Il sogno di una cosa

Il sogno di una cosa

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Alle compagne e ai compagni del Movimento Rivoluzionario Sardo: Colonialismo e Liberazione Nazionale, appunti per una critica costruttiva.  

– Il principio della nazionalità, deve uccidere uno dopo l’altro, ovunque, i sistemi centralizzatori della burocrazia, i corpi privilegiati, gli eserciti permanenti, gli stati. (Bakunin)

– Nulla è più prezioso dell’indipendenza e della libertà.  (Ho Chi Minh)

– La rivoluzione sociale non è possibile senza la conquista dell’indipendenza.  (Simon Mossa)

Con questo scritto vorremmo confrontarci su alcune tematiche secondo noi imprescindibili, che ultimamente risultano carenti nelle analisi e nell’agire rivoluzionario in Sardegna, infatti pur constatando che alcune realtà abbiano svolto un buon lavoro soprattutto per quanto riguarda l’informazione sulla tematica antimilitarista, contribuendo a rilanciare la lotta, l’azione diretta e la partecipazione attiva contro l’occupazione militare; notiamo un passo indietro per quanto riguarda le istanze anticolonialiste, di indipendenza nazionale e di autodeterminazione della Sardegna. Tematiche che spesso vengono relegate come delle chimere o delle mere espressioni intellettuali, o accantonate in nome di un generico internazionalismo, dimenticando la nostra storia e di quanto queste siano, e lo siano sempre state, vive, attive e significative. Da sempre i Sardi hanno resistito agli invasori e ai colonizzatori di turno: romani, castigliani, piemontesi o italiani; solo per citare alcuni esempi della storia contemporanea novecentesca, ricordiamo come i fermenti politici che seguirono la carneficina del primo conflitto mondiale, in cui morirono circa 14000 proletari Sardi, diedero vita al P.S.d’Az. e a una forte “corrente” nazionalitaria, bloccata dall’avvento del fascismo. Durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, venne fondato il Partito Comunista di Sardegna d’ispirazione sovietista e gramsciana, sbaragliato da Togliatti e da altri dirigenti del P.C.I. tra cui Velio Spano. In seguito il pensiero indipendentista si amplia con le analisi/tesi di Antonio Simon Mossa, e dagli anni ’70  buona parte dei rivoluzionari sardi si collocano sul piano anticolonialista, per l’indipendenza e l’autodeterminazione. Dal “Circolo città-campagna” a “Su populu sardu”, “Sardegna libertaria”, “Iskra”, “Sardennia contra s’istadu”, “Antagonismu”, il “Comitato del proletariato prigioniero sardo deportato”, l”‘U.A.S.”, “Nihil”, “Confedertzione de sos comunistas sardos”,  “Fraria”, compresi  “MAS” e “Sos Istentales” e tante altre sigle e situazioni hanno posto la discriminante anticolonialista nel loro agire, finanche un partitino della nuova sinistra come “Democrazia Proletaria Sarda” incluse nel suo statuto la finalità dell’autodeterminazione. Certo ben altra cosa dal pessimo esempio che hanno dato e stanno dando i vari partitini indipendentisti e sovranisti, che succubi dei loro leaders, spesso in lite fra loro per una leadership da due soldi, che impastoiati alle istituzioni e incrostati di derive opportuniste sono più che altro interessati ad inseguire le tornate elettorali; un indipendentismo, il loro, interclassista e istituzionalizzato, lontano da qualsiasi carica conflittuale e spesso pronto a dissociarsi alla prima occasione dalle azioni dirette di strada o clandestine. Ma le derive legalitarie e talvolta controrivoluzionarie di questi non devono impedirci di affrontare la questione nazionale da un punto di vista rivoluzionario, anzi dovrebbe spronarci a recuperare una credibilità agli occhi del popolo sardo  – usiamo il termine popolo nella prospettiva della sua esistenza storica negata dalla dominazione coloniale – portando un po’ d’aria nuova e vivacità in quel sentimento “sardista” e ribelle diffuso nel corpo sociale dell’isola. Continua a leggere

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Manifestazione 14 ottobre contro la Joint Stars

Rilanciare la chiamata!

