San Gennaro non è NATO a Napoli

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Gli ossessionati del gender

Gli ossessionati del gender

http://dumbles.noblogs.org/2015/09/14/gli-ossessionati-del-gender/#more-6016

genderazioni1Solo una cieca ossessione e un fanatismo integralista possono spingere a sostenere una campagna come quella contro una fantomatica “teoria gender” che, in alcune scuole del comprensorio di Trento, si concretizza semplicemente come educazione alle relazioni di genere.
Questo giro, poi, gli invasati del “maschio e femmina Dio li creò”, a corredo della loro campagna anti-gender, hanno scelto un’immagine, che alla loro stupida ottusità, probabilmente voleva rappresentare i danni che la nefasta teoria arreca agli adolescenti.
Solo che il volto ritratto nella foto è quella di Leelah Alcorn, trasgender, suicidatasi a 17 anni perchè il mondo intorno a lei, ad iniziare dai suoi genitori, non ammetteva né permetteva che un corpo di ragazzo possa sentire un’identità ed una sensibilità altra da quella biologicamente determinata.
Il risultato è che i responsabili morali ed ideologici della morte di Leelah usano la sua immagine per propagandare quella morale e quelle idee che hanno spinto Leelah al suicidio.
Un tremendo cortocircuito, una vergogna assoluta; propria e tipica dei peggiori integralismi.

genderazioni2

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Opponiamoci all’esercitazione Trident Juncture 2015

Appello

Manifestazione nazionale a Napoli il 24 ottobre.

trident juncture 2015

OPPONIAMOCI ALL’ESERCITAZIONE TRIDENT JUNCTURE 2015

NO ALLA NATO, ALLE AGGRESSIONI IMPERIALISTE E ALLE SPINTE VERSO UN NUOVO SCONTRO MONDIALE

Le contraddizioni causate dal dominio capitalistico ancora una volta stanno producendo crisi economica, rafforzamento della competizione tra le grandi potenze, aggressioni dirette ed indirette ai popoli dei Paesi più deboli e rafforzamento del militarismo. Ancora una volta si stanno creando le condizioni per un nuovo conflitto mondiale che tutte le classi dirigenti dicono di non volere ma che rafforzano ogni giorno di più con le loro scelte economiche, politiche e militari.

Le potenze occidentali, con capofila gli USA, per quanto in competizione anche tra di loro, perseguono al momento una politica unitaria nei confronti delle potenze emergenti di Russia e Cina ma soprattutto nella manomissione e aggressione verso i Paesi più deboli. Di tale politica unitaria la NATO è il dispositivo principale: uno strumento di convergenza e di coordinamento degli interessi dominanti dell’imperialismo euro-atlantico, uno strumento offensivo al servizio delle mire espansionistiche ed interventistiche delle grandi potenze occidentali, a scala planetaria, che tanti disastri stanno provocando in giro per il mondo. Dalla ex Jugoslavia all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia, passando per il sostegno ai cosiddetti “rivoltosi” di Ucraina e Siria, la Nato ha seminato morte e distruzione contro popolazioni e Paesi che non rappresentavano nessuna minaccia per l’Europa e per gli USA.

Ma il crescente militarismo, la corsa agli armamenti da esso indotto e la militarizzazione dei territori degli stessi Paesi facenti parte della NATO si rivela essere un potente strumento in mano ai governanti e alle classi dirigenti per disciplinare anche le proprie popolazioni, per imporre una gestione sempre più autoritaria delle istituzioni, per ridurre le possibilità di ribellarsi alle conseguenze della crisi ed alle politiche che l’accompagnano a difesa dei grandi poteri economici finanziari ed industriali.

Per tale motivo la lotta contro la NATO rappresenta uno dei nodi principali per contrastare il crescente militarismo, la politica di aggressione e le spinte verso una Terza guerra mondiale.

