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Femminismo: paradigma della Violenza/Non Violenza
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Terra e libertà
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Campagna per il NO al referendum del 4 dicembre!
31)Votiamo NO per dire NO alla meritocrazia!

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7 ottobre 2016/#ingovernabili!!!!!
Contro la “buona scuola” oggi a Roma e in tutta Italia una “buona lotta”!!!!!!!!!
Intervista ad una studentessa del Manara
https://www.facebook.com/sapienza.clandestina/videos/1479730685376718/
Intervista ad una studentessa del Mamiani
https://www.facebook.com/sapienza.clandestina/videos/1479730685376718/
La Parentesi di Elisabetta del 5/10/2016 e Podcast
“Femminismo senza femminismo”
clicca qui
La peculiarità della nostra stagione che coincide con il neoliberismo è caratterizzata dal dato che il capitale è reale cioè totale e pertanto è un rapporto sociale globale che occupa tutto il territorio del vivere. Il movimento femminista è movimento di decolonizzazione del quotidiano patriarcale ed è un processo sociale che non può essere ristretto negli steccati dell’emancipazione. E’ un processo che non può essere arrestato né in punto né in una fase storica determinata e per questo è stato conferito alle patriarche e alla socialdemocrazia il compito di deviarlo e rimandarlo.
Il fatto che il movimento femminista debba fare i conti con una lettura falsa e manipolata, con una promozione sociale personale, con una correità di chi questa promozione sociale l’ha ottenuta, non significa che non abbia sempre un progetto sociale implicito.
Il patriarcato attraverso il suo Stato, parcellizza nell’ambito di interessi parziali e corporativi l’esigenza di libertà che è di noi tutte e, con noi di tutti i segmenti della società oppressi.
La sfida per il movimento femminista è di realizzare un progetto antagonista che si misuri con la globalità dell’oppressione di genere e con la critica del vivere quotidiano perché il patriarcato oggi essendo stato assunto in una reciprocità di azioni e di intenti, dal neoliberismo, si è costituito a tutto campo nel suo metabolismo sociale. Pertanto è nodale, in questa stagione, scontrarsi con il patriarcato inteso come rapporto sociale, socializzare lo scontro e riannodare la solidarietà rivoluzionaria di noi tutte, solidarietà che passa, mai come ora, attraverso lo smascheramento dei ruoli e della collocazione delle soggettività colluse.
Il patriarcato è diventato più forte perché il movimento femminista non è stato in grado di smascherare e di opporsi a questo processo.
E’ necessario recuperare la critica al quotidiano, al quotidiano patriarcale, nella sua forma specifica in un mondo nel quale tutto è diventato merce. Ciò che nel dominio formale occupava la sfera della produzione ora occupa tutta la sfera del vivere.
In questo contesto le subalternità e le differenze devono confrontarsi con un codice, un unico codice totale e totalitario in cui si stabiliscono ruoli, figure e funzioni e questo vale tanto più per chi appartiene al genere oppresso.
Il movimento femminista è sintesi della critica alla quotidianità imposta dal patriarcato e di quella al capitale come dominio globale, è rottura con il neoliberismo patriarcale inteso come metabolismo sociale, è movimento di liberazione teso alla libertà di spazi, di tempi, di ricchezza, è un programma sociale di liberazione da questa società, dal mondo delle merci, dai ruoli assegnati, dai compiti assolti per autopromozione personale contro una società che ha realizzato la società patriarcale come seconda natura raggiungendo l’obiettivo di coinvolgere settori del genere oppresso nel processo di mantenere nell’oppressione la stragrande maggioranza degli oppressi/e tutti/e, veicolando nell’ambito del genere una situazione per cui un miglioramento personale viene spacciato per un miglioramento generale.
E’ la versione in campo femminile del teorema secondo cui questa è la società migliore e che comunque non ci sono alternative e magari per i più scettici, la situazione in cui siamo immerse è un dato di fatto, un punto di non ritorno.
Occorre da subito dare espressione sistematica, organizzata, soggettivamente motivata ai principi e agli ideali del movimento femminista che lo stesso ha elaborato in modo diffuso, spontaneo, magari disorganico, ma avendo la chiarezza che la prospettiva è la distruzione, la rimozione di tutti i “ruoli sociali”, l’abolizione di tutte le classi e che la liberazione è il passaggio per la libertà.