Manifestazione 14 ottobre contro la Joint Stars

A Forascontra a s’ocupatzione militare de sa Sardigna- rilancia la chiamata per la manifestazione di sabato 14 ottobre 2017 al porto di Cagliari contro la Joint Stars, la più grande esercitazione dell’anno, promossa dal Ministero della Difesa in collaborazione con gli eserciti della Nato.

L’appuntamento del 14 ottobre è stato anticipato da una serie di azioni volte a sensibilizzare ed informare i cittadini sulla crescente militarizzazione del territorio e sulla “normalizzazione” del sistema militare-civile. Martedì 10 ottobre A Foras ha manifestato presso il Palazzo Civico di Cagliari anche con una lettera aperta al Sindaco della città, ancora senza risposta; mercoledì 11 gli attivisti erano ai cancelli della Fratelli Rubino Trasporti per contestare gli accordi commerciali delle aziende private con l’industria bellica; il 12 ottobre compagni e compagne del Culletivu S’IdeaLìbera hanno contestato all’Università di Sassari il corso di laurea in cooperazione e sicurezza internazionale che ospitava come docente un militare della Brigata Sassari. Continua a leggere

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L’interrogatorio di Maya

L’interrogatorio di Maya

Maya, la compagna che all’inizio dell’estate aveva denunciato le violenze e gli insulti subiti da parte della Polizia di Torino, ieri pomeriggio è stata interrogata dal Pubblico Ministero sia come parte lesa, perchè Maya ha sporto denuncia, sia come indagata, non si sa bene di cosa.

Il pubblico ministero è una donna, Emanuela Pedrotta, nota per l’ “attenzione” degli ultimi anni al movimento No Tav e ai militanti torinesi.

La lotta femminista, oggi come non mai, deve fare chiarezza sul ruolo delle donne che si sono messe al servizio del potere, che usano e hanno usato l’emancipazionismo per la promozione personale e hanno fatto propri i valori neoliberisti. Nessuna lotta femminista può essere interclassista. Nessuna lotta femminista che voglia avere un minimo di credibilità può prescindere dalla denuncia del ruolo delle patriarche. 

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Sabato 21 ottobre/Tortura.Una pratica indicibile.

 
Presentazione del libro 

“Tortura. Una pratica indicibile”

edizioni Sensibili alle Foglie.
Sarà presente l’autrice Maria Rita Prette
 
Concerto in acustica della band anarchica HC old school
Labile istante di vuoto
di Cesena
 
SABATO 21 OTTOBRE 2017
dalle ore 17.00
al bar Alla Girada – Via Baldissera, 7 – Udine
 
 
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Cena palestinese al Nido di Vespe!

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Santa Barbara Bendita

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CPR di Ponte Galeria

Roma – Proteste e sciopero della fame nel CPR di Ponte Galeria

La pessima qualità del cibo nei cpr e in generale nelle strutture “d’accoglienza” non è notizia nuova.                  

Da sempre le recluse ci raccontano di cibo marcio, freddo, di bassissima qualità e varietà e non rispettoso delle abitudini alimentari e necessità delle recluse. Tuttavia da ieri la situazione sembra essere peggiorata. Per cena, infatti, sono stati serviti dei broccoli, probabilmente marci, a causa di cui circa una ventina di ragazze sono state male. Poche ore fa ci è arrivata la notizia che nella cena sono stati trovati degli scarafaggi. L’esplosione di rabbia è stata generale. 30 delle 91 donne attualmente recluse nel cpr di Ponte Galeria hanno destinato agli operatori di Gepsa delle dichiarazioni firmate in cui affermano che non avrebbero ritirato la cena per scioperare contro la pessima qualità del cibo distribuito all’interno della struttura.

Solidali e complici con chi si ribella e lotta all’interno di ogni galera.

nemiche e nemici delle frontiere

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La follia scorre da sempre nelle nostre vene.

