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Femminismo: paradigma della Violenza/Non Violenza
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Sunt custas sas curas chi serbint?
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La Coordinamenta verso il 25 novembre/ Sul mio corpo decido io!
Sul mio corpo decido io!
<Il corpo è mio e decido io> è un’affermazione che fa parte da decenni ormai del patrimonio del movimento femminista. E’ un’affermazione fortemente politica che rivendica la libertà di decisione su tutto quello che riguarda il corpo, terreno di scontro fisico, palpabile e diretto delle lotte contro l’oppressione patriarcale. Ma non può essere certo un’affermazione confinata all’interno di aborto e contraccezione, maternità e sessualità…siamo perfettamente consapevoli ( o no?) che dichiara la volontà di decidere di noi stesse a tutto campo e in ogni momento della nostra vita.
Presuppone il rifiuto della delega, del ruolo degli esperti e delle esperte, dell’ingerenza dello Stato sul nostro corpo e sulla nostra salute. Questo assunto non può essere applicato all’interno di interessi categoriali. E’ un’affermazione politica fondamentale nella lotta contro la società neoliberista che ha la pretesa di patriarcalizzare la vita di tutti trascinando nella totalità del sociale le modalità di oppressione che vengono messe in atto nei confronti delle donne attraverso il modello patriarcale.
Per questo è necessario opporsi fermamente ad ogni tentativo da parte del potere di imporre la coercizione dei nostri corpi attraverso il ricatto di un <bene comune e superiore> a cui ci dovremmo assoggettare e piegare. Non saremmo, evidentemente, in grado di decidere da sole, saremmo irresponsabili e in fin dei conti, dovremmo essere guidate da chi ne sa più di noi prendendo atto della nostra scarsità e inadeguatezza. Questa impostazione è allo stesso tempo infantilizzante e colpevolizzante e costituisce una caratteristica precipua del dominio patriarcale che il neoliberismo ha fatto propria.
Se accettassimo di fare un passo indietro rispetto ad un principio che non solo noi riteniamo fondante, ma che risulta tale dalla nostra storia, dalla nostra memoria e dalle nostre lotte, per un’emergenza come quella attualmente dichiarata per il Covid-19, questo significherebbe essere disposte ad accettare che l’assunto di partenza sia sempre sub iudicio cioè modificabile ogniqualvolta il potere lo ritenga necessario e che sarebbe giusto per lo Stato, in qualsiasi momento e per il bene <comune>, obbligarci ad abortire o a non abortire, a fare figli o a non farli, ad entrare in un modello sessuale o in un altro perché siamo infantili, inaffidabili, incoerenti, immature, bisognose di una guida e incapaci di gestirci da sole, perché non sappiamo qual’é il nostro bene e ci dobbiamo affidare a chi ne sa più di noi a cui dobbiamo considerazione e rispetto.
Ci ritorna alla mente un intervento molto bello di una compagna femminista all’interno dell’Incontro nazionale separato del 2012 “Il personale è politico, il sociale è il privato”, organizzato dalla Coordinamenta, che si intitolava Il corpo è mio, dello Stato o del mercato? di cui riportiamo uno stralcio illuminante
[…] Si potrebbero fare centinaia di esempi, dove vengono coinvolti il lato affettivo, la buona volontà, l’umanità, la pietà, magari anche assieme alla volontà di mantenere un posto di lavoro che, seppur per quattro soldi, ci permette di campare, dimenticando che la nostra vita dovremmo sceglierla noi e non farla scegliere ai nostri sensi di colpa e che il tempo è nostro. Non è un appello all’individualismo: la solidarietà è quella che noi decidiamo di portare avanti nei confronti delle altre, al di là degli obblighi che ci vengono imposti, è spontanea; essa è coscienza di classe, ha l’obiettivo di sostenerci le une con le altre in nome di parole comuni e non di interessi corporativi; non è carità e non si deve acriticamente a tutti; ma soprattutto non è e non deve essere un modo per renderci complici del sistema. (ATTI dell’Incontro nazionale separato< Il personale è politico, il sociale è il privato> pp.29-30)
Se c’è un movimento che in questo momento dovrebbe battersi contro il lockdown e le modalità di attuazione dell’attuale dichiarazione di emergenza è proprio il movimento femminista. Altrimenti che cosa significano autonomia, autodeterminazione, gestione di se stesse?
