
“Questo culto è, in terzo luogo, generatore di colpa. Il capitalismo è, presumibilmente, il primo caso di culto che non toglie il peccato, ma genera la colpa. In ciò questo sistema religioso sta nella caduta di un immenso movimento. Un immensa coscienza della colpa, che non sa togliersi il peccato, fa ricorso al culto non per espiare in esso questa colpa, bensì per renderla universale, martellarla nella coscienza e infine e soprattutto includere Dio stesso in questa colpa per infine interessare lui stesso all’espiazione.” W. Benjamin a proposito della dimensione religiosa del capitalismo.
Vi proponiamo un interessante testo che pur portando una firma maschile, fuori dalla nostra linea editoriale che prevede firme solo di donne, riteniamo estremamente utile pubblicare per l’indagine sul paradigma vittimario, quella costruzione politico-giuridico-sociale che il sistema di potere usa per impedire la comprensione della natura e della causa delle cose.
Cosa è una vittima
di Gregorio Moneti [ a questo link potrete trovare un ulteriore approfondimento https://www.rivisteweb.it/doi/10.7383/98199]
1. Premessa. – 2. La vittima sacrificale. – 3. La vittima espiatoria. – 4. La vittima vincitrice. – 5. La vittima sconfitta. – 6. Una definizione pura di vittima. – 7. Non essere più vittime. Il diritto penale minimo – 8. Il femminismo materialista e il post vittimismo. – 9. Conclusioni.
-
Premessa
La vittima ha nel diritto penale un ruolo fondamentale ma per lo più nascosto, misconosciuto. Questa è anzitutto il principale elemento di giustificazione dell’intero impianto giuridico, della potestà di punire, del monopolio statale della forza e della violenza legittima.
Nonostante sia sempre più presente nel dibattito pubblico, ed oggetto di specifici studi specialistici, la vittima è rimasta comunque un oggetto indefinito, tautologicamente ricondotto al soggetto che ha subito un torto.
Più che chiedersi chi è vittima e perché, bisognerebbe preliminarmente domandarsi cosa è una vittima.
Sosteneva Girard (2011, 35) che un qualsiasi sistema giuridico si basa su di una giustificazione, una teologia della giustizia, che “può anche scomparire… e la trascendenza del sistema restare intatta”.
Ricercare una definizione minima del concetto di vittima vuol dire quindi demistificare la struttura profonda del nostro sistema penale, della nostra identità collettiva, facendo a pieno i conti con la nostra storia.
Si tratta di affrontare un percorso lungo e complesso che qui non potrà che essere solo abbozzato. Al fine di proporre una prima ipotesi della definizione minima che ci siamo preposti di ricercare tenteremo di individuare quattro modelli archetipi di vittima, provando ad isolare una caratteristica minima comune sulla base della quale sia possibile fondare delle ipotesi.
-
La vittima sacrificale
Il primo modello archetipo che dobbiamo qui affrontare è quello della vittima sacrificale.
Il sacrificio pur nelle forme più disparate e spesso esclusivamente simboliche attraversa la storia dell’umanità.
Rene Girard (2011, 17) lo individua quale elemento fondante di ogni società.
In particolare il sacrificio assolverebbe una ben precisa funzione preventiva di tutela della comunità, consistente ne lo “sviare in direzione di una vittima relativamente indifferente, una vittima sacrificabile, una violenza che cerca di colpire i suoi stessi membri, coloro che intende proteggere a tutti i costi”.
Affidandoci all’opera del filosofo francese possiamo allora dire che un soggetto è sacrificabile anzitutto se su di esso può essere esercitata una violenza senza timore che questa si propaghi all’interno della comunità secondo lo schema mimetico della vendetta, del contagio, della contrapposizione interna.
La vittima sacrificale è il soggetto sacrificabile su cui la violenza si ferma senza possibilità di diffondersi ulteriormente.
L’idea alla base del sacrificio si fonda su di una concezione della violenza quale elemento ineliminabile della società umana; ineliminabile ma gestibile, isolabile appunto su di un soggetto esterno o espellibile, capace di trattenere su di sé la violenza, catturandola preventivamente al di fuori prima che si propaghi all’interno. Continua a leggere→