Dal 3 ottobre fino al 6 novembre si svolgerà in Italia, Spagna e Portogallo la «Trident Juncture 2015» (TJ15), definita dallo U.S. Army Europe «la più grande esercitazione Nato dalla caduta del Muro di Berlino». Con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi (28 Nato più 5 alleati), questa esercitazione servirà a testare la forza di rapido intervento – Nato Response Force (NRF) – (circa 40mila effettivi) e soprattutto il suo corpo d’élite (5mila effettivi), la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), enfaticamente soprannominata “Spearhead” (punta di lancia), in grado di essere schierata in meno di 48 ore per rispondere “alle sfide alla sicurezza sui nostri fianchi meridionale e orientale”. In altre parole ad intervenire rapidamente, portando la “guerra preventiva”, ovunque si ritengono minacciati gli interessi occidentali estendendo, quindi, l’azione della Nato ad ogni angolo del mondo.

Parteciperanno all’esercitazione, oltre ad alcune tra le maggiori organizzazioni internazionali e governative, anche varie associazioni cosiddette umanitarie e diverse ONG, a dimostrazione della funzione collaterale alle politiche interventiste delle grandi potenze che molte di esse svolgono. Soprattutto vi parteciperanno le industrie militari di 15 paesi pronte a fare altri profitti fornendo le nuove armi di cui la Nato avrà bisogno.

Sebbene rappresenti un appuntamento decisivo per certificare le nuove strategie interventiste, Trident Juncture 2015 non è la sola grande esercitazione militare messa in campo dalla Nato.

Dall’“esplosione” della crisi ucraina le esercitazioni a ridosso dei confini russi sono più che raddoppiate. Decine di migliaia di uomini e centinaia di mezzi hanno partecipato alle manovre aereo-navali nel mar Nero,  al largo delle coste sia di Romania e Bulgaria che della Georgia, nel mar Baltico, al largo della Norvegia e delle Repubbliche baltiche, rafforzando di fatto la presenza navale Nato. E ancora, esercitazioni terrestri in Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e nei Paesi baltici cui si sta accompagnando un crescente processo di riarmo con il trasferimento in questi Paesi di centinaia di carri armati, pezzi di artiglieria ed altri mezzi militari e l’avvio del programma di dispiegamento della cosiddetta “Difesa antimissile” in Polonia.

Una provocatoria stretta  militare sulla Russia che,  insieme alle pressioni sulla Cina con il dispiegarsi di mezzi militari nel Mar Cinese, aumenta il rischio di uno scontro diretto tra grandi potenze, portandoci dritti ad un nuovo conflitto militare internazionale.

Ma l’esercitazione è anche una prova di forza diretta a quei Paesi o pezzi di Paesi (ormai) riluttanti ad accettare supinamente il dominio dell’imperialismo. E’ di appena qualche giorno fa il minaccioso appello che i principali membri della Nato, Italia in primis, hanno indirizzato “a tutte le fazioni libiche” perché arrivino ad un “governo di concordia nazionale che, in cooperazione con la comunità internazionale, possa garantire la sicurezza al Paese (alias agli affari dei “nostri” imprenditori, al “nostro” petrolio, alle “nostre” coste) contro i gruppi di estremisti violenti che cercano di destabilizzarlo”.

Un pretesto, quello del terrorismo e dell’ISIS, che, insieme alla lotta contro i trafficanti di esseri umani, serve a legittimare le guerre e le occupazioni militari in corso in alcuni Paesi e le nuove aggressioni, al Medio e Vicino Oriente come ai Paesi dell’Africa Nord e sub-sahariana. Il via libera alla missione navale EuNavForMed con cinque navi militari, due sottomarini, l’uso dei droni, tre elicotteri e un migliaio di soldati per bloccare la partenza dei migranti dalle coste libiche, è solo la fase preparatoria di un nuovo intervento in Libia di cui l’Italia si candida ad essere capofila. Così come l’annuncio da parte di Francia e Gran Bretagna dell’invio di aerei in Siria per bombardare ufficialmente le postazioni dell’ISIS, ma di fatto l’esercito siriano, è un salto di qualità in direzione di un’aggressione diretta alla Siria.

