In attesa del 17/ per rinfrescarci la memoria

CHE COS’E’ PER TE LA MILITANZA? ATTO I

Podcast dell’iniziativa “Che cos’è per te la militanza?” del 15 settembre 2018

Testo di apertura e di invito alla discussione.

Sempre più spesso viene usato il termine “attivista” per nominare chi prende parte alle lotte politiche o le costruisce. Nel mondo femminista “attiviste”, ma anche “ragazze”, perfino “amiche”, sono i nomi che vanno per la maggiore. Quasi a definire non una collocazione politica, bensì di gruppo o un generico impegno nel sociale che spesso tracima nel volontariato. Il termine “femminista”, invece, è usato troppo spesso a sproposito come grimaldello per far passare politiche funzionali al potere. Il termine “compagna” è caduto in disgrazia e usato solo in ambiti ristretti.

Sempre più si fa ricorso al generico termine “donna”, tornato prepotentemente nelle chiamate per manifestazioni, convegni, o nei volantini e nelle iniziative.

“Una generazione, per anni, si è riconosciuta chiamandosi compagna” (dicevamo nell’<Incontro Nazionale Separato sulla Violenza Maschile/Il personale è politico, il sociale è il privato> che abbiamo fatto come Coordinamenta insieme a tante altre compagne) e la parola sugellava un patto di appartenenza e solidarietà, qualche cosa ben oltre i gruppi politici e i loro programmi, qualcosa di difficilmente verbalizzabile proprio per la ricchezza della sua estensibilità. Compagna e femminista, ancora ieri provocavano vibrazioni che penetravano fin dentro gli abissi del disagio e della solitudine che pure c’erano anche allora. Ma, se sono le parole che fanno le cose, disfare quelle parole che sono, allo stesso tempo, categorie di rappresentazione e strumenti di mobilitazione, ha contribuito alla smobilitazione di quello che, un tempo, si chiamava femminismo”.

Abbiamo sempre detto, inoltre, che il termine “donna” non ci appartiene. Non è l’appartenenza al genere femminile che ci definisce, bensì l’oppressione che subiamo e che si caratterizza in questo momento storico, capitalista/neoliberista, con connotati particolari, tra cui la strumentalizzazione della violenza su di noi e i percorsi meramente emancipatori portati avanti da donne che si prestano, consapevolmente o meno, a perpetuare l’oppressione delle altre donne e degli oppressi tutti.

Confrontandoci su queste problematiche ci siamo rese conto che anche il termine “sorellanza” deve andare incontro ad una ridefinizione. La sorellanza non è determinata dalla mera appartenenza al medesimo sesso biologico ed è necessario, oggi come ieri, riconoscere chi è e chi non è nostra sorella.

Il femminismo è fortemente attraversato dalla classe.

Che cosa significa, quindi, fare militanza, scegliere da che parte stare, essere militanti?

L’egemonia culturale del sistema ha una forza devastante mentre noi siamo continuamente scisse.

Ognuna di noi fa parte di collettivi, gruppi politici, separatisti e non, prepara volantini, comunicati, fa riunioni, assemblee, discute e si rapporta con le altre e si trova anche a sopportare denunce e processi…e, allo stesso tempo, nella quotidianità siamo spinte non solo ad adeguarci ai meccanismi del sistema, ma a diventare catena di trasmissione dei valori dominanti.

Spesso siamo ricattate, come ad esempio sul lavoro, costrette a subire modalità a cui ci sottrarremmo volentieri. Ma quello che colpisce è che spesso, invece (forse per paura o forse per disillusione), accettiamo in automatico misere condizioni di vita dando addirittura per scontate alcune, troppe, cose.

Ci è capitato di vedere un documentario del 1970 delGruppo Dziga Vertovche si intitola “Le lotte in Italia” in cui la militanza viene narrata attraverso le parole di una compagna. Ci ha stupito l’attualità di quello che dice. Riteniamo normale andare all’università, fare gli esami, ascoltare la lezione di un professore, poi uscire a fare una manifestazione e portare in piazza altre idee. Oppure accettiamo in famiglia un rapporto lontanissimo dai nostri desideri e, magari, ribadiamo con i parenti atteggiamenti che con le nostre compagne/i non avremmo mai.