Il controllo cosciente del proprio comportamento è una possibilità tutta da conquistare e assolutamente da difendere. Coscienza di genere è avere consapevolezza dei complessi meccanismi delle leggi e dei processi di interiorizzazione delle ideologie ufficiali, vecchie e nuove, significa capacità di progettazione consapevole del nostro futuro, significa pratica sociale orientata alla realizzazione delle nostre aspirazioni e alla liberazione di noi tutte. La coscienza personale non si annulla nella coscienza sociale, ma in questa prende linfa e si arricchisce e si sviluppa e si consolida nel corso della rivoluzione sociale contro tutte le manifestazioni del dominio reale del capitale e del patriarcato.
Sul mio corpo decido io!
Coordinamenta femminista e lesbica
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Sabato 21 novembre allo Sweet Bunch/Riflessioni femministe sull’epidemia del nostro tempo
RIFLESSIONI FEMMINISTE SULL’EPIDEMIA DEL NOSTRO TEMPO: l’assoggettamento volontario
con Nicoletta Poidimani ed Elisabetta Teghil coautrici in <KRISIS.Corpi, confino e conflitto> ( ed.Catartica 2020)
organizzato da SweetBunch via Casilina 283/A Roma
<Importante non è soltanto ciò di cui parliamo, ma anche come e perché decidiamo di parlare> bell hooks
[…] Secoli di sperimentazione sulla pelle delle bambine/adolescenti/donne hanno costituito un vero e proprio laboratorio delle forme di sfruttamento, controllo, repressione e reclusione tipiche della modernità capitalista-dalla schiavitù al colonialismo e alle prigioni, dai manicomi ai lager per immigranti. Dispositivi che hanno spianato la strada alla costruzione della paura e alle conseguenti politiche di confinamento coercitivo che hanno caratterizzato il grande esperimento sociale dissimulato sotto il nome di “emergenza covid”[…]
[…] La società tutta è stata patriarcalizzata. E’ stata definita una riorganizzazione d’importanza storica. Si tratta di un progetto di generale riorganizzazione sociale con un respiro di ampiezza strategica. L’impianto discorsivo si avvale di un’impostazione filosofica la cui finalità esplicita non è una soluzione temporanea dei problemi che travagliano la società nell’immediata emergenza, bensì una ristrutturazione che sposti a un livello più alto di forza e di stabilità i rapporti di produzione e il comando capitalistico[…]
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Guardare con altri occhi
Guardare con altri occhi
[…] Questa società dà per scontate e ci fa interiorizzare, la solitudine, la miseria, la paura, la rassegnazione, l’idea che non ci può essere niente di meglio, in definitiva naturalizza la rinuncia ad ogni possibilità di gioia, di realizzazione anche dei più piccoli desideri sostituendoli con surrogati mercantili dati in pasto ad esseri che hanno perso ogni speranza e che tentano vanamente di gratificarsi vendendo ogni attimo della loro esistenza per un paio di scarpe in saldo comprate su internet o per una promozione a scapito del/della collega.
Noi donne abbiamo sempre saputo cosa vuol dire rinunciare ai sogni e alle speranze. Ci hanno costrette per secoli ad accettare matrimoni che non volevamo, ci hanno costrette alla sottomissione a padri, mariti, figli, leggi e uomini di potere. Quello che potevano fare tutti gli altri noi non potevamo farlo, venivamo punite con la chiusura tra le pareti domestiche, dovevamo fare figli anche se non li avremmo voluti, anche se sognavamo di volare via. L’orizzonte davanti a noi era il cortile di casa, la finestra con le gelosie, era camminare per strada senza guardare, non possedere ma essere possedute. Essere sempre di qualcuno. Il nostro corpo e la nostra mente dovevano essere sempre a disposizione. Se dovessimo definire in una parola quella che è stata la vita delle donne è “rinuncia”, sempre e comunque, per un dovere più importante di noi, per accudire i figli, i genitori, i fratelli, per il decoro, per il buon nome, per la famiglia, per la nazione… Ci hanno sempre detto che tutto questo era naturale, era normale, a questo eravamo destinate, da un dio o da tanti dei o dal destino, non importa. Ci siamo piegate, ma era solo per finta, siamo morte ma era solo per finta perché non abbiamo mai smesso di lottare, ci siamo difese con le unghie e con i denti. Ora ci stiamo svendendo per un piatto di lenticchie. Per che cosa poi, perché alcune possano entrare nei posti di comando e possano partecipare al banchetto del capitale continuando a tenere nella servitù tutte le altre?
Invece di rivendicare riconoscimento e gratifiche, di immiserirci nelle quote rosa, di sbatterci per dimostrare che si è più brave e migliori, di difendere il rendimento, la produttività, la meritocrazia, dovremmo ribaltare completamente l’approccio alla vita, al lavoro, alla società. Rivendicare gli spazi di autonomia, sottrarsi il più possibile ai vincoli, alle norme, agli steccati, ai paletti, alla legalità, fare della resistenza quotidiana e personale modello di esistenza e di propaganda.
