La Parentesi di Elisabetta/Memoria collettiva

Da ” I nomi delle cose” del 3 ottobre 2012

MEMORIA COLLETTIVA

Elisabetta Teghil

L’area della comunicazione sociale è l’area della vita sociale.

Sul terreno sociale, l’esistenza di un evento è strettamente legata al suo essere comunicato. Gli avvenimenti esistono quanto e in quanto vengono comunicati.

La prima scelta che il capitale fa è di dare o non dare comunicazione di un evento. E, in questo, ci agevola il compito perché ci dice dove quell’evento è collocato.

Successivamente avvelena l’informazione con la simulazione e la manipolazione. Ed ancora, con la selezione di tutti i testi e con la conseguente rimozione di quelli che entrano in contraddizione antagonistica con l’ideologia ufficiale.

E’ la trasformazione dei fatti accompagnata dalla selezione, per cui certi elementi vengono tradotti in testo ed altri, tramite la voluta dimenticanza, dichiarati inesistenti.

L’usura del tempo non c’entra con il fatto che una catena di eventi venga ad essere rimossa dalla memoria collettiva. La causa e i processi di dimenticanza e di oblio sono voluti e perseguiti attraverso la falsificazione dell’esperienza storica, la produzione di ricordi sostitutivi, di codificazioni fuorvianti e fraudolente.

In definitiva, un far sapere diverso, la falsificazione di un evento, la sua rimozione e /o sostituzione.

Si parla di un evento “trasgressore” non per rappresentarlo, ma per farlo esistere come elemento di legittimazione del potere. In tal modo, esso è taciuto, per quanto riguarda il contenuto liberatorio e rivoluzionario, e parlato, per giustificarne lo stravolgimento-assorbimento, quando non la repressione.

In luogo del non far sapere , si sceglie di far sapere ciò che legittima il potere e, pertanto, funziona come strategia di controllo sociale.

La produzione di falsificazioni, mentre dissimula eventi sociali reali, ne propone una “rimodellizzazione” falsa.

E’ vera e propria controrivoluzione che si svolge e si pratica sul terreno dei linguaggi.

Le reti della comunicazione sociale si trasformano in un’occasione di scontro e la posta in gioco è la memoria di un genere, di una classe, di un’etnia….

L’esperienza passata condiziona quella futura e, dunque, si configura come codice dell’attività riproduttrice e, pertanto, la declinazione e la traduzione della memoria collettiva assumono una grande importanza.

Per questo, si tende a legittimare quei comportamenti del passato che non entrano in contraddizione con gli interessi di conservazione della società patriarcale e capitalista.

Per questo, è necessario conquistare una memoria autonoma e collettiva della trasgressione femminista.

Se la produzione semiotica della borghesia si serve della inibizione della reminiscenza, della distruzione della memoria, della simulazione per controllare la coscienza e i comportamenti delle donne, queste ultime non possono non rifiutare il carattere “feticcio” ed alienato della memoria dell’ideologia vincente ed elaborare una memoria collettiva e sociale della loro identità rivoluzionaria e liberatrice.

La memoria è l’occasione per produrre nuove possibilità e dare un senso agli eventi presenti e futuri.

La memoria del movimento femminista non edifica monumenti a sua gloria, ma ha un carattere decisamente creativo, vive nella dialettica e nella dialettica si alimenta e si espande.

Non teme la pluralità dei linguaggi, né il loro proliferare, bensì la loro assenza e la lettura e l’interpretazione che le missionarie del verbo borghese fanno, riducendo tutto nell’alveo di questa società e della sua conservazione, producendo, in questo modo, un’esclusione a priori, condannando all’oblio tutti quegli aspetti dell’esperienza storica e sociale del femminismo che erano legati ad un’ipotesi di superamento della società patriarcale e borghese.

Non è da questa lettura , meramente ed esclusivamente emancipatoria, non è da un assordante sgomitare per ottenere posti di comando e per fare carriera, che possiamo aspettarci la nostra liberazione.

Il femminismo non può abbandonare mai la lotta di liberazione che è possibilità di comunicare, di dare voce a tutte le lotte del presente come del passato e alle loro ragioni.

E’ portare fuori ogni lotta dall’ambito riduttivamente femminile, è vanificare così tutti i tentativi di ghettizzazione.

E’ smascheramento dei codici linguistici del potere che costituiscono la rete essenziale del controllo sociale.

E’ la capacità di investire tutti gli aspetti della vita: dal lavoro all’eros, dai sogni ai linguaggi quotidiani, dalla politica all’arte….

E’ rivoluzione totale.

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