Come al solito le diplomazie dei governi occidentali si vestono da (presunti) pompieri dopo che hanno provveduto essi stessi ad appiccare l’incendio. Così ora si crea un allarme per l’arrivo di tanti immigrati come se le politiche di strozzinaggio e di rapina prima e di aggressione militare diretta ed indiretta poi, di cui sono stati artefici, non fossero la causa scatenante di questo enorme afflusso di immigrati. Così l’emergenza immigrati viene strumentalizzata per giustificare un ulteriore livello di militarizzazione e per creare consenso alle politiche interventiste facendo leva sulla più bieca propaganda razzista di cui in Italia è capofila la Lega di Salvini. Le orribili scene di morte, che, data la presenza dei barconi, l’esercitazione nel Mediterraneo rischia di moltiplicare, e la repressione di questi giorni verso chi fugge da guerra, fame e devastazione ambientale rendono ancora più doveroso uno schieramento netto al fianco degli immigrati ed una mobilitazione forte contro queste odiose campagne xenofobe.

Opporsi alle esercitazioni per dire no alla politica di aggressione della Nato ed alla politica militarista del nostro governo è necessario.

Non possiamo essere complici della politica imperialista di distruzione e sfruttamento. Non possiamo più accettare che mentre ci chiedono continui sacrifici per “uscire dalla crisi economica”, mentre tagliano salari e pensioni, la sanità, la scuola, i trasporti, rendendo precaria la nostra stessa sopravvivenza, continuano a spendere miliardi per le spese militari che hanno ormai raggiunto cifre spaventose (la spesa militare italiana, secondo il SIPRI, nel 2014, è stata di circa 30 miliardi di dollari).

Non possiamo permettere che mentre si strozzano Paesi come la Grecia e si spendono centinaia di milioni per impedire l’arrivo dei migranti o per tenerli in lager come i CIE, ogni minuto si spendono nel mondo, con scopi militari, 3,4 milioni di dollari, 204 milioni ogni ora, 4,9 miliardi al giorno con il solo obiettivo di accrescere i profitti e difendere i privilegi delle classi dominanti.

L’esercitazione Trident Juncture 2015 sarà guidata dal Jfc Naples, comando Nato (con quartier generale a Lago Patria, Napoli) agli ordini dell’ammiraglio USA Ferguson, che è a capo delle Forze navali USA in Europa e delle Forze navali del Comando Africa. Non è occasionale: il Jfc Naples, infatti, si alternerà annualmente con Brunssum (Olanda) nel comando operativo della Nato Response Force, confermando il ruolo decisivo di Napoli nelle strategie dei comandi militari.

E’ per questo che, a partire dalla Sicilia, dalla Sardegna, da Poggio Renatico (Ferrara), da Pratica di Mare e Pisa, tutti coinvolti nell’esercitazione, proponiamo di costruire insieme una forte mobilitazione contro la Trident Juncture, la militarizzazione dei territori e le politiche di guerra, su tutto il territorio nazionale da far confluire in una manifestazione nazionale a Napoli il 24 ottobre.

Anche negli altri Paesi coinvolti dall’esercitazione – ad es., a Saragoza e Barbate, in Spagna – gli attivisti antimilitaristi hanno avviato una campagna di opposizione alle manovre Nato e stanno preparando mobilitazioni.

Lavoriamo sin da ora a coordinare le tante opposizioni che si daranno dentro e fuori dall’Italia per allargare e dare continuità ad un movimento contro la Nato e la guerra.

Napoli 24 ottobre 2015 Manifestazione Nazionale per dire:

  • No all’esercitazione militare NATO “Trident Juncture 2015”
  • No alle aggressioni militari e a qualsiasi ingerenza e manomissione portata avanti dalle potenze imperialiste
  • No alle campagne razziste e xenofobe
  • Si al diritto d’asilo per tutti i profughi e immigrati;
  • Si al taglio delle spese militari e l’incremento delle spese sociali per: casa, lavoro, servizi sociali, reddito garantito, provvedimenti a difesa del territorio e dell’ambiente…

Napoli 10/09/15

Per info, adesioni e contatti: assembleanowar.na@gmail.com

Promotori: Alex Zanotelli Padre comboniano/Comitato napoletano “Pace e disarmo”/Rete Napoli No War

 