Oggi, allo stesso tempo, le relazioni sono profondamente mutate, la tecnologia digitale ci ha così coinvolte che non riusciamo a comunicare se non attraverso di essa. Politicamente e privatamente, siamo parte di un universo continuamente connesso ma di cui noi non gestiamo assolutamente nulla, anzi ne siamo al servizio. Un meccanismo a cui siamo così assuefatte da non accorgerci che mentre comunichiamo protesta e antagonismo e organizziamo lotte ci stiamo muovendo come in una scatola trasparente, osservate ed usate da chi detiene veramente il banco. Oppure ce ne accorgiamo? E se ce ne accorgiamo, facciamo finta di niente o pensiamo che sia possibile sottrarsi?

Ma non vogliamo assolutamente innescare meccanismi di tipo colpevolizzante, che sono invece caratteristici del sistema, e nemmeno indulgere a visioni del tipo “cambia te stessa e cambierai il mondo” che troviamo di chiaro stampo cattolico.

Come femministe abbiamo sempre detto che il nostro privato è politico. Questa consapevolezza ci appartiene, è parte fondante del nostro impegno, ma, in questo caso, ci interessa indagare quanto in automatico siamo, nel nostro quotidiano privato e pubblico, catena di trasmissione dei valori dominanti, quanto forte sia l’egemonia culturale del sistema neoliberista/patriarcale e cosa possiamo fare per disinnescare questo meccanismo.

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Ascoltate questa sera Zardins Magnetics/ giovedì 10 giugno 2021

Zardins Magnetics di giovedì 10 giugno 2021

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

FM 90.0 MHz https://radioondefurlane.eu/
https://www.facebook.com/radiazioneinfo/
https://zardinsmagneticsradio.noblogs.org/

Gli argomenti:

* In mare, alle frontiere, sul lavoro, nelle carceri e nella storia, le
stragi le fa lo Stato. Solidarietà a Juan, Anna, Alfredo e a tutte/i le/i
compagne/i rinchiusi nelle patrie galere e sotto processo. Presidio a
Trieste venerdì 11 giugno.

* Per il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, contro l’obiezione di
coscienza e la violenza sui nostri corpi, organizziamoci per informarci e
non sentirci più sole.
Obiezione Respinta a Udine!
Organizza la Coordinamenta Transfemminista di Udine, sabato 12 giugno.

Per contatti:
liberetutti@autistiche.org

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Che cos’è per te la militanza? ATTO II

Femminismo: paradigma della Violenza/ Non Violenza 

CHE COS’E’ PER TE LA MILITANZA? ATTO II

Il percorso di indagine <Femminismo: paradigma della Violenza/Non Violenza> che abbiamo iniziato già da tempo intende analizzare la demonizzazione che il sistema di potere attua nei confronti della così detta violenza politica trascinandola in un ambito delinquenziale e contrapponendo a questa <la democraticità del confronto> e <il sereno confronto fra le parti> dimenticando volutamente e volendo far dimenticare la differenza tra aggressori ed aggrediti, dominanti e dominati, la società divisa in classi e lo sfruttamento di esseri umani e natura. Nell’iniziativa del settembre 2018 avevamo affrontato in questa ottica il tema della militanza e di quanto in effetti il nostro agire fosse spesso condizionato dal pensiero del nemico.

Ma cosa c’è stato tra il settembre 2018 e il giugno 2021? C’è stato un periodo di vuoto a perdere in cui sono state portate alla luce tutte le contraddizioni del femminismo, della sinistra di classe e della militanza, in un processo già innescato da tempo ma che ancora non era stato smascherato fino in fondo e in cui sono state definitivamente svuotate le parole di cui la militanza si nutriva. I dogmi codificati che definivano quella <normalità> che avevamo cercato di smontare come strutturante del paradigma della Violenza/Non Violenza sono tutti venuti alla luce. Il capitalismo neoliberista ha usato lo spauracchio di una pandemia per accelerare un cambiamento epocale della società attraverso la creazione di uno stato emergenziale di guerra in cui, con la scusa della salute pubblica, lo scientismo di Stato, assurto a vera e propria religione, ha decretato quello che potevamo e non potevamo fare, quello che era lecito per il nostro corpo e per la nostra mente e quello che non lo era, in un delirio securitario e di controllo sociale che però non ha visto la maggior parte delle persone e della sinistra di classe, esclusi pochi esempi additati come irresponsabili, ribellarsi inorridite bensì adeguarsi ai diktat del potere in nome della paura di una malattia. L’ondata di rivolte in Cile nella primavera del 2020 ci ha consegnato uno slogan lapidario <non torneremo alla normalità perché la normalità era il problema>, frase quanto mai veritiera perché il problema era proprio la normalità di una società disumana in cui la predazione del pianeta e degli esseri umani ha raggiunto livelli di non ritorno, in cui il capitale ha superato se stesso nel porre a profitto perfino l’anima degli sfruttati/e. Però questa frase è vera anche per il capitalismo neoliberista perché non ha nessuna intenzione di tornare alla sua precedente normalità bensì di creare una società nuova, di operare uno stravolgimento epocale dei rapporti tra dominanti e dominati improntato da una parte ad una schiavitù volontaria all’interno di una società altamente tecnologizzata in cui la sottrazione al dominio dovrebbe risultare praticamente impossibile e dall’altra alla creazione di rifiuti umani non utili e non necessari al modello sociale imperante di cui il capitale in effetti non sa che farsene e non ha ancora deciso che destino avranno.