La follia scorre da sempre nelle nostre vene!

Critica femminista alla psichiatria come dispositivo di controllo

anarcoqueer.wordpress.com

(Individualità femministe per la chiusura degli OPG melma@grrlz.net Testo scritto in occasione del corteo antipsichiatrico del 28 marzo 2015 a Reggio Emilia)

  “Sei   pazza!”   ci dicono  quando non corrispondiamo a quello che ci si aspetta da noi, nel momento in   cui   rompiamo   gli   schemi. Quando   diciamo   NO, quando cerchiamo altre strade rispetto a quelle già tracciate   per   noi, quando   siamo   noi   stesse… veniamo   definite   pazze, folli, malate   mentali,   lunatiche, isteriche. 

Se   denunciamo   un   tentato   stupro, ci   rispondono   spesso   che   ci   siamo suggestionate, se urliamo in faccia davanti ad un aggressione verbale ci liquidano come povere pazze, se cantiamo felici per strada, ci guardano con un misto di imbarazzo e pietà. Se non veniamo viste come brave ragazze, madri responsabili, mogli fedeli, compagne   compiacenti   e   soprattutto   quando   osiamo  arrabbiarci,  essere aggressive e violente, siamo considerate matte, “socialmente pericolose”. 

La società ci vede come esseri pacifici, indifese,  incapaci di agire violenza e conflitto,  da   proteggere  controllandoci   perché   la   violenza   deve   rimanere monopolio di chi comanda, dello Stato, degli uomini, della scienza. È quindi considerato inaudito, folle, incomprensibile che le donne si riapproprino della violenza. Di una donna che reagisce con le mani all’ennesimo insulto, si dice che è un’esagerata, di una madre che uccide il figlio, che è vittima di un raptus, di una donna che sceglie la lotta armata, che non l’ha fatto di sua volontà   ma   plagiata   dal   compagno.   Il   potere   ritiene   assurde   e incomprensibili queste azioni, arrivando al punto di cercarne le ragioni nella deformazione del nostro cervello. Per fare un esempio lo stato tedesco dopo aver ucciso Ulrike Meinhof della Frazione Armata Rossa ha conservato il suo cervello per studiarlo, cercando prove della sua anormalità, in perfetta linea con il  passato  eugenetico  nazista di cui gli  psichiatri furono grandi promotori.  

Accusarci di follia è uno stratagemma usato dalle istituzioni patriarcali, quali la famiglia, lo stato, la scienza, la chiesa, la scuola per limitare la nostra libertà.

Con questo non vogliamo  negare  che  esistano la sofferenza, il disagio o la disperazione, ma non li consideriamo una malattia. Accusarci di essere folli o  malate  mentali è   un  modo   per   incolparci   della   nostra sofferenza, perché sarebbe il nostro cervello ad avere dei problemi, e non invece la società ad opprimerci e a generare sofferenza.  Continua a leggere

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benito.it

benito.it

di Alessandra Daniele

https://www.carmillaonline.com/categorie/schegge_taglienti/

Bentornato, utente PD. Il tuo cazzaro.it ha fallito miseramente. Per mantenere il potere hai quindi bisogno anche tu dell’upgrade a benito.it.
Segui la nostra procedura guidata per configurarlo.

1 – Inserisci il nome del tuo benito.it.
Marco Minniti

2 – Inserisci la password.
Aiutiamoli a casa loro
Password debole.
Spezziamogli un braccio
Password accettata.

3 – Scegli tre caratteristiche vincenti.
Arroganza. Doppiezza. Opportunismo.
Hai scelto la stessa combinazione del tuo Cazzaro. Complimenti per la coerenza, attenzione però, se il tuo cazzaro.it e il tuo benito.it dovessero entrare in conflitto potrebbero causare un crash, quindi il primo dovrà essere disinstallato.

4 – Scegli un personaggio storico recente di riferimento.
Francesco Cossiga Continua a leggere

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Era chiaro che saremmo arrivate/i qui!