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Intervista a Chiara

No Tav sotto Sorveglianza speciale – intervista a Chiara

da Radio Blackout

Ascolta l’intervista con Chiara e i suoi saluti resistenti ai No Tav della Val Susa

sorvegliatiStamattina abbiamo intervistato Chiara, protagonista insieme a Claudio Mattia e Niccolò dell’ormai celebre processo per terrorismo ai No Tav per l’attacco al cantiere di Chiomonte del maggio 2013.Dopo quasi due anni di detenzione, alla scadenza dei domiciliari che sta scontando in provincia di Teramo la aspetta un anno e mezzo di sorveglianza speciale; la misura disposta pochi giorni fa dal tribunale abruzzese implica obbligo di rientro notturno e divieto di frequentare pregiudicati e manifestazioni politiche, e viene applicata non per un reato specifico ma per il “profilo psicologico” della persona, evidentemente troppo incline a lottare.

E’ il primo caso recente di sorveglianza speciale contro militanti antagonisti accolto da un tribunale, a fronte delle numerose richieste per altri compagni in giro per l’Italia che sono state rifiutate. Ieri Massimo di Trento ha affrontato l’udienza per il medesimo provvedimento, e il giudice come di consueto si è riservato. Il prossimo 15 ottobre a Torino ben 8 compagni/e avranno l’udienza per la sorveglianza speciale, chiesta direttamente dal pm dalle strane amicizie Rinaudo, mentre nello stesso giorno inizierà il processo di appello nei confronti di Chiara Claudio Mattia e Niccolò.

AGGIORNAMENTO. Buone notizie da Trento: dopo sole 24 ore il tribunale di Trento ha RESPINTO la richiesta di sorveglianza speciale per Massimo. Il caso di Chiara continua ad essere per ora l’unico accolto dai vari tribunali italiani.

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Strange fruit

https://youtu.be/h4ZyuULy9zs

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Revolution

https://youtu.be/4BTNjeKqpEk

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Comunicato Rete NOWAR

L’Italia deve dissociarsi dalle nefaste politiche di guerra in Siria e nello Yemen.

CHIEDIAMO
 – Che l’Italia si adoperi per la fine delle sanzioni dell’UE contro il popolo siriano, già sfiancato da oltre 4 anni di guerra fomentata dall’esterno. E per la ripresa dei rapporti diplomatici con la Siria come da interrogazione parlamentare dello scorso luglio 2015, ancora in attesa di risposta; 
– Che l’Italia si dissoci dalla politica di guerra di Usa, Turchia, Arabia saudita, Qatar, Israele, Francia, Regno unito che in Siria da anni sostengono in vario modo milizie armate estremiste (note come tali al governo Usa fin dal 2012) a geometria variabile, fino al Nuovo Califfato.
– Che l’Italia ponga fine ai rapporti militari con i sauditi (primi acquirenti di armi nel nostro Paese) che bombardano e affamano lo Yemen, in spregio alla legge 185/90, come da interrogazione parlamentare dello scorso giugno 2015 relativa allo Yemen, ancora in attesa di risposta;
– Che l’Italia si impegni in modo serio nel boicottaggio economico del Nuovo Califfato, un’organizzazione in continua crescita economica. Chi compra il petrolio di cui si è impossessato? Chi lo rifornisce di armi? Perché ancora non si è riusciti a tagliare le linee di approvviggionamento?
– Che l’Italia non taccia più su una delle maggiori cause delle crisi migratorie. E dichiari anche in sede europea che le aggressioni all’Iraq, alla Libia, alla Siria ed ora allo Yemen hanno devastato i loro territori e umiliato le loro popolazioni, spingendole a esodi forzosi.
La Rete No War promuove a Roma il 15 e 16 settembre, dalle 15 alle 21, presidio davanti al Parlamento.
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Donna,Donna

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Terra e libertà

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Campeggio antimilitarista contro “Trident Juncture”

CAMPEGGIO ANTIMILITARISTA DI LOTTA – DINTORNI DI CAGLIARI

9-10-11 OTTOBRE 2015

campeggio antimilitarista

Dalla mobilitazione contro il poligono di Capo Frasca del 13 settembre 2014, le iniziative e le azioni dirette contro la presenza militare in Sardegna si sono moltiplicate e diversificate per provare ad inceppare il meccanismo della guerra. Continua a leggere

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La gioia ossessiva di essere me

La gioia ossessiva di essere me

STELLE

Non mi azzardo a fare anche soltanto mezzo sospiro in eccesso. Questo capriccioso clima subtropicale mi costringe a un’indignitosa, ostinata economia degli sforzi. Anche se è l’una e mezza di notte, anche se ho fatto l’ennesima doccia cinque minuti fa. C’è un  ventilatore stanco grigio chiaro che sposta su di me il turbinio delle correnti d’aria calda di tutta la stanza. Per il resto è tutto intollerabilmente fermo. A parte la testa.

