Appello del Comitato Solidale Grup Yorum

Ricordiamoci di Helin Bolek

APPELLO DEL COMITATO SOLIDALE GRUP YORUM

www.osservatoriorepressione.info

Il 24 aprile mobilitazione per Ali Osman Kose/ il prigioniero politico Ali Osman Köse deve essere rilasciato

Ali Osman Köse è un prigioniero politico che ha combattuto tutta la vita per la libertà del popolo turco e della sua terra. È stato arrestato durante la lotta per un paese indipendente, democratico e socialista e ha trascorso 37 anni dei suoi 65 anni di vita in carcere.

La sua prima reclusione risale al 1984 dopo che il 12 settembre 1980 la giunta militare prese il potere in Turchia, sostenuta dagli USA.

Ali Osman Köse ha vissuto molte operazioni repressive nelle prigioni turche, la più significativa delle quali è stata l’Operazione Ritorno alla Vita. Dal 19 al 22 dicembre 2000, l’esercito e la polizia hanno preso d’assalto 20 prigioni turche in cui erano reclusi prigionieri politici. Da due mesi infatti più di 1000 prigionieri politici di sinistra erano impegnati in una protesta portata avanti con lo sciopero della fame a tempo indeterminato per impedire l’introduzione delle prigioni di isolamento di tipo F. Durante questa operazione militare sono state usate armi chimiche, sono morti 28 detenuti e ci sono stati più di 300 feriti.

Ali Osman Köse è in cella di isolamento di tipo F dal 2000. Questo regime di prigionia ha compromesso ulteriormente il suo stato di salute ed è arrivato al punto di non poter più essere lasciato solo. Il parere di un medico indipendente conferma che non può alzarsi senza appoggiarsi da qualche parte o essere aiutato da qualcuno. Ha difficoltà motorie e di coordinazione, non può camminare da solo, lavarsi i vestiti, farsi la doccia, né può mangiare adeguatamente. Ha problemi di udito, di vista e di pressione alta. Ha seri danni alla memoria dovuti ai prolungati scioperi della fame, che gli impediscono di ricordare (tra l’altro) quando prendere le sue medicine. Ultimamente gli è stato diagnosticato un tumore di 9 centimetri al rene e gli è stato deliberatamente impedito un trattamento chirurgico urgente. Continua a leggere

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18 aprile/ Grave un’attivista NoTav/la polizia spara candelotti ad altezza d’uomo

Giovanna è grave, è ricoverata alle Molinette. La polizia ha sparato candelotti ad altezza d’uomo raggiungendola in pieno volto. All’ospedale ha subito pressioni da un’operatrice nonostante le sue condizioni. La polizia ha tentato di interrogarla entrando nella stanza dell’ospedale mentre dentro gli ospedali, per le norme anticovid, non fanno entrare neanche i parenti a confortare i propri cari in gravi condizioni. In poche righe è condensato tutto: violenza del potere, arroganza, discrezionalità assoluta, una donna che intimidisce un’altra donna! La lotta NoTav è una cartina di tornasole.

Questo il resoconto di notav.info

Si è svolta questa mattina alle 12,30, al Centro Polivalente di San Didero, la conferenza stampa del Movimento No Tav per denunciare e fare chiarezza sui gravi fatti accaduti ieri sera a seguito della meravigliosa giornata di lotta e del lungo e partecipatissimo corteo che ha attraversato i paesi della Valle da San Didero a San Giorio.

Il movimento No Tav, infatti, ha poi concluso la giornata di mobilitazione di ieri, con un saluto ai presidianti che ormai da giorni resistono sul tetto del presidio all’interno delle recinzioni.

Le forze dell’ordine hanno avuto una reazione spropositata a questo atto di solidarietà del Movimento, scatenando un fitto lancio di lacrimogeni ad altezza uomo colpendo una ragazza in pieno volto.

Questa generosa donna è una valsusina acquisita fin dagli albori del Movimento No Tav. Infatti, è sempre stata  presente dal 2005 in poi con sua figlia, ha anche vissuto in Valsusa per qualche tempo e in ogni occasione possibile è sempre pronta a sostenere la lotta No Tav.

Giovanna attualmente si trova all’ospedale Molinette con due emorragie celebrali e plurime fratture al volto. Ha inoltre subito pressioni da un’operatrice nonostante lo stato fortemente provato per le lesioni subite e l’estrema situazione di fragilità, colpevolizzandola per il fatto di essere stata ferita nell’ambito di una iniziativa del movimento no tav violando quel patto di sicurezza e protezione che si dovrebbero trovare in una condizione normale nel momento in cui si varcano le porte dell’ospedale. E’ notizia di questa mattina, inoltre, che la polizia è andata alle Molinette entrando nella stanza di Giovanna cercando di interrogarla contrariamente a quanto definiscono le norme anti-covid che vietano l’entrata di esterni, compresi i parenti, in ospedale.