Oggi per il femminismo è nodale riconoscere ed organizzare le proprie ragioni.
Il neoliberismo e il patriarcato così come si sono realizzati in questa stagione tendono ad affermarsi come seconda natura e pertanto portano la morte in tutta la società, socializzano la morte nelle relazioni sociali, sentimentali e affettive. Mai come oggi è importante il femminismo come pratica storica, cosciente, organizzata della liberazione delle donne come conquista di una vita mai vissuta. Se non avessimo lottato in questi anni collettivamente e singolarmente, non avremmo la possibilità di leggere questo percorso, di affermare queste esigenze. Il movimento femminista è stato ed è un’allusione potente ad un’altra vita. La consapevolezza dei suoi limiti e del voluto stravolgimento da parte di alcune non rimuovono le sue potenzialità.
Oggi è necessario aprire il dibattito per definire i percorsi di liberazione e le modalità in cui si possono esplicitare magari attraverso una rete soggettiva, coordinata e coerente, con la comprensione dei ruoli e della collocazione e rifiutando una sorellanza fittizia, falsa, formale e fuorviante attraverso la comprensione della collocazione all’interno del movimento femminista dei ruoli che ognuna ha scelto di assolvere.
Il femminismo in questo senso si misura con le contraddizioni prodotte dalla sua storia ma perché questa non diventi ora e qui la storia del patriarcato, perché non si perpetui la situazione in atto, quella di un femminismo senza femminismo dove l’apparente bontà delle ragioni nasconde la sostanza dell’operazione sottesa, cioè la riconsegna delle donne tutte alla subalternità infantilizzata della tutela dello Stato, facendole annegare nel patriarcato e nel neoliberismo, si deve riannodare al suo portato antagonista e alla sua aspettativa e al suo anelito di libertà.
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Inaugurazione del Centro Documentazione Palestinese-Roma
Sempre dalla parte delle compagne palestinesi che lottano, cercano di sopravvivere, muoiono, si ribellano, resistono, combattono…Sabato 8 ottobre 2016 (ore 18:00)
Via dei Savorgnan 40 – Roma

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Campagna per il NO al referendum del 4 dicembre!
30)Votiamo NO per dire NO alla Governance!

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I Nomi delle Cose
“I NOMI DELLE COSE”
Abbiamo deciso di chiudere la trasmissione “I Nomi delle Cose” su Radio Onda Rossa.
Questo il nostro comunicato a ROR
Care compagne e cari compagni,
siamo qui per mettervi al corrente di una decisione sulla quale abbiamo
ragionato molto e che confidiamo accoglierete con lo stesso animo di rispetto
reciproco con cui noi ve la comunichiamo. Abbiamo deciso di chiudere la
trasmissione ” I nomi delle cose”. Crediamo che sia una necessità per la radio ridefinire la propria linea politica e condividerla con tutt* coloro che collaborano con la radio. Tuttavia questo rinnovamento ha reso evidenti differenze politiche che non possono essere portate a sintesi e che ci impediscono di continuare. Nonostante questo,
crediamo che le discussioni, anche accese, affrontate nelle riunioni di
redazione negli ultimi anni su questioni femministe e internazionali abbiano
avuto una notevole funzione dialettica.
Vi salutiamo con l’augurio di ogni bene personale.
Coordinamenta femminista e lesbica
ma “I Nomi delle Cose” continua!!!!!!
si trasforma in una Riflessione/Dibattito a viva voce sulle più svariate questioni lette da un punto di vista femminista, come abbiamo sempre fatto, che pubblicheremo sul blog il mercoledì, ogni quindici giorni, in podcast corredata dai materiali e dai riferimenti usati, mentre la “Parentesi di Elisabetta” prosegue con cadenza settimanale.

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Campagna per il NO al Referendum del 4 dicembre/Assemblea nazionale
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2 ottobre/Marina Rossel/Els Segadors
Indipendenza per la Catalogna!

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Sistema uninominale
Sistema uninominale
di Alessandra Daniele
E Ponzio Pilato disse alla folla: “Volete Barabba o Barabba?”
La folla tacque perplessa.
Ponzio Pilato ripeté: “Allora, volete Barabba o Barabba?”
