Nell’ambito di “LOGOS-LA FESTA DELLA PAROLA-TERRA”

al csoa EX-SNIA
via Prenestina 173-Roma

Venerdì 12, alle ore 18.00
Presentazione di

“IL SOCIALE E’ IL PRIVATO”
edizioni Bordeaux 2012
di e con ELISABETTA TEGHIL

Che cosa accomuna le lotte contro il TAV, le proteste dei terremotati/e de L’Aquila ,le lotte contro l’Expò 2015….le retate dei Senegalesi al Pigneto… i “Centri di identificazione ed espulsione” per le migranti ed i migranti…le lotte nei territori sardi?
Ad una prima lettura potrebbero sembrare realtà diverse e, al massimo, le accomunerebbe il fatto che nei confronti delle une e nelle altre, si eserciti repressione.
Ma c’è qualcosa d’altro.
E’ l’occupazione militare del territorio: metodi e modalità sono quelli applicati nelle colonie.
Le logiche utilizzate nei territori coloniali oggi vengono usate nei territori metropolitani.
Questo due volte:
la prima come presa di possesso fisica del territorio da parte di unità militari/poliziesche che si muovono come truppe di occupazione e come tali vengono percepite e subite dalla popolazione, tanto che militari e uomini in divisa si permettono stupri e violenze sulle donne come se fossero bottino di guerra,
la seconda perchè come gli indigeni e i nativi, così i valsusini/e e le aquilane/i e gli abitanti di Rho…. vengono presentati come popoli senza storia e senza memoria.
“….i cerchi si rincorrono: le donne NO TAV ci dicono che contro l’arroganza, la prepotenza, l’occupazione della loro terra, guidate dalle masche antenate, fanno in Clarea un cerchio di “auspici e malefici”. Noi siamo dalla loro parte e dalla parte del popolo Mapuche e di tutte/i quelle/i che si battono per la loro libertà perchè è, necessariamente, anche la nostra.”
E “…le città erano luoghi di lotta collettiva e di solidarietà. Oggi, gli effetti del nuovo modello produttivo, definibile capitalismo flessibile, non si riverberano solo sul mondo del lavoro, ma si proiettano sul tessuto urbano. Così come il nuovo sistema produttivo genera rapporti per cui si lavora, intensamente, sotto una forte pressione, ma non c’è più solidarietà fra lavoratori/trici, sia in fabbrica che in ufficio, così anche le relazioni tendono a cambiare e a diventare superficiali e indifferenti.
Il primo passo è la standardizzazione dell’ambiente urbano….”
” Cercare un modo per ritrovare, nel lavoro, la dimensione collettiva e, nelle città, il carattere politico dello spazio significa riscoprire lo spirito e la pratica della conflittualità sociale.”

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