Proprio per quello che abbiamo passato, per la storia che ci accompagna, noi che abbiamo il senso della vita, che abbiamo toccato con mano cosa vuol dire la morte della speranza, noi, dobbiamo sostenere ogni più piccolo tentativo di ribellione alla normatività asfissiante perché è il primo atto di libertà. Ci dovrebbe, piuttosto, preoccupare il contrario cioè il fatto che nessuno/a abbia il coraggio di disattendere le regole imposte e non che qualcuno/a le trasgredisca.
La lotta delle donne, la loro esperienza storica potrebbero essere di grande aiuto in questo momento nel fare chiarezza sull’asservimento messo in atto dal neoliberismo perché l’attuale fase capitalista è proprio caratterizzata da meccanismi molto simili a quelli patriarcali.
La libertà è ribellione, è forza di dire no, è rifiuto della negatività che impregna i valori dominanti, è la gioia del sottrarsi alle regole del lavoro, della competitività, è scappare dalle norme imposte, è la felicità di aver “rubato” anche un solo minuto al controllo della legalità e della normatività. Perché noi donne sappiamo il significato e la forza che ha e può avere tutto questo. Molte donne, durante la caccia alle streghe, venivano bruciate sul rogo a testa in giù perché fosse chiara la punizione per chi aveva tentato di sovvertire le regole e aveva minato l’ordine sociale.
La libertà ha un fondamento materiale. E’ lì come l’hanno creata le lotte di classe e di genere, è produzione di soggettività, è vita viva.
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Dove va il femminismo?
OÙ VA LE FÉMINISME ?
Una domanda quanto mai attuale in una pubblicazione uscita da poco
<Nessuna rivoluzione sociale senza la liberazione delle donne!
<Nessuna liberazione delle donne senza rivoluzione sociale!
Nel rivolgimento del post-68, questo slogan rifletteva bene l’aria dei tempi affermando che la lotta di classe e la lotta contro l’oppressione maschile andavano di pari passo per il cambiamento radicale della società.
Ma la fine dei “Trenta Gloriosi” e del blocco sovietico, la propaganda <liberale> e le teorizzazioni postmoderne hanno alla fine fatto dimenticare il desiderio di rivoluzione. L’Università si è appropriata delle questioni di genere e delle minoranze, con la <teoria queer> e le analisi sull’ <intersezionalità>. Il femminismo si è spostato su una richiesta di integrazione avanzata soprattutto da donne delle classi medie ed elevate-passando per l’eliminazione delle ineguaglianze salariali con gli uomini e per un aumento della repressione delle violenze maschili. Lo sfruttamento di classe è stato relegato dietro una grande varietà di oppressioni da decostruire individualmente all’interno della società esistente…
Tuttavia non si riforma un sistema – e uscire dal capitalismo e dal patriarcato implica sempre concretizzare questo progetto collettivo: la rivoluzione sociale!
« Pas de révolution sociale sans libération des femmes !
Pas de libération des femmes sans révolution sociale !«
Dans le bouillonnant après-68, cette affiche reflétait bien l’air du temps en affirmant que la lutte des classes et la lutte contre la domination masculine allaient de pair pour changer radicalement la société.
Mais la fin des Trente Glorieuses et du bloc soviétique, la propagandsi è e « libérale » et les thèses postmodernes ont ensuite fait oublier le désir de révolution. L’Université s’est emparée des questions du genre et des minorités, avec la « théorie queer » et les analyses sur l’« intersectionnalité ». Le féminisme a évolué vers une demande d’intégration émanant surtout de femmes des classes moyennes et supérieures – et passant par la suppression des inégalités salariales avec les hommes et par une répression accrue des violences masculines. L’exploitation de classe a été reléguée derrière une foule d’oppressions à déconstruire individuellement dans la société existante…
On ne réforme pourtant pas un système – et s’émanciper du capitalisme et du patriarcat implique toujours de concrétiser ce projet collectif : la révolution sociale !
SOURCE : editionsacratie.com
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I Puntini sulle A/Comunicazione urgente
COMUNICAZIONE URGENTE
Carissime, l’incontro di autoformazione con Silvia Baraldini su ‘Intersezionalità e sorellanza’ del 14 novembre prossimo è rinviato a data da definire.
Per gli incontri successivi, vi daremo conferma di volta in volta e con una settimana di anticipo rispetto alle date stabilite, in modo che possiate organizzarvi.