​Lo Stato ha usato il paradigma della Violenza/Non Violenza proprio per demonizzare tutti/e quelli/e che ponevano in atto ribellione e alterità contro questo progetto scatenando contro ogni atto di resistenza i cittadini <per bene>, in un silenzio generale quasi assordante. Che cosa ha provocato una tale perdita di coscienza e di pensiero? Perché sono andate perse del tutto categorie guida del fare politico come autonomia, autodeterminazione, autorganizzazione? E, dato che siamo femministe e nella nostra pratica politica scegliamo di partire da noi, che cosa significa un posizionamento cardine della nostra lotta come <il corpo è mio e decido io?>

Di tutto questo vorremmo parlare.

Coordinamenta femminista e lesbica

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Sabato 12 giugno/Marcia popolare No Tav!

È ORA DI DIRE BASTA!

<Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità e deve mettersi in gioco in prima persona. Domani potrebbe essere tardi.>

notav.info

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5 giugno /In ricordo di Mara

Margherita Cagol, Mara, militante delle Brigate Rosse, nasce a Sardagna di Trento, l’8 aprile 1945. Viene uccisa dai carabinieri il 5 giugno 1975 ad Arzello d’Acqui in Piemonte.

Dedicata a Mara

Assunzione di irresponsabilità

Ieri abbiamo avuto molto da fare
stamane sui quotidiani dicono che siamo avventati
dovremmo piantare i semi di un mondo nuovo
prima di dare fuoco senza riserve al presente

avremmo dovuto farlo secondo gli standard
del rapporto sociale mediato dalle immagini
di repubblicapuntoit o di facebook
cosa dirà mai l’opinione pubblica,
oh madonna santa protettrice dei sondaggisti:
rimetti a noi le nostre belle paternali
come voi non le rivolgete alle rivolte estere

forse non abbiamo le parole giuste
forse non abbiamo gli strumenti adeguati
ma d’altronde le stelle dimostrano
che per illuminare la notte del mondo
ci vuole qualcosa che brucia
e per quel che ne so
la cenere è concime.

Denys

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7 giugno a Modena/ Presidio contro l’archiviazione

CI SONO MORTI CHE PER LO STATO PESANO COME PIUME

Da poco più di un anno dalla strage del carcere di Sant’Anna il tribunale di Modena sarà chiamato a decidere sulla interruzione delle indagini inerenti le cause di morte di ben otto sulle nove vittime di quella terribile giornata.
L’archiviazione è stata richiesta alla procura, proprio nel marzo appena trascorso, nonostante numerose incongruenze tra gli elementi di interrogazione.

Quando vuole, la Giustizia italiana si rivela alquanto celere nonché senza vergogna nel permettersi di dichiarare che ad essa, nonché agli addetti penitenziari che la rappresentano, “non si può addebitare alcuna responsabilità …
Come già per i continui casi di suicidio nelle carceri, ora persino rispetto ad una strage di tale portata, l’unica cosa che possono, evidentemente, gli organi di Giustizia statale, è l’arroganrsi di svincolarsi dalla realtà del proprio coinvolgimento sulle sorti di chi reprime.
Pare valga più la conservazione di una pena inflitta che la sopravvivenza di un detenuto.

LUNEDI 7 GIUGNO ALLE H. 11, PRESIDIO CONTRO L’ARCHIVIAZIONE
in Corso Canalgrande presso il Tribunale di Modena

Comitato di Verità e Giustizia per i Morti del Sant’Anna

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Strage di Modena/il rischio di un colpo di spugna

