9 giugno/ci vediamo a Ponte Galeria!

SULLA POSSIBILE RIAPERTURA DELLA SEZIONE MASCHILE DEL CPR DI PONTE GALERIA

Il 9 Aprile il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha annunciato la riconsegna della parte maschile del CPR di Ponte Galeria alla prefettura di Roma.

“L’intervento ha interessato la ristrutturazione edilizia ed impiantistica dei tre edifici, che costituiscono l’ala in questione e che, complessivamente, si sviluppano in pianta per una superficie coperta di circa 1900 mq. Il completamento dei lavori è stato reso possibile dopo una complessa serie di interventi di ristrutturazione degli ambienti che erano stati gravemente danneggiati, nel dicembre 2015, a seguito degli eventi tumultuosi, culminati in diversi incendi, appiccati dagli ospiti.”

Si parla  di 125 posti in più che, stando a quanto riportato dai giornali, dovrebbero essere utilizzati a partire da giugno, ma finora gli uomini catturati nel Lazio vengono ancora trasferiti in altri CPR.
Nuovi posti da aggiungersi agli altri sei centri già presenti sul territorio nazionale (Bari, Brindisi, Caltanissetta, Torino, Palazzo San Gervasio e Trapani) che complessivamente rinchiudono 778 persone.
Nel frattempo, sono in corso i lavori per attivarne altri quattro a Gradisca d’Isonzo (Gorizia), Milano, Macomer (Nuoro) e Modena. Potranno ospitare fino a 392 persone.

A colpi di decreti e forzature il governo verde-giallo prosegue la politica colonialista e xenofoba dei governi precedenti.

Mentre gli eccidi in mare si susseguono e gli episodi di razzismo anche a pochi chilometri da noi continuano a mietere vittime; mentre la repressione continua a rastrellare rinchiudendo compagni e compagne; mentre le compagne che lottano contro i regimi speciali sono in sciopero della fame dal 29 maggio, rimane la domanda: dove ci vogliamo posizionare? Siamo disposte a continuare a lottare?

ci vediamo il 9 giugno alle ore 16:00
davanti al cpr di ponte galeria
fermata Fiera di Roma

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La residenza è un problema?

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11 giugno/Contro la repressione sui posti di lavoro

Riceviamo da lavoratricilavoratrici

PER UNA SANITA’ PUBBLICA, GRATUITA, UNIVERSALE, UMANIZZATA

CONTRO LA REPRESSIONE NEI POSTI DI LAVORO

Martedì 11 giugno al Policlinico alle 12,00 è fissato il Consiglio di Diciplina per Peppe, infermiere del Policlinico. L’accusa è che avrebbe leso l’immagine dell’Azienda per aver condiviso sulla sua pagina Facebook un comunicato del Coordinamento Cittadino Sanità nel quale si denunciava un trattamento “di favore” nei confronti di un senatore del PD, al quale è stato assicurato un preziosissimo posto di Rianimazione, senza che ne avesse alcun bisogno, mentre decine di pazienti più bisognosi di lui aspettavano un posto letto nell’inferno della spianata di barelle nelle varie “piazzette” del Pronto Soccorso. Questo trattamento di favore è stato “garantito” dall’intera catena di comando della Sanità della Regione Lazio a partire dall’Assessore della Sanità D’Amato, dal Direttore del Policlinico Panella, dal responsabile del Pronto Soccorso Pugliese, tutti presenti ad omaggiare l’illustre paziente, senza minimamente occuparsi di tutti gli altri. Peppe rischia il licenziamento perchè “recidivo” avendo già subito, da poco, tre mesi di sospensione, senza retribuzione per aver denunciato in un intervista le condizioni di pazienti e lavoratori.

MARTEDI’ 11 GIUGNO ORE 12:00

PRESIDIO DIREZIONE POLICLINICO UMBERTO I° Continua a leggere

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Per Mara e per noi

Per Mara e per noi

“L’usura del tempo non c’entra con il fatto che una catena
di eventi venga ad essere rimossa dalla memoria collettiva.
La causa e i processi di dimenticanza e di oblio sono voluti
e perseguiti attraverso la falsificazione dell’esperienza storica, la produzione di ricordi sostitutivi, di codificazioni fuorvianti e fraudolente.
In definitiva, un far sapere diverso, la falsificazione di un
evento, la sua rimozione e /o sostituzione…” Coordinamenta femminista e lesbica/Memoria collettiva Memoria femminista