Sono nel corso di una di quelle sessioni di attività cerebrale che gli altri definiscono in tutta informalità starmene nel mio mondo.  Guardo l’alone delle luci gialle del palazzo di fronte. Volgo lo sguardo sopra di esse, sopra di me. Sono piccolo sotto questo telo nero, ingombrante e inquinato. Non lo sa nessuno ma sto marciando in due minuti nei secoli dei secoli, a passo indelebile e svelto, con ogni filosofo, ogni scienziato, condottiero, mistico, ingegnere, poeta, dottore, eretico, operaio, artista, insegnante, stratega e bracciante che sia mai esistito e che mai esisterà. Ci lega stretti il filo della storia, la genetica, la linea tratteggiata delle nebulose esplose e un certo umanissimo gusto per la contraddizione. È una fitta dolcissima che accoglie e ingloba di comunione con il tutto, la somma totale di ogni singolo respiro, bacio, pugno e pensiero che sia mai esistito in questo soleggiato lembo di acqua e sedimenti rocciosi. Non mi riesce difficile immaginare perché qualcuno, sperimentando tanta grandezza, potesse chiamarla in causa come esperienza  religiosa. Quant’è buffo che a questa  profonda inscalfibile relazione corrisponda una speculare sempiterna sensazione di non appartenenza. Un gatto trotterella impercettibile nelle viuzze del lotto, passa un aereo, un uomo guarda il vialetto, e subito dopo il firmamento, e poggia un mozzicone spento sul balcone. Sto nel mio mondo. Cosa vuol dire? Ne esistono forse altri?

Calcio pietruzze nel cortile dell’asilo, fisso l’angolo delle erbacce impertinenti. Gli altri bambini anche quando non li guardi, li senti. Urlano. Corrono. Giocano. Le suole gommate delle loro  scarpe battono e scivolano e frastuonano su ciottoli grigi chiari, col sole che li rende ogni tanto bianchi, così che la luce si riflette e acceca. Sono qui perché devo. Il primo giorno è stato terribile. Nessuno capisce quanto spaventosa possa essere la novità. Volevo uscire, volevo tornare a casa. A me scappava da piangere e urlare; alla maestra è scappata una sculacciata.

Mi piace l’odore della carta. Ho questo disegno che devo colorare. Apro l’astuccio. Prendo un pastello, poi tutti gli altri. Per me, le matite devono stare tutte dentro o tutte fuori. Su metà del mio banco, ci sono i miei legnetti dall’anima vivace. Li sollevo, uno dopo l’altro, impugnandoli tra pollice e anulare, e sfrego animoso nello sforzo di rimuovere il bianco (o il banco. Dipende). Premo così forte da spezzare la punta. Succede spesso. Allora prendo il temperino. Quando la punta mi viene perfetta, basta un altro minuscolo giro di lama e si spezza. Mi innervosisco, rifaccio la punta. Succede spesso. Fine dei giochi, inizio delle lezioni. La voce monotona mi descrive la noia con pretesa di mia totale attenzione. Il nervoso me lo tengo: taccio, strappo in pezzetti infinitesimali i bordi dei libri, mordo penne, matite, giochi, spezzo, distruggo, arrotolo, manipolo oggetti. La maestra guarda il mio banco e fa una faccia che scoprirò essere di disappunto. In palestra quando mi lanciano la palla balzo all’indietro per evitarla. D’altra parte, faccio lo stesso con ogni esercizio che mi richieda equilibrio.