Strage di Modena/Il rischio di un colpo di spugna

di Alexik   carmillaonline.com

E’ prevista per lunedì prossimo presso il Tribunale di Modena l’udienza per decidere dell’archiviazione del fascicolo riguardante la morte di otto detenuti nella rivolta del carcere Sant’Anna.
Tre mesi fa il procuratore aggiunto Giuseppe Di Giorgio, assieme alle PM Lucia De Santis e Francesca Graziano, ha chiesto di passare un bel colpo di spugna sulla peggiore strage carceraria della storia della Repubblica, e in particolare sulla fine di Chouchane Hafedh, Methani Bilel, Agrebi Slim, Bakili Ali, Ben Mesmia Lofti, Hadidi Ghazi, Iuzu Artur, Rouan Abdellha.1
La procura di Modena ha motivato la richiesta di archiviazione addebitando i decessi “alle complicazioni respiratorie causate dall’assunzione massiccia di metadone, in qualche caso accelerato e aggravato dall’assunzione di altri farmaci o da specifiche condizioni personali”, ed escludendo per tutti  “l’incidenza concausale di altri fattori di carattere violento“.
La procura sostiene inoltre che “nell’immediatezza della rivolta risulta essere stata tempestivamente assicurata assistenza sanitaria a tutti i detenuti da parte del personale sanitario intervenuto…  Risultano essere stati fatti quindi, nel contesto emergenziale, pure gravati dall’emergenza legata al COVID-19, tutti i necessari controlli, con interventi terapeutici di contrasto in loco, ove possibile, o con invio ai presidi sanitari cittadini nei casi più gravi“.

Sarà, ma il  bilancio di nove morti non depone a favore di questa narrazione edulcorata, smentita ormai da numerose testimonianze.
Fra queste, i racconti delle donne che l’otto marzo 2020 sono accorse davanti ai cancelli del Sant’Anna, avvertite della rivolta dal fumo nero che si innalzava dal  tetto del carcere, visibile da gran parte della città.

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Ascoltate questa sera Zardins Magnetics/giovedì 3 giugno 2021

Zardins Magnetics di giovedì 3 giugno 2021

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

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Gli argomenti:

* Una testimonianza dal CPR di Gradisca d’Isonzo
* L’evasione di Prospero – una lettura – seconda parte
* Aggiornamenti sulla Palestina
* Solidarietà agli antisionisti di Milano

per contatti
liberetutti@autistiche.org

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2 giugno al poligono di Teulada

https://www.facebook.com/aforas2016/

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2-12 giugno 2021-GIORNATE DI MOBILITAZIONE

In mare, alle frontiere, sul lavoro, nelle carceri e nella storia… le stragi le fa lo Stato!

2 – 12 GIUGNO 2021 – GIORNATE DI MOBILITAZIONE 

Solidarietà con chi lotta, con i rivoltosi nelle carceri del marzo 2020, con le compagne e i compagni sotto processo.

Blog in aggiornamento per iniziative e materiali
https://mobilitazioni.noblogs.org/

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Viva le Zone Libere” Viva l* ribell*!

2 giugno 2021: Festa della Repubblica Partigiana

Il giorno della Festa della Repubblica Italiana festeggiamo le Repubbliche Libere Partigiane, e in particolare la Zona Libera sorta tra la Carnia e la pianura friulana durante l’estate partigiana del 1944, una delle più importanti esperienze di autogoverno nell’Italia occupata dal nazifascismo. In una giornata in cui si vorrebbero esaltare nazionalismo e militarismo scegliamo di tornare tra le montagne ed i luoghi che videro nascere e diffondere la Resistenza per solcare le orme dei ribell* di allora, incrociare sguardi, desideri e corpi per prendere lo slancio per le lotte di domani.

In questa terza edizione della festa della Repubblica Partigiana abbiamo scelto di attraversare e vivere la borgata di Davour la Mont, comando tappa garibaldino nonché borgo natale di Virginia Tonelli, recuperato da un immenso lavoro dell’ANPI dello Spilimberghese ed inaugurato nel 2019. Queste poche case, sottratte ai crolli del terremoto del ’76 e all’avanzare del bosco, costituiscono oggi un fondamentale luogo di memoria della lotta decennale dell’antifascismo in pedemontana, culminata prima in Spagna con le Brigate internazionali e poi tra i monti, campagne e città di casa con la Resistenza.

Attraverso una narrazione antieroica, lontana dalle rappresentazioni istituzionali ed autocelebrative fatte di targhe e orazioni, di parte e quindi partigiana vogliamo ricordare chi ha dato tutto per un mondo diverso e dare voce a chi ogni giorno lotta per una società migliore.

Viva le Zone Libere! Viva l* ribell*!