Era chiaro che saremmo arrivate/i qui!

Nella

“Il consiglio comunale di Soragna, nel Parmense, ha approvato, nei giorni scorsi, una mozione per la messa al bando dell’ideologia comunista.

Il testo richiama la legge Fiano, provvedimento approvato dalla Camera per contrastare la propaganda di immagini e contenuti legati all’ideologia fascista, applicandola però al comunismo”

Immagino non ci sconvolga troppo l’equiparazione fra fascismo e comunismo, è una vita che sentiamo questa storia. E’ cominciato tutto con la creazione degli “opposti estremismi”, con la condanna della violenza politica sia dell’”estrema sinistra” che dell’”estrema destra” creata ad arte e fomentata proprio dal PCI quello di Berlinguer, di Pecchioli con il compagno di merende Cossiga, quello che ora è il PD di Minniti e Gentiloni (sì anche lui ha un mezzo finto passato da compagno).

Certo la storia del comune di Soragna nel parmense ora farà anche ridere ma invece è l’ultimo atto di un pericoloso percorso. L’equiparazione dei “totalitarismi” non è una chiacchiera da bar per tifosi ma è una manovra ben pensata. Il capitalismo è riuscito ad instillare distanza, sospetto e perfino odio per l’ideologia comunista attraverso la condanna dei “cattivi regimi” di cui l’ultimo in ordine di tempo è oggi la Corea del Nord. Si tratta di un lavorìo ben costruito dalla classe al potere per confondere le acque e sottrarsi ad ogni giudizio politico facendo appello all’emotività immediata. Per cui viene fuori che il fascismo tutto sommato ha fatto degli errori di cui i più grandi sono stati la guerra e le leggi razziali, ma fondamentalmente ha dei valori condivisibili, mentre il comunismo è una forza del male portata avanti comunque da intellettuali borghesi per farci credere che siamo tutti uguali mentre loro mangiano caviale.

Chiaramente viene volutamente ignorato e cancellato il percorso storico, di cui l’ideologia comunista è stata ed è portatrice, di lotte e di speranza per un mondo migliore in cui non ci sia sopraffazione e sfruttamento, mentre il fascismo informato ideologicamente a suprematismo, razzismo, classismo, gerarchizzazione, militarismo, maschilismo, colonialismo e via andare, non è altro che il braccio armato che la così detta “democrazia borghese” usa quando lo ritiene opportuno come cane da guardia di uno Stato che massacra  chi prova ad alzare la voce contro lo sfruttamento e l’oppressione. E’ il suo percorso storico e la sua funzione attuale.

Certo i libri di storia non ci raccontano il ruolo a cui è stato chiamato il fascismo italiano negli anni venti, non ci raccontano delle case del popolo bruciate, delle donne seviziate e del servizio reso ai latifondisti o agli industriali in ascesa. Poi dei golpe fascisti negli altri paesi si parla se sono lontani e sono la scusa per le nostre democrazie per presentarsi come modello di equilibrio democratico e sociale e poi ci dicono che usare questo termine è ormai superato, non è il caso di usarlo neppure per Casapound figuriamoci quindi per il fascismo del PD e di Minniti.

Addirittura dato che ora la Germania ha in parlamento un partito neonazista, in quel paese si prendono di mira i quotidiani comunisti (comunisti? Quali che li vorrei conoscere!) perché una delle loro leader è lesbica (e vai con il pink washing! Mi viene in mente un film abbastanza recente in cui si parla di tre generazioni di donne e c’è una battuta in una scena in cui la nipote vuole diventare un uomo e la nonna lesbica le dice di fare solo la lesbica: “Nonna meno male che ti sei battuta per i diritti dei gay pensavo fossi tollerante! – risposta “Essere lesbica non significa essere tollerante…”) Ma tutto questo non interessa a nessuno, interessa di più il cattivo paese che mangia bambini nel sud est asiatico (e qui mi viene da ridere perché è un gioco che si ripete e si ripete ancora!)).

