Comunicato della D.I.L.D.A.!

Riceviamo dalla D.I.L.D.A. e pubblichiamo!

L’esperienza della Dilda si è conclusa e dopo alcuni giorni di disintossicazione sentiamo la necessità di condividere una riflessione.

Da dove siamo partite

A prescindere da quanto successo l’anno scorso, noi la D.I.L.D.A –
Distruggi Infùriati Lìberati e Debella gli Alpini! (sono tutti
imperativi quindi non abbisognano di schwa cretini!)- per questa adunata
l’avremmo fatta lo stesso. Il motivo è presto detto: l’unica eccezione
di Rimini rispetto alle adunate precedenti non è stato il numero di
molestie, ma l’attenzione mediatica sulle stesse.
Maschilità egemonica, tanti uomini uniti sotto il vessillo nazionalista
e militare in un cameratismo da spogliatoio e imbevuti nell’alcol come
ciliegine sotto spirito sono l’humus ideale per il proliferare della
cultura dello stupro.
Non ci aveva stupito minimamente nemmeno la retorica cuscinetto che ne
era seguita che funge solo da conferma, ovvero quella della
GIUSTIFICAZIONE. Le mele marce, gli infiltrati col cappello piumato
finto, la goliardia, invece di parlare di molestatori in branco, tutta
roba che segue pedissequamente il solito copione mediatico.
Quindi un safer space andava creato.
Abbiamo attivato anche un numero di telefono per eventuali condivisioni
e offrire ascolto, dicendo fin da subito che non siamo operatrici
sociali, facendo intendere che il numero avrebbe avuto un ruolo di
supporto e non necessariamente di denuncia pubblica.
Mantenere l’anonimato e la segretezza di tutto ciò che sarebbe ed è
passato da lì, dire che quel mezzo era fatto per prendersi cura di noi,
per solidarizzare e non per offrire sponde a carriere, giornalisti,
tribunali, sbirri o altro.
Ci dispiace solo per le chiamate perse a notte fonda: semmai leggiate
questo comunicato, sappiatelo.

Separatismo femminista, estimatrici e detrattori

Sicuramente siamo felici che la D.I.L.D.A sia riuscita ad essere un
luogo accogliente: ce lo testimoniano i ringraziamenti delle persone che
hanno potuto passare con noi qualche ora serena e complice e anche di
quelle che non sono potute essere presenti, ma che ci hanno fatto sapere
di aver provato sollievo nel sentire che in città esisteva un luogo di
resistenza all’invasione. Come ben sappiamo, è vitale la presenza di
spazi e tempi per noi. A chiunque abbia letto nel termine “separatismo”
solo la parola “esclusione”, sbattiamo in faccia la realtà dei fatti: la
tre giorni è stata condivisione, discussione, leggerezza e cura ed è
stata costruita da (e dedicata a) persone che, invece, l’esclusione la
vivono davvero, quotidianamente e su più livelli.
E’ anche importante rilevare che una visibilità mediatica espressa in
termini talvolta pruriginosi e talvolta scandalistici, per niente
ricercata da parte nostra, sia stata probabilmente la causa di alcune
sgradite visite: persone non bene intenzionate si sono avvicinate allo
spazio in occasioni diverse con fare provocatorio. Hanno provato ad
entrare o hanno tentato di suscitare reazioni da parte nostra, nel
tentativo -immaginiamo- di avere la scusa per passare al sodo. Tutti
sono stati fatti sloggiare! Evidentemente molti UOMINIETEROCIS sono
spaventati dall’esistenza di un luogo che pone in discussione la loro
libertà di mettere piede e becco in cose che non li riguardano 365
giorni l’anno e 24/7. Riveliamo loro un piccolo segreto: ce ne saranno
ancora di momenti così, quindi dormite pure sonni tranquilli. O agitati.
O non dormite: tanto che ce ne frega, a noi?

Caccia alla streghe

Già alcune settimane prima dell’inizio di questo evento è cominciato il
can can antifemminista, lo spauracchio delle molestie, il fantasma con
il volto di donna che avrebbe aleggiato, vendicatore, su tutta
l’adunata.
Leggiamo in questi primi giorni post evento, dei tristi racconti di
tutte quelle lingue morse per evitare leggiadri commenti o complimenti,
naturalmente goliardici. “Hey scusa, sai, ti direi che hai delle belle
tette, ma ho davvero paura che poi mi denunci”. Poveretti questi alpini,
tra una birra rinforzata alla grappa e l’altra, costretti a trattenersi
in questa dittatura del consenso! Un’adunata proprio goduta a metà, anzi
un coito interrotto!
Peccato comunque che le lingue morse si siano limitate alla vetrina in
centro città, infatti nelle zone limitrofe si consumava l’immancabile
degrado e la perdita di diplomazia alpinesca. Zombie con il cappello con
la piuma barcollanti, lo sguardo vitreo, ogni tanto uno che crollava a
terra come un caco maturo, qualcuno che vomitava nelle siepi di giardini
privati sotto le bandierine tricolore, messe come segno di benvenuto
(magari volevano restituire l’apprezzamento!). Se dovevano pisciare non
facevano né tanti complimenti né un paio di metri per farla nei cessi
attrezzati apposta. Ma poi in effetti perché usare quelli? Tanto erano
“di bellezza” per far vedere che Udine era organizzata bene e che in un
paio di ore tornava uno specchio! Ci ha fatto proprio sorridere che il
furgoncino della protezione civile locale fosse usato come vespasiano
Noi di certo non ci mettiamo a giudicare se hanno deciso di pisciarsi
uno sull’altro eh! Ognunx ha il suo kink!
Ci fa piacere che abbiate temuto, che abbiate vissuto male quella
libertà che pensate di avere sui nostri corpi, ma che non avete. E
questo non perché odiamo gli uomini tout court, come qualcunx ha voluto
far passare, ma perché disprezziamo la maschilità egemonica e la sua
enfatizzazione (ancora peggio se dipinta in mimetica) e la combatteremo
sempre. Se vi abbiamo fatto paura, allora avevamo proprio ragione!