Presente alla conferenza anche Loredana Bellone, consigliere comunale di San Didero, che ha sottolineato come l’occupazione militare del territorio del proprio Comune, sia un fatto molto grave e come sia inaccettabile che le forze di polizia non permettano il normale svolgimento della vita quotidiana del paese. Ha inoltre denunciato il comportamento ignobile delle forze dell’ordine che hanno causato il grave ferimento di Giovanna.

Troviamo inaccettabile questo comportamento così come troviamo inaccettabile la scelta di violenza praticata e perpetrata dalle forze dell’ordine ogni volta che la popolazione valsusina decide di opporsi ai cantieri dell’alta velocità.

Da lunedì cittadini e amministratori sono in mobilitazione opponendosi alle operazioni propedeutiche alla costruzione di un nuovo autoporto, cantiere collaterale del progetto, ormai monco, della Torino- Lyone. Quello che si trovano di fronte sono forze militari che si muovono nella notte, spropositate per numero e violenza, accompagnate da idranti e gas lacrimogeni lanciati ad altezza uomo.

Ieri sera si è sfiorata una tragedia che possiamo definire annunciata.

Perchè purtroppo queste modalità le abbiamo già incontrate negli anni passati quando già in altre occasioni il lancio di lacrimogeni ad altezza uomo, ha causato diversi ferimenti gravi quali ad esempio la perdita di un occhio, svariate fratture al volto e alla testa. Lo diciamo infatti da anni, è inaccettabile che le forze di polizia, in uno stato democratico, violino ogni convenzione dei diritti umani partendo dalla privazione del diritto di manifestazione arrivando a sparare ad altezza uomo lacrimogeni al CS che ricordiamo essere vietati dalla convenzione di Ginevra.

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Fuori le patriarche dalle nostre vite!

Fuori le patriarche dalle nostre vite! Noi non siamo come voi.

Il 21 aprile la Procura di Torino deciderà in merito alla richiesta di sorveglianza speciale avanzata dalla PM Emanuela Pedrotta per Boba, militante torinese e storico redattore di Radio Blackout.

<Noi, dal nostro punto di vista, siamo orgogliosi di porci in aperta opposizione ad un sistema che sfrutta, devasta e impoverisce e che per perpetuarsi usa la censura, la repressione e il controllo.

Noi non siamo come voi>
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La Parentesi di Elisabetta del 21/4/2021

“ANALISI CONCRETA DI COSE CONCRETE”

«non esiste una verità astratta, la verità è sempre concreta» Lenin

Se il pensiero dialettico, come diceva Lenin, consiste nell’«analisi concreta delle condizioni e degli interessi delle diverse classi» significa che deve analizzare il tempo presente e gli interessi di classe nel tempo presente e prima di tutto definire sempre nel tempo presente la composizione di classe.

Il neoliberismo è la struttura ideologica della borghesia transnazionale che ha portato avanti in questi anni una guerra all’interno della propria classe senza esclusione di colpi e ha ridotto le borghesie nazionali ad un ruolo di servizio e proletarizzato la piccola e media borghesia. Ci troviamo di fronte a un variegato insieme di strati sociali oppressi e vessati dal neoliberismo, un arco che va dalle classi medie impoverite al sottoproletariato urbano, agli immigrate e alle immigrate. Questa composizione ha fatto sì che molti abbiano gridato alla scomparsa delle classi sociali, alla definizione di un insieme sociale caratterizzato da fluidità e quindi difficilmente catalogabile ed inquadrabile.

Ma è la vessazione neoliberista che accomuna tutti questi strati sociali seppure in modalità e con livelli di sfruttamento diversificati ma solo apparentemente in contraddizione. E’ proprio l’operare dell’ideologia neoliberista che vorrebbe far credere alla scomparsa delle classi e che inoltre mette in atto una serie di meccanismi molto precisi, ma anche di facile lettura, per fomentare uno strato sociale contro l’altro.

Abbiamo assistito in questi anni ad una lunga serie di tentativi, nella maggior parte dei casi riusciti, di mettere impiegati contro commercianti, cittadini contro dipendenti pubblici, precari contro così detti garantiti, insegnanti contro genitori, proletari delle periferie contro immigrati, uomini contro donne…e, tanto per rimanere all’attualità, vaccinati contro non vaccinati, fragili contro tutelati, chi ha avuto dei sussidi contro chi non li ha avuti…

Una sorta di tutti contro tutti per impedire la composizione delle lotte e per dare la sensazione di una grande insicurezza sociale su cui fondare un controllo serrato e una militarizzazione dei territori oltre che un affossamento dei così detti privilegi di settore in nome di un desiderio collettivo, o meglio spacciato per tale, di eliminazione di ambiti favoriti ma utilizzato, in effetti, per abbassare drasticamente i livelli di protezione sociale.