Il femminismo è tutto ciò che percorre strade di liberazione e di uscita da questa società, è comunista, è anarchico, è libertario…ma non può essere in nessun modo e non sarà mai di destra…fascista o neoliberista perché altrimenti sarebbe, come d’altronde è in questo momento storico, un emancipazionismo e pure finto e che funziona pure male, un donnismo che inneggia alla parità senza voler intaccare minimamente il pesante sfruttamento e la struttura patriarcale che invece sostiene e veicola opprimendo tutte le altre donne e demonizzando quelle che si ribellano al sistema. 

Il problema non è certo che quattro vecchi si tengano o meno la loro sede comunista, il problema è combattere con tutte le forze la teoria mistificatoria degli opposti estremismi anche se a volte penso sia tardi. Mi chiedo come mai ci sia tanta gente che si dichiara di sinistra e che non si scandalizza davanti ad una bugia così grossolana e davanti all’evidenza di uno Stato che trasuda violenza da tutti i pori sistematicamente e quotidianamente e invece viene ancora considerato un interlocutore mentre è la causa di tutto ciò che c’è di male in questo paese. Però mi raccomando continuate a girare come criceti intorno ai   contentini che questo Stato vi ha elargito con “magnanimità” vedi le leggi tipo la 194 chiedendo che vengano attuate, migliorate, sistemate….dimenticando che sono sì frutto delle lotte ma sono state concesse per togliere l’acqua ai pesci, perché i pesci non guardavano il dito, non chiedevano permessi,  ma volevano la luna e la luna si prende e non si contratta! E così è successo che siamo diventate tutte “persone civili” magari vestite di fucsia e ci siamo infilate mani e piedi legati nella tana dell’orco, del capitalismo neoliberista, che, questo sì, mangia i bambini e purtroppo non è una favola.

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Visca la terra lliure-Gora Herri Askeak

Visca la terra lliure/Gora Herri Askeak!

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Fermiamo la Joint Stars!!!!

Fermiamo la Joint Stars. Fermiamo la Guerra. 
Cagliari #14ottobre

Nei prossimi giorni il porto di Cagliari sarà invaso da navi e sommergibili militari. Uomini e blindati sbarcheranno sulle nostre coste con l’obiettivo di addestrarsi a un’imminente azione offensiva di guerra. Il nostro porto diventerà un approdo per navi e sommergibili a propulsione nucleare, che sosteranno vicino alle navi passeggeri. Questa massiva presenza militare a Cagliari è dovuta all’inizio della Joint Stars.

Cosa è la JOINT STARS
Comprende quattro esercitazioni che dal 14 al 29 ottobre occuperanno il sud della Sardegna. In particolare il poligono di Teulada vedrà i soldati della NATO e della Forza Marittima Europea esercitarsi per dieci giorni nelle principali forme di combattimento sul mare e dal mare. Esercitazioni di questo tenore non sono, né potranno mai essere, difensive ma bensì palesemente offensive, finalizzate insomma alla guerra.

Per questo A Foras lancia l’appello per una grossa mobilitazione che avverrà il 14 ottobre e si terrà presso il Porto di Cagliari con un concentramento alle ore 15 in Piazza Darsena.

A FORAS

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La Parentesi di Elisabetta del 4/10/2017

“La proprietà e la dominazione” 

Il patriarcato è una vera e propria struttura sociale, di cui l’aspetto culturale è solo la macroscopica evidenza, ed è basato su due principi fondanti, la proprietà e la dominazione, con il corollario dell’arroganza, caratteristica dell’assuefazione al potere.

I modelli sessuati, ancora e sempre, sono ben definiti fin dall’infanzia anche se si sono spostati leggermente di binario, perché rispondono alle esigenze di questa società.

I tentativi di rivolta e di sottrazione a questi modelli o anche solo gli auspici di un cambiamento culturale fatti a parole, si scontrano in maniera evidente con l’impostazione di una società che è basata sul concetto di proprietà… materiale, intellettuale, affettiva…sulla mercificazione di ogni rapporto, sulla prevaricazione dell’essere umano sull’essere umano, sulla legge del più forte che viene messa in atto strutturalmente dal sistema nei confronti delle oppresse/i.