Di video (che non ci sono) in video (che ci sono)

Come si diceva poco sopra, giravano inviti beceri tra le chat alpine che
invitavano a fare attenzione alle femministe che avrebbero invaso
l’adunata apposta per farsi palpeggiare. Da qualche parte si invitavano
gli uomini a riprendere le scostumate provocatrici, come prova che
“hanno iniziato loro!”; da altre si presentava la minaccia di complici
poco distanti pronte a riprendere le manate calamitate volontariamente
da scollature esibite allo scopo.
Peccato che la preoccupazione espressa sia girata sempre attorno alla
presenza di una telecamera (sia come “arma” di difesa che di attacco) e
non al fatto che il primo pensiero del branco sia quello di allungare le
mani: un’abile e collaudata giravolta patriarcale che getta sempre e
comunque tutte le responsabilità su chi questi gesti li subisce.
Allo stesso tempo, sembra che in pochx, in questi giorni, si stiano
facendo le giuste domande sulla presenza di un filmato -questa volta
reale- che ha trovato spazio senza vergogna e senza problematizzazione
di sorta anche sui siti delle testate nazionali e che riprende un atto
sessuale avvenuto in pubblico durante l’evento. L’assenza di scrupoli
nel condividere queste immagini, in un misto tra voyeurismo, risatine e
gomitate complici descrive ancora una volta lo spessore dei soggetti di
cui stiamo parlando. Purtroppo siamo ben consapevoli di come funzionano
le cose, in questi casi: esprimiamo pertanto la nostra massima
solidarietà alla ragazza ripresa, nella speranza che la sua identità
rimanga ignota, se è quello che desidera e che, eventualmente, possa
trovare il supporto necessario ad affrontare i commenti del popolo del
web, sempre pronto ad adulare le prestazioni muscolari dei pornodivi
(anche improvvisati) e a seppellire di insulti le donne presenti negli
stessi frame.

Solidarietà a tuttx quellx che hanno disertato l’occupazione militare
della città e che hanno avuto il coraggio di esprimere il proprio
dissenso.

Quella che si è svolta a Udine dal 12 al 14 maggio è stata una specie di
grande sagra che ha visto la città invasa da coglioni invasati col
cappello pennato. Ma dietro il grande luna park si celava il vero fulcro
della festa: la cittadella allestita al Parco Moretti, vetrina
espositiva ed interattiva dei più moderni mezzi ed equipaggiamenti in
dotazione alle Truppe Alpine, dove il corpo militare metteva in bella
mostra muscoli e armamentario. Si poteva accedere all’area, recintata
per l’occasione, solo dall’ingresso principale e attraversando una
moltitudine di sbirri d’ogni sorta ed energumeni in mimetica impalati
come telamoni ostili, per poi essere accolti da giovani leve con il
compito di reclutarti per i campi estivi o gioviali donne alpino (non si
declina al femminile, che ci si potrebbe confondere con il fiore!) in
carriera, che descrivevano la professione militare come se fosse la più
eccitante del mondo, ma che si scandalizzavano se veniva pronunciata la
parola GUERRA (no! In guerra no! Non è mica un gioco!). Al parco potevi
portare a spasso la famiglia tra cannoni e mortai, fare un salto sul
carro armato trasformatosi magicamente in giostra, oppure semplicemente
curiosare tra le bancarelle di mitra, fucili e visori notturni… con la
stessa serenità con la quale si potrebbe fare un giro alla fiera dei
fiori o alla mostra dell’attrezzatura da giardino, senza badare al fatto
che si stesse trattando di strumenti di morte progettati e usati con il
solo scopo di uccidere altri individui e devastare interi territori! Un
dettaglio, al quale nessunx dei presenti pareva badare. Nessun simpatico
ubriacone qui, solo giovani leve, veterani nostalgici e alte uniformi a
perpetrare e imbastire la cultura della guerra, alla quale pare che
moltx siano oramai assuefattx.
Sono già tre anni che ci troviamo in una situazione di emergenza
permanente e di stato di polizia. La gestione autoritaria e repressiva
dell’epidemia da covid 19 ha rappresentato per lo Stato l’occasione per
fare una prova generale di addomesticamento e sottomissione della
popolazione, con tanto di confinamenti, coprifuoco, caccia alle streghe
renitenti alle politiche di controllo e conseguente loro ghettizzazione.
E ora con la guerra e l’incremento esponenziale dell’industria bellica,
vogliono farci accettare tutto: i militari per le strade,
l’impoverimento generalizzato, l’obbedienza assoluta verso il potere.
Siamo quindi solidali e complici con le tre compagne che sono state
tenute in fermo di polizia per una notte e che sono state denunciate con
l’accusa di imbrattamento e vilipendio per possesso di adesivi di
protesta contro l’adunata degli alpini e la militarizzazione della
società.

Niente fermerà la nostra ribellione, non staremo mai zitte e buone,
continueremo a dire NO e a lottare giorno dopo giorno.

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