Dare sponda e fiato a questa guerra tra i vari strati subalterni significa fare gli interessi del neoliberismo. Mai e poi mai la sinistra di classe dovrebbe prestarsi a mettere uno strato sociale vessato contro l’altro, mai e poi mai dovrebbe prestarsi a difendere interessi categoriali che ledono altri strati oppressi. E questo non per un posizionamento etico ma per un semplice interesse di tutte le classi subalterne.

In questi anni abbiamo assistito alla perdita dei riferimenti di base, alla distruzione delle coordinate dell’agire politico operata con molta sistematicità dal neoliberismo e all’impostazione di lotte sociali con parole del tipo <prima i poveri> oppure <la crisi facciamola pagare ai ricchi> che sono definizioni assolutamente spoliticizzate e che un tempo neppure le Acli si sarebbero sognate di usare.

E’ necessario trovare il comune denominatore della sofferenza sociale che sicuramente è la vessazione economica operata dallo Stato attraverso una miriade di tassazioni dirette e indirette che vanificano anche qualsiasi sforzo di miglioramento salariale e di reddito in senso lato. E’ necessario abbandonare moralismi e modalità di lotta di stampo ottocentesco e ricondurre a sintesi il malcontento. Questo significa che partendo dalla profonda sofferenza economica che attraversa tutti coloro che sono vessati dal neoliberismo si potrà immediatamente risalire alle cause politiche di questo danno e scardinare nelle menti i concetti che hanno permesso l’asservimento generalizzato e l’incapacità di riflessione e rivolta: meritocrazia, legalitarismo, la così detta sicurezza, delega, infantilizzazione, controllo sociale e tecnologico serrato, scientismo…

Lo strato sociale che sarà in grado di operare questa sintesi sarà il soggetto rivoluzionario del nostro tempo.

Tesi fondamentale della dialettica è che non esiste una verità assoluta ma la verità è sempre concreta. Attualmente, invece, la sinistra antagonista, salvo pochissime ed isolate realtà, non è stata assolutamente in grado di capire e fornire una risposta al malessere dilagante e si è focalizzata su rivendicazioni tutte interne al sistema. L’obiettivo del potere è una accelerazione verso un tipo di società controllata digitalmente e militarmente a tutto campo e basata sull’asservimento volontario, ed è qui che, insieme alla lotta contro la vessazione economica, è necessario concentrare gli sforzi. La mobilitazione contro l’obbligatorietà dei vaccini, lo smascheramento della sperimentazione su milioni di persone di vaccini di cui non si conoscono affatto gli effetti a medio e a lungo termine, ma neanche quelli a breve, la lotta contro il pass vaccinale, contro l’impostazione ricattatoria di tutti i provvedimenti coercitivi che sono stati messi in atto nei confronti di chi lavora nella sanità ma che saranno sicuramente estesi man mano a tutta la popolazione, sono solo alcuni dei temi che la sinistra di classe non solo non affronta ma della cui pericolosità non si rende nemmeno conto tacciando di complottismo chiunque osi denunciarli. Continua a leggere

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Altro che malasanità, questa è vendetta!

Riceviamo e diffondiamo

ALTRO CHE MALASANITÀ, QUESTA È VENDETTA!

Mattia è uno dei cinque detenuti che hanno sottoscritto l’esposto per i fatti di Modena del Marzo 2020, i pestaggi dopo la rivolta e la morte in cella di Salvatore Piscitelli, avvenuta nel carcere di Ascoli Piceno.

Già circa un anno fa fu valutato in Pronto Soccorso ad Ascoli Piceno mentre si trovava in quel carcere (prima che uscisse l’esposto), ed in tale occasione gli fu indicata la necessità di programmare un intervento chirurgico per un grave problema di salute, destinato a peggiorare se trascurato. Attualmente Mattia si trova recluso nel carcere di Montacuto (Ancona). È passato oltre un anno e ancora l’intervento suggerito non è stato effettuato. Nelle ultime settimane la sua situazione di salute si è ulteriormente aggravata ed è stato trasferito ben due volte in Pronto Soccorso. Qui i medici hanno nuovamente programmato un intervento e prescritto la somministrazione di un antibiotico che tuttavia, al rientro in carcere, non gli è stato dato per svariati giorni. Nonostante i ricoveri in Pronto Soccorso il medico del carcere sostiene che le condizioni di salute di Mattia siano buone e che possa effettuare una nuova visita fra 6 mesi. Nel frattempo, nonostante sia stata disposta l’autorizzazione per l’ingresso di un medico di fiducia da circa un mese, non viene comunicata una data per effettuare la visita.

Come leggere tutto ciò?

Partiamo da una considerazione certamente non originale: la sanità in carcere è pessima di prassi. L’eccezione non è la malasanità, ma trovare un medico non connivente con le guardie. L’abbiamo visto e continuiamo a vederlo, basti ripensare alle rivolte di un anno fa con cui i detenuti hanno chiesto a gran voce la tutela della propria salute, concetto incompatibile con quello di reclusione. Basti guardare oggi, dopo oltre un anno, quanto la pandemia attraversi ancora quelle mura e continui a diffondersi, senza che vengano adottate misure dignitose per frenare tutto questo. Basti ascoltare cosa ci dicono detenuti e detenute a cui il vaccino anti-COVID viene presentato più come una costrizione che come una scelta: se non ti vaccini ti mettiamo in isolamento, ti blocchiamo ogni attività, ti impediamo ogni visita medica.