Nel momento storico che stiamo attraversando informato dall’ideologia neoliberista il concetto di proprietà si è rinsaldato e rinforzato enormemente attraverso la spinta all’individualismo nel privato, sul posto di lavoro, con la privatizzazione delle strutture sociali, con la vendita/svendita dei beni demaniali e pubblici, con l’esaltazione della meritocrazia, con la legge del più forte che lo Stato mette in atto nei confronti dei subalterni sul fronte interno e con le guerre neocoloniali sul fronte esterno, con l’uso generalizzato della repressione e della violenza istituzionale nei riguardi di ogni istanza diversa rispetto al pensiero unico e dominante. Perché mai questa violenza, questa legge del più forte, questo ribadire proprietà, autorità, gerarchia, soluzione violenta e repressiva nei rapporti in tutti i campi non dovrebbe investire anche i rapporti di genere? Perché mai pensiamo di essere un orticello privilegiato in cui improvvisamente, per una serie di buone intenzioni e di migliori fini, tutti questi valori che informano la società dovrebbero sparire?

Può mai il rapporto tra generi, costruito come subordinato in partenza fin dalla più tenera infanzia, sperare di modificarsi in una società che è basata  di per sé sul possesso e sul dominio?

Inoltre, oggi una nuova griglia  ricostruisce la dimensione simbolica, politica, sociale del patriarcato nascosta dietro l’attenzione alle donne. Così si instaura una nuova pace sociale propizia al patriarcato e per far questo si deve fare leva su un’informazione e una comunicazione manipolata e le vecchie e le nuove oppressioni vogliono farle passare attraverso la retorica di una libertà di scelta che ricorda la libertà di scelta del consumatore. Il piatto è unico, ma si può scegliere il condimento..

Il femminismo  viene ridotto alla stregua del marketing e dovrebbe investire tanto i simboli quanto i beni materiali. Vorrebbero le donne consumatrici del loro stesso fardello di oppressione di genere.

Nulla della struttura patriarcale viene intaccato e la donna viene ridotta dal politicamente corretto ad una condizione conformista.

Lo scardinamento della struttura della dominazione patriarcale passa necessariamente, in un rapporto dialettico, attraverso lo scardinamento dei ruoli, delle gerarchie, dei concetti di dominazione e proprietà nell’insieme sociale ed è quindi destrutturazione del metabolismo sociale in questo momento neoliberista. Nessuna lotta corporativa può essere vincente, anzi rafforza il potere ma nessuna trasformazione reale può avvenire senza la consapevolezza che il patriarcato è una struttura economico-sociale organica alla società.

Questo è tanto più importante in un momento che vede le donne partecipi direttamente della struttura di potere in tutte le sue articolazioni. Se la piramide gerarchica è ancora saldamente in mano ai maschi, le donne che fanno le politiche, le giudici, le magistrate, le giornaliste, le direttore di carceri…sono tantissime, anzi, in alcuni di questi ambiti come quello della magistratura o delle carceri c’è una stragrande  presenza femminile. Il percorso emancipatorio attuale persegue il fine che alcune donne entrino a far parte della piramide gerarchica del dominio e questo è contro le donne tutte perché ribadire la filiera del comando significa ribadire oppressi ed oppressori e sancirne l’esistenza come “naturale”. Certamente questo non significa che le donne non debbano ricoprire ruoli di qualsivoglia tipo all’interno della società ma proprio il bagaglio e l’esperienza dell’oppressione subita e  riproposta sistematicamente dovrebbe portarle a lavorare contro i valori neoliberisti e a cercare di scardinarli invece di farli propri, ribadirli e rinsaldarli. Ma coscienza di genere e coscienza di classe non sono innate.