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Silenzi/Note a partire dall’operazione Scintilla/Parte seconda

Silenzi/Note a partire dall’operazione Scintilla/Parte seconda

 

Macerie

Dopo mesi concitati, nel tentativo di dare una degna risposta allo sgombero dell’Asilo e all’arresto di sei compagni e compagne, nel tentativo di mantenere viva la voglia di lottare in questa città, ci prendiamo ora il tempo di fare alcuni ragionamenti su questo teorema inquisitorio partorito dalla Questura, fatto proprio dalla Procura e avvallato da una GIP. Un teorema che per il momento non ha retto il primo impatto con il Tribunale del Riesame, dopo tre mesi sono infatti usciti dal carcere cinque compagni, ma che costringe ancora Silvia tra quelle mura e in condizioni di detenzione particolarmente afflittive.

A indagini ancora aperte vale la pena spendere sopra queste carte qualche parola, tra le altre cose perché contiene alcune indicazioni che sono il segno dei tempi su come costringere certi anarchici al silenzio, seppur non del tutto nuove. Già quindici anni fa infatti si poteva leggere in un libretto, dal titolo ‘L’anarchismo al bando’, di come le strategie repressive mirassero a “togliere agli anarchici ogni possibilità di agire in gruppi di più persone articolando anche alla luce del sole il loro intervento, proprio in quanto finalizzato all’insurrezione generalizzata”.

Questo lavoro di analisi uscirà a puntate, una alla settimana, che si concentreranno su alcune specificità dell’operazione Scintilla e della lotta contro i Centri di detenzione per immigrati. A scriverle sono alcuni compagni, alcuni imputati e indagati in quest’inchiesta, altri no, che nel corso degli anni si sono battuti contro la detenzione amministrativa.

Silenzi

L’oggetto del teorema inquisitorio Scintilla è una lotta ventennale, quella contro la detenzione amministrativa dei senza-documenti, portata avanti da un movimento reale dentro e fuori i Centri di reclusione. Una lotta composta anche da una serie lunghissima di iniziative all’esterno dei Centri: alcune indette, altre a sorpresa,  alcune anonime, altre rivendicate, alcune “a volto scoperto” e altre “a volto coperto”. Per la maggior parte di queste ultime gli inquirenti non sono finora riusciti a raccogliere né prove né indizi sufficienti per attribuire precise responsabilità individuali, nonostante anni di esegesi di scritti, intercettazioni telefoniche e ambientali, videoriprese, pedinamenti, rilievi e prelievi di impronte digitali e DNA.

Che fare, si saranno chiesti nelle Questure e nelle Procure di mezza Italia? Continuare le indagini in attesa di individuare qualche colpevole? Gettare la spugna e archiviare i fascicoli come casi irrisolti? O provare a chiudere il cerchio ipotizzando l’esistenza di una struttura associativa che consenta di attribuire tanti fatti a tutti i membri della supposta associazione. Come è noto, con l’operazione Scintilla, Questura e Procura di Torino hanno scelto la terza via, e non è la prima volta che accade. Limitando lo sguardo alle lotte contro la reclusione amministrativa dei senza documenti è già avvenuto a Lecce nel 2005 e sotto la Mole nel 2010, ai tempi dell’Assemblea Antirazzista.

Ma creare una impalcatura associativa non è cosa da poco, e da sempre nelle Questure e Tribunali ci si scalda con la legna che si ha. Come sempre, occorre partire dai fondamentali e quindi dal Codice Penale che all’art. 270 cp. stabilisce “Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato è punito con la reclusione da cinque a dieci anni”. Giurisprudenza alla mano, il GIP spiega che “rientra negli ordinamenti economici e sociali tutelati dall’art. 270 c.p. ogni formazione sociale in cui si esprime l’ordine democratico statale, anche quelle di sostegno economico e sociale alle politiche di sviluppo e coesione sociale nell’ottica del rispetto dei diritti umani, pure pertanto in relazione al settore dell’immigrazione, rilevante per la presente fattispecie associativa”. Continua a leggere

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“Camarade lune” in giro per la Bretagna!

“Camarade lune” in giro per la Bretagna!