Ma torniamo un istante alla situazione di Mattia.

Sono ripetute le vessazioni destinate a lui e agli altri detenuti che hanno sottoscritto l’ ormai noto esposto; tra pacchi e corrispondenza rifiutati o trattenuti, posta sottoposta a censura, soldi spediti dai familiari che non vengono recapitati, rifiuti di protocollare richieste interne, e l’onnipresente ricatto sul corpo e sulla salute. La macchina statale, dopo le brutalità e gli omicidi di massa commessi nelle carceri un anno fa, ha apertamente deciso di non invertire la rotta e di dare chiari segnali a tutti/e coloro che non stanno zitti di fronte ai quotidiani soprusi di carcerieri e personale sanitario.

Il pugno duro messo in campo in decine di galere nel marzo 2020 è una prassi tuttora rivendicata dallo Stato. E chi alza la voce per denunciare la violenza delle guardie e la connivenza dei medici deve essere messo a tacere. Hanno provato a vessare i 5 detenuti autori dell’esposto con trasferimenti, con continue minacce e ripetuti interrogatori. Nulla di tutto ciò, ad oggi, ha avuto l’effetto desiderato. Ora rincarano la dose facendo aggravare volontariamente la situazione di salute di uno di loro.

Vogliono la vendetta. Questo stanno dicendo a Mattia trascurando la sua salute, questo stanno dicendo a tutti noi.

Sempre solidali e complici con chi non chiude gli occhi e non abbassa la testa di fronte agli aguzzini di Stato! Facciamo sentire tutta la nostra solidarietà e rabbia.

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Defender-Europe 21

DEFENDER-EUROPE 21

       In una situazione economica e sociale di difficoltà pesante e di impoverimento generalizzato, già in atto, ma fatta precipitare dal governo dei mesi passati e tracollata con il governo Draghi che ribadisce a destra e a manca che si fa il possibile perché i soldi non ci sono e che forse risolveremo qualcosa indebitandoci fino al collo, cosa fa l’Italia? diventa <paese ospite>dell’esercitazione annuale dell’esercito Usa, Defender-Europe 21.

In marzo è cominciato il trasferimento dagli Stati Uniti in Europa di migliaia di soldati, di mezzi corazzati, di equipaggiamenti pesanti, in 13 aeroporti e 4 porti europei compresi quelli italiani. Mentre ai cittadini italiani è vietato spostarsi, in maggio in Europa, Italia compresa, si svolgeranno  quattro grandi esercitazioni e naturalmente con i nostri soldi.

Chiaramente il tutto non ha niente a che fare con la difesa dell’Europa bensì è in funzione antirussa e anticinese come hanno esplicitamente dichiarato i 30 ministri degli Esteri della Nato, per l’Italia Luigi Di Maio, riuniti fisicamente a Bruxelles il 23-24 marzo.

Ma  dato, però, che l’Italia ha appunto  la “soddisfazione” di partecipare alla Defender-Europe 21 come paese ospite avrà anche l’onore, in giugno, di ospitare l’esercitazione conclusiva del Comando Usa, con la partecipazione del V Corpo dello US Army da Fort Knox.

Le parole non riescono a esprimere a sufficienza la sfrontatezza e l’arroganza di tutti costoro.

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Campeggio resistente NoTav

16/17/18 aprile: Campeggio resistente No Tav!

Venerdì 16, sabato 17 e domenica 18, per continuare la mobilitazione permanente in difesa dei terreni di San Didero su cui sorge il presidio ex-autoporto, e per ostacolare i lavori del nuovo ecomostro di cemento, invitiamo tutti e tutte a raggiungerci per un campeggio resistente!

I terreni che ci ospiteranno sono a San Didero nella zona dell’acciaieria, pertanto invitiamo tutte e tutti a portarsi il necessario per campeggiare.

Sarà un momento necessario per confrontarsi, organizzarsi e rispondere in maniera collettiva a quest’ennesimo tentativo di devastazione ambientale e di militarizzazione.

Avanti No Tav!

(Ricordiamo che il venerdì dalle ore 18 si terrà la consuete assemblea del presidio ex-autoporto, che è comunicata ai CC come manifestazione statica e dunque raggiungibile dalle 16 alle 20 in sicurezza anche da altre regioni).