Un caro saluto da tutte noi
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Omaggio alla rivoluzione d’ottobre
Questa bella immagine l’abbiamo presa dal FB di Barbara Balzerani. Grazie!
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I nostri corpi e le nostre menti
Nuove colonie da invadere…
http://www.nicolettapoidimani.it/?p=1560
[…] La pandemia di coronavirus ed il confinamento hanno dimostrato ancor più chiaramente come ci hanno ridotto ad oggetti che devono essere controllati, e i nostri corpi e le nostre menti diventano una specie di nuove colonie da invadere. Gli imperi creano colonie, le colonie riuniscono i beni comuni delle comunità autoctone e li trasformano in fonti di materie prime che si estraggono a fini di lucro. Questa logica lineare ed estrattiva è incapace di percepire le relazioni intime che permettono la vita nella natura. È cieca alla diversità, ai cicli di rinnovamento, ai valori del dare e del condividere, così come al potere e al potenziale dell’auto-organizzzazione e del mutuo aiuto. È cieca al disordine che crea e alla violenza che provoca.
Il confinamento prolungato del coronavirus è stato un’esperienza di laboratorio per un futuro senza umanità.
Il 26 marzo 2020, nell’apogeo della pandemia di coronavirus e nel mezzo del confinamento, l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI) ha concesso a Microsoft una patente. La patente WO 060606 stabilisce che “l’attività del corpo umano associata ad un compito affidato ad un utente si può utilizzare in un processo di estrazione di criptomoneta…”.
La “attività corporale” che Microsoft aspira ad”estrarre” comprende le radiazioni emesse dal corpo umano, l’attività cerebrale, la circolazione dei fluidi corporali, la circolazione sanguigna, l’attività degli organi, i movimenti corporali (come quelli oculari, facciali e muscolari), così come tutte le altre attività che si possano individuare e rappresentare tramite immagini, onde, segnali, testi, numeri o qualsiasi altra informazione o dato.
La patente è una richiesta di proprietà intellettuale sul nostro corpo e sulla nostra mente.
Nel colonialismo i colonizzatori si arrogano il diritto di prendersi le terre e le risorse dei popoli autoctoni, di eliminare la loro cultura e la loro sovranità e, in casi estremi, di sterminarli. La patente WO 060606 è una dichiarazione di Microsoft secondo la quale il nostro corpo e la nostra mente sono le sue nuove colonie. Siamo miniere di “materie prime” da estrarre, i dati estratti dal nostro corpo. Invece di esseri sovrani, spirituali, coscienti e intelligenti che prendono decisioni scegliendo con saggezza e che possiedono alcuni valori etici rispetto all’impatto che le nostre azioni hanno sul mondo naturale e sociale di cui facciamo parte e al quale siamo strettamente legati, siamo “utenti”. Un “utente” è un consumatore senza scelta nell’impero digitale.
Ma la visione di Gates non si limita a questo. Di fatto è ancora più sinistra: si tratta di colonizzare il cervello, il corpo e la mente dei nostri figli ancor prima che abbiano avuto l’opportunità di capire com’è la libertà e la sovranità, cominciando dai più vulnerabili. […] VANDANA SHIVA
Il testo integrale si può leggere qui.
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La rivolta della vita/Domenica 8 novembre al Sweet Bunch
La rivolta della vita/ Tempesta sociale sugli Stati Uniti
Iniziative al Sweet Bunch via Casilina 283/A
Domenica 8 novembre ore 14
Introduzione multimediale alla cronologia dell’insurrezione: cronache corrispondenze, letture, video sottotitolati e suoni della ribellione di George Floyd.
Elementi storici e politici alla base della attuale sfida rivoluzionaria negli Stati Uniti.
Il ruolo delle lotte di liberazione afroamericane tra passato e presente: una conversazione aperta con Silvia Baraldini.
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Zardins Magnetics di giovedì 5 novembre 2020
Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, alle ore 20.
Gli argomenti:
Un contributo sulle donne di repressione: lottare contro il patriarcato non basta, bisogna combattere anche le patriarche; un comunicato del compagno Davide Delogu; la chiamata per le due settimane di mobilitazione a sostegno degli anarchici e delle anarchiche sotto processo; la Musica checccipiace!
FM 90.0 MHz – streaming https://radioondefurlane.eu/ – podcast https://soundcloud.com/radiaz10n3
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Reagiamo/perché nessuna sia sola
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Ieri a Roma
Tu ci chiudi Tu ci paghi!
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Questa notte a Firenze
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