Mardi 4 juin……….Rennes 18h30 au café lectur CRIDEV
Mercredi 5 juin…..Rennes à 19H à la Maison de la Grève
Jeudi 6 juin……….. Châteaulin à 20h30 au Run ar Puns
Vendredi 7 juin…..Douarnodez à la librerie l’Ivraei à 12h
Dimanche 9 juin…La Rolandière, Notre-Dame des Landes à 18h à la librerie de la Zad, Taslu

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2 giugno/ María José Llergo/Canción de Soldados

NO TIRO CONTRA MIS HERMANOS

Dicen que la patria es un fusil y una bandera. Mi patria son mis hermanos que están labrando la tierra. Mi patria son mis hermanos que están labrando la tierra mientras aquí nos enseñan cómo se mata en la guerra. Ay, que yo no tiro, que no, ay, que yo no tiro, que no, ay, que yo no tiro contra mis hermanos. Ay, que yo tiraba, que sí,* ay, que yo tiraba, que sí, contra los que ahogan al pueblo en sus manos. Nos preparan a la lucha en contra de los obreros mal rayo me parta a mí si ataco a mis compañeros.** La guerra que tanto temen no viene del extranjero; son luchas de proletarios como los bravos mineros.*** Cuando muere un general lo llevan sobre un armón. Al que se mata en la mina lo entierra el mismo carbón. Al que se mata en la mina lo llevan dos compañeros, dolor de carbón de piedra, luto de bravos mineros. Si mi hermano se levanta estando yo en el cuartel cojo el fusil y la manta** y me echo al monte con él. Oficiales, oficiales, tenéis mucha valentía veremos si sois valientes cuando llegue nuestro día.*** Ay, que yo no tiro, que no, ay, que yo no tiro, que no, ay, que yo no tiro contra mis hermanos. Ay, que yo tiraba, que sí, ay, que yo tiraba, que sí, contra los que ahogan a España en sus manos.

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Inseguendo la chimera. Note a partire dall’operazione Scintilla.

Torino – Inseguendo la chimera. Note a partire dall’operazione Scintilla

Macerie

Dopo mesi concitati, nel tentativo di dare una degna risposta allo sgombero dell’Asilo e all’arresto di sei compagni e compagne, nel tentativo di mantenere viva la voglia di lottare in questa città, ci prendiamo ora il tempo di fare alcuni ragionamenti su questo teorema inquisitorio partorito dalla Questura, fatto proprio dalla Procura e avvallato da una GIP. Un teorema che per il momento non ha retto il primo impatto con il Tribunale del Riesame, dopo tre mesi sono infatti usciti dal carcere cinque compagni, ma che costringe ancora Silvia tra quelle mura e in condizioni di detenzione particolarmente afflittive.

A indagini ancora aperte vale la pena spendere sopra queste carte qualche parola, tra le altre cose perché contiene alcune indicazioni che sono il segno dei tempi su come costringere certi anarchici al silenzio, seppur non del tutto nuove. Già quindici anni fa infatti si poteva leggere in un libretto, dal titolo ‘L’anarchismo al bando’, di come le strategie repressive mirassero a “togliere agli anarchici ogni possibilità di agire in gruppi di più persone articolando anche alla luce del sole il loro intervento, proprio in quanto finalizzato all’insurrezione generalizzata”.

Questo lavoro di analisi uscirà a puntate, una alla settimana, che si concentreranno su alcune specificità dell’operazione Scintilla e della lotta contro i Centri di detenzione per immigrati. A scriverle sono alcuni compagni, alcuni imputati e indagati in quest’inchiesta, altri no, che nel corso degli anni si sono battuti contro la detenzione amministrativa.

Attorno a un perché

Oggetto dell’operazione Scintilla è stata la lotta contro i Centri di detenzione per immigrati senza-documenti. Una lotta che in diverse città, e in special modo a Torino, dura da ormai più di 15 anni, quando gli attuali Cpr si chiamavano ancora Centri di Permanenza Temporanea.

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Domenica 9 giugno/Presidio a Ponte Galeria!

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Con Silvia e Anna da oggi in sciopero della Fame!

Questa la comunicazione di Silvia e Anna che da oggi 29 maggio sono in sciopero della fame! Solidarietà, vicinanza e lotta!

<Ci troviamo da quasi due mesi rinchiuse nella sezione AS2 femminile de L’Aquila. Ormai sono note, qui e fuori, le condizioni detentive frutto di un regolamento in odore di 41 bis ammorbidito.