È ora di pranzo. A mensa siamo tutti insieme, posizionati in un lungo assetto rettangolare di adulti cincischianti a capotavola. I tavoli sono banchi con tovaglie di carta con un logo a forma di cometa. La tovaglia sotto il gomito è spiacevolmente ruvida. L’inserviente trascina un carrello metallico cigolante lungo l’atrio, per sostare ogni dieci minuti, poi sistemarsi i capelli avvolti nella retina, poi sbuffare, poi desiderare di uscire per fumare una sigaretta, poi distribuire una trentina di piatti di plastica al banco divenuto tavolo. Nel piatto c’è un pezzo quadrato di formaggio sottile con contorno di spinaci. Intaglio un triangolo del primo, e me lo infilo in bocca. Mastico lento, con fatica. Gli altri dicono che è insapore, in realtà sa di latte salaticcio e sapone. Provo con gli spinaci. Quelli sono amarognoli. Ingoio. Sul fondo della mia gola si attiva il riflesso incondizionato della nausea. Così è, se non va bene il sapore, la consistenza, l’odore di un cibo. Non ce la faccio a proseguire oltre, sono costretto a lasciare cibo e posate sul tavolo. Alcuni gruppi di bambini si alzano. Quando il primo gruppo si alza, mancano esattamente sessanta secondi alla ricreazione. Le maestre si accorgono del mio piatto pieno e mi intimano di finire tutto. Se non obbedisco, posso scordarmi la ricreazione. Ricevo l’ordine e non mi scompongo, yes sir. Ripeto il tentativo. La  sensazione di nausea è più forte. Rischio di sputare tutto, mi trattengo, scende una lacrima di disgusto. Prendo un tovagliolo, mi libero. Sollievo. Mi dispiace, comandante. Passo il resto dell’ora seduto al tavolo, osservo i rimbalzi ripetuti del pallone giallo di spugna nella partita di calcio che si svolge tra la mia classe e la sezione di fronte. Esce di campo varie volte. Undici. Le maestre si alzano dal muretto per tornare in  mensa e trovarmi, seduto a schiena dritta, dove mi avevano lasciato. Ricevo richieste di spiegazioni. «Mi fa schifo», affermo troppo sincero. «Che maleducazione» tuonano, «il cibo non fa mai schifo». Si sbagliano, ma loro non possono saperlo. Corro su per le scale con stomaco rombante per tornare in classe. Elemosino, insistendo, un quarto d’ora di costruzioni: l’ingiustizia sa di plastica. Mia madre spesso a casa indaga se a scuola io ogni tanto qualcosa la mangio. Domanda retorica.

Sono in cortile, in una giornata ventosa le foglie di quercia si lasciano trasportare. Un bambino inciampa e rotola in terra. Mi sembra che rida, chissà perché cerco di ridere anch’io. Poi sembra lamentarsi. Aspetta, sta piangendo. E io ho riso. Come ho potuto?

 

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11 settembre 1973/11 settembre 2015

11 settembre 2015/per non dimenticare

Ogni anno, l’11 settembre, ricorre l’anniversario del colpo di Stato in Cile.

Tre riflessioni mi vengono subito in mente.

La prima riguarda il silenzio che lo circonda, accompagnato dalla rimozione nell’immaginario collettivo.

La seconda fa riferimento al fatto che il colpo di Stato è stato eseguito materialmente dai militari cileni, ma organizzato e su commissione degli Stati Uniti.

Tacendo su questo aspetto importante, si accredita  la vulgata corrente secondo cui il fascismo è altro rispetto alla società capitalista, mentre ne è una variante, scelta quando il sistema ritiene più opportuno utilizzarla e, dimenticando che la regia è sempre la stessa, siamo criticamente disarmate quando colpi di Stato e guerre umanitarie avvengono ai nostri giorni.

La terza riflessione che, per certi versi, ci interessa più da vicino, riguarda il fatto che si vuole far passare il colpo di Stato in Cile come il frutto di ambienti reazionari e oscurantisti.

Non è così.

La dittatura militare in Cile è stata il debutto del neoliberismo.

Tutte le elaborazioni del neoliberismo, che fino ad allora erano solo teoria, sono state applicate al Cile (…)

da “Il sociale è il privato” ed. Bordeaux 2012, pag.93

usa

 

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Ekin Wan è anche la nostra resistenza nuda!

EKIN WAN È ANCHE LA NOSTRA RESISTENZA NUDA!