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13/4/2021 La Val Susa paura non ne ha!

notav.info

Susa la resistenza continua. Dopo la lunga notte passata a fronteggiare le forze dell’ordine i No Tav si sono dati un doppio appuntamento questa mattina per avvicinarsi alla zona dell’ex-autoporto di San Didero cercando di arrivare a dar man forte a chi sta ancora resistendo all’interno del presidio.
Lo scenario che si sono trovati di fronte, alla luce del giorno, è ancora più impressionante. Statale bloccata, centinaia di agenti in antisommossa, mezzi da cantiere che si spostano bulimici tra i boschi della Località Baraccone, alla ricerca di pezzi di terra da distruggere.

I sindaci di San Didero e dei paesi limitrofi (Bruzolo, Bussoleno, Mattie e San Giorio) si sono incontrati questa mattina per dare subito un’immediata risposta di presenza, interesse e amore per il proprio territorio e ,insieme ai No Tav, hanno raggiunto il check-point della polizia per accertarsi che i ragazzi che si trovano, ancora ora, sul tetto del presidio stessero bene ma non c’è stato nulla da fare. Gli amministratori locali sono stati bloccati e non hanno tutt’ora modo di andare a verificare cosa succede sul proprio territorio.
Nel frattempo i manifestanti accorsi da tutta la valle vengono quasi subito caricati dalla polizia che, continua a difendere solertemente Telt e i suoi operai.
30 anni di lotta No Tav forse non sono bastati per far capire che qui non si fanno passi indietro e si è pronti a continuare la lotta.  Infatti sono già due gli appuntamenti lanciati nel pomeriggio:

h 16 – Presidio San Didero – Conferenza stampa dei sindaci

h 18 – Polivalente di San Didero – Manifestazione No Tav

Avanti No Tav!

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Succede a Firenze

PRESIDIO CONTRO LA SORVEGLIANZA SPECIALE

resistenzefirenze.noblogs.org

UN DESERTO SOCIALE A TUTTI I COSTI

Come ulteriore giro di vite per i fatti del 30 ottobre in cui migliaia di persone si rivoltarono a Firenze contro il governo, il comune e la polizia, eccoci recapitata l’ennesima lettera verde dal tribunale: non si tratta di una denuncia, ma dell’invito per una nostra compagna a presentarsi in tribunale il giorno 14 Aprile 2021 per presenziare all’udienza in cui verrà decisa o meno l’applicazione della sorveglianza speciale contro di lei. Che significato dare a questa nuova mossa del questore?
Innanzitutto dobbiamo rilevare come la repressione sia tanto mutabile nei mezzi quanto poco lo è nei fini. Neanche un mese è passato dalla definitiva caduta del reato di associazione a delinquere spillato ormai più di dieci anni fa all’interno dell’operazione “400 colpi”, ed ecco ora, dopo i dubbi successi raggiunti con la pioggia di fogli di via staccati negli ultimi anni dalla questura, l’arrivo del Daspo anche per chi allo stadio non ha mai messo piede e, amarum in fundo, questa richiesta di sorveglianza speciale. Perché associare tra loro strategie e misure tanto diverse in questo scritto? Perché è fondamentale che queste si riconoscano per ciò che sono: operazioni di repressione politica. Per uno stato che dice di averla fatta finita con il fascismo è essenziale che, almeno in teoria, ad esser puniti siano i reati e non le idee. Ma come togliere allora i compagni dalle strade di fronte a una magistratura che per quanto sia classista non può non applicare il codice penale? Come togliere di mezzo persone e percorsi di auto organizzazione se gli stessi giudici nella maggioranza dei casi sono in imbarazzo di fronte alle richieste di carcerazione in relazione ai reati contestati? Come assicurarsi quella tanto agognata pace sociale se anche le misure cautelari preventive  svaniscono in pochi mesi proprio in virtù della moderata gravità dei reati in relazione alle leggi attuali? Ecco quindi spiegato il ricorso a questi mezzi di repressione politica, di cui da sempre lo stato italiano si serve, ma che di volta in volta possono tornare più o meno utili. Tanti piccoli reati non ti aprono così spesso le porte di Sollicciano, ma se ci inventiamo una associazione a delinquere la musica cambia. Teoria troppo fantasiosa anche per la magistratura? Allora la scavalchiamo con misure di polizia: fogli di via e Daspo, che non necessitano dell’approvazione del giudice, ma vengono emessi direttamente dal prefetto. C’è chi ancora si ostina a non voler piegare la testa? Ecco qua la sorveglianza speciale.