E’ sempre dalla lettura materialista della nostra storia che dobbiamo cominciare. Le resistenze  si costruiscono  nel percorso della nostra vita, attraverso le letture, le esperienze, le lotte. Non c’è niente nella coscienza degli esseri umani che nasca con loro. E’ sempre il loro essere sociale, il divenire della materia che determina la loro coscienza e tutte quelle forme che, impropriamente, vengono chiamate innate.

Quando si parla di donne che ribadiscono e rinsaldano i valori neoliberisti si è sempre portati a identificarle con quelle che hanno un ruolo esplicito e importante nelle strutture di potere, ma non è così, il potere viene supportato da una miriade di strutture in cui le donne sono tantissime, una per tutte i servizi sociali che hanno assunto ormai connotati di stampo poliziesco.

Questo non ha niente a che fare con il femminismo, bensì è una delle modalità di promozione personale che il potere offre, e in particolare il neoliberismo ne ha fatto un’arma di controllo sociale, ai subalterni/e che si prestano a vendersi. Il piatto, però, è sempre di lenticchie, la libertà è sempre condizionale, il danno è devastante.

Per questo, destrutturare il patriarcato significa necessariamente cercare di destrutturare il concetto di proprietà e la filiera della dominazione perché proprietà materiale e proprietà affettiva non sono disgiunte, programma difficilissimo in questo momento storico in cui il neoliberismo ha costruito in maniera profonda nuovi rapporti politici, economici e di conseguenza sociali all’interno delle società occidentali e nei confronti dei popoli del terzo mondo.

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Aggiornamenti dal CPR di Ponte Galeria

Aggiornamenti dal CPR di Ponte Galeria

Dopo mesi in cui nessuna voce ha superato le mura del lager di Ponte Galeria, il presidio del 23 settembre ha finalmente riaperto i canali di comunicazione con le recluse nel CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio), facendoci giungere alcune notizie.

Al momento ci sono all’interno circa 90 donne provenienti per la maggior parte da Nigeria, Marocco, Sudamerica, Cina e Ucraina. Circa 15 donne marocchine sono arrivate direttamente dal mare passando per la questura di Palermo.

Le situazioni che portano alla cattura delle donne sono spesso le retate in strada che avvengono in tutta Italia, ma ogni situazione è buona: ci raccontano per esempio che un controllo dei documenti della macchina a un posto di blocco diventa controllo del permesso di soggiorno dell’unica persona non bianca a bordo.

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Venerdì 6 ottobre all’Alberone/ Codice Rosso!

 da lavoratricilavoratrici

REPORT DELL’ ASSEMBLEA CITTADINA A CASALE ALBA 2/ del 24 SETTEMBRE 2017

Il 24 Settembre al Casale Alba 2 si è svolta un’assemblea cittadina, organizzata dal Coordinamento lavoratori e lavoratrici dello Spallanzani ed alcun*compagn* del collettivo “Codice Rosso”, che ha visto la partecipazione di molte lavoratrici, lavoratori della sanità, altre realtà di lotta (S.Giovanni, Policlinico Umberto Primo, S.Filippo Neri, S. Camillo, Policlinico Tor Vergata, Aurelia Hospital, Asl Rm1, Poste Italiane, Alitalia, Min. Beni Culturali, Aci Informatica, Ipo’ Marino, precari e disoccupati) e alcun* rappresentant*del sindacalismo di base (Cobas, Cub, Usb) che hanno discusso e si sono confrontati sulle diverse problematiche che affliggono oggigiorno la Sanità pubblica  che vanno dalle condizioni di lavoro per gli operatori e lo sfruttamento degli stessi, al difficile accesso alle cure da parte dei e delle  cittadin*che non hanno più la possibilità economica per curarsi.

L’idea cardine è quella di riuscire a creare una RETE CITTADINA DI REALTA’ DI LOTTA di lavoratrici, lavoratori ed utenti della Sanità per rivendicare i diritti di coloro che vi lavorano e dei malati e per una SANITA’ PUBBLICA, GRATUITA ED UNIVERSALE. Continua a leggere

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