Siamo convinte che nessun miglioramento possa e voglia essere richiesto, non solo per questioni oggettive e strutturali della sezione gialla (ex 41 bis): l’intero carcere è destinato quasi esclusivamente al regime di 41 bis, per cui allargare di un poco le maglie del regolamento di sezione ci pare di cattivo gusto e impraticabile, date le ancor più pesanti condizioni subite a pochi passi da qui, non possiamo non pensare a quante e quanti si battono da anni, accumulando rapporti e processi penali. A questo si aggiunge il maldestro tentativo del DAP di far quadrare i conti istituendo una sezione mista anarco-islamica, che si è concretizzata in un ulteriore divieto d’incontro nella sezione stessa, con un isolamento che perdura. Esistono condizioni di carcerazione, comune o speciale, ancora peggiori di quelle aquilane. Questo non è un buon motivo per non opporci a ciò che ci impongono quì. Noi di questo pane non ne mangeremo più. Il 29 maggio iniziamo uno sciopero della fame chiedendo il trasferimento da questo carcere e la chiusura di questa sezione infame.

Silvia e Anna>

 

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La Parentesi di Elisabetta del 29/05/2019

“La sveglia al collo”

Con l’espressione popolare “anello al naso e sveglia al collo”, di matrice chiaramente razzista, il comune sentire intende definire una persona che viene presa bellamente in giro e neanche se ne accorge, attribuendo questa ingenuità di comportamento ai popoli colonizzati e incapaci di gestirsi da soli e che, quindi, si possono abbindolare molto facilmente. Ma, mai come oggi, questa espressione è adatta a definire le popolazioni occidentali. D’altra parte il neoliberismo tratta i territori occidentali come colonie interne sia dal punto di vista economico che del controllo sociale e della militarizzazione. In tutti questi anni sono stati messi a punto una serie di meccanismi e di dispositivi che hanno profondamente modificato il comune sentire, annullato la capacità critica, azzerato la percezione del sopruso e dell’ingiustizia, anestetizzato la gente rispetto alla violenza che subisce quotidianamente, risvegliato gli istinti più bassi dell’essere umano dalla delazione al livore per i più deboli, dal servilismo alla perdita di ogni dignità personale e politica. E questo è tangibile, è definibile da alcuni misuratori alla portata di ognuno di noi. I militari con il mitra nelle strade, nelle piazze, nelle stazioni metro, in mezzo a gente che fa shopping, a turisti che scattano foto, a bambini che giocano ci raccontano di quanto la gente si sia assuefatta agli scenari di guerra, le  telecamere disseminate ovunque ci raccontano di come abbiamo completamente perso il rispetto per noi stessi, per la nostra dimensione privata, per il nostro quotidiano, per la nostra vita, siamo animali da pollaio, ogni tanto il padrone ne piglia uno, gli tira il collo e gli altri continuano a razzolare, la guerra ai poveri, a chi dorme per la strada, a chi chiede l’elemosina, a chi fruga nei cassonetti, agli immigrati, ma anche l’astio nei confronti ora di questa ora di quella categoria, dagli impiegati pubblici agli insegnanti,  descrive gente che ha perso qualsiasi consapevolezza della propria collocazione politico-sociale Ma perché mi è venuto in mente tutto questo? Ho letto sui media maintream due notizie.

La prima riguarda il varo a Castellamare di Stabia alla presenza del presidente della repubblica della più grande unità militare costruita dall’Italia nel dopoguerra. Ci costa, dicono, oltre 1 miliardo e 100 milioni di euro. E ci raccontano che è nata per servire la Protezione civile e che adesso sembra prepararsi ad accogliere gli F35. Si chiama Trieste ed ufficialmente è una Lhd, acronimo inglese per indicare una porta elicotteri. E, udite udite, ci dicono che ha una vocazione profondamente umanitaria, è una “nave di pace” insomma. D’altra parte se le guerre neocoloniali sono “umanitarie” perché non ci dovrebbero essere le navi da guerra “di pace”?

La seconda riguarda le alienazioni del patrimonio immobiliare organizzate dal Demanio per contribuire al maxi piano di dismissioni che dovrebbe portare quest’anno nelle casse dello Stato 950 milioni di euro.

La prima cosa che salta agli occhi è che questi 950 milioni di euro non pagano nemmeno la nave “di pace”.