UNA SORVEGLIANZA (E UNA PUNIZIONE) DAVVERO SPECIALE.
Un capolavoro del legislatore democratico. Ben oltre: “l’innocente fino a prova contraria”, ben oltre le misure cautelari preventive in attesa che il processo si sgonfi, si arriva al “colpevole dei reati che potresti commettere”. Sì, perché contrariamente a quanto potremmo essere portati a pensare, avere la sorveglianza speciale non significa ricevere un’attenzione particolare da parte delle forze dell’ordine, che quella la subiamo già da sempre, significa veder materialmente distrutta la propria libertà. Del tutto arbitrariamente potremmo quindi avere per un tempo che va da uno a cinque ann i l’obbligo di rientro notturno, il divieto di lasciare la provincia di residenza, di incontrare pregiudicati o persone sottoposte a misure cautelari, di partecipare a riunioni o assemblee di qualsiasi tipo e, per tutta la durata della sorveglianza speciale, possono essere sospesi passaporto e addirittura patente. Per anni dunque devi star lontano dai tuoi compagni, dai tuoi affetti, rinunciare a viaggiare o anche solo a lasciare la tua provincia, rinunciare a far politica, rinunciare ad uscire la sera… La pena per chi infrange queste regole può essere anche il carcere immediato. Tutto ciò, lo ripetiamo, non in connessione ad un particolare reato per cui viene prevista questa punizione, ma in relazione a chi sei, a cosa fai nella vita e quali reati potresti commettere in futuro. Proposta da Digos e questore, l’applicazione di questa misura passerà alle mani di un giudice che valuterà quindi se la persona che ha davanti merita l’appellativo di “minaccia della difesa sociale”. Il tutto in un perverso gioco di rimandi incrociati in cui la polizia dice che son anni che ci colpisce e quindi è giusto colpirci ancora di più, sennò avrebbero già smesso anche loro, che son tanto bravi, e difendersi è estremamente complicato… dal momento che non c’è nessun episodio criminoso di cui si viene accusati e quindi in sostanza… non c’è niente da cui difendersi! È così dunque che una compagna neanche pregiudicata rischia di veder cambiare la propria vita e chiunque abbia sofferto in questo anno delle limitazioni che ci sono state imposte per il Covid19 ed ora invoca l’estate nella speranza di poter tirare un sospiro di sollievo può capire quanto sia grave veder limitata radicalmente la propria libertà per un periodo tanto lungo. Continua a leggere

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Obbligo vaccinale? Organizzarsi è possibile

da il rovescio.info

Volantino distribuito l’8 aprile al personale della principale casa di riposo di Rovereto. Chi ha partecipato al volantinaggio – molto apprezzato da alcune lavoratrici – ci ha raccontato alcune cose interessanti. In quella RSA come in altre strutture simili c’è un clima pesante nei confronti di chi non si vuole vaccinare: minacce di trasferimento fuori regione, ricatto di non rinnovare i contratti a tempo determinato. Dalla cronaca locale, invece, emerge che, tra i medici contrari a questi vaccini, i pochi che si esprimono lo fanno rilasciando dichiarazioni anonime; quelli che si espongono pubblicamente sono medici in pensione. E qualcuno di loro fa parte, non a caso, di quei “Medici per l’Ambiente” che si erano già schierati contro le Acciaierie di Borgo Valsugana e contro il progetto – poi ritirato – di costruire un inceneritore a Trento; che da tempo informano sugli impatti sanitari dell’impiego massiccio di pesticidi in Val di Non oppure che hanno, più recentemente, partecipato alle serate pubbliche contro la rete 5G. Inutile aggiungere che i dirigenti sanitari che gli dànno addosso, non hanno mai aperto bocca sulle tante nocività ambientali.

 

Obbligo vaccinale? Organizzarsi è possibile

Contrariamente a quello che sostiene una martellante propaganda, ci sono delle ottime ragioni per rifiutare gli attuali vaccini anti-Covid:

– contengono organismi geneticamente modificati (per assicurarsene basta leggere le schede tecnico-informative)

– le loro conseguenze a medio-lungo termine sono del tutto sconosciute (non solo sui corpi, ma anche sul virus)

– approntati in dieci mesi e autorizzati sulla base dei dati forniti dalle stesse industrie produttrici, la loro somministrazione è una vera e propria sperimentazione di massa

– se i vaccinati possono lo stesso prendere e trasmettere il virus, ha senso un vaccino?

– puntare tutto – come risorse economiche e logistiche – sulla vaccinazione (e poi sulla rivaccinazione) significa non metter mano alle carenze strutturali della medicina di territorio

– anche chi è favorevole in linea di principio con la vaccinazione non può non nutrire dubbi sulla scelta di applicarla in modo indiscriminato (indipendentemente dall’età, dallo stato di salute, dal grado di immunizzazione naturale già raggiunto)

– e infine, che senso ha un vaccino di fronte a una malattia assolutamente curabile, come hanno dimostrato migliaia di medici che curano i pazienti Covid nelle loro case, con pochissimi ricoveri e ancor meno decessi?

Di tutto questo è vietato parlare.

Chi ha delle enormi responsabilità sugli effetti disastrosi della “gestione Covid” e sulle trentennali politiche sanitarie, si permette di rendere obbligatori dei vaccini sperimentali, trasformando in “mostri” decine di migliaia di operatori socio-sanitari (elogiati fino a ieri come “eroi”) se oggi non si vogliono vaccinare.