Una voce si levò dalla folla: “Che fine ha fatto Gesu?”
“Non è arrivato al ballottaggio” rispose Pilato.
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2 ottobre/Manifestazione NO MUOS
2 ottobre 2016/Manifestazione NO MUOS
La Sicilia non è zona di guerra Via le basi Usa-Nato dalla nostra terra !
http://www.nomuos.info/2-ottobre-2016-manifestazione-no-muos/
Appello per una manifestazione nazionale NoMuos il 2 ottobreVerso un autunno caldo contro la guerra e la basi Usa-Nato
per la smilitarizzazione della Sughereta e della Sicilia
La Sicilia è stata nel corso degli ultimi anni sempre più militarizzata: Sigonella, il Muos, i droni, i depositi di armi, le basi di Birgi (Tp) ed Augusta (Sr), i radar di Lampedusa l’hanno trasformata in un arsenale di guerra a cielo aperto. Allo stesso modo l’apertura dei CIE, degli Hotspot e del Cara di Mineo insieme alla crescente militarizzazione dei porti, delle coste e del Mediterraneo in seguito alla presenza di Frontex a Catania ed all’operazione EunavforMed, l’hanno resa il più grande lager d’Europa.
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Ripensare la maternità
Ripensare la maternità
di G.
Ripensare la maternità da un punto di vista femminista significa liberarsi innanzitutto dai tentativi di controllo altrui sui nostri corpi; significa ripristinare un patrimonio di conoscenze che permettano alle donne di affrontare la gravidanza, l’allattamento e la crescita dei figli compiendo scelte consapevoli e libere. E ricominciare a gridare che quando si tratta dei nostri corpi e dei nostri tempi di vita nessun@ ha il diritto di criticare e di ostacolare le nostre scelte.
Medici e professionisti da una parte, sostenitori di un naturismo radicale dall’altra, tutt* intendono controllare il percorso di maternità, sottoponendoci a forti pressioni e insinuando nelle nostre menti sensi di colpa e un’insicurezza crescenti.
La maternità, esattamente come le altre esperienze di vita di una donna, devono essere l’occasione per esercitare tutta la nostra potenza e creatività e questo può essere possibile soltanto liberandosi dalle ingerenze esterne di chi ci vorrebbe al nostro posto, docili e passive, a generare nuova forza lavoro da impiegare e nuovi consumatori.
In questa ottica vorrei parlare di quella che è stata la mia scelta di allattare mia figlia esclusivamente al seno, per un tempo più o meno prolungato; scelta che io considero assolutamente politica. E dei motivi per i quali non credo che i governi capitalisti attueranno mai vere e proprie politiche di promozione dell’allattamento al seno, se non campagne di facciata assimilabili a quelle contro il fumo.
È di maggio 2016 il rapporto dell’OMS che fa il punto sulle leggi nazionali che dovrebbero promuovere l’allattamento al seno legiferando sulla base del “Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno”. È evidente dal documento che i paesi occidentali che si sono allineati al suddetto codice sono una scarsissima percentuale.
I motivi di queste inadempienze sono, a mio parere, chiarissimi: si tratterebbe di promuovere un prodotto assolutamente gratuito, immediatamente disponibile alla quasi totalità delle donne e che non necessita di prodotti da acquistare per essere utilizzato, così danneggiando il fiorente commercio di latte artificiale, tettarelle, ciucci e biberon.
Una multinazionale farmaceutica poi, potrebbe ricevere un secondo danno indiretto: il latte materno è un fattore molto importante per lo sviluppo di un sistema immunitario forte e per la prevenzione di patologie croniche. Nell’attuale società capitalista il progresso della medicina e il miglioramento igienico sanitario hanno permesso di avere strumenti per far sì che le malattie infettive abbiamo sempre meno morbilità e mortalità. Oggi ci ammaliamo a causa di un ambiente inquinato, dei ritmi produttivi rapidissimi, del cibo spazzatura, di un’insoddisfazione sempre crescente. Le nuove patologie sono croniche, durano molto tempo e non vengono debellate: per le case farmaceutiche significa un introito monetario costante. Perché allora raccomandare il latte materno che costituisce un elemento di resistenza anche a questo tipo di patologie?