Scendiamo in piazza contro le politiche genocide di Erdogan e dello Stato turco
Contro tutti i patriarcati di Oriente e Occidente
Per la liberazione delle donne e l’autodeterminazione dei popoli

Lo scorso agosto le forze di sicurezza turche hanno spogliato, trascinato per strada legato ad una corda e poi abbandonato nella piazza del paese il cadavere della guerrigliera kurda Kevser Eltürk (nome di battaglia Ekin Wan), facendo successivamente circolare l’immagine sui social network.
Non si è trattato di un deliberato atto sadico, ma di un avvertimento mafioso alla popolazione kurda: tutti e tutte farete questa fine, se non ve ne state buoni e zitti.

Il colonialismo si è sempre servito del dominio sui corpi delle donne esibiti come metafora del proprio dominio sui territori colonizzati.

E così Erdogan ha voluto ribadire il dominio neocoloniale sulla popolazione kurda, mentre il suo partito (AKP) stava creando le premesse per un colpo di stato, dopo aver perso la maggioranza assoluta alle scorse elezioni.

Questo dominio neocoloniale nelle ultime settimane è stato ribadito con ferocia crescente, militarizzando e isolando intere zone del Kurdistan del nord, dove i cecchini sparano sulla popolazione civile e i militari impediscono l’ingresso delle ambulanze e del personale sanitario in modo da moltiplicare il numero dei morti civili.

Nelle città turche i fascisti ultranazionalisti stanno mettendo in atto dei veri e propri pogrom contro donne e uomini kurdi: linciaggi, case e negozi bruciati; il tutto sotto lo sguardo compiacente delle forze di polizia.

In questo clima di guerra neocoloniale, la violenza contro le donne sta crescendo esponenzialmente.

La coraggiosa popolazione kurda ha organizzato la propria autodifesa, e noi vogliamo sostenerla con forza.

Ekin Wan è la nostra resistenza nuda, hanno urlato le donne kurde scese in strada per esprimere la rabbia contro l’esposizione del corpo nudo e martoriato di Ekin.

Ekin Wan è anche la nostra resistenza nuda, rilanciamo da qui.

Partecipiamo con uno spezzone femminista alla manifestazione del 14 settembre a Milano, per continuare il percorso che ci ha viste in strada lo scorso 8 marzo al fianco delle donne che a Kobane e in tutto il Kurdistan continuano a combattere contro gli assassini e stupratori di ISIS e AKP.

Le compagne di dakobaneanoi.noblogs.org

ekin_wan

 

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Siamo tornate all’Inquisizione!

Siamo tornate all’Inquisizione!

«elemento di pessima condotta morale»

 «naturale e innata attitudine a delinquere»

«perdurante insensibilità agli stimoli esterni virtuosi». 