Questo ricatto si può spezzare. Solo in Trentino, sono almeno 1700 le persone dell’ambito socio-sanitario che non si sono vaccinate. Cambiare le loro mansioni? Sospendere tutti? Prego! Poi ci vanno i ministri e i parlamentari in corsia o nelle RSA!

Non solo è possibile resistere, ma questa resistenza può diventare una preziosissima occasione per tutti per aprire spazi di confronto su medicina, cura, prevenzione, salute. Incontriamoci. Organizziamoci.

Rovereto, 6 aprile 2021

Collettivo salute e libertà

collettivosalutelibert@protonmail.com

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Ascoltate questa sera Zardins Magnetics/ giovedì 8 aprile 2021

Zardins Magnetics di giovedì 8 aprile 2021

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

FM 90.0 MHz https://radioondefurlane.eu/
https://www.facebook.com/radiazioneinfo/
https://zardinsmagneticsradio.noblogs.org/

Gli argomenti:

✓ la lettura del comunicato dell’Assemblea contro il carcere e la
repressione “Siamo spiacenti”
✓ un approfondimento sulla situazione del prigioniero Georges Ibrahim
Abdallah, rivoluzionario libanese di 70 anni, prigioniero dell’imperialismo
francese dal 1984
✓ sull’assoggettamento volontario e la prospettiva femminista: Audre Lorde
– nella malattia essere guerriere non vittime; Momò e il sacro diritto di
disporre di se stessi

Per contatti
Assemblea permanente contro il carcere e la repressione
liberetutti@autistiche.org

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Ordine pubblico

Toh!

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Tre appuntamenti!

Appello da Assemblea parenti e solidali delle persone detenute.

CHI HA DIFESO LA PROPRIA VITA NON SI PROCESSA!

Un anno fa le persone detenute hanno indicato l’unica soluzione possibile per evitare il contagio di massa in celle sovraffollate: svuotare le galere. Alle proteste e alle richieste di salute e libertà lo Stato ha risposto con pestaggi, trasferimenti punitivi, morti e torture: strano modo di tutelare la salute delle persone…

Il tracollo sanitario che ha trasformato le carceri in focolai era in corso già da tempo, così come il sovraffollamento. Quanto sta accadendo in queste settimane nella sezione femminile di Rebibbia, al pari di altre carceri, ne è una terribile conseguenza: ad oggi si parla di 40 donne contagiate e sono le stesse detenute a raccontare del mancato ricovero per chi è in gravi condizioni, della mancanza di mascherine e di tamponi, dell’isolamento totale cui sono costrette tra la chiusura dei colloqui e l’obbligo di stare in cella 24 ore su 24.

L’8 aprile, 54 detenuti di Rebibbia verranno processati in aula bunker per la rivolta del 9 marzo 2020. Altre 20 detenute sono sotto indagine per una protesta avvenuta in contemporanea nella sezione femminile.

Noi siamo al loro fianco e vogliamo che la nostra solidarietà arrivi forte e chiara. Chi ha protestato aveva ragione: l’unica sicurezza contro il contagio non può che essere la libertà.

GIOVEDÌ 8 APRILE – ORE 9:30 presidio davanti l’aula bunker di Rebibbia (via del Casale di San Basilio 168)

VENERDÌ 9 APRILE – ORE 17.00 a un anno dalla morte di Salvo, compagno che ha lottato dentro e fuori le carceri fino all’ultimo respiro, in via dei Volsci, sotto la sede di Radio Onda Rossa

DOMENICA 11 APRILE – ORE 10:30 presidio con microfoni aperti davanti alla sezione femminile di Rebibbia (pratone) per portare i nostri saluti alle detenute

Chiunque abbia voglia di contattarci, può farlo a uno di questi indirizzi:

Punto Solidale, via Augusto Dulceri 211 – 00176 Roma

indirizzo mail: dulceri211[at]gmail.com

Assemblea parenti e solidali delle persone detenute

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SIAMO SPIACENTI: continueremo…

Riceviamo dalle compagne dell'<Assemblea permanente contro il carcere e la repressione>

SIAMO SPIACENTI:
continueremo a fare apologia della ribellione e ad oltraggiare l’oppressione

