001 ed è forse una delle più longeve. Dico questo perché alcuni degli approcci che erano quelli della partecipazione, dell’orizzontalità che erano propri di quel movimento, noi come Zapruder continuiamo a portarceli dietro e a praticarli e le proposte di numero di Zapruder vengono presentate nel corso dell’assemblea generale che si svolge una volta all’anno. La proposta di questo numero quindi nasce così: Alice Corte e Alessandro Stoppoloni, come curatori, l’hanno presentata all’assemblea di Parma, c’è stata una discussione, il numero è stato accettato perché è piaciuto. Entrambi erano partiti dal fenomeno ultras cercando di allargare lo sguardo più in generale sul tema della tifoseria e sui conflitti che genera nel senso sia di identità e di appartenenza sia di conflittualità rispetto al sistema.
Zapruder nel lontano 2004, in uno dei primissimi numeri, il numero 4, curato da Carmelo Adagio e Chiara Giorgi, affrontava la questione dello sport come identità ma non prendeva assolutamente in considerazione il fenomeno della tifoseria, della partecipazione, quella dimensione diciamo più popolare. Non so dirti poi perché, dato che io non facevo parte ancora della redazione, però il mantra che era rimasto era questo cioè che il numero non si era occupato della tifoseria. Era stata una scelta dei curatori perché si sarebbe aperto un mondo che allontanava da quelle che erano le loro intenzioni. Invece la proposta che è arrivata da Alessandro e Alice era fortemente centrata sul momento di partecipazione e anche di conflitto. E quindi avevano presentato questo titolo che forse era Tifo, forse era Tifosi, non mi ricordo, e così ce lo siamo trascinato per tutta la realizzazione del numero. Poi, il numero è andato in impaginazione, abbiamo fatto la correzione delle bozze, stava uscendo in stampa e siccome questo numero esce con una grafica nuova, una casa editrice nuova, un formato nuovo, ad un certo punto dentro la redazione ci si è posti il problema che forse il titolo era troppo semplice e abbiamo cercato un titolo alternativo, un titolo di quelli nostri che fanno giochi di parole…ci siamo scervellati per una settimana senza arrivare da nessuna parte e alla fine abbiamo mantenuto Tifo e quindi mi fa piacere il vostro interesse perché si vede che il titolo funziona, che piace nella sua essenzialità.
Coordinamenta: sì, a noi è piaciuto proprio per questa sua semplicità molto diretta.
Lidia: e poi, soprattutto, perché gioca, diciamo così, su un doppio senso, come viene accennato nel testo di Giuseppe Cilenti in apertura del numero. Il Tifo richiama una malattia. Noi in accademia.edu abbiamo un profilo, il “social network degli intellettuali” come lo chiamo io, in cui vengono inseriti i lavori che poi vengono catalogati a seconda delle definizioni. Quando ho inserito l’indice del numero per far sapere che lo avevamo pubblicato, questo è stato catalogato sotto la malattia. Quindi ho dovuto trovare delle modalità alternative per far sapere che non si trattava della malattia. Mi fa piacere perciò che a voi invece sia piaciuto così proprio perché era diverso. Il numero poi ha un sottotitolo “Conflitti, identità, trasformazioni”, le declinazioni secondo le quali abbiamo cercato un po’ di costruire il numero e questa nostra narrazione. Continua a leggere→