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Carla Fracci in difesa di Pietro Valpreda/ una storia da ricordare

Carla Fracci in difesa di Pietro Valpreda/ una storia da ricordare

https://stragedistato.wordpress.com/tag/carla-fracci/

«Era il pomeriggio dell’11 dicembre 1969. Mi trovavo negli studi della Rai in via Teulada a Roma. In quei giorni registravamo lo show tv di Natale, “La notte della speranza”. Per me era il primo impegno di lavoro dopo il parto di mio figlio Francesco che era avvenuto il 6 ottobre. Il vero ritorno sulle scene sarebbe stato qualche mese dopo alla Scala con i balletti Pelleas et Melisande e Paquita, dove tutti mi aspettavamo per vedere se ero nuovamente in grado di sostenere la prova dei 32 fouettés… Quel pomeriggio negli studi comparve Pietro Valpreda. “Avete lavoro per me?”».

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Porti chiusi alle armi

Sul 2 giugno e oltre

Il nostro impegno antimilitarista come femministe è sempre vivo e presente. Il capitalismo neoliberista militarizza i territori interni ed esporta guerre neocoloniali e armamenti. Il fronte interno ed il fronte esterno sono due facce della stessa medaglia. Il sociale qui da noi viene affrontato in forma di guerra, il massacro dei popoli da predare viene attuato con una sistematicità sconvolgente. Per questo  rimbalziamo le lotte dei lavoratori portuali <che non vogliono essere complici dei massacri delle guerre> e hanno chiuso i porti alle armi. Recentemente i portuali di Livorno  si sono espressi contro un carico d’armi su una nave diretta in Israele che stava bombardando i territori palestinesi occupati.

collettivo autonomo lavoratori portuali

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Ascoltate questa sera Zardins Magnetics/ giovedì 27 maggio 2021

Zardins Magnetics di giovedì 27 maggio 2021

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

FM 90.0 MHz https://radioondefurlane.eu/
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Gli argomenti:

* L’evasione di Prospero – una lettura
* Approfondimento sulla situazione di Belmonte
* Ancora una morte di Stato al CPR di Torino
* Continuando la riflessione sul rifiuto della protezione dello Stato e
sviluppando il concetto di autodifesa delle oppresse e degli oppressi

per contatti:
liberetutti@autistiche.org

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Monique Wittig,teorica femminista materialista

Il pensiero di Monique Wittig, teorica femminista materialista/ la traduzione militante del 2019 è del <collettivo della lacuna>

LEGGI QUI il-pensiero-straight-e-altri-saggi

 

<Siamo lesbiche femministe, soggettività minoritarie che si pensano wittighianamente al di là delle categorie di sesso, consapevoli del fatto che nel mondo in cui viviamo le strutture sociali di genere, di classe, di razza che ci stigmatizzano e ci inferiorizzano sono ancora poderose, violente, brutali. Da anni lavoriamo su Wittig: leggiamo i suoi testi, spesso collettivamente, e li traduciamo. Nella speranza di restituire a Wittig la sua voce, il rigore cristallino della sua teoria, la radicalità scomoda dei suoi posizionamenti teorici e politici – e non trovando (chissà come) editore –, pubblichiamo questa nostra
traduzione guerrigliera clandestina fuggitiva.
Nel 1969, Monique Wittig scriveva ne Les Guérillères che “occorre passare al vaglio ciascuna parola”.
La frase, tagliente come un coltello, riassume il rapporto di Wittig alle parole, ai concetti, al linguaggio (e, pertanto, alla traduzione): armi per lei a doppio taglio. Da un lato, il linguaggio, le parole, le categorie sono dispositivi di violenta soggiogazione che feriscono i corpi e le menti dei gruppi oppressi, dall’altro, sono strumenti di liberazione collettiva e di nuova immaginazione di sé, quando riabitati e reinventati dalle soggettività minoritarie.
Cinquant’anni dopo, le parole, i canti, le danze delle guerrigliere, il luccicare delle loro armi ci riempiono, sinesteticamente, occhi e orecchie. Le guerrigliere vomitano l’ideologia della differenza, la dominazione del pensiero straight, l’appropriazione delle donne, l’alterizzazione dei soggetti minoritari. Cinquant’anni dopo, noi lesbiche femministe, noi soggettività minoritarie sappiamo che la lotta di liberazione è estenuante nella sua duplice forma, materiale e concettuale, e sappiamo che è lungi dall’essere vinta, tanto le forze reazionarie (nelle loro molteplici forme) si scatenano per salvare il loro mondo. Ma Monique Wittig, rivoluzionaria, lesbica materialista, una vittoria l’ha già immaginata,
teorizzata e scritta.
Questa traduzione è un gesto che ce lo vuole ricordare.
ESSE AFFERMANO TRIONFANTI CHE
OGNI GESTO È ROVESCIAMENTO.
collettivo della lacuna
2019

anarcoqueer.wordpress.com

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