Chiaramente perché, a detta di chi ci governa, ma anche e soprattutto, di chi ci ha governato prima che è l’autore principale di queste scelte, non ci sarebbero soldi, lo Stato cioè non avrebbe i soldi per mandare avanti lo stato sociale, non riuscirebbe a trovare i fondi per la sanità, per la scuola, per il lavoro, per le pensioni… Viene fatta una guerra senza quartiere ai dipendenti pubblici perché non sarebbero produttivi, alle strutture pubbliche perché sarebbero tutte in deficit, il patrimonio immobiliare pubblico sarebbe una zavorra e quindi va venduto per fare cassa, e anche il grande patrimonio privato italiano, ma non ci raccontano che a comprarlo di fatto non saranno i privati nel senso stretto della parola ma saranno strutture che in un modo, nell’altro e nell’altro ancora fanno capo alle multinazionali. E magari scopriamo per caso che il Monte dei Pegni, attività ed edificio storico del ‘500, un pezzo della storia artistica e sociale di Roma, non è più italiano ma austriaco perché ci raccontano che c’è la crisi, che l’economia è ferma. Ma si dimenticano di dirci perché.

Dovrebbero raccontarci che non c’è stata e non c’è nessuna crisi, o meglio che la crisi c’è per le classi subalterne e per i ceti medi ma che è una crisi cercata e voluta dalla borghesia trans nazionale o iper borghesia. L’impoverimento di vasti strati sociali è una precisa scelta economico-politico-sociale, l’ideologia neoliberista è l’asse portante della lotta senza quartiere tra multinazionali e Stati.

E’ chiaro che non è affatto vero che i soldi non ci sono, semplicemente non ci sono per lo stato sociale, per il lavoro, per la scuola, per la sanità, per le pensioni…perché vengono spesi altrove. E’ una scelta. Una precisa scelta ideologica.

Bisognerebbe evitare accuratamente di credere a questa barzelletta e di contribuire a rimbalzare il refrain che ci dobbiamo rimboccare le maniche, che ci dobbiamo rendere conto che i soldi non ci sono e che il tempo delle vacche grasse è finito. E’ vero che un tempo è finito. La società è stata trasformata dalle fondamenta. Non sono più applicabili le modalità di lettura che la sinistra ha usato fino a poco tempo fa, ma il metodo materialista di approccio al reale è sempre valido.

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28 maggio/Prendiamoci la città

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E’-STREET!!! 2019!! Riprendiamoci l’estate!

Ricomincia E’-STREET! E’-STREET – Riprendiamoci l’estate!

Che cos’è E’-STREET?

E’-street nasce da una riflessione che abbiamo portato avanti sul cosiddetto tempo libero.

Non intendiamo dare una definizione di cosa sia il tempo libero, ma concentrarci sulla sua accezione come tempo non esplicitamente produttivo.

Per chi ha un lavoro il tempo libero è quello esterno dall’orario lavorativo.

Per chi non ha un lavoro, ne ha uno precario o semplicemente ha smesso di cercarlo, il tempo esterno all’orario lavorativo è invece una condizione permanente.

Questo tempo è immediatamente produttivo in quanto caratterizza la condizione di ricatto cui siamo costantemente sottoposte/i ed è quello che tentiamo quotidianamente di liberare attraverso le nostre lotte:  dall’occupazione delle case alla lotta sui posti di lavoro, dalla riappropriazione di spazi e saperi alla lotta contro la devastazione dei territori.

Oltre al tempo del lavoro ed a quello del ricatto, dal nostro punto di vista crediamo che produttivo sia anche quel tempo che a prima vista definiremmo di svago; la messa a valore delle nostre vite passa anche attraverso la commercializzazione di emozioni, sensazioni ed esperienze. Consapevoli della complessità dell’argomento e non volendo trattarlo in maniera esaustiva, vogliamo concentrarci in particolare sul cosiddetto “tempo del divertimento”.

Abituati a considerarlo tra gli aspetti secondari del nostro intervento, siamo portati a viverlo individualmente e scisso dall’azione militante; come fosse una sacca che, se non estranea alle logiche del profitto, certamente ne è meno influenzata e vi è meno influente.

L’uscita serale, la vacanza estiva o la domenica al centro commerciale, sono momenti di consumo vincolati alla possibilità economica e pertanto inaccessibili a chi tale spesa non possa permettersela.

