L’illegalità delle lotte fonte del diritto
” Le leggi, il diritto e l’ordine sono fondamentalmente contro di noi anche se, combattendo duramente, abbiamo strappato due o tre diritti che, comunque, dobbiamo difendere continuando a lottare. La lotta radicale femminista e l’obbedienza alle leggi sono due cose che fanno a pugni fra loro.” Rote Zora

Tutti i giorni muoiono persone sul lavoro, è uno stillicidio, ma a meno che non sia la notizia di un’operaia di 22 anni dilaniata da una macchina tessitrice che produce una particolare impressione per un giorno e via, le altre morti vengono vissute dalla gente come routine. Continuamente ci sono donne stuprate o ammazzate da mariti, fidanzati, amanti, ex, padri, figli, conoscenti, famiglia, amici ma è diventata routine anche questa. Tutti i giorni muoiono persone di miseria, fra poco ci sarà un’ondata di licenziamenti da paura dato che l’ultimo ddl Draghi ha decretato la definitiva eliminazione del blocco in due date indifferibili, 30 giugno e 30 ottobre, ma sarà routine. C’è nella popolazione un’assuefazione al male che non è indifferenza, è rassegnazione, una rassegnazione che comporta l’incapacità di indignarsi e di cercare quindi la ragione di quello che succede.
Una cosa però è certa. Questa è una società che si pavoneggia per l’attenzione ai diritti: sicurezza sul lavoro, leggi sempre più severe, legislazione di tutela per le donne, sbandieramento di attenzione nei loro confronti, sbandieramento dei diritti delle minoranze e delle diversità sessuali, parole a iosa sulle tutele riguardanti immigrati e immigrate… pace, giustizia, democrazia… Ma evidentemente c’è qualcosa che non va, cioè c’è tanto che non va, anzi c’è tutto che non va. Tutto questo sbandierare, tutte queste leggi, tutto questo parlare non servono a niente e si rivelano uno strumento sempre più stringente di controllo sociale, danno la netta sensazione che non ci sia niente da fare e contribuiscono ancora di più all’assuefazione al male. Chiaramente è un discorso che abbraccia l’approccio neoliberista di gestione della società in tutti gli ambiti, ma ce ne sono alcuni particolarmente emblematici per l’uso e gli effetti di questi strumenti di legge imbastiti, creati e propinati dal sistema di potere ai subalterni come soluzione di tutti i problemi. Parliamo delle leggi per la sicurezza sul lavoro, di quelle contro la violenza sulle donne e sulle diversità, delle leggi contro il razzismo, di quelle per la <sicurezza> della cittadinanza…Sono solo alcune ma sono tutte <per il nostro bene>.
Nonostante questo, la violenza personale, interpersonale, sociale non è diminuita ma è aumentata e non potrebbe essere diversamente dato che la violenza è lo strumento principale di cui si è dotato lo Stato per risolvere i problemi sul fronte interno e su quello esterno. La violenza dello Stato è aumentata a dismisura.
Una violenza che ha dei misuratori molto indicativi che parlano da soli e che quindi possono essere considerati dei termometri della situazione sociale.
Il primo è sicuramente l’approccio repressivo nei confronti di chi non si dichiara convinto partecipe, in senso lato e non necessariamente politico nel senso stretto del termine, del progetto neoliberista, approccio caratterizzato dalla tendenza a reprimere, condannare, controllare non il reato ma anche solamente il pensiero di una possibile alterità. Basti pensare al caso, successo poco tempo fa, dello studente che a scuola per protesta non ha voluto mettere la mascherina e per il quale è stato messo in atto un trattamento sanitario obbligatorio, Tso, perché evidentemente chi è contrario alle norme stabilite può essere solamente un pazzo. O a quello che è successo nelle carceri di questo paese durante le proteste per la situazione pandemica, tredici detenuti morti durante le rivolte e non si sa bene come…
Il secondo è il dato sui femminicidi che invece di diminuire aumentano e si fanno più tragicamente serrati nonostante le leggi, le norme, i codici rossi, rosa e a pallini, nonostante i centri antiviolenza, gli osservatori e i finanziamenti. Ma la ragione è tragicamente chiara, tutte queste leggi e strutture non fanno che infantilizzare e vittimizzare le donne spingendole all’affidamento, mentre l’unica risposta efficace è quella dell’autorganizzazione, dell’autodeterminazione e della sicurezza economica. Se le donne si organizzassero in piccoli gruppi di autosostegno e difesa, non necessariamente politicizzati, ma di amicizia e di vicinato, se il movimento femminista si decidesse ad aspettare sotto casa i maschi violenti, se…ma l’autodeterminazione è molto pericolosa, si può imparare a pensare da sole…
Poi ci sono le infinite norme e leggi per la sicurezza sul lavoro, i guanti, le scarpe, i caschetti, la cartellonistica, i corsi, le normative europee, ma non viene in mente a nessuno che sicurezza sul lavoro significa lavorare poche ore perché poi il livello di attenzione scende paurosamente? Che non ci devono essere straordinari ma stipendi adeguati? Che i concetti di produttività e di meritocrazia fanno morire la gente? Che il mettersi in malattia è una sacrosanta difesa della propria salute e della propria integrità fisica e mentale?
Poi c’è la così detta sicurezza urbana e sociale e il decoro per cui la città è tutta un divieto, tutta una norma, basta guardarsi intorno, le persone sono trattate come scolaretti dell’epoca vittoriana, appena ti distrai zac! una bacchettata sulle mani e dalla parte del dorso naturalmente. I militari presidiano la nostra vita perché è noto che la gente è disubbidiente e non si sa gestire.
Infine il vastissimo arcipelago delle leggi contro il razzismo e per la tutela delle culture diverse e degli immigrati e delle immigrate…chiaramente la prima cosa da chiedersi è cosa c’entri tutta la suddetta attenzione con la legge n.40/1998 Turco-Napolitano che ha istituito la detenzione amministrativa e i Cpt, Cie, Cpr o come li volete chiamare. Ma non vi fate troppe domande perché potrebbero fare una legge che proibisce di farsi domande così il problema sarebbe risolto alla radice. Continua a leggere



