Un altro elemento secondo me importante è che dal punto di vista ecologico l’allattamento con latte artificiale risulta assolutamente non sostenibile: l’impronta ecologica che lascia la produzione di un solo kg di latte materno è impressionante. Aggiungendo l’inquinamento causato dagli imballaggi e dal trasporto del latte in ogni parte del mondo, il dato si aggrava. A riguardo il vantaggio del latte materno è evidente!
L’allattamento al seno per essere esclusivo costringe la madre a stare a contatto con il bambino molto spesso; le poppate, almeno nei primi mesi, sono molto frequenti sia di giorno che di notte. Questo significa che dopo il parto la donna continua per molti mesi a non poter lavorare. Inoltre l’allattamento ritarda l’evenienza di un’altra possibile gravidanza. Due caratteristiche che non si sposano affatto con le esigenze del capitale che vorrebbe che le donne partorissero spesso e in fretta…e che tra un parto e l’altro fossero pienamente sfruttabili sul posto di lavoro (possibilmente demansionate e mobbizzate!).
Nel valutare la mia scelta hanno avuto un ruolo importante anche le teorie sul legame di attaccamento e sull’accudimento ad alto contatto. L’allattamento favorisce il contatto e quest’ultimo è un fattore che conferisce al/lla bambin@ senso di protezione e di sicurezza ai quali conseguono più probabilmente lo sviluppo di una più alta autostima e fiducia in se stessi. Caratteristiche che ritengo necessarie per sopravvivere nella società capitalista senza farsi sopraffare e annientare da essa, per crescere un essere umano ribelle che si sappia difendere da tutto ciò che l’opprime.
Ecco, non è che penso che allattare sia una scelta rivoluzionaria, né la migliore. Solo che mi piacerebbe creare un altro immaginario: vorrei che una donna che allatta al seno non sia direttamente collegata ad una vita sacrificata per suo figlio, incastrata in un ruolo imposto; potrebbe essere una donna che ha fatto una scelta politica.
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Campagna per il NO al referendum del 4 dicembre!
29)Votiamo NO per dire NO al saccheggio da parte delle Multinazionali!

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Renzy Potter e il Fondo del Barile
di Alessandra Daniele
Il governo Renzi è alla disperata ricerca di denaro da trasformare in bonus elettorali per comprarsi la vittoria al referendum che appare sempre più improbabile.
I soldi però sono finiti, il fondo del barile è stato raggiunto, raschiato e scartavetrato. Quali altri magheggi contabili saprà inventarsi il piccolo Renzy Potter per aggirare i limiti imposti dalla crudele Voldemerkel, che ormai ai vertici lo evita dicendo “non c’ho spicci”, e comprare il consenso degli elettori alla sua ripugnante Deforma Costituzionale?
Ci vorrebbe qualcosa di particolarmente truffaldino, ma è difficile pensare a qualcosa di particolarmente truffaldino che il governo Renzi non abbia già fatto.
Non resterà che ricorrere ancora una volta alla risorsa più sfruttata in questi casi: le pensioni.
Dopo l’APE, anticipo pensionistico, sarà introdotta la VESPA, verifica sistematica pensioni acquisite.
Con l’APE, come si sa, per andare in pensione in anticipo rispetto ai limiti minimi, calibrati sull’aspettativa di vita d’una tartaruga centenaria delle Galapagos, si è obbligati a chiedere un prestito bancario e, nonostante i contributi già versati, sostanzialmente pagarsi la pensione da soli.
Con la VESPA in retromarcia, cioè a effetto retroattivo, anche tutti coloro che hanno già una pensione per continuare a riscuoterla dovranno chiedere un prestito mensile pari alla cifra che ricevono. E restituirlo il mese successivo.
Sarà poi istituito uno speciale fondo INPS, detto appunto Fondo del Barile, nel quale confluiranno tutti i contributi versati dai lavoratori.
Questo fondo sarà utilizzato dal governo per distribuire bonus elettorali di varia natura – bonus bebè gestito dalla Lorenzin, bonus dudù gestito da Alfano, bonus gne gne gestito dalla Boschi – che saranno erogati in prossimità di referendum e competizioni elettorali, e ritirati con obbligo di restituzione totale in caso di sconfitta del premier.
Poi a imprenditori e governo non resterà che incrementare gli sforzi già in atto per impedire che i lavoratori arrivino vivi alla pensione.
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