Alcuni giorni fa, una compagna e un compagno hanno scoperto di essere nuovamente
indagati per istigazione a delinquere-apologia (art. 414 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.)
per alcuni contenuti della trasmissione radiofonica Zardins Magnetics, realizzata dalla
nostra Assemblea e messa in onda ogni giovedì alle 20.00 su Radio Onde Furlane
Si tratta dell’ennesimo attacco poliziesco e giudiziario alle attività dell’Assemblea tramite
accuse basate su reati definibili come “d’opinione”. Infatti, la compagna e il compagno sotto indagine stanno già subendo un processo, per i medesimi reati, presso il tribunale di Udine per vari interventi a manifestazioni e un’intervista radiofonica nel 2019. Analogamente, una compagna sta subendo ben tre processi a Trieste per imputazioni di istigazione e oltraggio, per vari interventi sotto il locale carcere.
Pare che le Digos e le procure di Udine e di Trieste vogliano farci pesare penalmente ogni
nostra parola che, superando la sterile libertà di indignarsi, rivendichi la libertà di lottare. E così, tanto per fare degli esempi dei nostri capi di accusa, affermare che è giusto colpire con l’azione diretta chi (veramente) istiga al razzismo e alla guerra tra poveri, come la Lega, diventa istigazione a delinquere. Dire che la malasanità in carcere è tortura e dunque
denunciare come torturatori i medici che se ne fregano dei detenuti, diventa diffamazione.
Raccontare ad un presidio presso un carcere di una rivolta accaduta in un altro carcere,
diventa anch’essa istigazione.
Gli orizzonti miseri del diritto borghese si rivelano appieno. Con le nostre parole, infatti,
non vogliamo spingere nessuno a fare nulla, né intendiamo sporcare il nome di chicchessia
che non sia già sporcato dal suo ruolo e dalle sue azioni. Vogliamo invece valorizzare –
questo sì – la ribellione e le lotte che inevitabilmente sorgono, senza bisogno di fantomatici
istigatori, dall’oppressione. Riconosciamo in quest’ultima l’unica vera istigatrice alla
ribellione, aldilà di tutti gli incubi di una pace sociale totalitaria da parte dello Stato e delle
classi dominanti.
Nel nostro piccolo, noi siamo parte di questa ribellione e lotta inestinguibile. Siamo, ad
esempio, stati al fianco dei detenuti del carcere di Udine, quando ci hanno denunciato la
loro condizione di malasanità. Così come delle detenute del Coroneo di Trieste, quanto
hanno rivendicato sanità, salute e libertà nel pieno dell’attuale epidemia. Siamo stati e
saremo al fianco dei prigionieri anarchici, rinchiusi nelle galere perché lottano per
distruggerle.
Pensiamo che sia la nostra pratica in tal senso, più che le parole in sé, a voler essere colpita
con questi procedimenti. Si sforzino pure i nostri inquisitori di centellinare ogni parola per
darvi un “rilievo penale”. Noi continueremo a dire quello che pensiamo e soprattutto a
praticare l’appoggio e la solidarietà a chi si ribella, lottando contro il carcere e resistendo
alla repressione.

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Emergenza coprifuoco

Un articolo molto utile e interessante sull’uso del coprifuoco. Tra l’altro ribadisce un concetto che noi riteniamo molto importante e su cui abbiamo scritto in tantissime occasioni e cioè che la sperimentazione repressiva attuata man mano in questi anni  su alcune categorie sociali era una sperimentazione di controllo sociale a tutto campo e preludeva all’uso degli stessi meccanismi su tutti/ i subalterni appena fosse stato utile al sistema. Dai meccanismi messi in atto contro gli ultras, alla creazione della normativa sul decoro, alla creazione dei centri di detenzione per migranti con la legislazione sulla detenzione per condizione e non per reato, alle sanzioni amministrative…I dispositivi repressivi e coercitivi ci riguardano tutte e tutti, non sono accettabili a nessun titolo e per nessuna ragione e tanto meno per<il nostro bene>.

EMERGENZA COPRIFUOCO

Tra il 22 e il 26 ottobre 2020 le regioni Lombardia, Campania, Lazio, Sicilia, Calabria e Piemonte hanno imposto un coprifuoco notturno dalle 23 alle 5 del mattino, come “misura urgente di contenimento del contagio” da Covid-19. Con il DPCM del 3 novembre 2020 il coprifuoco dalle 22 alle 5 è stato esteso in tutta Italia a partire dal 6 novembre. Inizialmente temporaneo, il provvedimento è stato rinnovato più volte ed è tuttora vigente, dopo quasi 5 mesi, senza che il suo rinnovo sia stato accompagnato da una effettiva valutazione, trasparente e pubblica, sulla sua reale efficacia nella riduzione dei contagi.

I media hanno ricordato l’ultimo caso di applicazione del coprifuoco avvenuto in Italia, durante la Seconda guerra mondiale: era il luglio del 1943, quando il maresciallo Badoglio, che era subentrato a Mussolini come Capo del Governo, aveva indetto lo stato d’assedio con la legge del coprifuoco, dalle 20 alle 6 del mattino. La disposizione prevedeva il divieto di uscire di casa dal tramonto all’alba, vietava le riunioni di più di tre persone, proibiva l’affissione di stampati e manifesti.

Tuttavia i media si sbagliano. Un coprifuoco di fatto, che comporta il divieto di uscita notturno, è stato imposto a partire dal 2015 nei confronti di persone assegnate a una determinata categoria giuridica e sociale: richiedenti asilo e rifugiatx che vivono nelle varie tipologie di strutture di accoglienza, e lavoratori e lavoratrici agricole immigratx, alloggiatx nelle tendopoli\campi di lavoro istituzionali.

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