PRESIDIO CONTRO LA SORVEGLIANZA SPECIALE

UN DESERTO SOCIALE A TUTTI I COSTI
Come ulteriore giro di vite per i fatti del 30 ottobre in cui migliaia di persone si rivoltarono a Firenze contro il governo, il comune e la polizia, eccoci recapitata l’ennesima lettera verde dal tribunale: non si tratta di una denuncia, ma dell’invito per una nostra compagna a presentarsi in tribunale il giorno 14 Aprile 2021 per presenziare all’udienza in cui verrà decisa o meno l’applicazione della sorveglianza speciale contro di lei. Che significato dare a questa nuova mossa del questore?
Innanzitutto dobbiamo rilevare come la repressione sia tanto mutabile nei mezzi quanto poco lo è nei fini. Neanche un mese è passato dalla definitiva caduta del reato di associazione a delinquere spillato ormai più di dieci anni fa all’interno dell’operazione “400 colpi”, ed ecco ora, dopo i dubbi successi raggiunti con la pioggia di fogli di via staccati negli ultimi anni dalla questura, l’arrivo del Daspo anche per chi allo stadio non ha mai messo piede e, amarum in fundo, questa richiesta di sorveglianza speciale. Perché associare tra loro strategie e misure tanto diverse in questo scritto? Perché è fondamentale che queste si riconoscano per ciò che sono: operazioni di repressione politica. Per uno stato che dice di averla fatta finita con il fascismo è essenziale che, almeno in teoria, ad esser puniti siano i reati e non le idee. Ma come togliere allora i compagni dalle strade di fronte a una magistratura che per quanto sia classista non può non applicare il codice penale? Come togliere di mezzo persone e percorsi di auto organizzazione se gli stessi giudici nella maggioranza dei casi sono in imbarazzo di fronte alle richieste di carcerazione in relazione ai reati contestati? Come assicurarsi quella tanto agognata pace sociale se anche le misure cautelari preventive svaniscono in pochi mesi proprio in virtù della moderata gravità dei reati in relazione alle leggi attuali? Ecco quindi spiegato il ricorso a questi mezzi di repressione politica, di cui da sempre lo stato italiano si serve, ma che di volta in volta possono tornare più o meno utili. Tanti piccoli reati non ti aprono così spesso le porte di Sollicciano, ma se ci inventiamo una associazione a delinquere la musica cambia. Teoria troppo fantasiosa anche per la magistratura? Allora la scavalchiamo con misure di polizia: fogli di via e Daspo, che non necessitano dell’approvazione del giudice, ma vengono emessi direttamente dal prefetto. C’è chi ancora si ostina a non voler piegare la testa? Ecco qua la sorveglianza speciale.
UNA SORVEGLIANZA (E UNA PUNIZIONE) DAVVERO SPECIALE.
Un capolavoro del legislatore democratico. Ben oltre: “l’innocente fino a prova contraria”, ben oltre le misure cautelari preventive in attesa che il processo si sgonfi, si arriva al “colpevole dei reati che potresti commettere”. Sì, perché contrariamente a quanto potremmo essere portati a pensare, avere la sorveglianza speciale non significa ricevere un’attenzione particolare da parte delle forze dell’ordine, che quella la subiamo già da sempre, significa veder materialmente distrutta la propria libertà. Del tutto arbitrariamente potremmo quindi avere per un tempo che va da uno a cinque ann i l’obbligo di rientro notturno, il divieto di lasciare la provincia di residenza, di incontrare pregiudicati o persone sottoposte a misure cautelari, di partecipare a riunioni o assemblee di qualsiasi tipo e, per tutta la durata della sorveglianza speciale, possono essere sospesi passaporto e addirittura patente. Per anni dunque devi star lontano dai tuoi compagni, dai tuoi affetti, rinunciare a viaggiare o anche solo a lasciare la tua provincia, rinunciare a far politica, rinunciare ad uscire la sera… La pena per chi infrange queste regole può essere anche il carcere immediato. Tutto ciò, lo ripetiamo, non in connessione ad un particolare reato per cui viene prevista questa punizione, ma in relazione a chi sei, a cosa fai nella vita e quali reati potresti commettere in futuro. Proposta da Digos e questore, l’applicazione di questa misura passerà alle mani di un giudice che valuterà quindi se la persona che ha davanti merita l’appellativo di “minaccia della difesa sociale”. Il tutto in un perverso gioco di rimandi incrociati in cui la polizia dice che son anni che ci colpisce e quindi è giusto colpirci ancora di più, sennò avrebbero già smesso anche loro, che son tanto bravi, e difendersi è estremamente complicato… dal momento che non c’è nessun episodio criminoso di cui si viene accusati e quindi in sostanza… non c’è niente da cui difendersi! È così dunque che una compagna neanche pregiudicata rischia di veder cambiare la propria vita e chiunque abbia sofferto in questo anno delle limitazioni che ci sono state imposte per il Covid19 ed ora invoca l’estate nella speranza di poter tirare un sospiro di sollievo può capire quanto sia grave veder limitata radicalmente la propria libertà per un periodo tanto lungo. Continua a leggere










Nei 30 anni di lotta abbiamo imparato che i momenti più duri si superano stando insieme, la solidarietà è un’arma e l’abbiamo sperimentato in tante occasioni. In questi oltre sei mesi di detenzione di Dana sono state tante le iniziative a sostegno che abbiamo costruito proprio perché “Si parte e si torna insieme” non è solo uno slogan vuoto, al contrario è una metafora che portiamo avanti con profondo impegno.