da http://www.autistici.org/macerie/?p=31514

Sorveglianza speciale per Chiara

chiara sorvegliata speciale

È il Tribunale di Teramo il primo a rispondere positivamente all’appello lanciato negli ultimi mesi da diverse Questure italiane, isole comprese, sulla necessità di mettere sotto Sorveglianza speciale alcuni sovversivi, così da toglierseli una buona volta dalle scatole, e toglierli dalle strade.
Ad essere raggiunta in questi giorni dalla sentenza di applicazione della Sorveglianza speciale per diciotto mesi è stata Chiara, attualmente detenuta agli arresti domiciliari per l’attacco contro il cantiere del Tav di Chiomonte del maggio 2013.
Dopo l’udienza dello scorso 4 giugno in cui si è discusso della misura non si può certo dire che i giudici teramani abbiano avuto molta fretta nel certificare la pericolosità sociale di Chiara, e del resto nel suo caso non c’era proprio alcuna urgenza.
Essendo infatti Chiara agli arresti domiciliari, la Sorveglianza speciale rimane per ora chiusa in un cassetto e inizierà ad essere applicata solo quando terminerà la detenzione domiciliare.
Solo allora diventeranno quindi esecutive le prescrizioni che caratterizzano la “sua” Sorveglianza: obbligo di vivere onestamente; obbligo di restare in casa tra le 20 (o le 21 nei mesi di ora legale) e le 7 del mattino, e nelle restanti ore di comunicare all’Autorità locale di pubblica sicurezza ogni allontanamento dalla propria dimora; obbligo di presentarsi all’Autorità locale di pubblica sicurezza ogni qualvolta questa lo richieda, e di portare con sé una copia della Carta di permanenza in cui è attestato lo status di Sorvegliata speciale; divieto di frequentare persone che hanno subito condanne o sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza; divieto di partecipare a pubbliche riunioni e di detenere armi.
A questa misura è stato poi aggiunto l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza che, oltre a vietare di uscire dai confini del proprio comune, aggrava notevolmente le sanzioni previste per eventuali violazioni delle prescrizioni sopra elencate, fino a prevedere l’arresto in flagranza e una successiva condanna da uno a cinque anni di carcere.
Una misura niente male, insomma.
E pensare che per convincere i giudici della bontà della richiesta della Questura teramana non è che ci sia voluto poi molto: il giorno dell’udienza la procuratrice non ha proferito parola, limitandosi ad associarsi alle motivazioni questurine. I giudici dal canto loro non si sono sforzati granché nell’argomentare la loro decisione evincendo la pericolosità sociale «dall’appartenenza a frange estreme organizzate ideologicamente orientate e dalla tenuta di plurime condotte riconducibili a quelle tipiche dell’area di provenienza». La ciliegina sulla torta, naturalmente messa su un piano di assoluto rilievo, è l’attacco contro il cantiere di Chiomonte. Le tante pagine imbrattate dagli scribacchini di Questura e tribunale ruotano tutte, sostanzialmente, attorno a questi tre elementi: Chiara e il suo essere anarchica, i comportamenti “disdicevoli” – anche quelli non penalmente rilevanti – da lei tenuti nel corso delle varie lotte cui ha partecipato negli anni e l’azione di sabotaggio per cui si trova attualmente ristretta. Nel mescolare in vario modo questi tre ingredienti condendoli un po’ con tutte le salse gli inquirenti non rinunciano però a qualche invettiva e valutazione psicologica, infilandosi sopra la divisa l’abito talare e quello dello psicanalista dipingono Chiara come un «elemento di pessima condotta morale» che manifesta una «naturale e innata attitudine a delinquere» e una «perdurante insensibilità agli stimoli esterni virtuosi». Altro pezzo degno di nota, infine, quello in cui i giudici spiegano perché sia necessaria anche l’imposizione del soggiorno coatto nel Comune di residenza: «consentire un più vigile e penetrante controllo» al fine di «inibire la proliferazione del c.d. fenomeno di esportazione criminale». Una definizione, legnosa e contorta come solo le frasi in giuridichese sanno essere, che ripropone la tradizionale visione del mondo delle autorità. Quella secondo cui le lotte, con tutta la loro necessaria carica di illegalità, siano opera di untori: rinchiudendo, isolando e confinando questi la pace sociale tornerà quindi a regnare. Vana illusione. I conflitti sociali infatti, per quanto non siano inseriti in alcuna tabella degli alimenti ecosostenibili, sono prodotti rigorosamente a “km 0″.

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Gli 8 notav escono dal carcere

Gli 8 notav escono dal carcere

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11988684_515239148632572_1676833958901821710_nE ‘notizia di questa mattina che gli 8 notav arrestati nei giorni scorsi usciranno dal carcere questo pomeriggio. Chiaramente non saranno completamente liberi, tra arresti domiciliari e obblighi di dimora, ma saranno fuori da quelle finestre con le sbarre che hanno visto già troppi notav rinchiusi.

Il Gip Ambra Cerabon ha evidentemente respinto le solite accuse dopate dei pm con l’elmetto, Marco Gianoglio e Antonio Rinaudo che si erano affrettati a inserire vari capi d’imputazione nell’accusa. A differenza di altre volte il gip non ha sposato in pieno la tesi della procura che in questi anni ha fatto dell’uso della carcerazione preventiva, un rito ben abusato che ha trovato sempre piena collaborazione in altri gip.

Aspettiamo la loro uscita dal carcere e confermiamo la fiaccolata di questa sera alle 20.30 a Bussoleno.

Liberi tutti, Avanti NoTav!

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