A fronte di tale inaccessibilità sono tuttavia fortemente legati alla nostra percezione di benessere: è proprio attraverso il desiderio che suscitano, quindi, che esercitano la loro influenza.

In questo senso è paradigmatica “L’Estate Romana”: quella collezione di eventi gratuiti sponsorizzati da banche e fondazioni private, di vetrine per lo shopping, di concertoni dai 60 euro in su… Grandi eventi i cui profitti sono garantiti dal divario tra costi di ingresso o consumazioni e lo stipendio orario di chi vi lavora: un successo tutto fondato sullo sfruttamento delle masse di precari e disoccupati accuratamente create durante il resto dell’anno dalle politiche di ricatto lavorativo.

Ad ospitare il tutto è sempre il centro della città, mentre le periferie restano abbandonate: quartieri dormitorio visitati solo durante le campagne elettorali, quando i politicanti di turno si aggirano per le strade, cappelletto alla mano, in cerca di voti.

All’interno di questo quadro abbiamo immaginato di creare un’alternativa al “pacchetto divertimento” offerto. Costruire momenti di socialità che non siano fondati sulla logica del profitto non vuol dire spendersi per una controcultura di nicchia da potersi rivendere in un secondo momento, ma riappropriarsi del proprio tempo libero, del proprio modo di viverlo: del nostro tempo di vita. Ed in quest’ottica abbiamo pensato “E’-street, quest’estate in città” come una cornice all’interno della quale le più disparate iniziative possano essere messe in comunicazione e presentate come un’alternativa reale all’estate romana ufficiale.

Da un lato vorremmo coinvolgere quella composizione sociale che in altri momenti difficilmente riusciamo ad intercettare: giovani che non vanno e mai andranno all’università, disoccupati, sottoccupati o lavoratori che nella routine quotidiana non trovano il tempo o il modo di partecipare a lotte e vertenze che magari, pur riguardandoli, ancora non sentono proprie.

Dall’altro vorremmo sperimentarci nel dar vita a momenti di festa che, anche se non immediatamente conflittuali, ci permettano di rinsaldare rapporti e di tentare un po’ di quelle forme di vita e socialità altre che vorremmo costruire.

Crediamo, infatti, che rivendicare ciò che viene fatto passare come “secondario” sia parte integrante del nostro agire politico; specialmente in un momento in cui lo smantellamento dello stato sociale e l’aziendalizzazione dei più disparati aspetti delle nostre vite vengono giustificati proprio in virtù di quest’essere “secondari” e quelli che sono diritti fondamentali diventano privilegi. In questo senso diviene quindi normale che i libri di testo abbiano costi estremamente elevati, che gli studentati siano distanti dalle sedi universitarie o che, come abbiamo visto accadere nei mesi passati al Policlinico Umberto I, un servizio essenziale come quello della mensa sia stato esternalizzato ad una cooperativa privata che trae profitto dalla scadenza del servizio stesso.

E’-street è una rete in cui le iniziative che animano i territori sono connesse e riconoscibilmente contro l’Estate romana ufficiale.

Consapevoli di come in ogni territorio ci si possa fare protagonisti/e di un’alternativa, facendolo vivere, anche solo una sera, così come noi vorremmo fosse quotidianamente.

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Pulizia

“Strumentalizzare la voce di bambine e bambini per spoliticizzare la lotta ambientalista è odioso. La lotta contro il cambiamento climatico è lotta anticapitalista. La lotta contro la produzione di rifiuti è lotta contro il capitale. Spieghiamo ai nostri figli che possiamo non usare le bottigliette di plastica ma che la battaglia contro le nocività è contro il Tav, contro le basi militari, contro il nucleare, contro le multinazionali. Altrimenti è solo in atto una pulizia delle spiagge, delle strade, delle campagne, delle coscienze e del capitalismo.”

Giu mannina

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La linia del front(Roba Estesa)

Ai mare, aneu a missa, que jo faré el dinar. Quan hagueu tornat de missa la casa buida serà. No em busqueu per rius i planes, busqueu-me on el sol es pon, que som dalt d’una carreta, cap a la línia del front. No ploreu pas per mi, mare, faig lo que em vau ensenyar: serem les dones valentes, sense por del que vindrà. Si Madrid cau la primera, Aragó també caurà. Si Aragó cau presonera, nosaltres caurem demà. Si no la lluitem nosaltres, ningú més la lluitarà.

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